Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12609 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12609 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16278/2024 R.G. proposto da :
EDIZIONI DEL ROMA RAGIONE_SOCIALE LCA, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale r.carleo@pec.legaletributario.net ;
-ricorrente-
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI -DIPTO INFORMAZIONE E EDITORIA, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato (ADS80224030587) con domicilio digitale EMAIL ;
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 9553/2024 depositata il 09/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.Con ricorso notificato il 9 luglio 2024 RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (d’ora in poi solo Edizioni del Roma) impugna per revocazione ai sensi degli artt. 391 bis e 395, n.4 cod. proc. civ. l’ordinanza n.9553 del 2024 di questa Corte pubblicata il 9 aprile 2024.
2.Con detta ordinanza era stato accolto il ricorso per cassazione proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma depositata il 22 novembre 2021 che aveva respinto il gravame spiegato nei confronti della decisione di primo grado di condanna al pagamento della somma di euro 1.038.104,47, oltre interessi legali, a titolo di contributo per l’editoria per l’anno 2012 ai sensi dell’art.3 della legge 7 agosto 1990, n.250.
3.La corte d’appello, premessa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in ragione della ritenuta assenza di discrezionalità dell’Amministrazione statale sull’ an , quid , e quomodo dell’erogazione richiesta, aveva confermato la decisione di primo grado, evidenziando che la sottoposizione della società a liquidazione coatta amministrativa costituiva causa di sospensione degli obblighi e dei pagamenti contributivi, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma , lett. b), d.m. 24 ottobre 2007, e, conseguentemente, esentava la richiedente dall’obbligo di produrre l’attestazione dalla regolarità contributiva previdenziale, la cui assenza era stata elevata dall’amministrazione a motivo della non concessione del contributo .
4.Il ricorso per cassazione della Presidenza del Consiglio era affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso Edizioni del Roma.
5.La Corte di cassazione con l’ordinanza n.9553/2024 r.g. aveva accolto il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo e dichiarato assorbito il terzo, cassando la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinviando anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
6.Con il secondo motivo accolto la ricorrente aveva dedotto la nullità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 112 e 132 secondo comma, n.4 cod. proc. civ., nella parte in cui non si era pronunciata ovvero aveva reso una motivazione apparente in ordine al motivo di gravame vertente sull’esistenza di un limite invalicabile di spesa nell’erogazione dei contributi, consistente nell’ammontare delle risorse stanziate nell’apposito capitolo di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La doglianza era stata ritenuta fondata da questa Corte in quanto il giudice d’appello aveva erroneamente ritenuto di non potersi pronunciare sul motivo di gravame concernente il quantum della pretesa azionata dalla società in considerazione del fatto che l’amministrazione statale non aveva proceduto alla relativa contestazione nella comparsa di costituzione in giudizio in primo grado.
Per contro la Corte di cassazione aveva evidenziato che la deduzione della parte di essere debitrice di un importo inferiore rispetto a quello preteso dalla controparte non costituisce un’eccezione ma una mera difesa risolvendosi nella negazione della fondatezza della pretesa avversaria nella sua integralità, che può essere fatta valere in appello (cfr. Cass. 6 maggio 2020, n.8525; Cass.n.23796/2018), non esonerando, dunque, il giudice dall’obbligo di provvedere sul punto.
La Corte concludeva, pertanto, per la sussistenza del lamentato vizio di nullità della sentenza che quindi veniva cassata con riferimento al motivo in esame.
10.La Presidenza del consiglio resiste alla revocazione con controricorso ritualmente notificato.
11.La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 cod proc civ. .
CONSIDERATO CHE:
12.La revocazione di detta ordinanza è chiesta dal Edizioni del Roma che deduce il grave errore di fatto in cui sarebbe in corsa la Suprema Corte per avere erroneamente ritenuto controversa la determinazione del contributo editoriale (nella misura di euro 1.038.104,47 oltre interessi legali) dovuto ai sensi dell’art.3 della legge 7 agosto 1990, n. 250 all’imprese editrice per l’anno 2012, come invece era stato già pacificamente accertato in primo grado dalla ordinanza del Tribunale di Roma in data 8 gennaio 2015 e confermato in secondo grado dalla sentenza della Corte d’appello n. 7726 del 2021 pubblicata il 22 novembre 2021.
13.Aggiunge l’odierna ricorrente in revocazione che la Suprema Corte non si sarebbe avveduta dell’esistenza agli atti in un documento determinante contenente il pacifico riconoscimento della determinazione del credito nella misura definitiva già decurtata nei limiti delle risorse disponibili nel relativo bilancio dello Stato, poiché detta somma risultava espressamente dal provvedimento di esatto accertamento del credito reso dalla stessa pubblica amministrazione convenuta e prodotto in atti quale ‘nota del 21 maggio 2015 -prot. DIE0008461 P4 14.16 ‘inviata la pec del commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa ricorrente, nella quale testualmente si legge ‘con riferimento alla richiesta della S.V. in data 15 maggio 2014, si comunica che il contributo calcolato per l’anno 2012 e non erogato all’impresa in oggetto per le motivazioni di cui al decreto di esclusione del 31 marzo 2014, ammonta ad euro 1.038.104,47 al lordo della ritenuta Irpeg, corrispondente al 72,699% del contributo teoricamente spettante sulla base dello stanziamento di bilancio dell’anno di
riferimento. Detta somma è stata impegnata con decreto del 20 dicembre 2013’.
14.La revocazione è inammissibile.
15. E’ noto che in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa e sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti; b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte. (Cass. Sez. Un. 20013/2024).
16.Ciò posto, nel caso di specie la circostanza della determinazione dell’importo dovuto è stato specifico oggetto di discussione del ricorso e la questione è stata oggetto dell’attività interpretativa e valutativa delle parti e del Collegio. Essa ha, infatti, dapprima costituito oggetto della seconda doglianza dell’Amministrazione ricorrente e poi delle eccezioni svolte dalla controricorrente. La Corte di cassazione si è quindi pronunciata al riguardo con l’ordinanza in esame e ha argomentato che la questione era stata oggetto di mera difesa, sicché sulla base dei richiamati principi ermeneutici poteva essere legittimamente fatta valere in appello. Sulla scorta di dette considerazioni la Corte ha accolto il ricorso di doglianza e cassato la relativa statuizione.
17. Ciò detto, deve osservarsi che si è al di fuori del sopra delineato errore di fatto rilevante ai fini della revocazione delle sentenze od ordinanze della Suprema Corte e, come già enunciato, la revocazione va dichiarata inammissibile.
18.In applicazione del principio di soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente, liquidate come in dispositivo.
19.Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente che liquida in euro 4500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/04/2025.