Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4782 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
sul ricorso 27440/2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 1580/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 12/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Cons. NOME COGNOME.
Rilevato che:
a seguito di querela sporta dal creditore pignorante NOME COGNOME, il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 3264/2003, condannò NOME COGNOME per il reato di sottrazione di beni pignorati (ex art. 388 c.p.), pronunciando altresì condanna generica al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore del COGNOME (cui vennero riconosciute una provvisionale di 500,00 euro e la refusione delle spese processuali);
instaurato il procedimento civile, il medesimo Tribunale, con sentenza n. 1880/2006, liquidò al COGNOME il risarcimento nell’importo di 4.959,30 euro, oltre accessori;
a seguito di istanza di revisione proposta dal COGNOME, la Corte di Appello di Genova pronunciò sentenza n. 2507/2013 con cui revocò la sentenza penale del Tribunale fiorentino e assolse l’imputato per insussistenza del fatto;
il COGNOME promosse quindi giudizio per revocazione della sentenza civile del Tribunale di Firenze, ai sensi dell’art. 395, n. 2 e n. 4 c.p.c. (per essere state dichiarate false le prove circa la sottrazione dei beni pignorati e per errore di fatto sulla presenza del COGNOME all’asporto dei beni) e chiese, in sede rescissoria, che venisse dichiarato che nessun risarcimento spettava al COGNOME;
il Tribunale di Firenze di chiarò l’inammissibilità dell a revocazione, condannando il COGNOME al pagamento delle spese e per responsabilità aggravata;
con sentenza n. 1580/2020, la Corte di appello fiorentina ha dichiarato ammissibile la revocazione, ma l’ha dichiarata infondata, respingendo pertanto la domanda e condannando il COGNOME al pagamento delle spese del doppio grado (ma senza condanna per responsabilità aggravata);
esclusa la sussistenza dei presupposti per la revocazione ex art. 395, n. 4 c.p.c. («in quanto l’errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa poteva essere rilevato anche sulla base della
sola sentenza e costituire pertanto motivo di tempestivo appello»), la Corte ha affermato, in riferimento all’ipotesi di cui all’art. 395, n. 2 c.p.c., che: il COGNOME, che si era costituito parte civile nel giudizio sfociato nella sentenza penale del 2003, non era stato citato nel giudizio di revisione, in violazione degli artt. 636 e 601 c.p.p., e non vi aveva pertanto partecipato ; l’art. 639 c.p.p. prevede espressamene che ‘ la corte di appello quando pronuncia sentenza di proscioglimento a seguito di acc oglimento della richiesta di revisione ordina la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento il carcere e per il risarcimento dei danni a favore della parte civile citata per il giudizio di revisione’; tale norma ha «portata generale rispetto alla generica formulazione di cui all’art. 574/4 c.p.p. secondo cui ‘… l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato’»; correttamente la Corte di Appello di Genova aveva limitato l’ordine di restituzione a quanto pagato per spese processuali, in quanto, la revisione era inopponibile nei confronti della parte civile non costituita e quindi «non messa in condizione di eccepire, nel dibattimento di revisione, l’inammissibilità della stessa revisione richiesta , in riferimento al risarcimento disposto»; andava dunque escluso che, ottenuta la revisione in carenza di contraddittorio con la parte civile, il COGNOME potesse poi ottenere tout court , in sede civile, la revocazione della sentenza sul danno facendo leva proprio su detta revisione; e ciò in quanto «l’inopponibilità comporta la carenza dei presupposti per la revocazione richiesta»;
ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, affidandosi a due motivi; l’intimato non ha svolto attività difensiva;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c..
Considerato che:
col primo motivo, il ricorrente denuncia «violazione e falsa ed erronea applicazione dell’art. 395 numero 2 c.p.c., omessa applicazione art. 336 comma 2 c.p.c. e 574 c.p.p., in quanto dal combinato disposto di tali norme si ricava che la sentenza di assoluzione emanata in esito al giudizio di revisione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni emessa in un separato giudizio civile di liquidazione del danno. Erronea applicazione dell’art. 636 e 639 c.p.p.»; il COGNOME assume che «la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, anche se pronunciata senza la partecipazione della parte civile è destinata a produrre i suoi effetti anche sulla dipendente sentenza civile di liquidazione del danno 1880/06 del tribunale di Firenze che, quindi, è destinata ad essere rimossa ed annullata, o tramite procedimento di revocazione perché emessa in base a prove dichiarate false nel procedimento di revisione o automaticamente, per il solo fatto della pronuncia di assoluzione»;
col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. perché la Corte d’appello, dopo aver ritenuto infondata la domanda di revocazione, non ha «statuito sulla domanda di accertamento dell’insussistenza del credito e di condanna alla restituzione all’esponente delle somme riscosse sia a titolo di risarcimento danni che di spese di lite e di spese di esecuzione non quale effetto rescissorio della domanda di revocazione ma in via autonoma quale effetto diretto dell’accoglimento della domanda di revisione ai sensi dell’art. 336 secondo comma c.p.c.».
Ritenuto che il ricorso ponga questioni di rilevanza nomofilattica e che, in difetto di precedenti specifici di questa Corte, sia opportuna la rimessione alla pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.