Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25542 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25542 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25674 – 2022 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentato e difeso giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ope legis ;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza resa dal Presidente della CORTE D’APPELLO di POTENZA nel fascicolo n. 28/2021 RG, pubblicata il 24/3/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/9/2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza pubblicata il 24/3/2022, il Presidente della Corte d’appello di Potenza ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento di revoca della sua ammissione a patrocinio a carico dello Stato: la revoca del beneficio è stata disposta dalla Corte d’appello di Potenza nella stessa sentenza n. 697/2020 , a motivo della manifesta infondatezza della pretesa di NOME COGNOME e, cioè, della sua domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, la protezione sussidiaria o, in ulteriore subordine, la protezione umanitaria, rigettata con ordinanza ex art. 702 ter cod. proc. civ. del Tribunale di Potenza del 19.6.2019 e dell’ appello avverso questo provvedimento, pure rigettato.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico, articolato motivo, a cui il Ministero ha resistito con controricorso.
In data 27/6/2023, il Consigliere delegato ha proposto la definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis cod. proc. civ., rilevando che il motivo di ricorso, pur denunziando formalmente la violazione dell’art. 136 co. 2 del d.P.R. n. 115/2002, si risolve in una censura inammissibile su ll’apprezzamento di fatto operato dal giudice di merito quanto alla sussistenza di colpa grave nella promozione del giudizio presupposto.
In data 1/9/2023, COGNOME ha depositato istanza di decisione. La causa è stata rimessa alla trattazione in camera di consiglio in data odierna, depositata memoria dal ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo NOME COGNOME ha lamentato, in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la
violazione degli art. 126 e 136 comma secondo del d.P.R. n. 115/2002, per avere il Presidente delegato della Corte d’appello di Potenza reso «una motivazione apparente e affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, essendo, altresì, una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» sui motivi di opposizione al provvedimento di revoca della sua ammissione a patrocinio a carico dello Stato.
Quindi, ha riprodotto gli argomenti posti a fondamento dell’opposizione e, perciò essenzialmente, le ragioni della domanda di protezione e dell’appello del suo rigetto.
1.1. Il motivo è certamente inammissibile rispetto al n. 4, laddove prospetta l’omessa motivazione o la motivazione contraddittoria: per giurisprudenza ormai consolidata, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Nel decreto impugnato, invece, il Presidente della Corte ha, invero, rimarcato innanzitutto la mancanza di una incisiva censura alle motivazioni del provvedimento opposto e rappresentato, quindi, che il giudizio di manifesta infondatezza, ab origine , della domanda risultava in particolare, come evidenziato nella pronuncia di revoca, dalla
narrazione lacunosa e contraddittoria, intrinsecamente non verosimile, dalle allegazioni mancanti sulla sussistenza di una condizione riconducibile ad uno dei motivi di protezione e sulla situazione personale; pertanto, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, il decreto impugnato reca una compiuta e coerente motivazione.
1.2. Il motivo è, poi, manifestamente inammissibile, laddove prospetta come illegittima la valutazione a posteriori della manifesta infondatezza per fondare la revoca, dopo l’ammissione provvisoria del COA e l’espletamento del giudizio.
Nella specie, l’istanza di decisione ex art. 380 bis cod. proc. civ. è stata proposta quando già questa Corte, con ordinanza n. 25510 del 2022, aveva rigettato l’impugnazione avverso la sentenza n. 697/2020 della Corte d’Appello di Potenza che aveva ritenu to manifestamente infondata per difetto di allegazioni conferenti la domanda di protezione.
Questa Corte ha già stabilito che la disciplina del patrocinio a spese delle Stato nei giudizi in materia di protezione internazionale è regolata dal principio generale per cui costituisce motivo di revoca dell’ammissione sia l’avere agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave, sia la rivalutazione giudiziale dell’iniziale giudizio prognostico sulla manifesta infondatezza della pretesa (Cass. Sez. 6 – 2, n. 24928 del 18/08/2022; Cass. Sez. 6 – 2, n. 20002 del 24/09/2020; Cass. Sez. 6 – 2, n. 27203 del 27/11/2020; Cass. Sez. 2, n. 26060 del 17/10/2018).
1.3. Infine, il motivo è inammissibile laddove, pur dolendosi che il Giudice dell’opposizione abbia voluto effettuare una nuova valutazione dei fatti, argomenta il ricorso (pag. 11 e 12 del ricorso) riproponendo le censure alle ragioni del giudizio di infondatezza del suo appello avverso il rigetto della sua domanda di protezione. L’ apprezzamento di fatto compiuto dal giudice di merito, sulla base
delle enunciazioni in fatto e in diritto della pretesa azionata e respinta, non è sindacabile in questa sede mediante censure di violazione di norme di diritto, come proposte dal ricorrente.
Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione, secondo la previsione del comma terzo dello stesso art. 380 bis cod. proc. civ., del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., i l ricorrente deve essere condannato al pagamento, a favore del Ministero controricorrente, di una somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di un’ulteriore somma, pure equitativamente determinata, a favore della Cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass., Sez. U., 27-9-2023 n. 27433 e Cass., Sez. U., 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 comma III e IV cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un ‘ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME in favore del Ministero della Giustizia, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito; condanna NOMECOGNOME ex art. 96 comma III cod. proc. civ., al pagamento di Euro 1.500,00 in favore del Ministero e, ex art. 96 comma IV cod. proc. civ., di ulteriori Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 18 settembre 2024 e, a seguito di riconvocazione, in data 30/10/2024.
La Presidente NOME COGNOME