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Revocatoria fallimentare: quando si applica?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un pagamento ricevuto da un professionista, effettuato da una società dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo poi dichiarata inammissibile, non può essere automaticamente dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 167 della legge fallimentare. La Corte ha chiarito che, in assenza di ammissione alla procedura di concordato, l’unica azione esperibile dal curatore fallimentare è la revocatoria fallimentare, disciplinata dall’art. 67 l. fall., che consente al convenuto di sollevare specifiche eccezioni di irrevocabilità. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione alla luce di questo principio.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Revocatoria Fallimentare o Inefficacia ex art. 167? La Cassazione Fa Chiarezza

Quando un’impresa in crisi effettua un pagamento dopo aver depositato una domanda di concordato, e successivamente fallisce, quale sorte attende quel pagamento? La risposta a questa domanda è cruciale per chi lo ha ricevuto. Con l’ordinanza n. 9027/2024, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta tra l’inefficacia automatica prevista per gli atti durante il concordato e l’azione di revocatoria fallimentare, chiarendo che la scelta dipende da un fattore decisivo: l’ammissione o meno alla procedura di concordato.

I Fatti del Caso: Un Pagamento Conteso

Una professionista aveva ricevuto un compenso di 10.000 euro da una società. Il pagamento era avvenuto in un momento delicato per l’azienda: essa aveva già depositato una domanda di concordato preventivo ma non era ancora stata ammessa alla procedura. Poco dopo, il tribunale dichiarava inammissibile la domanda di concordato e, contestualmente, dichiarava il fallimento della società.

Il curatore fallimentare, agendo nell’interesse dei creditori, chiedeva alla professionista la restituzione della somma, sostenendo che il pagamento fosse inefficace.

Il Percorso Giudiziario e l’Errata Applicazione dell’Art. 167 L. Fall.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda del Fallimento. Entrambi i giudici di merito ritenevano applicabile l’art. 167 della Legge Fallimentare. Questa norma sancisce l’inefficacia degli atti di straordinaria amministrazione (inclusi i pagamenti di debiti anteriori) compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda di concordato, se non autorizzati dal giudice.

Di conseguenza, i giudici di merito non avevano esaminato le difese della professionista, la quale sosteneva che il pagamento non fosse revocabile in base alle esimenti previste dall’art. 67 della Legge Fallimentare, che disciplina appunto l’azione revocatoria fallimentare.

La Decisione della Cassazione e la corretta applicazione della revocatoria fallimentare

La professionista ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato l’esito del giudizio. La Suprema Corte ha accolto il motivo principale del ricorso, stabilendo un principio di diritto fondamentale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’art. 167 della Legge Fallimentare regola gli effetti dell'”ammissione al concordato preventivo”. La sua applicazione, quindi, presuppone che la procedura sia stata effettivamente aperta e il debitore vi sia stato ammesso. Nel caso di specie, la domanda di concordato era stata dichiarata inammissibile. Non vi è stata, pertanto, alcuna “consecuzione” tra la procedura di concordato e quella di fallimento; si è semplicemente aperta l’unica procedura fallimentare.

In un simile scenario, gli atti compiuti dal debitore prima della sentenza di fallimento non possono essere giudicati secondo le regole speciali del concordato mai avviato. Devono, invece, essere valutati alla luce delle norme generali previste per il fallimento, e in particolare attraverso l’azione revocatoria fallimentare (art. 67 L. Fall.).

Questo cambio di prospettiva è sostanziale. A differenza dell’inefficacia quasi automatica dell’art. 167, la revocatoria fallimentare richiede al curatore di provare determinati presupposti e consente al convenuto di difendersi provando la sussistenza di specifiche cause di esenzione. La Corte di Cassazione ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un nuovo giudice che dovrà riesaminare l’intera vicenda applicando la corretta disciplina della revocatoria fallimentare e valutando le eccezioni sollevate dalla professionista, inclusa quella relativa all’esecuzione di un precedente piano di ristrutturazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale a tutela della certezza dei rapporti giuridici. Stabilisce che le severe conseguenze dell’art. 167 L. Fall. operano solo all’interno di una procedura di concordato effettivamente ammessa. Se la domanda di concordato fallisce prima ancora di iniziare, i pagamenti effettuati nel frattempo devono essere analizzati secondo le regole della revocatoria fallimentare. Questa impostazione garantisce un corretto bilanciamento tra la tutela della massa dei creditori e il diritto di difesa di chi ha ricevuto il pagamento, consentendogli di far valere tutte le esimenti previste dalla legge.

Quale disciplina si applica a un pagamento effettuato da un’impresa dopo aver presentato una domanda di concordato preventivo, se questa domanda viene poi dichiarata inammissibile e segue il fallimento?
Si applica la disciplina della revocatoria fallimentare (art. 67 della legge fallimentare) e non quella sull’inefficacia degli atti compiuti durante la procedura di concordato (art. 167 della legge fallimentare).

Perché non si applica l’articolo 167 della legge fallimentare in questo caso?
Perché l’articolo 167 regola gli atti compiuti dal debitore dopo l'”ammissione” alla procedura di concordato preventivo. Se la domanda viene dichiarata inammissibile, la procedura non viene mai effettivamente aperta e, di conseguenza, le sue norme specifiche non possono trovare applicazione.

Un’eccezione basata sull’esecuzione di un precedente piano di ristrutturazione è ammissibile in un’azione revocatoria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’eccezione con cui la convenuta sosteneva l’irrevocabilità del pagamento perché eseguito in attuazione di un piano di ristrutturazione omologato (ex art. 182 bis l. fall.) era stata erroneamente dichiarata inammissibile in appello e dovrà essere esaminata dal giudice del rinvio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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