Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22343-2023 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
Oggetto
R.G.N. 22343/2023
COGNOME
Rep.
Ud.06/11/2024
CC
COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso l’ordinanza n. 9873/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 13/04/2023 R.G.N. 25422/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ordinanza della Quarta Sezione civile n. 9873/2023, questa Corte ha rigettato il ricorso della ricorrente, dipendente del ministero del Lavoro, che aveva chiesto al tribunale di Genova l’accertamento del diritto ad essere esonerata dal servizio e la condanna del ministero a corrispondere le somme di pensione maturate per effetto del riconoscimento del periodo di esonero.
In particolare, era accaduto che la lavoratrice aveva presentato istanza di ricongiunzione di periodo contributivo per riscatto laurea, che gli era stata riconosciuta, ed aveva chiesto di versare la somma in 48 rate mensili; aveva quindi richiesto l’esonero dal servizio ex articolo 72 decreto n. 112 del 2008. La domanda di esonero era stata rigettata in quanto all’epoca della stessa la lavoratrice non aveva il requisito dell’anzianità contributiva minima (non essendo ancora definito il riscatto). Il tribunale aveva respinto la sua domanda e la corte d’appello aveva rigettato il gravame, ritenendo che pure in presenza dei requisiti prescritti per chiedere la ricongiunzione restava un’ampia discrezionalità dell’amministrazione quanto alla sua concessione.
La parte aveva quindi fatto ricorso in cassazione deducendo che la sua istanza di esonero dal servizio avrebbe avuto una
probabilità superiore al 50% di essere accolta. La Cassazione con l’ordinanza su richiamata ha rigettato il ricorso, espressamente indicando che, mentre ‘nella specie, la Corte d’appello di Genova ha valutato che la richiesta dimostrazione non fosse stata fornita neppure mediante presunzioni, peraltro non allegate, dovendosi considerare che la P.A., pur in presenza dei requisiti prescritti dalla legge per domandare la ricongiunzione in esame, restava titolare di un’ampia discrezionalità quanto alla sua con cessione’, ‘la ricorrente non ha adeguatamente contestato questa ricostruzione né ha indicato quali circostanze, ulteriori rispetto alla maturazione dei requisiti contributivi ed al suo legittimo affidamento, avrebbe dedotto e dimostrato, idonee a provare che la P.A. avrebbe, con ragionevole probabilità, accolto la sua istanza’.
Avverso tale ordinanza ricorre la lavoratrice per revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., lamentando -con motivo illustrato da memoria- che per errore la corte ha ritenuto che la domanda avesse ad oggetto non il risarcimento del danno per la mancata concessione dell’esonero dal servizio ma la ricongiunzione contributiva, che era solo uno dei presupposti per avere il beneficio domandato. Il ministero resiste con controricorso; l’INPS ha depositato procura per l’eventuale partecipazione alla discussione orale.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è inammissibile, non ricorrendo i presupposti per l’istituto della revocazione di cui si chiede l’applicazione.
Invero, questa Corte ha già precisato (Sez. U – , Ordinanza n. 20013 del 19/07/2024, Rv. 671759 – 01) che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore
rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale il ricorrente, lungi dall’evidenziare un errore di fatto percettivo, ha lamentato un omesso esame dei motivi articolati nel ricorso introduttivo, così sollecitando un rinnovato giudizio sui disattesi motivi del ricorso per cassazione).
Nel caso di specie, non vi è alcun errore avente i caratteri suddetti richiesti dalla norma.
Peraltro, dalla lettura della sentenza nel tenore complessivo dell’atto emerge chiaramente che -al di là delle espressioni utilizzate, a voler concedere un po’ equivoche – la Cassazione, nel richiamare il potere discrezionale dell’amministrazione, si sia riferita all’esonero, essendo chiaro per converso dal contesto fattuale richiamato che la ricongiunzione era stata già riconosciuta, ma che ciò non era sufficiente a comprovare la certezza o l’elevata probabilità che l’amministrazione avrebbe concesso l’eson ero in quanto pur sempre titolare di ampia discrezionalità. La corte nella predetta ordinanza ha quindi esattamente individuato la domanda (v. pag. 2 della sentenza), mentre con il ricorso proposto la parte vorrebbe
ottenere – inammissibilmente – un diverso apprezzamento della discrezionalità.
Ferma restando la non censurabilità dell’errore di giudizio, n on è stato dunque confuso, come pretenderebbe il ricorrente, l’oggetto della domanda (il mancato esonero dal servizio ed il relativo risarcimento del danno) con il suo presupposto (la ricongiunzione contributiva), né vi è stata alcuna omessa pronuncia su detto oggetto, atteso che la Corte ha escluso il diritto azionato, essendo chiaro (per come riportato dalla stessa sentenza nello svolgimento del processo) che questo riguardava l’esonero .
Spese secondo soccombenza in favore della parte controricorrente.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m. dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.500 per compensi professionali, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre