Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13031 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13031 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1944-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e dieso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché
RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la SENTENZA n. 1297/2021 del TRIBUNALE DI BRESCIA, depositata il 12/5/2021, a seguito dell ‘ inammissibilità dichiarata dalla CORTE D ‘ APPELLO DI BRESCIA a norma degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. con ordinanza del 10/11/2021; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 10/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE (dichiarato con sentenza dell ‘ 1/10/2013) ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Brescia, la Unicredit Leasing s.p.aRAGIONE_SOCIALE (già Fineco Leasing s.p.a.), la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME chiedendo, tra l ‘ altro, che fosse dichiarata l ‘ inefficacia dell ‘ atto con il quale la RAGIONE_SOCIALE bonis (quale società incorporante dell ‘ originaria utilizzatrice RAGIONE_SOCIALE), in data 13/6/2013, aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE con il consenso della concedente RAGIONE_SOCIALE e senza la previsione di alcun corrispettivo, il contratto di leasing immobiliare che la RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato con quest ‘ ultima il 27/6/2002.
1.2. Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato l ‘ inefficacia, a norma dell ‘ art. 64 l.fall., dell ‘ atto impugnato ed ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare al Fallimento la somma complessiva di €. 455.000,00, oltre accessori.
1.3. Il tribunale, per quanto ancora rileva, dopo aver accertato il carattere gratuito dell ‘ atto di cessione del contratto impugnato dal Fallimento e la sua stipulazione nel biennio anteriore alla sentenza che ha dichiarato il fallimento della società cedente, ha, in sostanza, ritenuto che: – l ‘ accoglimento dell ‘ azione non comporta il ‘ reingresso nell ‘ attivo fallimentare del bene immobile oggetto del contratto di leasing ‘ ma soltanto ‘ la ricostituzione della situazione giuridica anteriore alla cessione e quindi il riacquisto all ‘ attivo fallimentare della sola posizione contrattuale ceduta ‘; -tale riacquisto, tuttavia, non può avvenire ‘ in natura ‘, posto che ‘ la posizione contrattuale ceduta da RAGIONE_SOCIALE in bonis in favore di RAGIONE_SOCIALE è completamente venuta meno ‘; – il contratto di leasing , infatti, nel corso del giudizio, è stato oggetto di risoluzione giudiziale
per inadempimento dell ‘ utilizzatore, così come il bene che ne è stato oggetto risulta essere già stato collocato sul mercato da parte della concedente; – la domanda di revoca fallimentare, del resto, ha per oggetto non il bene in sé ma la reintegrazione della garanzia patrimoniale che il suo valore costituisce per i creditori; – la società cessionaria, pertanto, dev ‘ essere condannata al pagamento, in favore del Fallimento, dell ‘ equivalente pecuniario della ‘ posizione contrattuale ‘ dalla stessa acquistata , che, in difetto di specifiche contestazioni da parte della RAGIONE_SOCIALE in ordine alla quantificazione operata dal Fallimento, dev ‘ essere determinato nella somma complessiva di €. 455.000,00 , oltre interessi e rivalutazione.
1.4. Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza chiedendo, per quanto rileva, che la statuizione di condanna pronunciata dal tribunale fosse estesa anche alla società concedente.
1.5. L ‘ Unicredit RAGIONE_SOCIALE dal suo canto, ha chiesto di ordinare l ‘ integrazione del contraddittorio nei confronti del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE, dichiarato nelle more del giudizio di primo grado.
1.6. La corte d ‘ appello, con ordinanza del 10/11/2021, comunicata in data 11/11/2021, ha dichiarato l ‘ inammissibilità dell ‘ appello proposto dal Fallimento a norma degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c..
1.7. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE con ricorso spedito per la notifica il 10/1/2021, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza pronunciata dal tribunale.
1.8. L ‘ Unicredit RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso nel quale ha proposto, per quattro motivi, ricorso incidentale condizionato, cui il Fallimento ha replicato con controricorso.
1.9. La RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
1.10. L ‘ Unicredit RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando la violazione ovvero l ‘ erronea applicazione dell ‘ art. 64 l.fall., anche in relazione all ‘ art. 1406 c.c., ha censurato, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, dopo aver accolto la domanda proposta ai sensi dell ‘ art. 64 l.fall., ha, sia pur implicitamente, ritenuto che l ‘ Unicredit Leasing non doveva essere condannata, in solido con la cessionaria, al pagamento, in favore della procedura, della somma corrispondente all ‘ equivalente pecuniario della posizione contrattuale oggetto dell ‘ atto di cessione revocato, senza, tuttavia, considerare che l ‘ inefficacia prevista dall ‘ art. 64 cit. è opponibile a tutte le parti dell ‘ atto, ivi compreso il contraente ceduto, il quale, avendo prestato il suo consenso alla cessione impugnata, risponde, di conseguenza, degli atti depauperativi successivamente compiuti dalla cedente, come l ‘ intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento dell ‘ utilizzatore e la ricollocazione sul mercato del bene oggetto del contratto da parte della concedente, tanto più se si considera che, non avendo liberato la cedente dalle obbligazioni contrattuali, la concedente ceduta ha tratto vantaggio dalla cessione del contratto, a fronte dell ‘ aggiunta di un nuovo coobbligato.
2.2. Con il secondo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando la violazione ovvero l ‘ erronea applicazione dell ‘ art. 64 l.fall., anche in relazione all ‘ art. 72 l.fall., ha censurato, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, dopo aver accolto la domanda proposta ai sensi dell ‘ art. 64 l.fall., non ha condannato l ‘ Unicredit Leasing,
in solido con la cessionaria, al pagamento, in favore della procedura, della somma corrispondente all ‘ equivalente pecuniario della posizione contrattuale oggetto dell ‘ atto di cessione revocato, senza, tuttavia, considerare che l ‘ inefficacia della cessione nei confronti del Fallimento comporta che, nei rapporti tra le parti dell ‘ atto revocato, il curatore recupera la facoltà di esercitare i poteri previsti dall ‘ art. 72 l.fall., ove non pregiudicati dal comportamenti del cessionario e del contraente ceduto, e che, di conseguenza, la ricollocazione sul mercato del bene operata da quest ‘ ultima è un atto depauperativo imputabile alla concedente, che vi ha provveduto pur essendo consapevole delle ragioni azionate in giudizio dal Fallimento.
2.3. Con il terzo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando la carente ovvero l ‘ omessa motivazione, in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, dopo aver accolto la domanda proposta ai sensi dell ‘ art. 64 l.fall., ha omesso di condannare l ‘ Unicredit Leasing al pagamento, in favore della procedura, della somma corrispondente all ‘ equivalente pecuniario della posizione contrattuale oggetto dell ‘ atto di cessione revocato senza fornire sul punto alcuna motivazione.
2.4. Con il quarto motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, dopo aver accolto la domanda proposta ai sensi dell ‘ art. 64 l.fall., ha omesso di condannare l ‘ Unicredit Leasing al pagamento, in favore della procedura, della somma corrispondente all ‘ equivalente pecuniario della posizione contrattuale oggetto dell ‘ atto di cessione revocato, senza, tuttavia, considerare la diretta ed attiva compartecipazione della
concedente alla stipula del contratto di cessione del 13/6/2013 (peraltro compiuto, in contrasto con l ‘ interesse sociale ed in conflitto d ‘ interessi, da NOME COGNOME nella sua qualità di amministratore unico della società poi fallita) e la conseguente necessità, anche per evitare la violazione del principio di eguaglianza previsto dall ‘ art. 3 Cost., di una condanna a carico del contraente ceduto anche a carattere risarcitorio ovvero indennitario.
2.5. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.6. La sentenza impugnata, infatti, non tratta in alcun modo le questioni poste dalle censure come sopra riassunte, come l ‘ attiva e consapevole partecipazione della contraente ceduta agli atti depauperativi del bene compiuti dopo l ‘ atto di cessione impugnato. Il ricorrente, dal suo canto, a fronte di tale lacuna, non ha adempiuto all ‘ onere, che grava sullo stesso a pena d ‘ inammissibilità della censura, non solo di allegare l ‘ avvenuta deduzione delle questioni non trattata innanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di specificità dei motivi del ricorso in cassazione, di indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione. I motivi del ricorso per cassazione possono, infatti, investire solo le questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, non potendo, per contro, riguardare nuove questioni di diritto (anche se rilevabili d ‘ ufficio) se le stesse, come quelle esposte, postulano accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito e, come tali, esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità (Cass. n. 18018 del 2024; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n.
16742 del 2005; Cass. n. 22154 del 2004; Cass. n. 2967 del 2001).
2.7. Per il resto (e in ogni caso), devono essere ribaditi, con riguardo alla vicenda in esame, i condivisibili rilievi già espressi da questa Corte con la sentenza n. 23485 del 2021, e cioè che: l’accoglimento dell’azione revocatoria (fallimentare o ordinaria) proposta dal curatore non restituisce al Fallimento la pienezza della posizione negoziale ceduta, ma attribuisce al Fallimento la sola ed esclusiva legittimazione a procedere alla liquidazione del bene trasferito dal debitore poi fallito ovvero, nel caso in cui ciò sia impossibile, a conseguire (com’è accaduto nel caso in esame) il ripristino dell ‘ equilibrio patrimoniale alterato dall ‘ atto revocato mediante la retrocessione alla massa dei creditori del suo controvalore; -‘ la sanzione dell’inefficacia ‘, infatti, ‘ è strettamente funzionale ad un’attività liquidatoria diretta sul bene recuperato o il controvalore conseguito, in una prospettiva che non ammette spazi di discrezionalità, ma esige una vocazione appunto strumentale al soddisfacimento dei creditori, che è anche ed esattamente la misura in cui si apprezza il pregiudizio da essi subito (rispettivamente presunto o provato) e così neutralizzato ‘; -l’oggetto della domanda di revocatoria fallimentare, in effetti, non è il bene in sé ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilità ad esecuzione e, quindi, a liquidazione di un bene che, rispetto all’interes se dei creditori medesimi, viene in considerazione soltanto per il suo valore; ne consegue che, quando ‘l’assoggettabilità all’esecuzione diviene impossibile perché il bene è stato alienato a terzi la reintegrazione per equivalente pecuniario rappresenta il naturale sostitutivo, e la domanda di condanna al pagamento del tantundem deve ritenersi implicitamente ricompresa
nell’azione revocatoria, spettando al giudice disporre, in funzione delle risultanze processuali, la restituzione del bene, ovvero, qualora quest’ultimo non sia più nella disponibilità del convenuto, pronunciare la condanna al pagamento dell’equivalente monetario’ ; -la condanna della società cessionaria al pagamento del controvalore pecuniario della posizione contrattuale acquistata dalla stessa con l ‘ atto di cessione dichiarato inefficace, ha, dunque, realizzato l ‘ effetto reintegrativo cui l ‘ azione proposta dal Fallimento era volta; – con la domanda così come proposta, infatti, l’organo concorsuale non poteva che mirare alla riconquista della disponibilità liquidatoria del bene trasferito, vale a dire ‘ la posizione contrattuale di cedente il contratto di leasing, quale primo utilizzatore ‘; – del resto, nel caso in cui l ‘ atto dispositivo dichiarato inefficace ha determinato, come nel caso della cessione del contratto, ‘ la sostituzione soggettiva in un rapporto plurilaterale ‘, ‘ la sorte del contraente ceduto resta tendenzialmente estranea al rapporto tra cedente e cessionario, mentre il prestato consenso del ceduto, limitandosi a rendere possibile (ai sensi dell ‘ art. 1406 c.c.) la citata variazione, non trasforma ex se tale parte in coautrice dell ‘ atto di cessione, né dunque essa, al di fuori di una specifica prova compartecipativa, è destinataria di un ‘ azione ‘, ‘ come quelle in esame ‘, ‘ che sia volta a riconfigurare quali depauperativi del patrimonio del cedente gli atti da questo compiuti verso il … cessionario ‘ ; – di tale prova, tuttavia, non v ‘ è traccia, essendo ‘ mancato ogni accertamento … che il concedente sia stato altresì parte delle … cessioni della posizione contrattuale, cooperando – nel proprio interesse – al medesimo risultato colpito dalle corrispondenti azioni del curatore, secondo i relativi presupposti, vale a dire la gratuità del primo atto (di cui risulta beneficiario invece solo la
cessionaria) ‘; – il depauperamento del patrimonio del fallito è stato, infatti, originato da un atto da questi concluso con un terzo, in assenza di altri presupposti valorizzanti l ‘ apporto causale del contraente ceduto (e già concedente il leasing ), con la conseguenza che il dilatato ‘ completamento economico ‘ dell’azione proposta, in tanto potrà prodursi anche nei confronti del ‘ contraente ceduto ‘, in quanto sia possibile affermarne (a differenza di quanto dedotto ed emerso in fatto nel giudizio di merito) ‘ la partecipazione agli atti di disposizione patrimoniale ‘ oggetto dell’azione proposta ; – né, infine, può accogliersi la prospettazione del ‘ danno ‘ , prospettata in ricorso, quale ‘ impossibilità per il curatore di esercitare la facoltà riconosciutagli dall ‘ art. 72 l.f., optando se del caso per lo scioglimento del contratto ‘; – il pregiudizio dell ‘ atto revocando attiene invero alla scomposizione qualitativa o quantitativa del patrimonio del debitore, indebolito (per definizione) nella sua consistenza originaria, cioè nella idoneità a fungere quale garanzia del soddisfacimento dei creditori del soggetto insolvente; – le iniziative che, per l ‘ effetto, venissero a mancare in capo all ‘ organo concorsuale non sono altro che una conseguenza di un più ampio e decisivo limite dei poteri di liquidazione proprio di quel patrimonio, al quale invece esclusivamente fare riferimento anche per la misura delle azioni destinate al suo ripristino; – la disarticolazione, anch ‘ essa pur sempre relativa, dell ‘ atto dichiarato inefficace ‘ non restituisce all ‘ organo concorsuale la pienezza della posizione dominicale ceduta (anche quando avente per oggetto una posizione contrattuale, oltre che un bene), bensì la sola ed esclusiva legittimazione a procedere alla sua liquidazione ‘ , almeno ove (come nella specie ) ‘ al terzo non sia stata ascritta una concorrente responsabilità nella produzione del medesimo
depauperamento e dunque le azioni gli risultino estranee, perché fuori dal rapporto effettivamente controverso ‘ .
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere, dunque, dichiarato , con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l ‘inammissibilità del ricorso principale, assorbito l’incidentale ; condanna il ricorrente principale a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 12.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima