Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8440-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 267/2023 della CORTE D ‘ APPELLO DI BRESCIA, depositata il 16/2/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 16/10/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto in giudizio che: – nella prima metà del 2015 e in diverse occasioni, la RAGIONE_SOCIALE aveva eseguito diverse forniture di rottami metallici a favore della società RAGIONE_SOCIALE, emettendo sei fatture
per la somma complessiva di € . 26.544,74; – il prezzo, tuttavia, è stato pagato non dalla società acquirente ma dalla RAGIONE_SOCIALE, a sua volta debitrice, per altri titoli, della RAGIONE_SOCIALE, che l ‘ aveva invitata, così come aveva fatto con altri suoi debitori, a versare direttamente quanto dovuto a RAGIONE_SOCIALE a norma dell ‘ art. 1188 c.c.; – la RAGIONE_SOCIALE era stata, quindi, posta in liquidazione volontaria, chiedendo poi il 22/2/2016 di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, senza adempiere, però, agli obblighi relativi; – il Tribunale di Brescia, pertanto, con sentenza del 14/6/2016, ne ha dichiarato il fallimento.
1.2. Il RAGIONE_SOCIALE, quindi, in forza di tali circostanze, non avendo ottenuto la restituzione in via stragiudiziale delle somme che la RAGIONE_SOCIALE aveva pagato per ordine della fallita alla RAGIONE_SOCIALE, ha convenuto quest ‘ ultima in giudizio, chiedendo la revoca dei relativi pagamenti a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall. e la conseguente condanna della convenuta alla restituzione di quanto ricevuto.
1.3. La società convenuta ha resistito alla domanda chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 19/10/2020, ha respinto la domanda di revoca proposta dal RAGIONE_SOCIALE ritenendo, tra l ‘ altro, che, pur essendo provato che i pagamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE erano stati eseguiti con denaro della RAGIONE_SOCIALE, si era, tuttavia, trattato di una mera sostituzione soggettiva nel lato passivo del rapporto obbligatorio scevra da caratteri di ‘ anormalità ‘.
1.4. Il RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, proposto appello avverso tale pronuncia. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto. La Corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l ‘ appello.
1.5. La Corte, in particolare, ha ritenuto che il pagamento dei debiti del fallito eseguito dal delegato a mezzo di provvista anticipatamente fornita dal delegante costituisce mezzo anomalo di pagamento, revocabile ai sensi dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., verificandosi ugualmente un depauperamento del patrimonio del fallito in violazione della regola della par condicio creditorum .
1.6. La differenza intercorrente tra la delegazione e l ‘ indicazione di pagamento (che si concretizza nella: – facoltà per il delegato; – obbligo per l ‘ indicato) di eseguire il pagamento non ha, a questi fini, alcuna rilevanza.
1.7. Nel caso in esame, come attestato anche dal primo giudice con affermazione sulla quale non è stato proposto appello incidentale, l ‘ adempimento è stato eseguito con denaro della società poi fallita, non rilevando, quindi, la questione se, nei contatti telefonici tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, si erano raggiunti accordi sui pagamenti e sulla consegna o se, come sostenuto dall ‘ appellata, la stessa fu ‘ sorpresa ‘ della provenienza dei bonifici: il fatto che RAGIONE_SOCIALE pagasse a CMG RAGIONE_SOCIALE debiti di RAGIONE_SOCIALE doveva ritenersi ben noto atteso il mezzo di pagamento utilizzato.
1.8. Non v ‘ è dubbio, infine, ha proseguito la Corte d ‘ appello, che, nelle ipotesi di cui all ‘ art. 67, comma 1°, l.fall., spetti all ‘ accipiens la prova di non conoscere lo stato d ‘ insolvenza della fallenda essendovi una presunzione iuris tantum di tale conoscenza.
1.9. Nel caso in esame, tuttavia, ha rilevato la Corte, l ‘ appellata ‘ si appunta su un serie di illazioni non provate e comunque inidonee a dimostrare l ‘ ignoranza dello stato d ‘ insolvenza ‘: ‘l e stesse capitolazioni di prova testimoniale di cui alla memoria, quando non del tutto irrilevanti, riguardano
fatti che sono o documentalmente provati ma irrilevanti, o demandano al teste valutazioni o di riferire generiche prassi ‘.
1.10. Tali prove, peraltro ha proseguito la Corte, ‘ cercano di provare una volontà del … COGNOME, successivamente amministratore di RAGIONE_SOCIALE, e dei vertici di RAGIONE_SOCIALE di presentare a RAGIONE_SOCIALE tutta l ‘ operazione come frutto di un normale accordo commerciale tanto che in fatto le sedi delle due società sarebbero coincise e l ‘ utilizzo dei veicoli e del personale sarebbe stato promiscuo tra le stesse ‘, laddove, al contrario, ‘ l ‘ accordo commerciale, concretizzatosi solo il 10/6/2015 nel contratto d ‘ affitto d ‘ azienda, non esclud (e) né lo stato d ‘ insolvenza né la sua conoscenza in capo a RAGIONE_SOCIALE ‘, tenuto, altresì, conto che si tratta va ‘ d ‘ imprese che operavano nella stessa area geografica e settore industriale, ciò che rende di per sé del tutto inverosimile che RAGIONE_SOCIALE sconoscesse della situazione di RAGIONE_SOCIALE non essendo quindi per nulla insospettita dalle modalità anomale dei pagamenti ‘.
1.11. La Corte d ‘ appello, quindi, ha accolto l ‘ appello ed ha, per l ‘ effetto, dichiarato l ‘ inefficacia, nei confronti dei creditori del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., dei pagamenti eseguiti da RAGIONE_SOCIALE a favore di RAGIONE_SOCIALE per complessivi € . 26.544,74, condannando quest ‘ ultima alla restituzione, a favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, della predetta somma, oltre interessi.
1.12. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 16/4/2023, poi illustrato da memoria, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza della Corte d’appello . Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la falsa applicazione dell ‘ art. 67 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., e l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha, in sostanza, ritenuto che il pagamento dei debiti del fallito eseguito dal terzo a mezzo di provvista anticipatamente fornita dal debitore, costituisce mezzo anomalo di pagamento ed è, quindi, revocabile ai sensi dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall..
2.2. Così facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la Corte d ‘ appello non ha considerato che, in realtà, non esistono in assoluto mezzi normali e mezzi anomali di pagamento poiché la normalità e, specularmente, l ‘ anormalità sono caratteristiche che dipendono dalle pratiche commerciali in uso in un dato periodo di tempo e in una determinata zona di mercato.
2.3. Il pagamento dei debiti del fallito eseguito dal delegato nel caso in cui la provvista sia anticipatamente fornita dal delegante, pertanto, non costituisce di per sé un ‘ operazione anomala, ai sensi dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., ma può esserlo in ragione delle peculiarità dei rapporti tra le parti coinvolte e del relativo contesto economico/commerciale.
2.4. Il Tribunale, infatti, proprio in ragione di tale accertamento, aveva correttamente ritenuto, ha proseguito la ricorrente, che tale modalità di pagamento non poteva ritenersi anomala, non risultando ‘ né allegato né provato che i pagamenti contestati siano stati posti in essere … nell ‘ ambito di un processo satisfattorio fra il terzo che ha pagato e il debitore poi fallito non usuale alla stregua delle ordinarie transazioni commerciali ‘ e che, ‘ nel caso in esame, si è dunque solo in presenza di una sostituzione soggettiva nel lato passivo del rapporto
obbligatorio, scevra, a quanto consta dalle allegazioni difensive del curatore, di caratteri di ‘anormalità’ nel senso sopra esposto, senza quindi pregiudizio per la massa ‘ .
2.5. La Corte d ‘ appello, per contro, lasciando di fatto immotivato il passaggio decisionale in cui ha affermato la sussistenza, nel caso in esame, del presupposto applicativo della norma, e cioè il carattere ‘ anomalo ‘ del pagamento effettuato dal terzo ai creditori del debitore poi fallito, ha erroneamente ritenuto che tale pagamento fosse intrinsecamente anomalo, senza indagare sulle peculiarità dei rapporti tra le parti coinvolte e del relativo contesto economico/commerciale.
2.6. Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, di recente, ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 14316 del 2022, in motiv.) che: – il pagamento di debiti del fallito è assoggettabile a revocatoria fallimentare anche nel caso in cui sia stato effettuato da un terzo, a condizione che quest ‘ultimo abbia pagato il debito con danaro dell ‘ imprenditore poi fallito, ovvero, in alternativa, abbia pagato con danaro proprio ma esercitando, dopo aver pagato e prima dell ‘ apertura del concorso, l ‘ azione di rivalsa (cfr. Cass. n. 13165 del 2020; Cass. n. 15794 del 2018; Cass. n. 6282 del 2016; Cass. n. 25928 del 2015; Cass. n. 14316 del 2022) ; – a tale schema è riconducibile anche la delegazione di pagamento, nell ‘ ambito della quale, infatti, il terzo provvede all ‘ estinzione di un debito del delegante in adempimento di un ordine dallo stesso impartitogli o di un ‘ autorizzazione conferitagli, non solo nel caso in cui la relativa provvista sia stata messa a disposizione dal debitore ma anche quando, come nel caso in esame, l ‘ importo pagato sia stato anticipato dal delegato ove quest ‘ ultimo abbia proceduto al recupero prima dell ‘ apertura del fallimento; – in tal caso, infatti, all ‘ estinzione dell ‘ obbligazione nei confronti del creditore fa
riscontro l ‘ insorgenza di un debito corrispondente nel confronti del delegato, il quale viene a trovarsi nella medesima situazione in cui si trovava l ‘ accipiens , con la conseguenza che il recupero della somma intervenuto prima dell ‘ apertura del fallimento si traduce ugualmente in un depauperamento del patrimonio del fallito, in violazione della regola della par condicio creditorum .
2.7. La delegazione di pagamento costituisce, peraltro, uno strumento solutorio a carattere anomalo, potendosi qualificare come mezzi normali di pagamento diversi dal denaro, ai fini dell’esperibilità dell’azione prevista dall’art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., soltanto quelli comunemente accettati, nella pratica commerciale in uso in un dato periodo di tempo e in una determinata zona di mercato (Cass. n. 26241 del 2021), in sostituzione del denaro, come gli assegni circolari e bancari ed i vaglia cambiari, rilevando unicamente il dato oggettivo concernente le caratteristiche del mezzo utilizzato (cfr. Cass. n. 15691 del 2011; Cass. n. 649 del 2003).
2.8. Il disposto normativo, in effetti, si focalizza espressamente sul ‘ mezzo ‘ di pagamento, la cui anomalia evidenzia lo stato d ‘ insolvenza e ne fonda la presunzione di conoscenza, poiché dallo stesso (a differenza dei mezzi normali di pagamento, diversi dal denaro, comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione dello stesso) l ‘ accipiens è messo a conoscenza dell ‘ impossibilità dell ‘ impresa di estinguere normalmente il proprio debito.
2.9. Deve, per contro, escludersi che la comune pratica commerciale possa essere sminuita e superata, ai fini della valutazione dell ‘ anomalia del pagamento ai sensi all ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., dalle caratteristiche proprie della singola fattispecie ed, in ipotesi, escludere, in ragione delle stesse, l ‘ anormalità del mezzo estintivo utilizzato: – innanzitutto, perché
la lettera della norma impone, come detto, di avere riguardo al ‘ mezzo ‘ di pagamento utilizzato ed alle caratteristiche intrinseche dello stesso che siano capaci di evidenziare lo stato di insolvenza di chi lo esegue; – in secondo luogo, perché la valorizzazione delle caratteristiche della singola fattispecie al fine di individuare (o, per contro, escludere) il tratto di anormalità del pagamento eseguito sposta, invece, la valutazione dal dato oggettivo del mezzo di pagamento utilizzato al versante soggettivo, il quale può essere al più significativo dell ‘ inscientia decoctionis in capo al creditore soddisfatto.
2.10. Nell ‘ azione revocatoria fallimentare, in definitiva, la normalità dell ‘ atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo, da valutarsi alla stregua del solo fatto che il mezzo di pagamento utilizzato rientra tra quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro (Cass. n. 17949 del 2023, in motiv.): e tale, come detto, certamente non è il pagamento eseguito da un terzo, su ordine o indicazione del debitore delegante poi fallito, con denaro di quest ‘ ultimo, non rilevando, per contro, la convinzione del creditore circa l’ utilizzazione da parte del solvens di denaro proprio (Cass. n. 15691 del 2011; conf., Cass. n. 4106 del 2017, in motiv.).
2.11. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando, in via subordinata, l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello, senza una effettiva motivazione, ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse assolto all ‘ onere, sulla stessa incombente a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., di provare in giudizio di non aver avuto conoscenza dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la
debitrice poi fallita, senza, tuttavia, esaminare le evidenze fattuali, già dibattute dalle parti nel corso del giudizio, che, se valutate, avrebbero dimostrato, dal punto di vista sia oggettivo che soggettivo, la mancata conoscenza in capo alla convenuta dello stato d ‘ insolvenza in cui versava il debitore poi fallito.
2.12. La convenuta, infatti, aveva dedotto l ‘ esistenza di un collegamento commerciale tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, quale desumibile da plurime circostanze che, oltre ad aver costituito oggetto di una prova orale non ammessa dal primo giudice (perché ritenuta superflua e assorbita nella diversa prospettiva di valutazione assunta), non sono state contestate dal RAGIONE_SOCIALE, come il fatto che l ‘ utenza telefonica di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE era la medesima, al pari della sede legale, dove, peraltro, era stata consegnata la merce.
2.13. La Corte d ‘ appello, inoltre, ha aggiunto la ricorrente, ha ritenuto che i fatti dedotti quale oggetto di prova testimoniale erano irrilevanti pur trattandosi, al contrario, di circostanze che ictu oculi rivestono un ‘ indubbia rilevanza ai fini della prova in giudizio della dirimente circostanza della inscientia decoctionis .
2.14. Una compiuta considerazione delle evidenze fattuali emergenti dalle prove raccolte ed offerte in giudizio dalla convenuta, ha concluso la ricorrente, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a riconoscere in capo a RAGIONE_SOCIALE, quale soggetto accipiens , la circostanza liberatoria dell ‘ inscientia decoctionis .
2.15. Il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, si duole, in sostanza, della ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove (anche indiziarie) raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, a dispetto delle presunte emergenze contrarie delle stesse, hanno
ritenuto che la convenuta non aveva dimostrato in giudizio la propria inscientia decoctionis .
2.16. La valutazione delle prove raccolte in giudizio, tuttavia, costituisce, al pari della scelta (tra le varie emergenze probatorie) di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione e del giudizio relativo all’effettiva ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e all’ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), un’attività riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, il quale, peraltro, in sede di ricostruzione della vicenda fattuale ( come la sussistenza o meno dell’ inscientia decoctionis : cfr. Cass. n. 14390 del 2023, in motiv.), è libero di attingere il proprio convincimento dalle prove che ritenga più attendibili senza essere tenuto ad un ‘ esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
2.17. L ‘ omesso esame degli elementi istruttori forniti o invocati non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti storici rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta (quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero, come nella specie, quali fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso) siano stati comunque presi in considerazione dal giudice di merito ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze asseritamente emergenti dalle prove acquisite o richieste in giudizio (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.18. Il compito di questa Corte, per contro, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione assunta sul punto, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007).
2.19. Il giudice di legittimità, in effetti, ha soltanto la facoltà di controllare, sotto il profilo della coerenza logicoformale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della fattispecie concreta dal giudice di merito, così come esposte nella pronuncia impugnata, verificando, in particolare, se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine a ll’affermata sussistenza (o insussistenza) de i fatti storici rilevanti in causa (quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero estintivi, modificativi o impeditivi dello stesso) delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014): e cioè, in definitiva, se l’apprezzamento delle prove raccolte (oppure offerte), qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato (e cioè, nel caso in esame, la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla società convenuta), si sia mantenuto, come in effetti è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.; Cass. n. 20871 del 2024, in motiv.).
2.20. La sentenza impugnata, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio dalle parti (ed escluso l’ammissibilità e la rilevanza delle testimonianze offerte dalla convenuta sul rilievo, rimasto del tutto incensurato, che ‘le … capitolazioni di prova testimoniale di cui alla memoria, quando non del tutto irrilevanti, riguardano fatti che sono o documentalmente provati ma irrilevanti, o demandano al teste valutazioni o di riferire generiche prassi ‘), ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo non apparente, perplesso o contraddittorio, che la convenuta, pur avendone l ‘ onere a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, l.fall., non aveva dimostrato di aver ignorato, al momento in cui ha ricevuto i pagamento impugnati, lo stato d ‘ insolvenza in cui versava la società debitrice poi fallita.
2.21. Ed una volta che il giudice di merito, con apprezzamento non utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) ha accertato, in fatto, che non era emersa in giudizio la prova (anche solo indiziaria) di circostanze tali da far ritenere che la società creditrice, al momento degli impugnati pagamenti, fosse inconsapevole dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la debitrice poi fallita, non si presta, evidentemente, a censure, per l’ omessa percezione di fatti decisivi, la decisione che lo stesso giudice ha conseguentemente assunto, e cioè l ‘ accoglimento della domanda di revoca dei pagamenti impugnati.
2.22. In tema di revocatoria fallimentare, infatti, al fine di vincere la presunzione di conoscenza dello stato d ‘ insolvenza, posta dall ‘ art. 67, comma 1°, l.fall., grava sul convenuto l ‘ onere della prova contraria, la quale non ha contenuto meramente negativo e non può quindi essere assolta con la sola dimostrazione dell ‘ assenza di circostanze idonee ad evidenziare
lo stato d ‘ insolvenza, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l ‘ atto revocabile, sussistessero circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l ‘ imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell ‘ impresa (Cass. n. 17998 del 2009; Cass. n. 3280 del 2011; Cass. n. 803 del 2016 e, da ultimo, Cass. 25166 del 2024).
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, che liquida nella somma di €. 5 .200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima