SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4834 2025 – N. R.G. 00004716 2017 DEPOSITO MINUTA 20 08 2025 PUBBLICAZIONE 20 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUINTA CIVILE
composta dai Magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente
dott.ssa NOME COGNOME
dott.ssa NOME COGNOME rel.
Riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 4716/2017 R.G., avente ad oggetto la REVOCAZIONE della sentenza emessa da questa Corte n. 3916 del 13 giugno 2017, vertente
Part
, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con studio in Roma INDIRIZZO
ATTORE IN REVOCAZIONE
E
(già ), nella qualità di impresa designata per le controversie facenti capo al Fondo RAGIONE_SOCIALE , con sede in Mogliano Veneto (TV) INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con studio in Roma INDIRIZZO
Caro n. 62
CONVENUTA IN REVOCAZIONE
FATTO E DIRITTO
Svolgimento del giudizio.
, all’epoca dei fatti nella qualità di impresa designata per le controversie di competenza del Fondo di garanzia vittime della strada, premesso che in relazione a pregresse controversie di natura giudiziale, doveva restituire la somma di € 29.843,55 e che l’obbligazione, deceduta la si era trasferita in capo agli eredi della stessa e con ricorso depositato il 4 luglio 2005 chiedeva che il Tribunale di Roma ingiungesse loro di pagare la maggior somma di € 35.883,61, così maturata per effetto di importi accessori nel frattempo maturati.
(A margine della prima pagina del ricorso veniva apposto il mandato alle liti a firma del dr. procuratore speciale della ricorrente in forza di procura notarile notaio dr. del 2 luglio 2004).
Il Tribunale, con decreto 6 settembre 2005 n. 14515 RG 47308/2005, ingiungeva ai di pagare la somma di cui sopra, oltre interessi e spese di procedura .
Il proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, deducendo che il 22 ottobre 2002 aveva rinunciato alla eredità materna e che pertanto non era tenuto a rispondere della ingiunzione; deduceva altresì che la stessa sentenza del Tribunale di Roma che l’impresa designata aveva posto a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo gli era inopponibile; concludeva per la revoca del decreto, vinte le spese.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18321 del 9 settembre 2009, respingeva l’opposizione e condannava l’opponente al pagamento delle spese.
( Nel giudizio di opposizione l’impresa designata si era costituita con gli stessi difensori del ricorso ed in forza della medesima delega).
Il impugnava la sentenza; eccepiva l’invalidità della procura con la quale l’impresa designata si era costituita nel giudizio di opposizione; deduceva che il Tribunale aveva errato nell’attribuirgli la qualità di erede, disattendendo la sua rinuncia; concludeva affinchè la sentenza fosse dichiarata nulla e comunque che fosse nel merito totalmente riformata, vinte le spese.
L’Impresa designata — anche in questo caso con i medesimi difensori, che si avvalevano di nuova procura, rilasciata dal procuratore speciale dr.
per atto notaio 18 febbraio 2009, si costituiva, e n ell’intestazione della comparsa si specificava che l’ aveva assunto siffatta denominazione in relazione alla fusione per incorporazione delle ed . Nel merito chiedeva il rigetto dell’appello.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 3916 del 13 giugno 2017, respingeva l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado.
In particolare, la Corte ha statuito, per quanto ivi rilevante:
Sulla dedotta inesistenza dei poteri di rappresentanza del procuratore speciale della società che aveva rilasciato il mandato per conto di : sussiste il mandato difensivo al legale della compagnia a margine del decreto ingiuntivo che ha introdotto il giudizio di primo grado, essendo stato documentato in corso di causa con procura notarile 2.7.2004 rep 687500 il conferimento dei poteri a che aveva sottoscritto il mandato;
Sulla dedotta rinuncia alla eredità: si conferma la statuizione del tribunale, che aveva dichiarato la inefficacia della rinuncia con ampia motivazione (pag. 3 ss. sent. trib., pagg. 7-9 della sent. di appello);
Sulla dedotta circostanza per cui non sarebbe stato accertato chi fossero gli altri eredi ( pag. 9 sent. appello e pag. 5 sent. trib.) : ha respinto il motivo di appello sulla base della valutazione che la circostanza che egli fosse erede ne giustificava la chiamata in causa (il tribunale aveva anche rilevato come non fosse stata eccepita la limitazione della responsabilità alla propria quota, respingendo lo stesso motivo di opposizione) ,
Ha respinto il motivo sulla dedotta esistenza di giudicati (pag. 10 sent. appello), ritenuto il primo non opponibile alla impresa designata che non aveva partecipato al giudizio, e ha dichiarato inammissibile ex art. 345 co. 2 cpc l’eccezione di compensaz ione, oltre che infondata (pag. 11 sent. appello).
Il giudizio di revocazione.
ha proposto domanda di revocazione della sentenza della Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 395 nn. 1, 4 e 5 per i motivi dedotti nell’atto introduttivo del presente giudizio, cui si rinvia, e, in sintesi, in quanto la sentenza, nell’ipotesi prospettata dall’attore, COGNOME
è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; 1) è frutto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;
è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, per i motivi di seguito analiticamente indicati.
E ha concluso quindi:
‘ accertare e dichiarare la nullità della costituzione in giudizio dell’ nel giudizio di appello n. 5393/2009 r.g. per difetto di valida procura, non sanato nemmeno a seguito del reiterato ordine di deposito della Corte di Appello, nonché per carenza di legittimazione sostanziale e/o processuale, con conseguente inammissibilità e/o improcedibilità dell’azione restitutoria intrapresa;
·accertare e dichiarare la validità ed efficacia della rinuncia all’eredità dichiarata dal sig. con atto a rogito del Notaio di Roma il 22/10/2002, con conseguente inammissibilità dell’azione restitutoria intrapresa dall’ nei confronti del concludente e, in accoglimento dell’opposizione, riformare la sentenza n. 18231/2009 del Tribunale di Roma con conseguente revoca del decreto ingiuntivo n. 14515/2005; Con
·per l’effetto, accertare e dichiarare che , in quanto rinunciante, non poteva e non può essere chiamato a rispondere di eventuali debiti ereditari della sig.ra nei confronti dell’ né in proprio né per conto del F.RAGIONE_SOCIALE.;
· comunque, ove altrimenti confermata la qualità di erede puro e semplice del , salvo gravame, accertare e dichiarare che la di lui responsabilità patrimoniale deve essere limitata alla quota di spettanza e giammai
per l’intero, risultando dagli atti come lo stesso sia discendente della sig.ra insieme alle sorelle e ; il tutto, previo riconoscimento della prevalenza del giudicato di cui alla sentenza n. 2938/1997 della Corte di Appello di Roma rispetto alla condanna in restituzione di cui alla sentenza n. 18231/2009 del Tribunale di Roma, confermata dalla sentenza impugnata, compensare il presunto debito restitutorio nei confronti dell’ con il credito risarcitorio trasmesso al concludente dalla defunta ;
•fatta salva ogni altra pronuncia conseguente, anche per le eventuali restituzioni;
·con il favore degli esborsi e dei compensi di difesa di entrambi i gradi di giudizio oltre che della presente revocazione, ai sensi del D.M. 55/2014 ‘ .
In via istruttoria ha deferito ‘ il giuramento decisorio nei confronti del legale rappresentante pro tempore dell’ oggi ‘giuro e giurando affermo o nego essere vero che l’ a fronte del pagamento di Lit. 57.785.175 (€ 29.843,55) eseguito in favore di in esito all’esecuzione mobiliare n. 31921/1998 presso il Tribunale di Roma, è stata integralmente rimborsata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e per esso dalla CONSAP s.p.a., con conseguente chiusura amministrativa e contabile del sinistro ed estinzione di ogni pretesa ‘.
La società appellata si è costituita deducendola inammissibilità e/o infondatezza dei motivi di revocazione.
All’esito del deposito delle note scritte e della discussione orale richiesta dall a parte attrice, la causa è stata assegnata in decisione.
L’a ttore in revocazione ha dedotto :
1Dolo della parte ex art. 395 n. 1 c.p.c. (Effetti della mancata prova in ordine alla legittimazione sostanziale e processuale per agire per conto del RAGIONE_SOCIALE in via restitutoria a fronte del rimborso ricevuto a seguito dell’anticipazione sostenuta verso ,
2Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (supposizione dell’esistenza della prova dell’identità di domicilio tra la defunta e il figlio e quindi della loro coabitazione al momento della morte, come presupposto di accettazione tacita dell’eredità e inefficacia della rinuncia).
3Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (supposizione dell’inesistenza di altri eredi della sig.ra oltre al sig. , tra cui ripartire l’obbligazione restitutoria in ragione dell’eccepita limitazione di responsabilità).
4Contrasto di giudicati ex art. 395 n. 5 c.p.c. (contrarietà della sentenza n. 3916/2017 della Corte di Appello di Roma alla sentenza n. 2938/1997 della
medesima Corte, sulla scorta di quanto deciso dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 17956/2003).
5Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (omesso esame dell’eccezione formulata dall’appellante in merito all’opponibilità attuale della sentenza n. 2938/1997 della Corte di Appello di Roma al F.RAGIONE_SOCIALE., in riferimento agli art.li 285/289 D.Lgs. 206/2005).
6Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (omesso esame dell’eccezione formulata dall’appellante in merito all’opponibilità attuale della sentenza n. 2938/1997 della Corte di Appello di Roma al F.RAGIONE_SOCIALE., in riferimento agli art.li 285/289 D.Lgs. 206/2005).
I motivi di revocazione sono inammissibili e/o infondati per i motivi che seguono.
Sul dedotto ‘ Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (supposizione della permanenza in capo all del potere di agire in rappresentanza del F.G.V.S.) ‘ .
Il primo motivo di revocazione attiene alla circostanza per cui la Corte di Appello ha ritenuto infondata l’eccezione svolta dal in ordine al difetto di legittimazione sostanziale e processuale in capo all’ per fatti inerenti alla gestione del RAGIONE_SOCIALE , così dedotto: ‘ Si legge nella sentenza impugnata (pag 6, ultimo capoverso) che con la procura notarile del 02/07/2004 (Notaio , rep. 687500) -acquisita agli atti ex art. 345 co. 3 c.p.c. -sarebbe stata attribuita al procuratore della compagnia assicuratrice sia la rappresentanza sostanziale della società sia quella processuale, in osservanza del combinato disposto degli art.li 75/77 c.p.c. La procura notarile a cui si è riferita la Corte, però, è quella richiamata solo nel mandato a margine del ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 04/07/2005 ed è diversa da quella richiamata dall’assicurazione per la costituzione in appello (Notaio del 18/02/2009, rep. 21511), in cui non vi è alcun riferimento alla gestione del RAGIONE_SOCIALE né alcun richiamo estensivo alla procura più risalente (che peraltro non contiene a sua volta alcuna estensione a gradi di giudizio diversi da quello per cui era stata rilasciata ).
Il motivo è inammissibile.
Va premesso che ‘ Costituisce errore di fatto deducibile come motivo di revocazione della sentenza ex art. 395, n. 4, c.p.c. quello che si verifica in presenza non già di sviste di giudizio ma della percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in conseguenza della quale il giudice sia stato indotto ad affermare l’esistenza o l’inesistenza di un fatto o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta o risulta dai documenti di causa (Cass. , Ordinanza n. 9471 del 11/04/2025, tra le varie).
Nel caso di specie, la Corte ha invece ritenuto che la procura del 2.7.2004 rilasciata a che ha conferito il mandato la difensore di primo grado fosse idonea
ad attribuire il potere rappresentativo sostanziale allo stesso e processuale al difensore, d unque non vi è alcuna ‘percezione di una falsa realtà documentale’ sibbene una valutazione su un documento , ritenuto idoneo a fondare il potere rappresentativo del soggetto che ha rilasciato la procura, come tale inidonea a fondare un errore revocatorio.
E’ noto infatti che le valutazioni non possono costituire oggetto di revocazione : cfr. tra le varie, Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 27897 del 29/10/2024 ‘L’ inammissibilità della revocazione delle decisioni, anche della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., per errore di fatto, qualora lo stesso abbia costituito un punto controverso oggetto della decisione, ricorre solo ove su detto fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, in ragione della quale la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio ‘ : il che è appunto il caso di sp ecie, in cui peraltro la questione ha costituito ampio oggetto di dibattito tra le parti e di valutazione nelle sentenze di primo e secondo grado (nonché del giudizio di cassazione, nelle more proposto e definito).
Dolo della parte ex art. 395 n. 1 c.p.c. (Effetti della mancata prova in ordine alla legittimazione sostanziale e processuale per agire per conto del RAGIONE_SOCIALE in via restitutoria a fronte del rimborso ricevuto a seguito dell’anticipazione sostenuta verso ).
La parte deduce:
‘ Altro motivo di revocazione, diretta conseguenza del precedente, attiene alla circostanza per cui l’ ha intesto resistere in appello non solo mancando di provare la propria legittimazione bensì nella consapevolezza di essere stata già rimborsata dal F.RAGIONE_SOCIALE. di quanto anticipato alla sig.ra in forza della sentenza n. 2938/1997 della Corte di Appello di Roma, come apertamente confessato in comparsa di risposta (cfr. doc. 14 -pag. 11, rigo 10 ss).
Il motivo è all’evidenza infondato, sia nella misura in cui ‘è diretta conseguenza del precedente’ ( già inammissibile), sia in quanto lo stesso appellante in revocazione rileva che la vi cenda che avrebbe dato luogo al dolo sarebbe stata ‘confessata’ dalla controparte, il che esclude automaticamente la configurabilità di alcun ‘dolo’, sibbene al più una domanda infondata (secondo la tesi dell’a ttore in revocazione).
Ed infatti (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 41792 del 28/12/2021 ) ‘ Per integrare la fattispecie del dolo processuale revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 1, c.p.c., non è sufficiente la sola violazione dell’obbligo di lealtà e probità previsto dall’art. 88 c.p.c., né sono di per sé sufficienti il mendacio, le false allegazioni o le reticenze, ma è richiesta, invece, un’attività (“macchinazione”) intenzionalmente fraudolenta, che si concretizzi in artifici o raggiri subiettivamente diretti e oggettivamente idonei a
paralizzare la difesa avversaria e a impedire al giudice l’accertamento della verità, pregiudicando l’esito del procedimento ‘ .
Nessun dolo può sussistere quindi in un fatto chiaramente ‘confessato’.
Peraltro, la società ha ben spiegato le ragioni della richiesta ( ‘ In seguito a trasformazioni societarie, succedutesi negli anni in virtù di fusioni e/o incorporazioni tra le varie società, la gestione di siffatte controversie era passata nelle mani della e, da ultimo, in quelle dell’attuale deducente , alla quale la per atto notaio in Milano del 28 giugno 2013 aveva ceduto il complesso aziendale costituito dal portafoglio assicurativo della sua direzione per l’Italia con tutti i relativi rapporti giuridici, ivi compresi quelli facenti capo alla spa in virtù dell’atto di fusione per incorporazione 10 dicembre 2013. Le somme che sono state anticipate dell’impresa designata a titolo di risarcimento del danno sono in effetti rimborsate dalla Consap secondo le convenzioni stipulate tra le imprese ed il Fondo di garanzia, soggette all’approvazione del Ministero delle attività produttive su proposta dell’ISVAP (oggi IVASS). Il rimborso è però al netto delle somme recuperate o da recuperare presso i responsabili dei sinistri ai sensi dell’art. 292 del Decreto Lgs. n. 209/2005; questo significa che, nel caso in esame, la designata doveva agire contro l’attuale attore’ ): quindi il motivo è anche infondato, essendo la questione solo un chiaro oggetto di contrasto tra le opposte difese.
Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. : supposizione dell’esistenza della prova dell’identità di domicilio tra la defunta e il figlio e quindi della loro coabitazione al momento della morte, come presupposto di accettazione tacita dell’eredità e inefficacia della rinuncia.
La Corte d’Appello ha ritenuto fondato l’assunto dell’ in ordine alla dedotta coabitazione tra la e il al momento del decesso della prima -avvalorato, a detta della Corte, dalla successiva rinuncia all’eredità del figlio, nella quale era stato dichiarato il medesimo domicilio -da cui far derivare l’intervenuta tacita accettazione dell’eredità in ragione del possesso di beni già appartenuti alla stessa
L’a ttore in revocazione rileva invece che da una serie di documenti in atti (foglio di ricovero della sig.ra presso l’Ospedale INDIRIZZO di Roma, ◦dichiarazione sottoscritta il 06/10/2009 dal Dott. ) sarebbe risultato invece evidente l’errata valutazione della Corte, che ha valorizzato la valenza confessoria di un documento senza valutarne altri da cui avrebbe dovuto
trarre diversa conclusione.
La censura è chiaramente inammissibile, afferendo la valutazione delle emergenze probatorie , come tale insuscettibile di impugnazione con il rimedio della revocazione.
Errore di fatto su lla ‘ supposizione dell’inesistenza di altri eredi della sig.ra , oltre al sig. , tra cui ripartire l’obbligazione restitutoria in ragione dell’eccepita limitazione di responsabilità ‘ :
detta censura è stata oggetto di contestuale ricorso in cassazione, definito con sentenza n. 17044/2019, che ha accolto il motivo sul punto, ritenendo la ‘ i mmotivata disapplicazione dell’art. 754 c.p.c. circa la ripartizione pro quota dei debiti ereditari tra coeredi ‘, cassando la sentenza impugnata solo per tale motivo e rimettendo alla Corte d’Appello per il prosieguo, per cui deve ritenersi sulla questione venuto meno l’interesse ad agire, essendo stata cassata la sentenza che si intende revocare, sul punto (né essendo rimesso a questo giudizio l’adeguamento alla statuizione della Corte di cassazione, rimessa al giudizio di rinvio che la parte interessata avrebbe dovuto attivare). (Cfr. Cass. , ordinanza n. 27946/2023 ” Il contemporaneo svolgimento del giudizio di revocazione e di quello di cassazione avverso la medesima sentenza di appello comporta, qualora ancora pendente il giudizio ex art. 395 c.p.c. venga cassato il capo della decisione oggetto di revocazione, il venir meno dell’oggetto della revocazione e dunque dell’interesse ad agire, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione che, se non constatata dal giudice, ridonda in nullità della sentenza ‘) .
Contrasto di giudicati ex art. 395 n. 5 c.p.c. (contrarietà della sentenza n. 3916/2017 della Corte di Appello di Roma alla sentenza n. 2938/1997 della medesima Corte, sulla scorta di quanto deciso dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 17956/2003).
L’ attore in revocazione rileva che ‘Ulteriore motivo di revocazione attiene alla circostanza per cui la Corte di Appello, sulla scorta di quanto statuito dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 17956/2003 -pronunciata in un momento in cui l’odierno istante era ovviamente non abilitato a proporre alcuna impugnativa, avendo rinunciato all’eredità della il 22/10/2002 -ha ritenuto non sussistente il contrasto di giudicati derivante dalla contrarietà tra la decisione adottata con la sentenza n. 3916/2017 (con il presente atto impugnata) -che ha statuito in ordine alla domanda restitutoria del RAGIONE_SOCIALE, e per esso dell’ confermando la sentenza n. 18231/2009 del Tribunale di Roma -e la sentenza n. 2938/1997 della medesima Corte -che aveva statuito il diritto della sig.ra di essere risarcita dalla per conto del RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato in fatto e in diritto.
In diritto, in quanto (Cass. Ordinanza n. 33733 del 16/11/2022 , tra le varie) ‘In tema di revocazione, il contrasto di giudicati previsto dall’art. 395, n. 5, c.p.c., sussiste qualora tra le due controversie vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende processuali sussista un’ontologica e strutturale concordanza degli estremi identificativi dei due giudizi, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad essa antitetico, non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico’.
Nel caso di specie, come argomentato dalla Corte d’Appello, la prima sentenza non era opponibile all’impresa designata, né tale valutazione (di diritto) può essere oggetto di esame in questa sede.
In fatto, in quanto – come rilevato dalla convenuta – la sent. n. 2938/1997 aveva riconosciuto alla l’ulteriore danno, che era stato liquidato all’epoca in lire 44.867.725; in forza di tale titolo la creditrice aveva promosso l’esecuzione mobiliare nei confronti della impresa designata, conseguendo l’ordinanza di assegnazione del 20 gennaio 1999 per lire 56.391.465; la designata aveva proposto opposizione ed il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17956 del 29 maggio 2003, in accoglimento di detta opposizione, aveva dichiarato l’inefficacia del precetto e del pignoramento, così affermando, implicitamente, il diritto della designata di ripetere l’esborso a suo tempo effettuato in favore della in ragione dell’equivalente somma di € 29.843,55 (8, 9, 10), e tale diritto, stante il giudicato della sentenza 17956/2003, veniva esercitato dalla designata con il ricorso per decreto ingiuntivo del 4 luglio 2005, da cui origina appunto il giudizio concluso con la sentenza oggetto di revocazione.
Dunque, alcun contrasto tra giudicati può rinvenirsi neppure quanto all’oggetto del giudizio.
Errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. (omesso esame dell’eccezione formulata dall’appellante in merito all’opponibilità attuale della sentenza n. 2938/1997 della Corte di Appello di Roma al F.G.V.S., in riferimento agli art.li 285/289 D.Lgs. 206/2005).
Il motivo è chiaramente inammissibile, in quanto l’omessa valutazione di una eccezione non costituisce un errore revocatorio, ma – nel caso – un errore di diritto suscettibile di impugnazione con i mezzi ordinari.
La domanda deve essere respinta e le spese seguono la soccombenza, in ragione del valore della causa e dei parametri medi.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:
dichiara inammissibile e rigetta, nei sensi di cui in motivazione, la domanda di revocazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma n. 3916 del 13 giugno 2017, condanna al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 4.500,00 per compenso, oltre accessori di legge.
Roma, 31 luglio 2025
La Cons. est. La Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME