Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12355 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12355 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 32417-2020 r.g. proposto da:
NOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE), NOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE nonché NOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in atti.
-ricorrenti –
contro
Fallimento NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore l.r.p.t. avv. NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso dall’ avv. NOME COGNOME cod. fisc. CODICE_FISCALE del foro di Catanzaro, elettivamente domiciliato in Catanzaro INDIRIZZO pec: EMAIL
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1290/20, emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 23.09.20 e depositata in cancelleria il 23.09.20; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro – decidendo sull’appello proposto da NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME nei confronti del FALLIMENTO NOME COGNOME E DELLA RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 2082/2018 resa dal Tribunale di Catanzaro – ha rigettato l’appello e, per l’effetto, conferma to integralmente la sentenza impugnata.
Con atto di citazione datato 10 ottobre 2017 il Fallimento NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore, avevano infatti proposto azione ex art. 64 l. fall. in relazione al negozio giuridico del 19 febbraio 2013, con il quale NOME COGNOME aveva rinunciato al naturale riacquisto dei diritti immobiliari afferenti a diversi beni immobili, per i quali aveva concesso l’usufrutto , per la durata di ventiquattro mesi, alla propria madre NOME
Con sentenza n. 2082/2018, resa il 13 novembre 2018 e depositata in cancelleria il 17 dicembre 2018, il Tribunale di Catanzaro, ravvisata la sussistenza di tutti i presupposti legittimanti l’azione ex art. 64 l. fall., aveva accolto la domanda attorea e, per l’effetto, dichiara to l’inefficacia , nei confronti del fallimento NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE, del predetto atto di rinuncia del 19 febbraio 2013.
Avverso la sopra menzionata sentenza gli originari convenuti NOME COGNOME, NOME e NOME interponevano dunque appello, affidandosi a tre motivi. Si costituiva il Fallimento NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore, resistendo al gravame e chiedendone il rigetto.
La Corte territoriale ha ricordato e rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) il secondo motivo di gravame, incentrato sulla denunciata nullità della sentenza impugnata per non aver NOME NOME
conoscenza dell’atto introduttivo del giudizio , era infondato, in quanto, ai sensi dell’art. 139, comma 1, cod. proc. civ., se non avviene in mani proprie ex art. 138 cod. proc. civ., la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, statuendo la legge processuale che, ai sensi dell’art. 139, comma 2, cod. proc. civ., se il destinatario non viene trovato presso l’abitazione o l’ufficio etc., l’ufficiale giudiziario consegna la copia (per quanto qui interessa) <>; (ii) nella fattispecie era dimostrato per tabulas (v. certificato di residenza dell’Ufficio di anagrafe del comune di Catanzaro del 9 ottobre 2017) che, alla data della notificazione dell’atto di citazione, il convenuto NOME NOME era residente in Catanzaro alla INDIRIZZO ed era altresì incontestato che colei che aveva ricevuto la consegna dell’atto (NOME), in quanto madre di NOME NOME, fosse <>; (iii) tanto era sufficiente, dunque, per il perfezionamento della notifica ex art. 139 cod. proc. civ. , ‘che non richiede che la persona di famiglia sia convivente con colui al quale l’atto è indirizzato’ (cfr. Cass. civ., 13 luglio 2018, n. 18716) , in quanto la validità della notificazione non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell’atto (intesa, stricto sensu , come appartenenza allo stesso nucleo familiare), e ciò in ragione del fatto che l’espressione usata dalla norma comprende non soltanto ogni persona in rapporto di stabile convivenza con il destinatario ma anche i soggetti a lui legati da vincoli di parentela comportanti diritti e doveri reciproci; (iv) neanche era condivisibile l’assunto dell’appellante, secondo cui, ai fini della notifica, assumeva in ogni caso rilievo il luogo di dimora effettiva del destinatario ove differente da quello di residenza anagrafica, posto che opera al riguardo una presunzione -salvo prova contraria -che quest’ultimo coincida con quello dell’effettiva residenza , con la conseguenza che , l’istante a meno che non conosca o non sia in grado di conoscere, usando l’ordinaria diligenza, la diversa residenza effettiva del destinatario -è tenuto a provvedere alla notificazione nel luogo della residenza anagrafica di quest’ultimo (v., tra le altre, Cass., sentenze n. 8554 del 1996, n. 10248 del 1991, n. 23838 del 2007); (v) nel caso di specie, gli appellanti avevano tuttavia omesso di allegare e dimostrare che il Fallimento avesse avuto conoscenza o avesse potuto conoscere con l’ordinaria diligenza
la residenza effettiva del convenuto NOME NOMECOGNOME il quale l’aveva spostata da Catanzaro nella città di Rende (CS), senza però modificare con apposita dichiarazione agli uffici dell’anagrafe il luogo di residenza effettiva, non potendo, a tal fine, rilevare la sola produzione in giudizio dei contratti di locazione; (vi) anche il terzo motivo di gravame era infondato, in relazione alla dedotta inapplicabilità del l’art. 64 l. fall. ; (vii) in ordine, infatti, all ‘eccezione di onerosità dell’atto di rinuncia al riacquisto dell’usufrutto, in quanto volta a dedurre un fatto impediente dell’azione revocatoria di cui all’art. 64 legge fall., essa aveva natura di eccezione in senso stretto, con la conseguenza che la stessa dovesse essere eccepita nei termini e con le scansioni processuali previste dal codice di rito; (viii) nel caso di specie, l’eccezione in parola era stata sollevata per la prima volta in appello, di essa ne andava pertanto dichiarata l ‘ inammissibilità ex art. 345, comma 2 cod. proc. civ., che non consente la proposizione di nuove eccezioni, che non fossero rilevabili anche d’ufficio ; (ix) alle medesime conclusioni si giungeva relativamente alla tesi perorata dagli appellanti secondo cui la rinuncia a titolo gratuito dell’usufrutto in favore dei figli NOME e NOME COGNOME posta in essere da NOME COGNOME non sarebbe sanzionabile dall’inefficacia ex art. 64 l. fall., trattandosi di atto compiuto in adempimento di un dovere morale, vale a dire in adempimento del dovere di mantenimento della prole, trattandosi di un fatto impediente dell’azione revocatoria ed incombendo , ai sensi dell’art. 2697 c.c., sulla parte convenuta in revocatoria (e cioè sul disponente) l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti applicativi dell’invocata esimente , con l’inevitabile conseguenza della natura di eccezione in senso stretto da riconoscersi all’esimente in parola e della sua non tempestività in quanto sollevata solo in appello.
2. La sentenza, pubblicata il 23.9.2020, è stata impugnata da NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Fallimento NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il fallimento controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano ‘ Nullità della sentenza e/o del procedimento per erronea, omessa, carente e contraddittoria motivazione in ordine alla nullità della notifica dell’atto di citazione di primo grado in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cpc. Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc. Violazione e falsa applicazione dell’art. 139 cpc., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione ‘ .
1.1 Ricorda la parte ricorrente che il codice di procedura civile stabilisce che, se il destinatario non viene trovato a casa, l’ufficiale giudiziario (e, quindi, anche il postino nel caso si tratti di una notifica a mezzo posta) consegna copia dell’atto a un familiare o un addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché abbia almeno 14 anni e non sia palesemente incapace di intendere e volere. Se poi nessuno di tali soggetti è in casa, l’atto può essere consegnato al portiere dello stabile. Al tempo dell’azione (Anno 2017) la legge prevedeva, in tali casi, l’obbligo tuttavia di inviare all’interessato a cura dell’ufficio postale -una seconda raccomandata (la cosiddetta Can, ossia la comunicazione di avviso notifica). Aggiunge la difesa della parte ricorrente che non sussisterebbe in atti, nei confronti del COGNOME NOME, una seconda raccomandata di avviso di notifica all’epoca dei fatti (anno 2017) allorquando la stessa era obbligatoria per la regolarità della notifica e non esisteva prova, fornita dalla parte appellata, nel giudizio di secondo grado, che NOME avesse effettivamente e materialmente ricevuto l’atto. La Corte di Appello avrebbe tuttavia omesso qualsivoglia motivazione in merito alla sollevata questione.
1.2 Sostengono i ricorrenti che la notifica al familiare era valida solo se questi è ‘convivente’, ossia deve trovarsi all’interno dell’abitazione del destinatario dell’atto e ‘frequentarlo in modo abituale’. Questa condizione, infatti, farebbe scattare la presunzione che la busta venga consegnata all’effettivo destinatario per via dei rapporti quotidiani tra i due soggetti. Aggiungono che il destinatario dell’atto, NOME, aveva contestato la veridicità della dichiarazione di convivenza effettiva e stabile con la madre e ciò era stato dimostrato alla Corte di Appello con prova documentale.
Con il secondo mezzo si deduce ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 cpc’ per aver la Corte omesso di esaminare la circostanza relativa alla procedura, prevista dal codice di rito, relativa alla notifica dell’atto da parte dell’ufficiale giudiziario nell’ipotesi in cui il destinatario non viene trovato nel luogo di residenza.
1.3 Le doglianze così articolate presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.
1.3.1 Quanto ai primi, occorre subito ricordare che non è possibile dedurre in cassazione il vizio di motivazione in relazione alla violazione di norma processuale (v. anche Cass., Sez. 2, ord. n. 21944 del 02/09/2019; Cass. n. 22130/2004).
1.3.2 Quanto, poi, alle contestazioni (peraltro, sollevate come obiezioni sulla ricostruzione in fatto operata dai giudici del merito) del rapporto di ‘convivenza’ del familiare che aveva ricevuto la notificazione dell’atto di citazione, le stesse sono inammissibili perché attingono un profilo del tutto irrilevante ai fini del decidere. Sul punto, occorre infatti ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, in tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, comma 2, cod. proc. civ., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, “iuris tantum”, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso, restando, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo (così, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11228 del 28/04/2021; v. anche: Cass., s ez. 5, Sentenza n. 3902 del 26/02/2004).
1.3.3 A ciò va anche aggiunto che, sempre in tema di notificazioni, la consegna del piego a persona di famiglia convivente con il destinatario, nel
luogo indicato sulla busta contenente l’atto da notificare, fa presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva, la dimora o il domicilio del destinatario, con la conseguenza che quest’ultimo, qualora intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della notifica, ha l’onere di fornire idonea prova contraria (v. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 32575 del 14/12/2024; v. anche: Cass. n. 24852/2006).
Ciò posto, va evidenziato che la Corte territoriale ha ampiamente argomentato in punto di presunzione di coincidenza tra residenza anagrafica e quella effettiva del destinatario dell’atto da notificare e che quest’ultimo non ha fornito alcuna prova in senso contrario nella sede dei precedenti giudizi di merito, con la conseguenza che ogni ulteriore doglianza, qui articolata come deduzione in fatto, risulta inammissibile in questo giudizio di legittimità, in quanto implicante uno scrutinio degli accertamenti fattuali già operato dai giudici del merito ed invece inibito a questa Corte.
1.3.4 Del tutto infondati invece le ulteriori censure in ordine alla necessità dell’invio dell’ulteriore raccomandata informativa, in quanto adempimento non previsto, in questo caso, dalla legge processuale.
Ne discende il complessivo rigetto del primo e secondo motivo.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 64 l. fall., per non avere la Corte di Appello tenuto conto che l’atto di rinuncia all’usufrutto era stato stipulato in adempimento di un dovere morale da parte del padre in favore dei figli.
3.1 Ricordano i ricorrenti che la Corte di Appello di Catanzaro, nella parte motiva della sentenza, aveva ritenuto infondato l’ultimo motivo di appello che aveva denunciato testualmente ‘Nullità della sentenza per erronea, omessa, carente e contraddittoria motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 64 della Legge Fallimentare’. Gli appellanti avevano infatti rappresentato che il Tribunale non avrebbe dovuto applicare l’art. 64 l. fall. al caso in esame in virtù del fatto che la rinuncia dell’usufrutto da parte di NOME era avvenuta in adempimento di un dovere morale, ai sensi del comma 1 dell’art. 64 l. fall., di un padre tenuto al mantenimento dei figli, in virtù delle
disposizioni del Codice Civile e delle omologate condizioni di separazione consensuale e di sentenza di divorzio congiunto.
3.2 Aggiungono i ricorrenti che se la notifica fosse andata a buon fine gli appellanti avrebbero potuto addurre quanto testé menzionato, a sostegno delle proprie tesi, nel giudizio di primo grado. Tuttavia, la Corte di Appello aveva ritenuto che tali tesi fossero prive di fondamento e aveva sostenuto che l’eccezione di onerosità dell’atto di rinuncia al riacquisto dell’usufrutto, in quanto volta a dedurre un fatto impediente dell’azione revocatoria (art. 64 l. fall.), avrebbe avuto natura di eccezione in senso stretto, con la conseguenza che la medesima avrebbe dovuto essere eccepita nei termini processuali previsti dal codice di rito.
3.3 Le censure così proposte non meritano condivisione.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte si è già espressa nel senso che, in tema di azione revocatoria degli atti a titolo gratuito, incombe sul curatore la prova della gratuità dell’atto e del compimento nel periodo sospetto, mentre grava sulla controparte l’onere di dimostrare i presupposti per l’applicazione delle esiment i previste dall’art. 64 che rivestono natura di eccezioni in senso stretto da proporre, a pena di decadenza, nei termini preclusivi previsti dal codice di rito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8978 del 29/03/2019). E’ stato infatti ritenuto nell’arresto da ultimo citato che “i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante” costituiscono ‘ una scriminante idonea a paralizzare la declaratoria di inefficacia invocata dai creditori per il tramite della curatela fallimentare ‘, con la conseguenza che, integrando l’elemento in esame un fatto impediente dell’azione revocatoria, incombe, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., sulla parte convenuta in revocatoria (e cioè sul disponente), l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti applicativi dell’invocata esimente.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto,
per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2025