Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35045 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4391/2021 R.G. proposto da :
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA CONSORZIO TRA I RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1644/2020 depositata il 30/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il ricorso riguarda la sentenza n. 1644/2020 con cui la Corte d’Appello di Venezia ha revocato la sentenza n. 2301/2018 emessa dalla Corte medesima che – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vicenza -aveva accolto l’opposizione e revocato il decreto ingiuntivo per euro 2.114594,58 emesso dal Tribunale di Bassano del Grappa il 10.8.2010 su ricorso della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi la Cooperativa) nei confronti del Consorzio fra i RAGIONE_SOCIALE dell’Altopiano di RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi Consorzio) a titolo di prezzo dovuto per il latte conferito, come da relative fatture.
2.- Contro il decreto il decreto ingiuntivo il Consorzio aveva eccepito, in via preliminare, la nullità dello stesso per l’esistenza di una clausola compromissoria, stipulata tra le parti in base alla quale tutte le controversie tra società e soci sarebbero state devolute ad un arbitro; nel merito aveva contestato la pretesa della Cooperativa asserendo – per quanto ancora qui interessa – che il credito della cooperativa doveva essere ridotto dei versamenti già effettuati e che era comunque inesigibile a fronte della delibera del CdA del Consorzio n.5/2008 con la quale i legali rappresentanti delle consociate -tra cui anche la RAGIONE_SOCIALE -avevano espressamente accettato di «congelare» eventuali pretese creditorie nei confronti del Consorzio a seguito di un grave incendio subito in data 17 novembre 2007. La RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il rigetto dell’opposizione e, in subordine, la condanna del Consorzio al pagamento della somma pretesa.
2.1- Con una prima sentenza non definitiva il Tribunale ha escluso l’applicabilità della clausola compromissoria fatta valere dal Consorzio posto che la RAGIONE_SOCIALE aveva esercitato il recesso dal medesimo prima del decreto ingiuntivo, sicché detta clausola non
poteva più ritenersi operante. Quindi, con sentenza definitiva, ha respinto l’opposizione e confermato il decreto impugnato
2.2- Il Consorzio ha proposto appello avverso entrambe le citate pronunce e la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2301/2018 del 27 agosto 2018, ha revocato il decreto opposto, accogliendo solo il secondo motivo d’appello del Consorzio e respingendo gli altri, in particolare osservando:
(a) quanto al primo motivo, che doveva essere confermata la sentenza non definitiva la quale aveva escluso che nella specie potesse essere operante la clausola compromissoria in quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva esercitato il recesso dal Consorzio prima che fosse depositato il ricorso per decreto ingiuntivo;
(b) che era fondato il secondo motivo di appello, in base al quale il credito portato dal decreto ingiuntivo era da ritenere inesigibile, in ragione della delibera invocata dal Consorzio;
(c) che l’importo della somma di cui al decreto ingiuntivo non doveva essere ridotta, perché mancava la prova del versamento, da parte del Consorzio, dell’acconto dedotto, né poteva essere opposta alla Cooperativa la delibera consortile dell’8 ottobre 2013 con la quale era stato ridotto il prezzo di ciascun litro di latte conferito, in quanto successiva al suindicato recesso della Cooperativa stessa, (oggetto del terzo e quarto motivo).
3.- Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia la RAGIONE_SOCIALE ha proposto, in data 12.2.2019, ricorso per revocazione; entrambe le parti hanno, inoltre, proposto poco dopo ricorso per Cassazione.
3.1- La Cooperativa ha chiesto la revocazione deducendo che la riforma della sentenza di primo grado era dipesa da un errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa, posto che la statuizione era fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità risultava incontestabilmente esclusa; invero il credito azionato dalla RAGIONE_SOCIALE non era inesigibile -come ritenuto dalla Corte
d’Appello dal momento che la delibera n. 5/2008 del CdA del Consorzio era stata completamente superata da successiva delibera dell’8.10.2013 con la quale il Consorzio – dato atto dell’intervenuta liquidazione da parte della compagnia assicurativa della somma di euro 11.173.802,00 dovuta a ristoro dell’ incendio -aveva quantificato in via definitiva il valore di ogni litro di latte conferito dai soci nel corso dell’anno 2007, sicchè la ragione di «congelamento» del credito asseritamente, perciò, inesigibile, era venuta meno.
Il Consorzio si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto della richiesta di revocazione, osservando che i giudici d’appello non si erano dimenticati della predetta delibera, ma l’avevano considerata e valutata nel decidere dei motivi d’appello, onde non vi sarebbe stato alcun errore di fatto che giustificasse la revocazione.
3.1.1La Corte d’appello, con la sentenza qui gravata n. 1644/2020, ha accolto l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE ritenendo che nella sentenza d’appello oggetto di revocazione, la delibera consortile dell’8.10.2013 – di cui si dava atto nello stesso ricorso in appello e che era stata prodotta già in primo grado dallo stesso Consorzio di Asiago – era stata presa in considerazione dal giudice di secondo grado solo per l’esame del terzo motivo d’appello proposto dal Consorzio, che non riguardava l’eccepita inesigibilità del credito, bensì il preteso prezzo del latte, che il Consorzio deduceva fosse stato ridotto da detta delibera per l’anno 2007 a causa del grave incendio subito: motivo che respingeva in quanto detta delibera non era opponibile alla Cooperativa che all’epoca non era più socia del Consorzio; ma nella sentenza non vi era alcun cenno alla parte della delibera stessa in cui si dava atto dell’intervenuto versamento dell’indennità da parte dell’assicurazione, ovvero della circostanza che era stata addotta dallo stesso CdA del Consorzio a giustificazione del deciso
«congelamento» dei crediti e, quindi, della temporanea inesigibilità di quello azionato in sede monitoria dalla Cooperativa.
Considerato che il pagamento dell’indennità non era stato oggetto di controversia e che tale questione era decisiva dal momento che il giudice d’appello -nella sentenza revocanda aveva dichiarato inesigibile il credito solo perché il Consorzio era in attesa della liquidazione del risarcimento del sinistro – la Corte d’Appello ha accolto il motivo di revocazione, osservando che « L’accoglimento del motivo di revocazione comporta in via rescissoria, una volta riconosciuta l’esigibilità del credito e fermo il rigetto di tutti gli altri motivi di appello, che debba essere confermata la sentenza di primo grado »; così disponendo nel dispositivo: « revoca l’impugnata sentenza e conferma la sentenza di primo grado n. 63/14 emessa dal Tribunale di Vicenza il 19 Febbraio 2014 ) ».
4.- Dopo la definizione del procedimento di revocazione è giunto in decisione anche il giudizio per la Cassazione della sentenza oggetto di revocazione contestualmente, come detto, proposto tanto il Consorzio (in data 25.2.2019) quanto dalla Cooperativa (in data 27.2 2019):
il Consorzio, con due motivi, volti a censurare in sede di legittimità i soli capi della sentenza d’appello non oggetto del giudizio di revocazione (quindi quelli con cui erano state respinte le eccezioni relative all’applicazione della clausola arbitrale di cui l’art. 27 dello statuto, nonché alla pretesa riduzione del prezzo per il conferimento del latte stabilita con delibera dell’8.10.2013;
la Cooperativa con tre motivi, volti a censurare la violazione di legge in relazione all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; in particolare rilevava: (a) che era onere del Consorzio provare il contenuto della decisione del CdA del Consorzio dell’ 8 ottobre 2008 con la quale i soci avevano stabilito l’inesigibilità dei crediti avendolo essa contestato; (b) che il congelamento dei
pagamenti nei confronti dei soci non le era opponibile perché tale provvedimento era stato adottato in via autonoma dal Consiglio e non già dall’Assemblea dei soci, unico organo in cui i soci delle società consorziate possono esprimere il proprio consenso; (c) che era incongrua la liquidazione delle spese.
4.2- I due ricorsi erano riuniti e la Corte di Cassazione si pronunciava con l’ordinanza numero 9201 del 2021 all’esito della definizione del giudizio di revocazione della sentenza d’appello, dichiarando l’inammissibilità di entrambi i ricorsi: preso, invero, atto del fatto che la sentenza gravata (Corte d’Appello n. 2301/2018) era stata revocata, e che ciò nonostante il Consorzio -dichiarato nel frattempo insolvente e posto in l.c.a. -insisteva per l’esame del ricorso permanendo il suo evidente interesse a rimuovere la statuizione della sentenza revocata in cui era negata l’operatività della clausola compromissoria, questa Corte ha ritenuto di non poter dare continuità al precedente invocato dal Consorzio (Cass. n. 8773/2020), secondo il quale, qualora la domanda di revocazione concerna una parte autonoma della sentenza d’appello, il relativo accoglimento determina – in aderenza alle regole dell’impugnazione parziale e dell’effetto espansivo interno – la rescissione di quella parte soltanto, nonché delle parti che dipendano dalla parte rescissa, mentre conservano la loro efficacia le parti autonome e indipendenti, sicché, nel giudizio di cassazione pendente su queste ultime, la pronuncia di revocazione non fa cessare la materia del contendere; e ciò in quanto il caso deciso in detto precedente non era assimilabile a quello in esame: « in quella sede, infatti, era stato affrontato il problema della revocazione parziale sul presupposto che la Corte d’appello aveva revocato la sentenza nei soli limiti della doglianza esaminata; mentre in questo caso la sentenza della Corte d’appello di Venezia ha revocato la precedente sentenza (fase rescindente) ed ha contestualmente confermato quella del Tribunale di Vicenza in
primo grado (fase rescissoria). Il che viene a significare che la pronuncia impugnata in questa sede non esiste più da un punto di vista giuridico e non vi sono margini per poterne esaminare la correttezza sotto alcun profilo. Se poi – com’è evidente – la sentenza che ha accolto la revocazione fosse affetta da vizi, ciò potrà essere oggetto di un nuovo ricorso per cassazione (art. 403, secondo comma, cod. proc. civ.), ma non per questo può rivivere l’odierno ricorso, rivolto nei confronti di una sentenza ormai non più esistente» .
Ha, quindi, fatto applicazione del diverso principio in base al quale « la revocazione della sentenza d’appello impugnata con ricorso per cassazione determina la cessazione della materia del contendere, che dà luogo all’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto l’interesse ad agire, e quindi quello ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perché è in relazione a quest’ultimo, e alla domanda originariamente formulata, che l’interesse va valutato ».
5.- Contro la sentenza di revocazione, è stato, quindi, proposto ricorso per Cassazione dal Consorzio, affidato a tre motivi. Ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con Controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse formulato dalla RAGIONE_SOCIALE secondo la quale, per effetto della liquidazione coatta amministrativa del Consorzio, ai sensi dell’art. 55 richiamato dall’art. 201 R.D. n. 247/1942 e successive modifiche, il credito in questione sarebbe divenuto esigibile ex leg e, con conseguente venir meno dell’interesse ad agire del Consorzio relativamente al presente ricorso, e ciò in quanto l’argomento in diritto testè riferito
è del tutto inconferente dal momento che, a fronte dell’apertura di una procedura concorsuale diventano esigibili e x lege i crediti sorretti da un titolo valido e definitivo, quale non è quello di cui si discute, oggetto, invero, di un giudizio di opposizione allo stato passivo, sospeso in attesa della presente decisione.
2.- Il primo motivo del ricorso contro la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione denuncia « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113, 360 e 395 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in riferimento all’ammissibilità della domanda di revocazione proposta da RAGIONE_SOCIALE». Reputa il ricorrente che correttamente la Corte d’appello di Venezia – nella sentenza gravata per revocazione -si era limitata ad accogliere l’opposizione e a revocare il decreto ingiuntivo in quanto emesso per un credito all’epoca non esigibile senza pronunciare sulla successiva intervenuta esigibilità del medesimo in favore della RAGIONE_SOCIALE, perché mancava la relativa domanda subordinata di condanna che, formulata in prime cure e non riproposta dalla appellata, doveva ritenersi rinunciata ex articolo 346 c.p.c.. Osserva inoltre che anche nell’ipotesi in cui si volesse intendere detta domanda implicitamente contenuta in quella di rigetto dell’appello e di conferma della sentenza di primo grado, in ogni caso non si potrebbe ravvisare alcun vizio revocatorio poiché in tal caso la sentenza della Corte d’appello sarebbe stata, piuttosto, affetta da un vizio di omessa pronuncia. Ed anche ove sia ammettesse che la Corte d’appello non avesse preso in considerazione la delibera dell’8.10.2013 e, quindi, il venir meno della inesigibilità del credito, detta omissione integrerebbe un vizio motivazionale rilevabile esclusivamente in sede di legittimità e non tramite procedimento di revocazione, consistendo l’errore di fatto che legittima la revocazione delle sentenze in una falsa percezione della realtà che deve sostanziarsi in un’affermazione positiva o negativa di un fatto in contrasto con le evidenze di causa; pertanto
qualora il giudice abbia ignorato un fatto, omettendo di esaminarne la prova, può contestarsi un vizio motivazionale non il vizio revocatorio (invoca Cass. n. 22584/2014).
2.2- Il motivo, che attiene alla fase rescindente del giudizio revocatorio è infondato. L ‘opposizione al decreto ingiuntivo instaura un giudizio a cognizione piena sul rapporto sostanziale, per cui la domanda della Cooperativa (attrice sostanziale) non era una domanda «subordinata», bensì la domanda stessa proposta con l’istanza di ingiunzione cui l’appellante non aveva rinunciato ma aveva implicitamente ribadito chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado. Nel respingere implicitamente detta domanda per effetto dell’accoglimento dell’opposizione, la Corte D’appello non ha tenuto conto della successiva delibera che sanciva il venir meno della dedotta inesigibilità del credito, e si è fondata quindi sull’errato presupposto di fatto che persistesse la ragione che aveva determinato la unanime decisione di congelare i crediti delle consorziate fino all’incasso delle indennità dovute dalle assicurazioni per l’incendio occorso nel 2007.
Perciò non si è trattato di un vizio di omessa pronuncia, bensì’ di pronuncia di rigetto della domanda proposta in sede monitoria e coltivata in sede di opposizione sulla base di un errore percettivo del dato probatorio nella sua oggettività: secondo il dettato della norma un errore fondato sulla « supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa», oppure sulla «supposta inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita»: in breve, di una svista del giudice nella consultazione degli atti del processo (v. Cass. Sez. Un. n. 5792/20242).
2.3- Infondata è anche la censura che intravede nel vizio – in tesi erroneamente dedotto «per revocazione» -un vizio «motivazionale» inquadrabile nell’ omesso esame di un fatto decisivo, poiché con riguardo al c.d. travisamento per omissione, le
Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. n. 5792/20242, cit.) hanno di recente ricordato che « secondo il costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione su un punto decisivo, denunziabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., postula che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che questi, percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo, di modo che l’omissione si risolve in un implicito apprezzamento negativo sulla rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato in maniera insufficiente o illogica. Invece se l’omessa valutazione dipende da una falsa percezione della re altà, nel senso che il giudice ritiene per una svista, obiettivamente immediatamente rilevabile, inesistente un fatto o un documento, la cui esistenza risulti incontestabilmente accertata dagli stessi atti di causa, è configurabile un errore di fatto, deducibile esclusivamente con impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c. (Cass. 27 luglio 2005, n. 15672 )». In breve, se il travisamento è frutto di un errore di percezione, soccorre la revocazione, se il travisamento è frutto di un errore di giudizio, esso rileva quale vizio motivazionale nei limiti in cui esso può essere dedotto dopo la novella del 2012.
Principio, questo, ribadito dalle Sez.un. citate: « Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei
presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale ».
Nella specie è pacifico che il fatto non percepito dal giudice (una delibera che dava conto dell’avveramento della condizione di esigibilità del credito, o meglio, del venir meno della giustificazione convenuta della sua inesigibilità) non fosse controverso, né fosse stato discusso tra le parti, con conseguente correttezza della sentenza di revocazione qui impugnata sul punto.
3.- Il secondo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 395 e 402 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in merito al vizio di ultrapetizione».
Con detto motivo il ricorrente censura un vizio della sentenza nella fase rescissoria perché, a fronte dell’accoglimento del motivo di revocazione, nel dispositivo revocava l’intera sentenza, pur dando atto in sede di motivazione che la sentenza doveva essere revocata solo con riferimento al motivo di impugnazione relativo alle esigibilità del credito rimanendo inalterata in ordine al rigetto degli altri motivi d’appello proposti dal Consorzio, così ponendo nel nulla l’intero provvedimento in violazione del dispositivo dell’art. 395 comma 1 n. 4 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 112 c.p.c., dato che la Cooperativa aveva richiesto esclusivamente la revocazione della sentenza (cita Cass.19562/2016, Cass 12721/2016, in cui si afferma: « svelato l’errore di fatto è individuata la parte della sentenza impugnata da rescindersi in quanto viziata dall’errore, il successivo giudizio rescissorio riguardante la modificazione di detta sentenza deve avere per oggetto solo le parti di essa che sono state rescisse e quelle che ne dipendono. Infatti la revocazione travolge i soli capi della sentenza che sono frutto di errore ).
3.1- Il motivo è infondato, proprio alla luce dei precedenti che il ricorrente cita. La sentenza qui gravata infatti – il cui dispositivo va interpretato alla luce della motivazione -ha espressamente
pronunciato solo sul motivo di revocazione (né avrebbe potuto fare diversamente) accogliendolo (« L’accoglimento del motivo di revocazione comporta in via rescissoria, una volta riconosciuta l’esigibilità del credito e fermo il rigetto di tutti gli altri motivi di appello, che debba essere confermata la sentenza di primo grado » così in motivazione) e ha aggiunto (inutilmente) « fermo il rigetto di tutti gli altri motivi di appello», ovvero ferma la decisione per il resto assunta dalla Corte d’appello, nel senso che sulla decisione relativa agli altri motivi di appello non poteva tornare perché questa non era attinta da revocazione. Sicchè laddove nel dispositivo afferma « revoca l’impugnata sentenza e conferma la sentenza di primo grado n. 63/14 emessa dal Tribunale di Vicenza il 19 Febbraio 2014 ) » altro non fa che revocare la sentenza d’appello -in quanto questa -accogliendo l’eccezione di inesigibilità del credito sulla base di un errore percettivo oggetto della revocazione -aveva riformato la sentenza di primo grado – e tradurre l’esito del giudizio di revocazione , che solo quel motivo d’appello attingeva «ferme» le altre statuizioni di rigetto dell’appello, nella formula « conferma la sentenza di primo grado» , ovvero nella formula con cui giudice di appello avrebbe dovuto -senza l’errore revocatorio concludere il giudizio di gravame della sentenza di primo grado.
– Il terzo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione della norma di cui agli artt, 113, e 808 c.p.c. ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c .» e viene proposto per l’ipotesi in cui non trovassero accoglimento i motivi di gravame su esposti, come in effetti è, e dunque va esaminato.
Il ricorrente – ribadito che la pronuncia n. 1644/2020 revocava integralmente la precedente statuizione della Corte d’Appello n. 2301/2018 e, quindi, si sostituiva integralmente alla stessa nella decisione di merito, in applicazione dall’art. 402 c.p.c. – ritiene di poter proporre in questa sede ricorso per cassazione avverso le
statuizioni della sentenza n. 2301/2018 che -a suo dire- venivano fatte proprie, quantomeno implicitamente e per relationem , dalla Corte d’Appello con la sentenza qui gravata che affermava di condividere il rigetto di tutti gli altri motivi d’appello promossi dal Consorzio, e ciò in quanto diversamente « anche qualora non fosse accolto il secondo motivo di ricorso per cassazione – il Consorzio vedrebbe confiscato il proprio diritto di ricorrere per cassazione avverso le statuizioni della sentenza n. 2301/2018 della Corte d’Appello di Venezia che, sebbene non oggetto di domanda di revocazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, venivano comunque erroneamente caducate dalla sentenza n. 1644/2020 della Corte d’Appello di Venezia» poiché -diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale -il perimetro della clausola compromissoria è correlata al solo oggetto della controversia, sicchè laddove questa riguardi diritti disponibili che nascono dal rapporto sociale, il contenzioso deve essere devoluto, ai sensi dello statuto sociale, all’arbitro previsto dall’art. 27, indifferente essendo il fatto che uno dei soci sia receduto dal rapporto sociale.
4. 1. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, invero, intende riproporre il motivo di appello che denunciava la nullità della sentenza di primo grado in ragione della presenza di clausola compromissoria statutaria, già proposto e già respinto dalla Corte d’appello di Venezia e non attinto dal giudizio di revocazione, l’unico oggetto del presente giudizio, e ciò sulla base dell’erroneo assunto che la sentenza gravata per revocazione n. 1644/2020, abbia pronunciato sul punto, facendo proprie, «quantomeno implicitamente e per relationem» le ragioni di rigetto della sentenza n. 2301/2018 oggetto di revocazione che – a suo dire- «affermava di condividere il rigetto di tutti gli altri motivi d’appello promossi dal Consorzio». Così infatti non è come si è detto poco sopra respingendo il secondo motivo di cassazione: la Corte d’appello non ha pronunciato sugli altri motivi (neanche per implicito) ma solo sul
motivo di revocazione, limitandosi ad osservare -come detto, inutilmente -che i motivi non attinti da revocazione restavano «fermi».
5.- In conclusione il ricorso va respinto. Quanto alle spese il Collegio ritiene che ai sensi dell’art. 92 c.p.c. – come modificato dall’art. 13, comma 2, del decreto -legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché «integrato» in forza della sentenza «additiva» della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77 -vi siano nella specie, stante la straordinaria peculiarità della vicenda processuale, le ragioni per compensare interamente tra le parti le spese di lite. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima