Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16630 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16630 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29693-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 508/2021 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/09/2021 R.G.N. 325/2021;
Oggetto
Licenziamento legge n. 92 del
2012
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Torino, con la sentenza n. 508/2021, ha respinto il reclamo avverso la pronuncia del Tribunale di Alessandria che aveva confermato la ordinanza emessa in fase sommaria ex lege n. 92/2012, con la quale erano state rigettate le impugnazioni proposte da NOME COGNOME, dipendente di RAGIONE_SOCIALE, con mansioni di banconiera livello B2 RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di due licenziamenti intimatile: il primo per giustificato motivo oggettivo ed il secondo per giusta causa.
In punto di fatto va evidenziato che, con lettera del 17.1.2018, la lavoratrice era stata licenziata per giustificato motivo oggettivo: recesso impugnato con pec del 13.2.2018 ricevuta in pari data dal datore di lavoro; il giorno 1.3.2018 era giunto presso l’indirizzo RAGIONE_SOCIALEa COGNOME un telegramma, inviato il 28.2.2018, contenente la revoca del licenziamento; con pec RAGIONE_SOCIALE‘1.3.2018 il difensore RAGIONE_SOCIALEa dipendente, contestando la tardività RAGIONE_SOCIALEa revoca, comunicava l’impossibilità RAGIONE_SOCIALEa COGNOME di presentarsi al lavoro alle ore 13 RAGIONE_SOCIALE‘1.3.2018 avendo ricevuto il telegramma alle ore 13.20; con pec del medesimo giorno la società, dando atto RAGIONE_SOCIALEa giustificazione RAGIONE_SOCIALEa assenza RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice, aveva invitato la stessa a presentarsi al lavoro il 2.3.2018; non essendosi quest’ultima presentatasi ella era stata licenziata, per giusta causa, per l’asse nza al lavoro protrattasi per oltre tre giorni, con effetto dal 15.3.2018.
I giudici di seconde cure hanno precisato che: a) la revoca del primo licenziamento era tempestiva perché effettuata nel termine di 15 giorni e non si era verificata alcuna decadenza perché doveva aversi riguardo alla data di invio del telegramma e non alla sua ricezione, dovendosi applicare il principio di scissione degli effetti RAGIONE_SOCIALE‘atto, applicabile anche in tema di revoca del recesso, di talché per il datore di lavoro era rilevante il momento in cui questa veniva effettuata e per il lavoratore il momento RAGIONE_SOCIALEa sua ricezione; b) il
telegramma era riferibile alla società e ciò era avvalorato dal comportamento successivo di entrambe le parti; c) l’attività del difensore RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice, espletata durante tutti gli eventi, dimostrava l’esistenza di una procura generale e RAGIONE_SOCIALEa elezion e di domicilio presso di esso; d) andava applicato, per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese, il criterio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato ad un unico motivo cui hanno resistito, con un unico controricorso, le due intimate RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 co. 10 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 300 del 1970, in relazione alla violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 149 cpc, deducendo la intempestività RAGIONE_SOCIALEa disposta revoca del licenziamento in relazione alla quale andava applicata la regola relativa agli atti recettizi a forma libera e non anche la disciplina che consente, come invece aveva erroneamente ritenuto la Corte distrettuale, la scissione del termine di invio da quello RAGIONE_SOCIALEa ricezione, di talché l’atto di parte datoriale doveva considerarsi intempestivo per essersi verificata la decadenza dalla possibilità di revocare il provvedimento di recesso già disposto, con ogni conseguenza di legge in termini di ripristino del rapporto.
Il motivo non è fondato e deve essere respinto sia pure con le precisazioni e integrazioni motivazionali che seguono.
Ai fini di meglio inquadrare la questione giuridica che viene sottoposta al Collegio, è opportuno delineare in modo sintetico alcuni principi in tema di revoca del licenziamento che sono stati affermati prima RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 co. 10 leg ge n. 300/1970, come introdotto dalla legge n. 92/2012: disposizione questa
pacificamente applicabile nel caso di specie e che è stata ripresa in modo identico dall’art. 4 del D.lgs. n. 23/2015.
Prima RAGIONE_SOCIALEa suddetta modifica legislativa, la giurisprudenza era concorde nel ritenere che la revoca del licenziamento costituisse una proposta, indirizzata al lavoratore, che per essere efficace necessitava RAGIONE_SOCIALE‘accettazione da parte di quest’ultimo (Cas s. n. 23435/2016; Cass. n. 13090/2011; Cass. n. 36/2011).
Più controversa era la problematica RAGIONE_SOCIALE‘obbligo risarcitorio a carico del datore di lavoro in ipotesi di revoca: per alcuni il risarcimento, non inferiore al limite RAGIONE_SOCIALEe cinque mensilità, era sempre dovuto (Cass. n. 5474/1984); per altri, il risarcimento era dovuto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 legge n. 300/1970, solo se la revoca fosse stata effettuata dopo la notifica del ricorso introduttivo del giudizio (Cass. n. 2068/1988); per altri ancora, il risarcimento, sempre ex art. 18 citato, spettava unicamente in caso di rispristino del rapporto qualora vi fosse stata una apprezzabile soluzione di continuità (Cass. n. 6331/2001; Cass. n. 10408/1995).
La legge n. 92/2012 ha introdotto l’attuale versione del comma 10 RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 legge n, 300 del 1970 che prevede testualmente: ‘
Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo’.
La dottrina, condivisibilmente, ha individuato l’istituto RAGIONE_SOCIALEa revoca del licenziamento, ai fini RAGIONE_SOCIALEa individuazione RAGIONE_SOCIALEa sua natura giuridica, quale diritto potestativo del datore di lavoro cui soggiace il lavoratore.
E’ una sorta, pertanto, di ‘autotutela’ esercitabile dal datore di lavoro che determina il ripristino ex tunc del rapporto, senza che sia necessario il concorso di una analoga manifestazione di volontà da
parte del lavoratore in tal senso e senza che sia fonte di risarcimento del danno.
Per provocare l’effetto ripristinatorio del rapporto in questi termini, la revoca deve essere effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro RAGIONE_SOCIALEa impugnazione del licenziamento, prevista dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 604/1966.
Ciò premesso, e venendo alla questione giuridica oggetto del presente giudizio, si pone il problema di stabilire se, entro il suddetto termine massimo di quindici giorni, è sufficiente che la revoca sia inviata al lavoratore ovvero pervenga e sia portata a conoscenza di questi.
La recente dottrina sul punto non è unanime.
Per la soluzione del problema ritiene il Collegio che si debba partire dalla natura giuridica RAGIONE_SOCIALEa revoca.
Come sopra accennato, la revoca si colloca nella categoria del diritto potestativo, cioè di quel potere, riconosciuto dal diritto positivo ad un soggetto, di modificare l’altrui sfera giuridica mediante un atto unilaterale.
Nella fattispecie procedimentale del licenziamento, esso si pone come diritto secondario avendo carattere necessariamente accessivo ad altra situazione giuridica soggettiva rappresentata dal diritto del datore di lavoro di recedere dal rapporto con il proprio dipendente in presenza di particolari presupposti.
Orbene, stante la natura di diritto potestativo RAGIONE_SOCIALEa revoca del licenziamento, deve richiamarsi il precedente di questa Corte (cfr. Cass. n. 24274/2006, in motivazione) secondo cui ‘nei rapporti negoziali, qualora ad una parte risulti conferito, dalla legge o da fonte pattizia, un diritto potestativo, l’esercizio di tale diritto produce la modificazione immediata RAGIONE_SOCIALEa sfera giuridica del destinatario. Le limitazioni all’esercizio del potere, quanto alla prescrizione di determinate forme, alla sussistenza di motivi giustificativi, alla necessità di un periodo di preavviso ai fini RAGIONE_SOCIALEa produzione degli effetti, devono essere specificamente stabilite dalla legge o dalla stessa fonte contrattuale attributiva del potere’. Nella
fattispecie, il comma 10 RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 300 del 1970 non prevede limitazioni all’esercizio del potere di revoca del licenziamento, se non quella che la revoca debba essere ‘effettuata’ nei quindici giorni dalla comunicazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione del licenziamento medesimo. Il dato testuale, che ancora il dies a quo alla comunicazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnativa di licenziamento e il dies ad quem all’effettuazione RAGIONE_SOCIALEa revoca, senza alcun riferimento alla comunicazione all’interessato, induce a ritenere suff iciente il mero invio RAGIONE_SOCIALEa revoca al lavoratore nel termine prescritto e non anche la ricezione da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso nel medesimo termine.
L’esercizio del potere entro il suddetto termine, come statuito dalla legge, deve considerarsi lecito, non giovando il richiamo dei precetti di buona fede e correttezza, che possono integrare il contenuto di obbligazioni ma non determinarne la nascita di nuove se non previste dalla legge o da altre pattuizioni (Cass. n. 7731/2007; Cass. n. 7053/2009; Cass. n. 4239/2015).
Nel caso in esame, quindi, a fronte RAGIONE_SOCIALEa comunicazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione del licenziamento del 13 febbraio 2018, la revoca del recesso effettuata con telegramma, inviato il 28 febbraio 2018 e pervenuto alla lavoratrice il 1° marzo del 2018, deve considerarsi tempestiva.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna RAGIONE_SOCIALEa ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo in favore di entrambe le intimate che si sono costituite con un unico controricorso.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio, in favore RAGIONE_SOCIALEe controricorrenti, che liquida in complessivi euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 aprile 2024