Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21885 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8749/2024 R.G. proposto da :
AZIENDA USL ROMA 2, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 934/2024 depositata il 08/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con atto di citazione notificato il 15.4.2021 l’Azienda sanitaria locale (Asl) Roma 2 proponeva appello avverso la sentenza n. 15180/2020, con cui il Tribunale di Roma aveva dichiarato inammissibile perché tardiva l’impugnazione per revocazione ex art. 395 n. 1) c.p.c. del decreto ingiuntivo n. 14191/2018 emesso nei suoi confronti il 19.6.2018 ad istanza di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME per l’ importo di € 111.549,48 (oltre interessi e spese), portato da tre fatture, a fronte della fornitura di alimenti a pazienti celiaci in possesso di buoni di prelievo rilasciati dalle Asl di appartenenza avvenuta negli anni 2017 e 2018; decreto ingiuntivo divenuto irrevocabile per effetto della sentenza n. 2275/2019 del 30.1.2019, con la quale il Tribunale di Roma aveva dichiarato inammissibile perché tardiva l’opposizione proposta dalla Asl Roma 2.
Con sentenza n. 934/2024 la Corte di appello di Roma rigettava l’appello confermando la statuizione di inammissibilità del primo Giudice.
Osservava il giudice del gravame che l’art. 656 c.p.c. consente l’impugnazione del decreto ingiuntivo per revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell’art. 395 c.p.c. (così come l’opposizione di terzo ex art. 404, comma 2, c.p.c.) allorché il decreto sia divenuto esecutivo a norma dell’art. 647, ossia nei casi espressamente previsti di mancata opposizione o mancata costituzione dell’opponente, cui sono equiparati il caso di costituzione fuori termine dell’opponente (cfr. Cass. 14.7.2006 n. 16117; Cass. 30.3.1998 n. 3316) e quello in cui decreto sia divenuto esecutivo per estinzione del giudizio di opposizione ex art. 653 c.p.c. (cfr. Cass. 29.3.1989 n. 1492) e, più in generale, secondo la migliore dottrina e la prevalente giurisprudenza di merito, in tutti i casi in cui il decreto ingiuntivo non è opposto o è
opposto con giudizio poi estinto o dichiarato inammissibile o improcedibile, acquistando l’efficacia propria del giudicato (arg. ex artt. 650 e 656 c.p.c.).
È stato altresì affermato, in ordine ai presupposti e all’ambito applicativo dell’art. 656 c.p.c., che, essendo la revocazione (al pari dell’opposizione di terzo revocatoria) un’impugnazione straordinaria, per sua natura proponibile avverso sentenze passate in giudicato (cfr. Cass. ord. 24.3.2021 n. 8299; Cass. 6.10.2005 n. 19429), essa è esperibile, di regola, soltanto quando è preclusa l’opposizione ordinaria per scadenza del termine di cui all’art. 641 c.p.c. e non sia proponibile l’opposizione tardiva; finché è proponibile l’opposizione ordinaria o tardiva, infatti, eventuali motivi di revocazione possono e debbono essere fatti valere in quella sede.
Si tratta, dunque, di rimedi che non possono concorrere tra loro, potendo il giudizio di revocazione essere correttamente instaurato solo nel caso di improponibilità dell’opposizione.
La Corte distrettuale riteneva che la revocazione non fosse ammissibile quando il debitore ingiunto si è astenuto dal proporre tempestivamente opposizione, pur essendo già venuto a conoscenza, nei termini di cui all’art. 641 c.p.c., dei motivi di revocazione (cfr. Cass. 3.11.2016 n. 22308; Cass. 3.2.1992 n. 1134), ad eccezione che nel caso di revocazione per contrarietà a precedente giudicato, espressamente riconosciuta dall’art. 656, che opera diversamente.
In questo senso rilevava che la logica espressa dall’art. 326 c.p.c. (al quale occorre raccordare la disciplina degli artt. 396 e 398 c.p.c. nonché, per quanto specificamente concerne la presente controversia, dell’art. 656 c.p.c.), deve intendersi nel senso che, nei casi di revocazione straordinaria, i termini decorrono al momento in cui la parte legittimata all’impugnazione ha avuto conoscenza del fatto che la legge pone a fondamento di ogni
singolo tipo di impugnazione limitata ed a critica vincolata, sempre che gli eventi stessi siano stati conosciuti (oppure, a seconda dei casi, si siano verificati), in tempo successivo alla scadenza del termine dell’impugnazione ordinaria (art. 396 c.p.c.) e, nel caso di specie, di opposizione al decreto ingiuntivo. Se detta scoperta o accertamento fosse avvenuta prima della decadenza dal mezzo ordinario di impugnazione, la parte sarebbe stata tenuta ad avvalersi dell’opposizione, con preclusione all’operatività della revocazione. (cfr. Cass. n. 1134/1992 ).
Osservava che, nella specie, la Asl Roma 2, con ricorso depositato il 10.8.2018, aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 14191/2018 emesso dal Tribunale di Roma ad istanza di RAGIONE_SOCIALE sostenendo l’insussistenza del credito portato dalle fatture azionate in via monitoria, stanti le notevoli divergenze emerse tra il valore dei buoni di prelievo mensile e l’importo fatturato, frutto di condotte illecite (falso e truffa) della società ingiungente ai danni della Asl competente (v. doc. 3 fasc. GI Emma) e che tale opposizione era stata dichiarata inammissibile per mancata notifica dell’atto di opposizione nel termine di quaranta giorni di cui all’art. 641 c.p.c., con sentenza n. 2275/2019 (doc. 15 fasc. Asl).
Sottolineava che le stesse ragioni fatte valere come motivi dell’opposizione dichiarata inammissibile non potevano essere poste a sostegno della revocazione ex art. 395 n. 1) c.p.c., trattandosi, per quanto sopra detto, di rimedi (l’uno ordinario, l’altro straordinario) da esperire, in via alternativa, a seconda del momento in cui è scoperto il dolo, con conseguente preclusione della possibilità di riproporre con il secondo la domanda tendente a contrastare l’accertamento contenuto nel decreto ingiuntivo, non rinvenendosi nel sistema il principio, affermato dall’appellante, secondo cui nel procedimento monitorio vigerebbe una regola speciale tendente ad evitare che sia ritenuto valido un titolo
esecutivo giudiziale senza che il giudice sia stato messo in condizione di conoscere la falsità delle ragioni poste a fondamento della pretesa creditoria.
Avverso tale sentenza l’Azienda sanitaria locale (Asl) Roma 2 ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso il Fallimento RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 395, 326, 647 e 656 cpc (in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.) per avere la Corte di appello tratto, dal combinato disposto delle norme regolanti la fattispecie in esame, delle conseguenze giuridiche erronee, causando una distorsione e una scorretta applicazione degli art. 395, 326, 647 e 656 c.p.c.
Si rimprovera al Giudice del gravame di aver preso a riferimento la presunta preclusione della possibilità di proposizione della revocazione, stante la sua natura di mezzo di impugnazione ‘straordinario’, senza tuttavia connetterlo alla disciplina regolante il procedimento di ingiunzione.
Si sostiene che la revocazione per i motivi c.d. ‘occulti’ (artt. 395c.p.c., nn. 1,2,3,6) sia esperibile, in virtù di quanto previsto dalla lettura congiunta degli art. 326 c.p.c. e dell’art 395 c.p.c., anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza nei casi di preclusione dei mezzi c.d. ‘ordinari’ di gravame, quale rimedio contro ingiustizie della sentenza non più appellabile: la ratio sottesa a tale strumento sarebbe, pertanto, quello di superare le preclusioni processuali del giudicato.
Si afferma dunque che l’improcedibilità dell’opposizione proposta dall’Amministrazione avrebbe necessariamente precluso la possibilità di ricorrere agli ordinari mezzi di gravame, configurandosi, dunque, la revocazione quale unico rimedio per
rilevare il dolo processuale rinvenibile nel procedimento da cui ha avuto luce il decreto ingiuntivo azionato, così come letteralmente ed esplicitamente previsto dall’art. 656 c.p.c.
Con un secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 656 cpc (in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.) per avere la Corte di appello ritenuto esperibile tale mezzo di impugnazione straordinaria ‘ soltanto quando è preclusa l’opposizione ordinaria o tardiva ‘ in palese contrasto con la portata giuridica dell’art. 656 cpc.
Entrambi i motivi, che vanno esaminati congiuntamente per l’intima connessione, sono inammissibili.
Le doglianze non colgono infatti la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale nel dichiarare l’inammissibilità della revocazione, non ha affatto escluso la proponibilità della stessa anche nel caso in cui l’opposizione sia stata tardivamente proposta, ma ha affermato che essa è proponibile soltanto per motivi di cui l’opponente sia venuto a conoscenza dopo la scadenza del termine per l’opposizione.
La soluzione adottata dalla Corte di appello è comunque coerente con la previsione dell’art 396, primo comma, c.p.c. secondo cui la revocazione è ammissibile solo per fatti sopravvenuti al passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
Come si ricava infatti dalla semplice lettura dell’art 396 c.p.c., tra revocazione ed appello non sussiste un rapporto di concorrenza bensì di subordinazione, ovvero di sussidiarietà della revocazione rispetto all’appello (la revocazione è ammissibile solo quando l’appello è escluso).
Il secondo comma stabilisce, ad ulteriore conferma del rapporto intercorrente tra revocazione e appello, che qualora i fatti a cui si ricollega la decorrenza del termine per proporre la revocazione straordinaria sopraggiungano durante il corso del termine per
proporre l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento, in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
In una visione unitaria di tali mezzi di impugnazione è stato, del resto, opportunamente sottolineato in dottrina che l’assoggettamento del decreto ingiuntivo a quei rimedi straordinari in tanto ha ragione di esistere proprio in quanto l’esaurimento della esperibilità di quelli ordinari ha già dato luogo al giudicato, che non è inciso, in definitiva, dalla mera opposizione tardiva.
La Corte territoriale si è conformata, peraltro, ai principi di diritto enunciati in materia da questa Corte, definendo correttamente la portata applicativa dell’art 656 c.p.c. ed i limiti ed i tempi in cui può essere esperito il rimedio revocatorio straordinario.
Al fine di potersi avvalere di detto rimedio di cui alla citata previsione, l’istante avrebbe dovuto fondare la sua domanda su un evento cronologicamente successivo alla dichiarazione di irrevocabilità del decreto ingiuntivo, deducendo e dimostrando di aver scoperto il comportamento asseritamente truffaldino dell’altra parte solo dopo la formazione del giudicato.
Diversamente, secondo quanto si evince dalla pronuncia qui impugnata, l’odierna ricorrente ha posto a fondamento dell’opposizione i medesimi motivi sui quali ora invoca la revocazione, ritenendo a torto che la stessa si configuri come rimedio esperibile in via concorrente.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del fallimento RAGIONE_SOCIALE delle spese di legittimità che si liquidano in complessive € 4.500,00 oltre 200,00 per esborsi ed al 15% per spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 6.2.2025