Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6748 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6748 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13364/2019 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO – ST. COGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti-
nonché contro
DI NOME, DI NOME VINCENZA, DI NOME COGNOME, DI NOME, DI NOME, DIGRUMO NOME, DIGRUMO NOME, DIGRUMO NOME, DIGRUMO NOME, LACALAMITA NOME, LACALAMITA
NOME COGNOME NOME, DIGRUMO NOMECOGNOME NOME COGNOME LACALAMITA COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 225/2019 depositata il 31/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza n. 225/2019 della Corte d’appello di Bari pubblicata il 31 gennaio 2019.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Gli altri intimati indicati in epigrafe non hanno svolto attività difensive.
La sentenza n. 225/2019 della Corte d’appello di Bari ha respinto l’impugnazione per revocazione proposta da NOME COGNOME contro la sentenza n. 1445/2012 della stessa Corte d’appello di Bari, pubblicata in data 27 dicembre 2012.
Il ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 225/2019 è stato avviato per la notifica il 19 aprile 2019 e si struttura in quattro motivi, che censurano le statuizioni di inammissibilità o di infondatezza del secondo e del terzo motivo della domanda di revocazione, riconducibili ai casi di cui ai numeri 3) e 4) dell’art. 395 c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Occorre compiere una verifica pregiudiziale, anche in forza dei poteri cognitivi consentiti alla Corte di cassazione in ordine a proprie precedenti pronunce ( ex multis , Cass. Sez. Unite n. 26482 del 2007). Questa Corte con la sentenza n. 15258 del 2017 ha dichiarato improcedibile il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza resa dalla Corte d’appello di Bari n. 1445/2012. Di seguito, con sentenza n. 20856 del 2019, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di NOME COGNOME per la revocazione della sentenza n. 15258/2017.
Il rapporto tra il giudizio di cassazione e il giudizio di revocazione è regolato dall’art. 398, comma 4, c.p.c., anche ai fini della eventuale sospensione del primo giudizio in conseguenza della notificazione della citazione per la revocazione della sentenza di appello (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 21874 del 2019).
Nella specie, occorre decidere se, per effetto della sentenza n. 15258 del 2017 di questa Corte (e della inammissibilità della revocazione proposta avverso essa ai sensi dell’art. 391 -bis c.p.c.), e dunque della improcedibilità del ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza resa dalla Corte d’appello di Bari n. 1445/2012, questa debba dirsi passata in giudicato. Tale conclusione porterebbe all’esito della inammissibilità del ricorso per cassazione ora in esame, giacché proposto avverso la sentenza che ha ritenuto insussistenti i presupposti per la revocazione della sentenza di merito ormai passata in giudicato (si veda Cass. n. 12703 del 2007).
Deve tuttavia escludersi che la disciplina del concorso fra l’istanza di revocazione della sentenza d’appello e il ricorso per cassazione, ricavabile dal quarto comma dell’art. 398 c.p.c., comporti che l’impugnazione della sentenza resa sulla revocazione sia condizionata dall’esito del ricorso per cassazione contro la sentenza emessa in
grado di appello, nel senso che l’inammissibilità, l’improcedibilità o il rigetto del medesimo ricorso per cassazione travolga l’impugnazione di quella resa sulla revocazione.
L’art. 324 c.p.c. precisa che si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta a regolamento di competenza, ad appello, a revocazione per errore di fatto o per contrarietà di giudicati, ovvero a ricorso per cassazione.
Questa regola comporta che l’immutabilità della decisione per effetto dell’autorità della cosa giudicata in senso formale si ha soltanto con la consumazione del potere di proporre contro di essa i mezzi di impugnazione indicati.
Nel caso in esame, pertanto, la tempestiva proposizione della revocazione non ha comunque fatto passare in giudicato in senso formale la sentenza oggetto di revocazione, e quindi contro la sentenza resa in sede di revocazione è consentito il ricorso per cassazione (Cass. n. 3111 del 1999).
2. La sentenza resa dalla Corte d’appello di Bari in data 27 dicembre 2012, su gravame principale proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME e su appello incidentale avanzato da NOME COGNOME in riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato i signori COGNOME e COGNOME titolari del diritto di proprietà condominiale sul lastrico solare del fabbricato oggetto di causa e per l’effetto aveva condannato l’appellato a consegnare agli appellanti principale un duplicato della chiave del portone di ingresso posto al numero civico INDIRIZZO di INDIRIZZO NOME COGNOME agisce quale avente causa di NOME COGNOME giusta contratto di compravendita del 13 novembre 2007.
3. -La sentenza n. 225/2019 della Corte d’appello di Bari ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di revocazione, proposto ai sensi dell’art. 395 n. 3) c.p.c., quanto al ritrovamento di un atto
traslativo precedente al 1954, in particolare di un atto redatto nel 1928 dal notaio NOME COGNOME, nel quale gli originari proprietari dello stabile di INDIRIZZO in Modugno, NOME COGNOME fu NOME e NOME COGNOME fu NOME, avevano, tra l’altro, disposto che il lastrico solare per cui è causa fosse attribuito alla proprietà esclusiva del loro figlio NOME COGNOME (avo ed omonimo dell’attore in revocazione). L’attore in revocazione aveva dedotto di non aver potuto esibire tale atto nel corso del giudizio di appello, poiché la propria successione a titolo particolare era avvenuta solo il 13 novembre 2007, vale a dire dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni celebratasi il 20 settembre 2007. La Corte d’appello di Bari ha ritenuto il motivo di revocazione inammissibile, perché nell’atto di citazione non risultavano indicati il giorno della scoperta o del ritrovamento del documento, né le prove delle predette circostanze.
La sentenza n. 225/2019 della Corte d’appello di Bari ha poi dichiarato infondato il terzo motivo della domanda di revocazione, riferito all’art. 395, n. 4), c.p.c., quanto all’errore di fatto in cui la sentenza revocanda sarebbe incorsa per aver dato per esistente un fatto che dagli atti di causa risultava invece inesistente (il presunto negozio traslativo precedente alla divisione del 1954), unito all’errore di diritto che, a prescindere dall’esistenza o meno del presunto negozio traslativo precedente l’atto di divisione del 1954, quest’ultimo in ogni caso doveva essere considerato titolo idoneo a vincere la presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c.
Esclusa la deducibilità dell’errore di diritto, la Corte di Bari ha del pari smentito la ravvisabilità di un errore di fatto, giacché l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata (secondo cui, prima dell’atto di divisione del 1954, vi era stato, presumibilmente, un atto costitutivo del condominio, con conseguente preesistenza di quest’ultimo alla
divisione del 1954) ha trovato conferma proprio nelle allegazioni dell’attore in revocazione e nell’atto, risalente al 1928, prodotto dal medesimo, sicché non può davvero affermarsi che la decisione impugnata fosse stata basata sulla supposizione di un fatto inesistente.
4. -Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME contro la sentenza n. 225/2019 deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1369 c.c., nonché dell’art. 395, n. 3), c.p.c., censurando la statuizione di inammissibilità del secondo motivo di revocazione proposto per via della scoperta di un documento decisivo che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore, avendo la Corte d’appello, all’esito della valutazione ed interpretazione del contenuto dell’atto di citazione per revocazione, escluso che in esso vi fosse l’indicazione del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento e della prova delle predette circostanze. Si specifica che la citazione in revocazione allegava che «olo a seguito della notifica della sentenza revocanda che ha posto in discussione la portata del suo diritto di proprietà sul lastrico solare è sorto nell’istante l’interesse di ricercare ed acquisire atti anteriori al 1954 cosa che è occorsa il 5 febbraio 2013».
Il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2 (è da intendere), n. 4), c.p.c., ovvero la nullità della sentenza per assoluta mancanza di motivazione circa la statuizione di inammissibilità del secondo motivo di revocazione proposto ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., sempre attinente alla scoperta del documento decisivo.
Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., fatto costituito dalla scoperta del documento decisivo consistente nell’atto notarile del 1928, avvenuta il 5 febbraio 2013.
Il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME contro la sentenza n. 225/2019 deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 395, n. 4), c.p.c., quanto alla statuizione di infondatezza del terzo motivo di revocazione proposto per errore di fatto, non avendo la Corte d’appello accertato l’inesistenza del fatto presunto dal secondo giudice id est l’atto precedente al 1954 – in relazione agli atti e ai documenti del giudizio di appello, la cui asserita verità sarebbe invece emersa solo grazie alle allegazioni contenute nell’atto di citazione per revocazione ed alla produzione dell’atto del 1928.
5.- I primi tre motivi del ricorso vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione e si rivelano manifestamente infondati.
5.1. – La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non è perciò affatto omessa, né apparente, la sua motivazione, consentendo un «effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 8053 del 2014; n. 22232 del 2016; n. 2767 del 2023).
5.2. -È da premettere che non ha rilievo la precisazione fornita dal ricorrente che egli solo dopo l’acquisto dell’immobile avvenuto il 13 novembre 2007 fu informato della pendenza del giudizio dinanzi alla Corte d’appello di Bari, quando già erano state precisate le relative conclusioni, sicché soltanto a seguito della notificazione della sentenza n. 1445 del 27 dicembre 2012 maturò il suo interesse a ricercare ed acquisire atti anteriori al 1954.
Colui che interviene in un giudizio nelle vesti di successore a titolo particolare nel diritto controverso, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., assume la medesima posizione processuale del soggetto dante causa e soggiace alle preclusioni maturate in capo allo stesso.
La revocazione straordinaria, ai sensi dell’art. 395, n. 3), c.p.c., presuppone l’impossibilità di produrre nel giudizio di merito un
documento che, ignorato a causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario e ritrovato dopo la sentenza, risulti decisivo, ossia astrattamente idoneo a formare un diverso convincimento del giudice, conducendo ad una decisione diversa da quella revocanda; conseguentemente, la parte impugnante è onerata di dimostrare la tempestività ed ammissibilità dell’impugnazione, indicando nell’atto introduttivo, a pena di inammissibilità, le prove di tali circostanze, nonché del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento.
La circostanza che nel corso nel giudizio si sia verificata una successione a titolo particolare nel diritto controverso non pone ex se il successore nella condizione di chi sia stato impedito alla produzione tempestiva di documenti decisivi per causa non imputabile, agli effetti dell’art. 395, n. 3), c.p.c., sicché, a differenza di quanto assume il ricorrente, egli non può adempiere all’onere di dimostrare l’ignoranza dell’esistenza dei documenti e del luogo ove essi si trovavano fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza allegando il fatto di essere intervenuto nel giudizio in una fase seguente, ovvero che la mancata produzione fosse dipesa da colpa o negligenza del proprio dante causa.
Nell’ipotesi di revocazione prevista dal n. 3 dell’art. 395 c.p.c., l’accertamento sia della non imputabilità della mancata produzione in giudizio del documento recuperato, sia della sua idoneità a determinare una diversa decisione della controversia, costituisce, peraltro, apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non nei limiti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. E, nella specie, il ‘fatto’ della scoperta dell’atto del 1928 è stato comunque preso in considerazione dai giudici del merito, ancorché la sentenza ne abbia negato il rilievo ai fini dell’art. 395, n. 3, c.p.c.
6.- È infondato anche il quarto motivo di ricorso.
La sentenza n. 1445/2012 della stessa Corte d’appello di Bari aveva affermato che presumibilmente già prima dell’atto di divisione del 1954 vi stato era un atto costitutivo del condominio. Il fatto oggetto della supposizione di esistenza costituiva un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi e, pertanto, non è configurabile rispetto ad esso l’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 n. 4) c.p.c., giacché non si trattò di un’erronea percezione degli atti di causa, ma di questione che formò oggetto di discussione e decisione a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici di appello. Non può, invero, censurarsi come errore revocatorio ex art. 395 n. 4) c.p.c. l’apprezzamento del giudice di merito circa gli elementi utilizzati a fonte di presunzione di un fatto ignoto, desunto dai fatti accertati in corso di causa alla stregua di una connessione di avvenimenti possibile e verosimile secondo un criterio di normalità.
-Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare ai controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo. Non deve provvedersi per gli intimati che non hanno svolto attività difensive.
Deve respingersi l’istanza dei controricorrenti di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Non risultano accertate la mala fede o la colpa grave del ricorrente soccombente, ai fini della condanna al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata, sub specie di pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero di palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione