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Revocatoria pagamento terzo garante: la Cassazione

Una società creditrice riceve pagamenti da un fideiussore per un debito di una società poi fallita. Il fideiussore si rivale sulla società, depauperandone il patrimonio. La Cassazione, confermando la decisione di merito, ha chiarito che tale operazione rientra nell’ambito della revocatoria pagamento terzo garante, rendendo il pagamento inefficace nei confronti del fallimento. Il ricorso della creditrice è stato dichiarato inammissibile perché, pur con una errata classificazione giuridica da parte della Corte d’Appello, la sostanza della decisione era corretta: la creditrice era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Revocatoria Pagamento Terzo Garante: L’Analisi della Cassazione

Un creditore che riceve il pagamento di un debito da un garante (fideiussore), anziché direttamente dal debitore, può stare tranquillo in caso di successivo fallimento di quest’ultimo? La risposta non è scontata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i contorni della revocatoria pagamento terzo garante, un meccanismo complesso ma cruciale per la tutela della massa dei creditori. Analizziamo come un’operazione apparentemente sicura possa essere dichiarata inefficace, obbligando il creditore a restituire quanto incassato.

I Fatti di Causa

Una società creditrice, locatrice di un immobile, aveva ottenuto una garanzia fideiussoria da un istituto di credito per assicurarsi il pagamento dei canoni dovuti da una società conduttrice. A seguito dell’inadempimento di quest’ultima, la società creditrice escuteva la garanzia, ricevendo dalla banca le somme dovute. Successivamente, la banca garante esercitava l’azione di rivalsa nei confronti della società debitrice, recuperando quanto pagato. Poco dopo, la società debitrice veniva dichiarata fallita.

Il curatore fallimentare agiva in giudizio contro la società creditrice, chiedendo la revoca di quei pagamenti. Secondo il curatore, sebbene il denaro provenisse materialmente dalla banca, l’operazione nel suo complesso aveva depauperato il patrimonio della società poi fallita, violando la par condicio creditorum. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda, dichiarando inefficaci i pagamenti e condannando la creditrice alla restituzione delle somme.

La Posizione della Creditrice e la Questione Giuridica

La società creditrice proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo un punto giuridico fondamentale. A suo avviso, il pagamento ricevuto non poteva essere revocato perché proveniva da un soggetto terzo (la banca) e con denaro di quest’ultimo. La lesione al patrimonio del debitore non derivava dal pagamento al creditore, ma dalla successiva azione di rivalsa della banca, un atto distinto su cui la creditrice non aveva alcun controllo.

Inoltre, la creditrice contestava la classificazione del pagamento come ‘anomalo’ (ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 della Legge Fallimentare), sostenendo che dovesse essere inquadrato come pagamento ‘normale’ (comma 2 dello stesso articolo). La differenza è sostanziale: nel primo caso, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore è presunta, mentre nel secondo deve essere provata dal curatore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione impugnata, seppur con una parziale correzione della motivazione. I giudici hanno chiarito diversi principi chiave sulla revocatoria pagamento terzo garante.

In primo luogo, la Corte ha riconosciuto che l’inquadramento corretto della fattispecie era quello del pagamento con mezzi normali (art. 67, comma 2, l. fall.), e non quello ‘anomalo’. L’errore della Corte d’Appello su questo punto, tuttavia, è stato ritenuto irrilevante ai fini della decisione finale.

Il motivo è semplice: per la revoca ai sensi del comma 2, è necessario che il curatore dimostri la scientia decoctionis, ovvero che il creditore fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore al momento del pagamento. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ampiamente accertato e motivato questa conoscenza sulla base di diversi elementi (la morosità prolungata, la risoluzione del contratto, le risultanze di bilancio).

Di conseguenza, anche riclassificando correttamente il pagamento, l’esito non sarebbe cambiato: i presupposti per la revoca erano comunque tutti presenti. Il ricorso della creditrice è stato quindi giudicato inammissibile per carenza di interesse, poiché il dispositivo della sentenza era conforme al diritto.

La Cassazione ha inoltre ribadito un principio consolidato: l’azione revocatoria va diretta contro chi è l’effettivo beneficiario del pagamento, cioè il creditore soddisfatto, e non contro il garante che ha agito come intermediario. L’intera operazione (pagamento del garante e successiva rivalsa sul debitore) deve essere considerata in modo unitario, poiché il suo effetto finale è la sottrazione di risorse dal patrimonio del debitore a vantaggio di un solo creditore, in violazione del principio della parità di trattamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento fondamentale in materia di diritto fallimentare. Un creditore non può ritenersi al riparo dall’azione revocatoria solo perché il pagamento è stato effettuato materialmente da un garante. Se il garante si rivale sul debitore prima del fallimento, l’operazione viene vista come un’unica sequenza che ha l’effetto di depauperare l’attivo fallimentare. L’elemento cruciale, per i pagamenti effettuati nel periodo sospetto, rimane la prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore. Questa pronuncia serve da monito per i creditori, che devono valutare con attenzione non solo la solidità del proprio debitore, ma anche le implicazioni di meccanismi di garanzia che potrebbero, in un secondo momento, rivelarsi inefficaci di fronte alle rigide regole della procedura fallimentare.

Un pagamento ricevuto da un fideiussore può essere revocato in caso di fallimento del debitore principale?
Sì, il pagamento può essere revocato se il fideiussore, dopo aver pagato, ha esercitato con successo l’azione di rivalsa nei confronti del debitore principale prima della dichiarazione di fallimento, depauperandone il patrimonio. È inoltre necessario che sussistano gli altri presupposti di legge, come la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore.

Contro chi deve essere esercitata l’azione revocatoria: il creditore che ha ricevuto il pagamento o il garante che ha pagato?
L’azione revocatoria deve essere esercitata nei confronti del creditore che è stato l’effettivo beneficiario finale del pagamento. La norma intende colpire chi ha tratto vantaggio dalla soddisfazione del proprio credito a discapito degli altri creditori, non l’intermediario finanziario che ha eseguito il pagamento.

Cosa succede se il giudice d’appello sbaglia a qualificare giuridicamente un pagamento revocabile?
Se l’errore nella qualificazione giuridica (ad esempio, classificare un pagamento come ‘anomalo’ invece che ‘normale’) non incide sull’esito finale della causa perché i presupposti per la revoca sono comunque soddisfatti sulla base dei fatti accertati, la Corte di Cassazione può correggere la motivazione senza annullare la sentenza. Il ricorso in tal caso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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