Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8515 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21799/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 1268/2017 depositata il 07/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
i l tribunale di Torino ha accolto la domanda proposta ai sensi dell’art. 67 legge fall. dalla curatela del fallimento di RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, avente a oggetto un pagamento ricevuto da questa, nei sei mesi anteriori alla sentenza dichiarativa, a seguito di provvedimento di assegnazione di un credito della fallita nell’ambito di un’ esecuzione presso terzi;
la sentenza, impugnata dalla soccombente, è stata confermata dalla corte d’appello di Torino sul preliminare rilievo (che ancora unicamente interessa in questa sede) della identificazione dell’atto soggetto a revocatoria col pagamento coattivo, e non invece con la previa ordinanza del giudice dell’esecuzione di assegnazione del credito ;
la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, in un solo motivo, dolendosi di tale conclusione, perché, a suo dire, non giustificata dalla natura dell’ordinanza di assegnazione nell’alveo del procedimento esecutivo , essendo sì l’ordinanza annoverabile tra gli atti di cessione pro solvendo o tra quelli implicanti la datio in solutum subordinata alla effettiva esazione del credito, fermo però in ogni caso l’ effetto traslativo; sicché non sarebbe giuridicamente ammissibile una revoca del pagamento di un credito che, dopo l’assegnazione, più non esiste nel patrimonio del debitore esecutato, con conseguente impossibilità di revocare il pagamento senza una anteriore revoca dell’atto di assegnazione ;
il Fallimento ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ.;
in caso di soddisfacimento delle ragioni dei creditori attraverso procedure esecutive individuali ( come l’ espropriazione presso terzi), gli atti soggetti a revocatoria ex art. 67 legge fall. non sono i provvedimenti del giudice dell’esecuzione ( come l’ assegnazione di un credito vantato dal fallito presso terzi) ma i soli, successivi (e distinti) atti di pagamento coattivo in tal modo conseguiti, per cui, ai fini del computo del cosiddetto “periodo sospetto”, occorre far riferimento, al pari del pagamento spontaneo, alla data in cui il soddisfacimento sia stato concretamente ottenuto con la ricezione, da parte del creditore, della somma ricavata dall’esecuzione (Cass. Sez. 1 n. 13908-14, Cass. Sez. 1 n. 12545-12);
la corte d’appello ha fatto applicazione di tale consolidato principio e la ricorrente si limita a riproporre, in questa sede, argomenti di matrice prevalentemente dottrinale già da tempo disattesi;
il ricorso non induce a un mutamento di giurisprudenza;
ciò che conta è l’atto estintivo dell’obbligazione nei confronti del pignorante;
invero si tratta di affermazione coerente con quanto da tempo si assume anche nella sede esecutiva, giacché nell’ espropriazione presso terzi l’assegnazione del credito ex art. 553 cod. proc. civ., in quanto disposta “salvo esazione”, non determina l’immediata estinzione del credito del pignorante, essendo altresì necessario, a tale scopo, il pagamento al creditore assegnatario da parte del terzo assegnato, il quale dunque anche da tale punto di vista è l’unico fatto estintivo che rileva, della cui prova -difatti – è gravata la parte che di esso voglia avvalersi (v. Cass. Sez. 3 n. 18123-23);
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 6.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, addì