Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34426 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34426 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 22586/2023
promosso da
COGNOME NOME , quale di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, poi dichiarata fallita, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME , dall’avv. prof. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
nonché contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del Curatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio
eletto presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano ;
– intimati –
avverso l’ordinanza n. 8745/2023 di questa Corte di cassazione, pubblicata il 28/03/2023, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano rigettava il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso la sentenza del Tribunale di Como che ne aveva dichiarato il fallimento, su istanza di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Avverso detta decisione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da memoria, cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso, mentre i restanti intimati non svolgevano difese.
Con deposito telematico del 22/12/2022 la ricorrente produceva copia conforme della sentenza di questa Corte n. 3888/2020 e della sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1785/2021 (quale Giudice del rinvio), rese nell’ambito di altro contenzioso pendente tra la società fallita e RAGIONE_SOCIALE
Con memorie ex art. 380 bis .1 c.p.c. entrambi i controricorrenti eccepivano l’inammissibilità della produzione per difetto dei presupposti ex art. 372 c.p.c., chiedendo l’espunzione di dette sentenze . RAGIONE_SOCIALE precisava anche che si trattava di pronunce non definitive (in quanto da essa stessa impugnate, rispettivamente, per revocazione e per cassazione).
Questa Corte, con l’ordinanza in dicata in epigrafe, dichiarava inammissibile il ricorso per cassazione.
In particolare, la Corte dichiarava inammissibile la produzione documentale della ricorrente, poiché effettuata al di fuori dei presupposti di cui all’art. 372 c.p.c. , che non ammette il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne quelli che riguardino la nullità della decisione impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso, ovvero il maturare di un successivo giudicato, circostanza quest’ultima esclusa dalla Corte alla luce delle controdeduzioni di VR RAGIONE_SOCIALE sopra riportate (la quale aveva dedotto che la decisone della Corte d’appello era stata impugnata) , evidenziando che, per far valere nuovi documenti riguardanti il merito della pretesa era previsto il rimedio della revocazione straordinaria ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 3), c.p.c.
Questa Corte riteneva, poi, inammissibili i due motivi di ricorso per cassazione (relativi, rispettivamente, all’omesso esame di fatti decisivi e alla violazione e alla ritenuta falsa applicazione dell’art. 5 l.fall. ), affermando che entrambe le censure miravano a un riesame della valutazione dei fatti storici e delle risultanze probatorie, operata conformemente dai giudici dei due gradi di giudizio, finendo per trasformare surrettiziamente il giudizio di
legittimità in un terzo grado di merito. Aggiungeva che, comunque, nel caso in esame, trattandosi di società in liquidazione, i giudici avevano correttamente fondato l’accertamento dello stato d’insolvenza sul rapporto tra attività e passività, al fine di verificare se il patrimonio sociale consentisse di assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori, mentre la ricorrente non aveva censurato l’accertamento svolto nella sentenza impugnata, circa «l’insufficienza degli elementi attivi del patrimonio, dimostrata per tabulas dalla chiusura della liquidazione con un residuo pari a zero, in presenza di una permanente esposizione debitoria da un lato ammessa a pag. 11 del bilancio finale di liquidazione (dichiarazione formale definita tutt’altro che convincentemente ed efficacemente ‘refuso’ dalla reclamante) e dall’altro lato testimoniata dai crediti avanzati dalle procedenti in questa sede» . Precisava che la Corte d’appe llo, fatta salva ogni diversa delibazione diretta e non incidentale sulla determinazione dei crediti, aveva ritenuto significativo che almeno per 46 mila euro del l’esposizione della reclamante fosse già passata attraverso un vaglio giudiziale, sia pure non definitivo, somme cui andavano aggiunte -senza pretesa di completezza -le spese legali elencate dalla RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per revocazione COGNOME NOME, in qualità di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, formulando tre motivi di censura.
Tra gli intimati, solo il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE si sono difesi con controricorso.
Il Fallimento e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato anche memorie difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotto quanto segue: «Errore ex art. 391 bis c.p.c. con riferimento all’art. 395 n. 4 c.p.c. per errore di fatto
risultante dai documenti di causa in relazione alla supposizione di un fatto la cui verità è positivamente stabilita e per errore di fatto nella lettura di atti interni allo stesso giudizio.»
Secondo parte ricorrente, la Corte di cassazione, dichiarando inammissibile la produzione della documentazione sopravvenuta, offerta nel corso del giudizio di legittimità – e in particolare la decisione di questa Corte n. 3888/2020, emessa nel giudizio tra la ricorrente e RAGIONE_SOCIALE e la successiva statuizione della Corte d ‘a ppello di Bologna, assunta nel giudizio di rinvio – ha determinato un irrimediabile errore di valutazione alla luce dell’impatto decisivo che tali decisioni, se acquisite al processo, avrebbero dovuto assumere nella percezione dei fatti e degli atti processuali.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto quanto segue: «Errore ex art. 391 ter c.p.c. in relazione all’art. 395 n. 3 c.p.c. Errore di valutazione ovvero omissione di un fatto emerso in corso di causa determinante ai fini del Giudizio.»
Parte ricorrente ha censurato la decisione in questa sede impugnata, nella parte in cui ha affermato che la parte avrebbe potuto far valere nuovi documenti per promuovere l ‘azione di revocazione straordinaria ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 3), c.p.c., perché , nella specie, si trattava di documenti formati nel corso del giudizio di cassazione e la norma richiamata faceva riferimento a documenti sopravvenuti alle sentenze della Corte d ‘a ppello o pronunciate in unico grado.
Parte ricorrente ha prospettato l’ammissibilità della produzione ai sensi dell’art. 372 c.p.c., poiché l a decisione della Suprema Corte n. 3888/2020 (che ha riqualificato il contratto di affitto di ramo intercorso fra la fallita e RAGIONE_SOCIALE), e la successiva sentenza assunta dalla Corte d ‘ appello, quale giudice del rinvio (che, in attuazione del principio di diritto sancito dalla Corte di cassazione, ha confermato la qualificazione del rapporto contrattuale intercorso fra le parti come locazione e ha rigettato la richiesta
di rilascio dell’azienda formulata da RAGIONE_SOCIALE, assumevano rilievo decisivo ai fini della valutazione dello stato di insolvenza della ricorrente.
La parte ha aggiunto che le suddette produzioni avevano primaria rilevanza ai fini dell’ammissibilità d el ricorso in cassazione e che il giudizio di legittimità, ancora in corso, era l ‘ unica sede in cui tale produzione poteva essere esperita, realizzandosi altrimenti un reale vulnus al diritto costituzionale di difesa e del giusto processo, perché avrebbe significato che la disciplina vigente non prevede la produzione in giudizio di un documento decisivo, la cui formazione avvenga durante la pendenza del giudizio in cassazione.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotto l’errore ex art. 391 quater c.p.c. per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Secondo parte ricorrente, non lascia dubbi il fatto che l’ordinanza della Corte abbia determinato un incolmabile lacerazione del diritto di difesa del ricorrente il quale, pur vittorioso nell’annosa questione contro la società RAGIONE_SOCIALE non ha potuto giovarsi della sentenza per dimostrare l’inesistenza delle penali che determinarono il fallimento, e quindi, l ‘ assenza dello stato di insolvenza ed, anzi, l’esistenza di un controcredito di 1,3 milioni di euro nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, così come accertato dal CTU del Tribunale di Como.
Occorre subito riqualificare il terzo motivo di ricorso, ove parte ricorrente ha menzionato il disposto dell’art. 391 quater c.p.c., senza, tuttavia, dedurre l’intervento di una decisione della Corte EDU che abbia interessato la vicenda, ma ha soltanto allegato (genericamente) la violazione di diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dal CDFUE.
Com’è noto, l’ erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio
denunciato (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 25557 del 27/10/2017; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014).
È, pertanto, sufficiente richiamare il disposto dell ‘art. 391 quater c.p.c., nella specie applicabile ratione temporis , il quale stabilisce quanto segue:
«Le decisioni passate in giudicato il cui contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ovvero ad uno dei suoi Protocolli, possono essere impugnate per revocazione se concorrono le seguenti condizioni:
la violazione accertata dalla Corte europea ha pregiudicato un diritto di stato della persona;
l’equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione non è idonea a compensare le conseguenze della violazione.
Il ricorso si propone nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della sentenza della Corte europea ai sensi del regolamento della Corte stessa. Si applica l’articolo 391 ter, secondo comma.
L’accoglimento della revocazione non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede che non hanno partecipato al giudizio svoltosi innanzi alla Corte europea» .
Dalla lettura della norma si evince chiaramente la necessità che sia intervenuto un accertamento delle violazioni da parte della Corte EDU, tant’è che è previsto un termine per la proposizione della domanda di revocazione, decorrente dalla data di comunicazione o di pubblicazione della sentenza della Corte EDU.
Per ottenere la menzionata revocazione, dunque, non è sufficiente invocare la contrarietà di tale decisione alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ovvero ad uno dei suoi
Protocolli, lasciando che sia il Giudice di legittimità a procedere all’accertamento della effettiva esistenza della dedotta violazione, essendo , invece, necessario che tale verifica sia effettuata dalla Corte EDU.
Nella specie, la parte non ha prospettato l’esistenza di una decisione della Corte EDU, che abbia accertato la violazione degli artt. 13 CEDU e 47 CDFUE, ma ha solo prospettato la lesione del diritto di difesa, presidiato dalle disposizioni sopra menzionate, risolvendosi, pertanto, la doglianza nell’allegazione di una violazione di norme di diritto contenute in fonti sovranazionali.
Il motivo di impugnazione può, dunque, essere esaminato senza la necessità di una pronuncia in pubblica udienza ex art. 375 c.p.c., a seguito di riqualificazione nei termini appena evidenziati, in applicazione del seguente principio:
«In tema di revocazione delle decisioni passate in giudicato per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il disposto d ell’art. 391 quater c.p.c. presuppone, in presenza delle altre condizioni, che sia intervenuto un accertamento della Corte EDU in ordine alla sussistenza delle violazioni, non potendo semplicemente dedursi che la statuizione sia contraria alla Convenzione EDU o ad uno dei suoi Protocolli.»
Nel difendersi con controricorso la RAGIONE_SOCIALE ha eccepito la tardività del ricorso per revocazione, in quanto promosso ben oltre il termine decadenziale di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento.
Alla stessa eccezione ha aderito il Fallimento nella memoria difensiva successivamente depositata.
L’eccezione è da riferirsi alla doglianza formulata con il primo motivo di ricorso e risulta fondata.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 3 91 bis c.p.c., indipendentemente dalla notificazione, la revocazione della sentenza o dell’ordinanza della Corte di cassazione, per i motivi indicati nel n. 4) dell’art. 395 c.p.c. , può essere
chiesta entro il termine perentorio di sei mesi dalla pubblicazione della decisione.
P er la revocazione prevista dai nn. 1), 2), 3) e 6) dell’art. 395 c.p.c. del provvedimento assunto dalla Corte di cassazione, che abbia deciso la causa nel merito, l’art. 391 ter c.p.c. non stabilisce, invece, alcun termine particolare, sicché occorre applicare il disposto dell’art. 326 c.p.c., che prevede il termine di trenta giorni, decorrente, rispettivamente, dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è pass ata in giudicato la sentenza di cui al n. 6) dell’art. 395 c.p.c.
I n applicazione dell’art. 3 l. n. 742 del 1969, la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, prevista dall’art. 1 l. cit., non si applica ai procedimenti indicati nell’art. 92 dell’Ordinamento giudiziario di cui al r.d. n. 12 del 1941, che menziona le «cause inerenti alla dichiarazione e revoca fallimento» , senza operare alcuna limitazione o distinzione fra le varie fasi e gradi del giudizio (v. da ultimo Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 24019 del 30/10/2020; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 622 del 15/01/2016; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12625 del 24/05/2010). L’esclusione dalla sospensione si applica, dunque, anche ai giudizi di revocazione.
Nel caso di specie, l’ordinanza di questa Corte n. 8745/2023, oggetto della presente impugnazione, risulta depositata il 28/03/2023, mentre il ricorso per revocazione, in questa sede proposto, risulta notificato agli intimati il 28/10/2023, ben oltre il termine perentorio semestrale previsto dall’art. 391 bis c.p.c., sicché il primo motivo di ricorso, con il quale è richiesta la revocazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 391 bis e 395, comma 1, n. 4), c.p.c. deve ritenersi inammissibile per tardività.
Il primo motivo di ricorso è, comunque inammissibile anche in ragione della censura formulata, poiché la parte non denuncia una errore di fatto o, comunque, una svista del Giudice di legittimità, ma contesta la
dichiarazione di inammissibilità della documentazione offerta dalla ricorrente nel corso del procedimento davanti al Giudice di legittimità.
Si tratta, dunque, della prospettazione di un errore di diritto.
Come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4), c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione, ma solo l’errore di fatto (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 8984 del 11/04/2018 e Cass., Sez. U, Sentenza n. 30994 del 27/12/2017).
Tale tipologia di errore, rilevante ai fini della revocazione della decisione, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla decisione impugnata e l’altra dagli atti processuali. Detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (così Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 16439 del 10/06/2021).
L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla statuizione impugnata per revocazione e l’altra dagli atti o documenti processuali, sempreché la realtà desumibile da tale statuizione sia frutto di supposizione e non di giudizio formatosi sulla base della valutazione di situazioni controverse tra le parti (così Cass., Sez. 5, Sentenza n. 442 dell’11/01/2018).
Poiché, nella specie, la doglianza si sostanzia nella critica alla mancata ammissione della menzionata documentazione, foriera del prospettato errore di giudizio, la censura è inammissibile.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, sia che venga inteso come censura alla mancata acquisizione ex art. 372 c.p.c. della documentazione offerta, sia che venga inteso come richiesta di interpretazione estensiva del disposto dell’art. 391 ter c.p.c. anche ai casi in cui la Corte di cassazione non decida anche nel merito.
Per quanto riguarda il primo profilo menzionato, si richiamano gli argomenti sopra appena illustrati in ordine alla inammissibile rappresentazione di errori di diritto ai fini della revocazione della pronuncia impugnata.
Per quanto riguarda l’auspicata estensione dell’ambito applicativo dell’art. 391 ter c.p.c., è sufficiente evidenziare che esso si pone in aperto contrasto con la stessa norma che espressamente prevede l ‘impugnazione per revocazione straordinaria delle sole pronunce del Giudice di legittimità che, cassando la decisione impugnata, statuisca anche nel merito della causa (v. Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 21912 del 27/10/2015 e Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 31265 del 04/12/2018, proprio con riferimento alla richiesta di revocazione in presenza di documenti prospettati come decisivi).
Questa Corte ha, peraltro, più volte precisato che è manifestamente infondata – né comporta la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte EDU – la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 395, 391 bis e 391 ter c.p.c., in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 24, 101 e 111 della Costituzione ed in relazione all’art. 6 CEDU, nella parte in cui non ammettono la revocazione delle sentenze di legittimità della Corte di cassazione per pretesi errori di diritto o di fatto, diversi dalla mera svista su questioni non oggetto della precedente controversia, rispondendo la non ulteriore impugnabilità all’esigenza, tutelata come primaria dalle stesse
norme costituzionali e convenzionali, di conseguire il giudicato all’esito di un sistema strutturato anche su differenti impugnazioni, con l’immutabilità e definitività della pronuncia che tutela i diritti delle parti (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 8472 del 29/04/2016; v. già Cass., Sez. U, Ordinanza n. 13181 del 28/05/2013).
Il terzo motivo è inammissibile, poiché, come già evidenziato, non è prospettat o l’intervento di alcuna pronuncia della Corte EDU in relazione alla presente controversia, ma sono solo dedotti principi sovranazionali asseritamente lesi dall’ordinanza in questa sede impugnata , peraltro in modo assolutamente indeterminato, così prospettando la parte, ancora una volta, e inammissibilmente, errori di diritto, peraltro in modo estremamente generico in violazione anche del disposto dell’art. 366, comma 1, n. 4 ), c.p.c.
Il ricorso deve essere, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza, tenendo in considerazione che, tra i controricorrenti, solo il Fallimento e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie difensive.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , che liquida in € 10.000,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 10 .000,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 8.000,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento ad opera di parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile