Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5749 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5749 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22211/2018 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentate e difese dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso lo studio del quale esse sono domiciliate in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello RAGIONE_SOCIALE e domiciliata presso la stessa in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Genova, n. 541/2017, pubblicata il 17 gennaio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME, dipendenti dell’ormai soppressa RAGIONE_SOCIALE (da adesso RAGIONE_SOCIALE) hanno esposto, con ricorso al Tribunale di Roma, di:
avere partecipato ad una procedura di mobilità esterna ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, bandita dall’allora RAGIONE_SOCIALE e diretta all’acquisizione di dipendenti a tempo indeterminato dalle Pubbliche amministrazioni soggette a limitazione RAGIONE_SOCIALE assunzioni;
essersi collocate in posizione utile per la copertura dei posti vacanti nell’organico di personale con qualifica non dirigenziale;
avere ottenuto, il 22 maggio 2012, il nulla osta della P.A. di appartenenza.
Le ricorrenti hanno aggiunto, altresì, che:
in seguito all’entrata in vigore, nel luglio 2012, del d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012, l’RAGIONE_SOCIALE era stato incorporato nella nuova RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 1° dicembre 2012;
il personale della detta RAGIONE_SOCIALE era stato trasferito nel ruolo dell’RAGIONE_SOCIALE incorporante mantenendo l’inquadramento di provenienza e il trattamento economico goduto al momento dell’inquadramento;
in conseguenza del sopraggiungere di tale normativa, l’RAGIONE_SOCIALE aveva revocato il 5 ottobre 2012 il nulla osta già emesso al fine di evitare, nell’imminenza del trasferimento di tutto il personale RAGIONE_SOCIALE, disparità di trattamento tra i dipendenti;
la procedura di mobilità in esame si era, quindi, conclusa il 31 ottobre 2012 con l’esclusione dei sette vincitori del bando provenienti dall’RAGIONE_SOCIALE, che
passarono alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE, nella neoistituita sezione RAGIONE_SOCIALE, dal 1° dicembre 2012.
Le lavoratrici hanno chiesto al Tribunale di Genova la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE a risarcire il danno da loro subito a causa dell’illegittima revoca del nulla osta da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, quantificato nella mancata percezione della maggiore retribuzione che avrebbero percepito in seguito al passaggio del ruolo attraverso la mobilità di cui al citato art. 30.
Il Tribunale di Genova, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, con sentenza n. 920 del 2016, ha accolto la loro domanda.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Genova, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, con sentenza n. 541 del 2017, ha accolto.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Le ricorrenti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 quinquies, comma 2, d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012, dell’art. 12 preleggi e dell’art. 3 Cost. nonché la motivazione apparente o omessa e la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c.
La Corte territoriale non avrebbe applicato il citato art. 23 quinquies, comma 2, che aveva imposto alle Agenzie fiscali, che non avessero adempiuto agli obblighi alle stesse imposti dal precedente comma 1 del medesimo art. 23
quinquies entro il 31 ottobre 2012, il divieto di assumere personale, ma aveva fatto salve le procedure di mobilità avviate alla predetta data.
Nel fare ciò, non avrebbe motivato la propria decisione.
Con il secondo motivo le ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1334 c.c. e 59 CCNL Agenzie fiscali nonché degli artt. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, 1218, 1406 e 1407 c.c., nonché la motivazione apparente od omessa della sent enza e la sua nullità per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c.
In particolare, rilevano che la Corte territoriale non avrebbe considerato che gli atti unilaterali, ai sensi dell’art. 1334 c.c., producevano effetto dal momento in cui pervenivano a conoscenza della persona alla quale erano destinati.
Inoltre, l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 avrebbe previsto un termine di due mesi per effettuare il trasferimento del lavoratore e l’art. 59 CCNL Agenzie fiscali avrebbe prescritto che il dipendente proveniente da altra amministrazione del comparto che avesse avanzato domanda per coprire i posti vacanti in organico destinati all’accesso esterno fosse trasferito, previo consenso dell’RAGIONE_SOCIALE di appartenenza, entro quindici giorni dall ‘accoglimento della domanda.
Ne sarebbe derivato che l’intera procedura si sarebbe dovuta perfezionare entro quindici giorni dal 22 maggio 2012.
Il Giudice di appello avrebbe dovuto rilevare, invece, che la cessione del contratto si era perfezionata fin dalla comunicazione del nulla osta da parte dell’RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE e alle ricorrenti nel maggio 2012 con effetti dal 1° luglio 2012 o, comunque, nei quindici giorni successivi a tali dati.
In realtà, attesa la natura anche di promessa al pubblico del bando della procedura in questione, sarebbe stato applicabile l’art. 1218 c.c. , con la conseguenza che, in caso di mancata assunzione avrebbe dovuto essere riconosciuto il loro diritto al risarcimento del danno, a meno che essa non fosse imputabile ad impossibilità della prestazione per causa non riferibile alla P.A.
La sentenza impugnata sarebbe stata criticabile pure perché aveva ritenuto che la cessione non si fosse ancora perfezionata, considerando ammissibile la revoca del consenso dell’RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo le ricorrenti si dolgono dell’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dall’irragionevolezza dei termini di conclusione della procedura di mobilità rispetto ai canoni di correttezza e buona fede previsti dall’ art. 1337 c.c.
Con il quarto motivo esse contestano l’omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento alla loro diversità di posizione rispetto al personale RAGIONE_SOCIALE che non aveva partecipato vittoriosamente alla procedura di mobilità.
Le censure, che possono essere decise congiuntamente, stante la stretta connessione, sono fondate per le ragioni che seguono.
Innanzitutto, si rileva che l a Corte d’appello di Genova non ha negato che alla posizione RAGIONE_SOCIALE ricorrenti e alla procedura di mobilità de qua fosse applicabile l’art. 23 quinquies, comma 2, d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012, ma ha semplicemente preso atto che tale procedura non si era conclusa per mancata adesione dell’amministrazione di provenienza.
Ciò chiarito, si osserva che, secondo la costante giurisprudenza, la mobilità autorizzata dall’ art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001 va ricondotta alla fattispecie della cessione del contratto ai sensi dell’ art. 1406 c.c. (Cass., Sez. L, n. 86 del 7 gennaio 2021).
Infatti, la procedura di trasferimento volontario del dipendente tra pubbliche amministrazioni diverse, proprio perché realizza una cessione del contratto secondo i moduli civilistici di cui all’art. 1406 c.c., salve le integrazioni derivanti dall’art. 30 del d.lgs . n. 165 del 2001, non involge, neanche quando sia qualificata come bando, i poteri autoritativi RAGIONE_SOCIALE amministrazioni, ma solo la capacità di diritto privato di acquisizione e gestione del personale, da esercitare secondo le regole per essa previste (Cass., Sez. L, n. 26265 del 28 settembre 2021).
Per l’esattezza, al bando di concorso per l’assunzione di nuovo personale va riconosciuta la duplice natura giuridica di provvedimento amministrativo, quale atto del procedimento di evidenza pubblica, del quale disciplina il successivo svolgimento, e di atto negoziale, in quanto proposta al pubblico ex art. 1336 c.c., sia pure dipendente d all’espletamento della procedura concorsuale e d all’approvazione della graduatoria; analoga duplicità presenta l’atto di
approvazione della graduatoria, che costituisce, ad un tempo, il provvedimento terminale del procedimento concorsuale e l’atto, negoziale, di individuazione del futuro contraente, da cui discende il diritto all’assunzione del partecipante collocato in posizione utile in graduatoria e il correlato obbligo dell’amministrazione, assoggettato al regime di cui all’art. 1218 c.c.
Ne consegue che, in caso di mancata assunzione, va riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, salvo che l’ente pubblico dimostri che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa ad esso non imputabile, dovendosi escludere che l’onere di tale dimostrazione possa ritenersi assolto con la mera deduzione di difficoltà finanziarie (Cass., Sez. L, n. 1399 del 20 gennaio 2009).
Dalla giurisprudenza elencata si evince con chiarezza che la vicenda in esame è governata dalle ordinarie regole civilistiche.
Le uniche deroghe alle dette prescrizioni sono quelle previste espressamente dalla legge, dovendo altrimenti farsi ricorso alla disciplina del codice civile e del bando che ha dato inizio alla procedura.
Sulla base di questa premessa deve essere definita la controversia.
Innanzitutto, si osserva che viene in rilievo la formazione di un negozio giuridico, la cessione di un contratto, per il perfezionamento della quale occorre l’incontro di tre volontà, nella specie, quelle dell’RAGIONE_SOCIALE, il cessionario, dell’RAGIONE_SOCIALE, il cedente, e RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, i ceduti.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE aveva già espresso, nel 2011, la sua intenzione di acquisire del personale ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, ponendo in essere un atto che, come chiarito dalla giurisprudenza, è da qualificare come offerta al pubblico, subordinata all’espletamento della procedura concorsuale e all’approvazione della graduatoria.
L’art. 1336 , comma 1, c.c. dispone che ‹‹L’offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi ›› .
Sempre l’art. 1336 c.c. stabilisce, al comma 2, che ‹‹ La revoca dell ‘ offerta, se è fatta nella stessa forma dell ‘ offerta o in forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia ›› .
Non è in questione che l’offerta de qua valesse come proposta, atteso il suo contenuto e la sua finalità, ed è pacifico che non vi sono state revoche.
Pertanto, dal punto di vista dell’RAGIONE_SOCIALE, la volontà di acquisire il contratto de quo era stata palesata, benché fosse ancora dipendente dal completamento della procedura nel rispetto del bando.
A questo punto, erano necessarie, al fine di perfezionare la cessione (e in attesa dell’espletamento della menzionata procedura), le accettazioni RAGIONE_SOCIALE altre parti coinvolte.
Le ricorrenti avevano dato il loro consenso e, quindi, la loro adesione era stata manifestata.
L’RAGIONE_SOCIALE, il terzo soggetto coinvolto, aveva pure emesso il suo nulla osta nel maggio 2012 e, dunque, la terza dichiarazione di volontà vi era stata.
Ne deriva che, ormai, a partire da maggio 2012, le volontà dalle quali dipendeva il completamento della cessione del contratto erano state espresse, pur se il completamento di tale cessione era ancora subordinato al l’ultimazione della procedura di mobilità, nel rispetto del bando e ad opera della P.A. di destinazione.
Sostiene la Corte territoriale che la revoca del nulla osta di cui sopra effettuata da ll’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata legittima, anche perché ‹‹ sino alla fine della procedura tutte le parti, compreso l’ente di appartenenza, avrebbero potuto revocare il loro accordo nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza imposti dal nostro ordinamento durante le trattative precontrattuali; il tutto per non ledere legittime aspettative RAGIONE_SOCIALE parti interessate alla conclusione del contratto ›› .
Questa affermazione non può essere condivisa.
La revoca dell’accettazione è un istituto disciplinato dall’art. 1328, comma 2, c.c., per il quale ‹‹L’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione›› .
Nella specie, è incontestato che il nulla osta fosse stato emesso nel maggio 2012 e la RAGIONE_SOCIALE non ha mai neppure dedotto che la notizia della sua revoca, avvenuta il 5 ottobre 2012, fosse giunta alle altre parti prima di quella del suo rilascio.
Pertanto, la C orte territoriale ha errato nel sostenere che l’RAGIONE_SOCIALE potesse attuare la revoca fino al perfezionamento della detta procedura.
Lo stesso art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 si limita a subordinare la cessione del contratto del dipendente al parere favorevole dell’Amministrazione di appartenenza, ma non ne autorizza la revoca nei termini prospettati dalla Corte d’appello di Roma .
D’altronde, sarebbe del tutto incompatibile con la ricostruzione del bando per la mobilità come offerta al pubblico e della medesima mobilità come cessione del contratto, se uno qualsiasi dei soggetti potesse revocare la sua manifestazione di volontà senza limiti.
L’RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto eventualmente rimuovere il suo nulla osta solo se ciò fosse stato consentito dal bando o dalla legge o, in presenza di sopravvenienze normative, se queste avessero vietato una mobilità come quella in discussione, tutte ipotesi che non ricorrono nella presente controversia.
In particolare, l’art. 23 quinquies, comma 2, d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012, aveva fatto salve le procedure di mobilità come quella in esame avviate alla data del 31 ottobre 2012.
Dopo che l’RAGIONE_SOCIALE aveva prestato la sua adesione alla cessione del contratto, quindi, solo l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto impedire che la mobilità avesse esecuzione, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni del bando, dovendo ancora essa completare la procedura oggetto di causa.
Non a caso, una volta venuta a conoscenza della revoca del consenso dell’RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE aveva escluso le ricorrenti da tale procedura.
In aggiunta a ciò, il Collegio deve rimarcare che la sentenza di appello non può essere condivisa neppure in ordine al merito RAGIONE_SOCIALE specifiche ragioni che sono state addotte per giustificare la revoca de qua .
La motivazione di questa consiste nel fatto che, poiché l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata incorporata dalla nuova RAGIONE_SOCIALE a partire dal dicembre 2012, non avrebbe avuto senso consentire il trasferimento RAGIONE_SOCIALE ricorrenti dal 31 ottobre 2012, ma sarebbe stato preferibile che tutti i dipendenti transitassero insieme nella nuova RAGIONE_SOCIALE a parità di condizioni economiche.
Siffatta motivazione è in netto contrasto con i più elementari principi di correttezza e buona fede, richiamati nella sentenza impugnata.
Infatti, la procedura in questione era iniziata nel 2011 e, dopo il nulla osta del maggio 2012 e alla luce del citato testo dell’art. 23 quinquies, comma 2, del d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012, siffatta procedura doveva essere completata.
La medesima RAGIONE_SOCIALE aveva operato in questo senso, avendo intenzione di acquisire il contratto RAGIONE_SOCIALE ricorrenti entro il 31 ottobre 2012.
Ne deriva che si era formato un legittimo affidamento RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, se non al perfezionamento della mobilità, almeno a che il consenso dell’RAGIONE_SOCIALE non fosse revocato senza valide ragioni.
Nella specie, le spiegazioni fornite dall’RAGIONE_SOCIALE si palesano inconferenti, in quanto è evidente che un eventuale sopravvenuto dissenso dell’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere fondato su elementi attinenti allo svolgimento della sua attività e non sul fatto che ‹‹ sarebbe stato preferibile che tutti i dipendenti transitassero insieme nella nuova RAGIONE_SOCIALE a parità di condizioni economiche ›› , valutazione che nulla aveva a che fare con l’espletamento della procedura de qua e con l’interesse della Pubblica amministrazione.
D’altronde, neppure poteva immaginarsi una pretesa meritevole di tutela degli altri lavoratori dell’RAGIONE_SOCIALE , fondata sul principio di parità di trattamento, a non vedere le ricorrenti passare, entro il 31 ottobre 2012, alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE, atteso che essi ben avrebbero potuto partecipare, se avessero voluto, alla stessa mobilità e, qualora ciò avessero fatto senza successo, non avrebbero certo potuto lamentarsi del trasferimento di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La revoca del nulla osta da parte dell’RAGIONE_SOCIALE è avvenuta, quindi, in contrasto con la vigente normativa civilistica e i l giudice d’appello avrebbe dovuto prendere atto della sua assoluta inefficacia.
Peraltro, se anche si volesse ragionare esclusivamente in termini amministrativistici, prescindendo dalla regolamentazione contenuta nel Codice civile sopra richiamata e dalla natura privatistica della vicenda, come sembrerebbe avere fatto, impropriamente, la Corte territoriale, siffatta revoca
sarebbe stata, comunque, illegittima . Infatti, era palese l’ irragionevolezza della sua motivazione, la quale non considerava la chiara differenza esistente fra la posizione RAGIONE_SOCIALE ricorrenti e quella degli altri dipendenti che non avevano preso parte alla mobilità o superato le relative prove, con l’effetto che il giudice avrebbe dovuto disapplicare l’atto de quo .
A questo accertamento consegue che le ricorrenti ben potevano agire per il risarcimento del danno, il quale doveva essere allegato e provato.
Per l’esattezza, si deve precisare che il danno in questione era eventualmente consistito nella perdita di una chance e che le dette ricorrenti erano tenute a dedurre e dimostrare che, al momento del perfezionamento della mobilità, fossero disponibili i posti alle quali esse hanno affermato di aspirare e che vi fossero concrete possibilità di ottenerli, alla luce dei propri titoli e di quelli degli altri potenziali aspiranti che alla loro assegnazione avevano preso parte.
2) Il ricorso è accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito anche in ordine alle spese di lite di legittimità, applicando i seguenti principi di diritto:
‹‹In tema di procedura di mobilità ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, la P.A. di appartenenza, una volta prestato il suo consenso, non può più revocarlo, dopo che questo è giunto a conoscenza della P.A. di destinazione, trovando applicazione il disposto dell’art. 1328, comma 2, c.c., salvo che sia diversamente stabilito in maniera espressa dalla legge o dal bando o che, in presenza di sopravvenienze normative, la detta procedura di mobilità sia divenuta illegittima››;
‹‹Il dipendente pubblico che abbia preso parte ad una procedura di mobilità ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001 e che, pur avendo superato la relativa selezione, non sia potuto transitare nella P.A. di destinazione a causa della revoca del consenso già validamente prestato dalla P.A. di appartenenza, avvenuta tardivamente ai sensi dell’art. 1328, comma 2, c.c., può agire contro quest’ultima, chiedendo il risarcimento del danno da perdita della chance di beneficiare di un migliore trattamento economico, ma, in questo caso, è tenuto
a dedurre e dimostrare che la detta procedura avrebbe avuto esito positivo e che vi fossero per lui concrete possibilità, alla luce dei titoli posseduti, di ottenere, presso il nuovo datore di lavoro, tale migliore trattamento economico ›› .
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione;
cassa con rinvio alla Corte d’appello di Genova , in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito anche in ordine alle spese di lite di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 6