Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26194 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
Oggetto: revoca incarico Presidente RAGIONE_SOCIALE
Tributi locali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16711/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO e domiciliato elettivamente in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’RAGIONE_SOCIALE e domiciliat i per legge in INDIRIZZO;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Roma n. 4038/2018 pubblicata il 29 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha dedotto, con ricorso depositato presso il Tribunale di Roma il 4 febbraio 2013, che:
era stato nominato Presidente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE per un triennio con d.P.R. del 1° febbraio 2010;
per la determinazione dei relativi compensi occorreva fare riferimento al decreto interministeriale del 14 aprile 2005, che aveva previsto un compenso annuo lordo di € 168.723,00, oltre a un gettone di presenza di € 103,00 lordi per la partecipazione alle sedute del RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione;
con d.P.C.M. n. 6218 del 23 giugno 2011 l’RAGIONE_SOCIALE era stata commissariata, con conseguente interruzione del suo incarico;
non aveva più ricevuto il suo compenso a partire dal 23 giugno 2011;
il TAR Lazio aveva annullato tale d.P.C.M.;
aveva ripreso la sua attività dal 6 febbraio 2012, che era stata definitivamente interrotta con d.P.C.M. del 12 settembre 2012.
Il ricorrente ha chiesto:
la corresponsione dei compensi maturati dal 23 giugno 2011 al 6 febbraio 2012, per un totale di € 88.578,00;
l’indennità di cui all’art. 19, Ia), RAGIONE_SOCIALEa tariffa professionale dei dottori commercialisti dall’8 marzo 2010 al 30 giugno 2011, pari a € 122.092,72;
il rimborso RAGIONE_SOCIALE somme trattenute da RAGIONE_SOCIALE conformemente al d.l. n. 78 del 2010 a seguito RAGIONE_SOCIALEa decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 223 del 2012, per il periodo gennaio-giugno 2011, ammontanti a € 7.648,14 , e per quello dal 3 febbraio 2012 al 21 luglio 2012, pari a € 7.171,21 ;
le spese di giudizio liquidate nella sentenza del TAR n. 529 del 2012;
l’indennità per il periodo dal 3 febbraio 2012 al 24 luglio 2012, per un totale di € 48.961,04;
i compensi maturati dal 22 luglio 2012 all’8 marzo 2013; il risarcimento del danno non patrimoniale patito.
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, con sentenza n. 4003/14, ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione dei compensi maturati dal 23 giugno 2011 al 6 febbraio 2012, per un totale di € 88.578,00, e RAGIONE_SOCIALE somme di € 7.648,14 e € 7.171,21 tra ttenute dalla stessa RAGIONE_SOCIALE conformemente al d.l. n. 78 del 2010, per una somma pari a € 103.397,35.
NOME COGNOME ha proposto appello.
Le Amministrazioni hanno proposto appello incidentale.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4038 del 2018, ha rigettato entrambi gli appelli.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Le Pubbliche amministrazioni intimate si sono difese con controricorso e hanno proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale NOME COGNOME lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 168 e 347 c.p.c., nonché 72 e 111 disp. att., atteso che la corte territoriale avrebbe errato nel giudicare in assenza del fascicolo d’ufficio.
Inoltre, contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 115, 165, 166, 347, comma 1, e 359 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. e dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost., poiché la Corte
d’appello di Roma avrebbe dovuto ordinare l’esibizione di eventuale documentazione ritenuta rilevante.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 347 c.p.c., non integra, di per sé, un vizio del procedimento di secondo grado e RAGIONE_SOCIALEa relativa sentenza, ma può essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione ove l’interessato alleghi che il giudice di appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi essenziali per l’accertamento di uno o più fatti controversi e decisivi RAGIONE_SOCIALEa causa e, quindi, per la definizione RAGIONE_SOCIALEa controversia, non rilevabili aliunde e che devono essere indicati dalla parte (Cass., Sez. 6-1, n. 27691 del 21 novembre 2017; negli stessi termini Cass., Sez. 6-3 n. 20631 del 7 agosto 2018).
Nella specie, il ricorrente principale non ha indicato quali prove, non portate all’attenzione del giudice di appello e presenti nel fascicolo d’ufficio, non sarebbero stat e esaminate, nonostante la loro consultazione potesse incidere sull’esito del gravame.
Il motivo è, allora, inammissibile perché argomenta in astratto sull’onere di acquisizione, ma non specifica il contenuto dei documenti asseritamente non valutati dal giudice d’appello e non indica le ragioni per le quali gli stessi avrebbero consentito di rilevare circostanze decisive ai fini di causa.
Con il secondo motivo il ricorrente principale contesta la violazione e falsa applicazione del d.P.C.M. del 12 settembre 2012, RAGIONE_SOCIALE‘art. 12, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012 e degli artt. 1362, 1367 e 2237 c.c. e l’omesso esame di fatti decisivi.
La corte territoriale avrebbe errato nel non riconoscere il suo diritto al compenso/indennizzo correlato all’interruzione ante tempus del rapporto di funzionario onorario.
In particolare, sostiene il lavoratore che la revoca del suo incarico avrebbe trovato la sua ragione non nel d.l. n. 95 del 2012, ma in un
nuovo commissariamento, del tutto paragonabile al primo, con l’effetto che anche nella seconda circostanza la sua pretesa avrebbe dovuto essere valutata positivamente.
Più precisamente, egli afferma che il diritto da lui vantato, con riferimento al d.P.C.M. del 12 settembre 2012, avrebbe dovuto essere riconosciuto per lo stesso motivo che aveva condotto all’accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘ analoga domanda relativa alle conseguenze del commissariamento precedente.
La doglianza è inammissibile.
La Corte d’appello di Roma ha chiaramente fondato il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello del ricorrente principale nella parte concernente il tempo successivo al secondo provvedimento menzionato sulla circostanza RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta eliminazione RAGIONE_SOCIALE‘incarico del medesimo ricorrente principale.
Questo perché il d.P.C.M. del 12 settembre 2012 era stato adottato, nella ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale, in seguito all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE‘art. 12, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012 , che aveva soppresso la figura del Presidente e del RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione.
Il ricorrente principale, però, non ha contestato in maniera adeguata questa ratio decidendi che consiste, fondamentalmente, nella presa d’atto RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità sopravvenuta RAGIONE_SOCIALEa prestazione oggetto di causa la quale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1256 c.c., preclude l’adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione e la prosecuzione del rapporto contrattuale, come si evince dall’art. 1463 c.c. e come si può ricavare da Cass., Sez. L, n. 2365 del 7 febbraio 2004 e da Cass., Sez. L, n. 21467 del 31 luglio 2024.
Con riferimento, invece, al ricorso incidentale, deve osservarsi che, a fronte di una sentenza impugnata pubblicata il 29 novembre 2018, esso è stato notificato il 31 maggio 2019, quindi oltre il termine c.d. lungo di sei mesi, spirato il 29 maggio.
Pertanto, trova applicazione, nel caso in questione, il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 334, comma 2, c.p.c., in base al quale, nell’eventualità che l’impugnazione principale sia inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva diviene inefficace.
Il ricorso principale è dichiarato inammissibile, mentre l’incidentale è inefficace .
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto, essendo le Pubbliche Amministrazioni intimate enti statali ammessi al beneficio RAGIONE_SOCIALEa prenotazione a debito.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace quello incidentale;
condanna il ricorrente principale a rifondere le spese di lite, che liquida in € 5.000,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito;
-attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione