Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34246 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34246 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29778/2019 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 711/2019 depositata il 02/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha chiesto al Tribunale di Brindisi la revocatoria, ai sensi dell’art. 67, comma primo e secondo, L. F., del pagamento della somma di € 57.500,00 effettuato dalla società fallita ad NOME COGNOME COGNOME in data 14.3.2007 a mezzo bonifico bancario, qualche mese prima della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE avvenuta in data 10.7.2007.
Il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 1593/2016, pubblicata in data 21.9.2016, ha accolto la domanda di revocatoria fallimentare, dichiarando l’inefficacia, ex art. 67 comma 2° L.F., nei confronti della curatela del predetto pagamento.
La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 711/2019, pubblicata il 2.7.2019, ha confermato la sentenza di primo grado.
Il giudice d’Appello, nel condividere l’impostazione del giudice di primo grado, ha disatteso la prospettazione dell’Elia secondo cui l’atto da considerare suscettibile di revoca non potesse essere il pagamento effettuato in data 14.2.2007, bensì la cessione di credito pro soluto avente ad oggetto la somma di pari importo dovuta alla società poi fallita dal Comune di Pavia, cessione che era avvenuta tra l’Elia e la RAGIONE_SOCIALE il 24.11.2015, e quindi in epoca anteriore al cd. periodo sospetto previsto dall’art. 67 comma 2° L.F. (sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento).
In particolare, la Corte territoriale, dopo aver descritto le modalità con cui era avvenuto il pagamento a favore dell’Elia non si
trattava di pagamento effettuato dal debitore ceduto al cessionario secondo lo schema tipico di cui agli artt. 1260 e s. c.c., bensì di pagamento effettuato dal cedente al cessionario (consentendo a quest’ultimo con apposita delega di operare sul conto del primo) dopo che il debitore ceduto, Comune di Pavia, aveva provveduto al pagamento su c/c acceso da RAGIONE_SOCIALE presso la filiale di Banca Intesa -ha evidenziato che il bonifico in data 14.3.2007 ‘ non costituisce altro che il pagamento di un debito a carico di RAGIONE_SOCIALE ed a favore dell’Elia’. Sulla base di tale premessa, il giudice d’appello ha osservato che i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili devono essere considerati atti giuridici distinti dal rapporto che ne costituisce la causa, rilevando nella loro obiettiva natura di atti estintivi delle obbligazioni del fallito e pregiudizievoli per la massa dei creditori e sono, pertanto, suscettibili di revoca indipendentemente dalla revocabilità dei negozi in adempimento dei quali sono stati effettuati.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME COGNOME affidandolo ad un unico articolato motivo.
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ stata dedotta la violazione dell’art. 67 comma 2° L.F. in relazione agli artt. 1260 e s. c.c.
Ad avviso della ricorrente, i giudici di merito avevano erroneamente ‘isolato’ dall’atto di cessione di credito il pagamento della somma di € 57.500,00, effettuato in data 14.3.2007, mentre l’operazione sarebbe dovuta essere valutata nel suo complesso, non potendosi scindere l’atto finale (il descritto pagamento) dal patto di cessione di credito, già concluso ben prima ed integrante il
vero atto solutorio, di cui il primo rappresentava soltanto il momento esecutivo.
Pertanto, ai fini dell’azione revocatoria, si doveva fare riferimento alla data della cessione, momento in cui era avvenuto il depauperamento del patrimonio del cedente, e non ai successivi pagamenti.
2. Il ricorso è inammissibile.
Va osservato che la sentenza impugnata, nell’evidenziare che il pagamento era stato effettuato al cessionario non ‘ secondo lo schema tipico di cui agli artt. 1260 e ss. c.c.’ -ovvero non con pagamento diretto dal debitore ceduto al cessionario, ma con accredito della somma dovuta dal ceduto nel conto corrente del cedente e successivo trasferimento al cessionario attraverso il conferimento a quest’ultimo della delega ad operare su tale conto corrente e ad incassare la somma accreditata -e che il bonifico in data 14.3.2007 ‘ non costituisce altro che il pagamento di un debito a carico di RAGIONE_SOCIALE ed a favore dell’Elia ‘, appalesa la inequivocabile volontà della Corte d’Appello, nella sua valutazione di fatto, di attribuire all’accordo delle parti non la natura di una vera cessione di credito, come tale idonea a determinare l’effetto ‘tipico’ dell’immediato trasferimento del credito in capo al cessionario, ma di un atto negoziale avente solo natura obbligatoria. Proprio tale opzione ermeneutica -in quanto frutto di una valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione secondo i parametri elaborati da questa Corte con la sentenza S.U. n. 8053/2014 – è coerente con l’espressione dello stesso giudice secondo cui il bonifico del 14.3.2007 non costituisse altro che il pagamento di un debito, e quindi solo il momento esecutivo di un accordo avente mera natura obbligatoria (nel senso di inidoneo a far sorgere un’obbligazione in capo a RAGIONE_SOCIALE, e quindi inidoneo all’immediato effetto traslativo del diritto di credito).
Partendo, pertanto, dall’impostazione che l’atto negoziale di cui è causa (pur se denominato cessione di credito) non aveva natura ‘solutoria’, in quanto inidone o a determinare l’immediato trasferimento del diritto di credito, ma fonte solo di un’obbligazione in capo al cedente, coerente è la conclusione del giudice di appello di considerare il bonifico del 14.3.2007 come un atto giuridico distinto dal rapporto che ne costituiva la causa, che rilevava nella sua obiettiva natura di atto estintivo delle obbligazioni del fallito, come tale suscettibile di revoca indipendentemente dalla revocabilità del negozio in adempimento del quale è stato effettuato. E ciò in quanto solo con quel pagamento si era determinato il depauperamento del patrimonio del debitore poi fallito.
Ne consegue che, correttamente, la Corte d’Appello ha ritenuto che il termine di cui all’art. 67 comma 2° L.F. per l’esercizio dell’azione revocatoria non si computasse dalla data della cessione, ma dal singolo pagamento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 6.200.000, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 16.10.2024