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Revocatoria fallimentare: pagamento con beni è anomalo

Un’impresa in crisi finanziaria paga un fornitore vendendogli dei beni (pani di ghisa) il cui valore viene poi compensato con il debito esistente. La Corte di Cassazione ha confermato che questa operazione costituisce un mezzo anomalo di pagamento, soggetto a revocatoria fallimentare, poiché la vendita era funzionalmente diretta a estinguere il debito in modo non ordinario, ledendo la parità di trattamento tra i creditori.

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Revocatoria fallimentare: quando il pagamento con beni è considerato anomalo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30250/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto fallimentare: la revocatoria fallimentare di pagamenti eseguiti con mezzi anomali. La decisione chiarisce come una serie di contratti di compravendita, apparentemente leciti, possano in realtà nascondere un’operazione solutoria anomala, finalizzata a favorire un creditore a discapito degli altri, violando la par condicio creditorum. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una grande società industriale, prima di essere ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, aveva stipulato diversi contratti di vendita di pani di ghisa con una società sua creditrice, che le forniva servizi di smaltimento rifiuti. Invece di ricevere un pagamento in denaro per i beni venduti, il prezzo della fornitura veniva utilizzato per estinguere, tramite compensazione, i debiti che la società industriale aveva nei confronti della società acquirente per i servizi di smaltimento ricevuti.

L’amministrazione straordinaria, una volta insediatasi, ha agito in giudizio per ottenere la revoca di tali operazioni, sostenendo che costituissero pagamenti di debiti, sia scaduti che non, realizzati con mezzi anormali nel cosiddetto ‘periodo sospetto’ (i due anni antecedenti l’apertura della procedura). Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto la domanda, ritenendo che le vendite di beni ‘dissimulassero’ pagamenti anomali, suscettibili di revoca.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società creditrice ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme sulla revocatoria. A suo avviso, i contratti di vendita non potevano essere considerati atti estintivi di debiti, poiché i crediti che si intendevano ‘garantire’ non erano ancora esistenti o esigibili al momento della stipula. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando la correttezza delle decisioni di merito.

Le Motivazioni della revocatoria fallimentare

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi della natura e della finalità delle operazioni contestate. La Cassazione ha chiarito che, ai fini della revocatoria fallimentare, non bisogna guardare ai singoli atti in modo isolato, ma alla loro funzione economica complessiva.

I giudici hanno evidenziato l’esistenza di un ‘collegamento funzionale’ tra i contratti di vendita dei pani di ghisa e la successiva compensazione. Le vendite non rispondevano a una normale logica commerciale, ma erano state architettate con l’unico scopo di creare un controcredito in capo alla società industriale da utilizzare per estinguere i suoi debiti verso la società fornitrice. In altre parole, la vendita di beni era solo uno strumento per realizzare un pagamento con un mezzo anomalo (la merce invece del denaro).

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’estinzione di una passività, quale finalità ulteriore rispetto alla causa tipica dei singoli atti (in questo caso, la compravendita), conferisce all’intera operazione il carattere di mezzo anomalo di pagamento, soggetto a revocatoria ai sensi dell’art. 67 della Legge Fallimentare. Questo vale anche se l’operazione avviene attraverso un contratto di compravendita valido, qualora manchi la corresponsione del prezzo e l’intento sia estinguere un debito preesistente o futuro.

Inoltre, la Corte ha specificato che la revocatoria può colpire anche pagamenti di debiti non ancora scaduti, come previsto dall’art. 65 della Legge Fallimentare, se effettuati nel biennio anteriore. Nel caso di specie, parte delle operazioni era finalizzata a estinguere debiti che sarebbero scaduti solo dopo l’apertura della procedura concorsuale, configurando un pagamento anticipato e, perciò, inefficace.

Conclusioni

L’ordinanza n. 30250/2024 offre un’importante lezione pratica per le imprese e i creditori. Essa dimostra come l’ordinamento giuridico guardi alla sostanza economica delle operazioni, al di là della loro forma giuridica. Un creditore che, consapevole dello stato di difficoltà del proprio debitore, accetta di essere pagato con beni o altre modalità anomale, si espone a un serio rischio di revocatoria fallimentare. L’intera operazione, anche se strutturata attraverso contratti formalmente validi, può essere dichiarata inefficace se la sua vera funzione è quella di alterare la parità di trattamento tra i creditori. La tutela della par condicio creditorum rimane un pilastro fondamentale del diritto concorsuale, e qualsiasi atto che la comprometta è destinato a essere neutralizzato.

Quando un pagamento effettuato tramite la vendita di beni può essere soggetto a revocatoria fallimentare?
Quando la vendita non risponde a una normale logica commerciale ma è funzionalmente collegata all’estinzione di un debito del venditore verso l’acquirente. Se lo scopo dell’operazione è pagare un debito con beni anziché con denaro, si configura un mezzo anomalo di pagamento, revocabile se compiuto nel periodo sospetto e se il creditore era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.

È necessario che il debito sia già scaduto ed esigibile perché l’operazione sia revocabile?
No. La Corte chiarisce che la revocatoria può colpire sia i pagamenti di debiti scaduti effettuati con mezzi anomali (art. 67 l.fall.), sia i pagamenti di debiti non ancora scaduti (art. 65 l.fall.) effettuati nei due anni anteriori all’apertura della procedura concorsuale, poiché alterano la gestione ordinaria del patrimonio del debitore.

Cosa intende la Cassazione per ‘collegamento funzionale’ tra più contratti?
Per ‘collegamento funzionale’ si intende un nesso che unisce diversi atti giuridici, formalmente autonomi, i quali sono in realtà diretti al raggiungimento di un unico scopo pratico. Nel caso specifico, i contratti di vendita e la successiva compensazione erano collegati dall’obiettivo comune di estinguere un debito in modo anomalo, rendendo l’intera operazione unitariamente soggetta a revocatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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