Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34429 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 23659 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
(P.l. P_IVA), con sede in Santa Croce sull’Arno (PI), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro-tempore Sig. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE , fax n° NUMERO_TELEFONO, p.e.c. EMAIL), e NOME COGNOME (C.F. LLA CODICE_FISCALE, fax n° 06-, p.e.c. EMAIL, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, sito a Roma INDIRIZZO, giusta procura in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
Regione Toscana , in persona del suo Presidente pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMECF CODICE_FISCALE; p.e.c.: EMAIL), e dall’Avv. NOME COGNOME
(CF GNTNCL74T29G912G;
p.e.c.:
NOMECOGNOME
NOME
postacert.toscana.it), ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente
nonché
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE
Intimata
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n° 1333 depositata il 30 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’impugnazione proposta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso la sentenza del tribunale di Pisa che, a sua volta, aveva rigettato l’opposizione proposta dal RAGIONE_SOCIALE contro la cartella esattoriale n° 087/2007 00078495 84 (notificatale dalla G.E.T. Gestione tesorerie ed esattorie s.p.aRAGIONE_SOCIALE, poi Equitalia s.p.a.) con cui le era stata intimata la restituzione di finanziamenti erogati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) nell’ambito dell’obiettivo n° 2 del Documento Unico di programmazione (Docup) Toscana, misura 4.3a, per gli anni 19971999 (prevedente la realizzazione di ‘ infrastrutture ambientali, riutilizzo degli scarti di lavorazione, dei rifiuti industriali e dei materiali recuperati ‘), revocati con decreto dirigenziale n° 5278 del 18 ottobre 2006.
Spese secondo soccombenza e condanna dell’appellante per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
2 .- Per quello che ancora qui rileva, la Corte ha osservato che il recupero degli importi erogati a titolo di finanziamento era legittimo.
Infatti, la RAGIONE_SOCIALE mediante le somme ottenute aveva realizzato un impianto per la inertizzazione preventiva dei fanghi derivanti dalla concia delle pelli prima del loro conferimento in discarica.
Tuttavia, anche un’altra impresa, la RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto un finanziamento dal FESR nell’ambito dell’obiettivo n° 2 del Docup Toscana per gli anni 1994-1996, misura 4.3b, concernente ‘ la promozione di specifiche tecnologie e processi industriali indirizzati alla riduzione degli scarti di lavorazione e dei rifiuti industriali nonché allo smaltimento dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione del settore conciario con trattamenti per il riutilizzo in cicli produttivi o come inerti ‘.
Sennonché, come era emerso dalle perizie disposte dalla Regione Toscana, l’impianto realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE non assolveva più alla funzione per la quale era stato finanziato, essendo stato ‘ assorbito ‘ da quello ‘ limitrofo ‘ realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE.
E dato che l’impianto RAGIONE_SOCIALE non poteva più ‘ svolgere alcuna funzione propria, né sussidiaria né complementare ‘ -come invece sosteneva l’opponente ‘perché semplicemente non più, essendo stato assorbito dall’impianto RAGIONE_SOCIALE ‘, tanto bastava per la revoca del contributo, mentre non aveva alcun rilievo indagare ‘ quello che è meglio o peggio ‘ per la Regione Toscana, non potendo il finanziato sostituirsi al finanziatore nel giudizio sull’utilità o sul funzionamento del cespite.
D’altra parte, per revocare il mutuo non occorreva immaginare una ‘ fraudolenta preordinazione ‘, ma era sufficiente constatare che la finanziata CIS ‘ non aveva rispettato lo scopo per cui aveva ricevuto sostegno economico ‘.
Infatti, a fronte dei contributi erogati, la Regione e la Comunità Europea avevano ‘ tutto il diritto di ritrovarsi, quanto meno, un impianto nella disponibilità di CIS ‘, mentre ‘ non più assolutamente nulla in capo al soggetto finanziato ‘, dovendosi rassegnare a constatare che i fondi corrisposti a CIS ‘ erano stati
investiti in un impianto di cui era titolare un diverso soggetto, vale a dire RAGIONE_SOCIALE.
Osservava, da ultimo, la Corte che pacificamente sin dal 1999 (l’anno successivo alla erogazione dei contributi) CIS aveva licenziato tutti i dipendenti e ceduto la gestione dell’impianto di inertizzazione ad RAGIONE_SOCIALE, e che al termine del 2002 il macchinario CIS era ormai ‘ evanescente ‘.
Quanto alla condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma, la Corte rilevava che l’impugnazione era stata ‘ proposta temerariamente, se non con mala fede, senza dubbio con colpa grave, sulla base di argomenti del tutto illogici ed inconsistenti, così contribuendo inutilmente ad ingolfare un apparato giudiziario già ingolfato ‘.
3 .- Per la cassazione di tale sentenza ricorre CIS, affidando l’impugnazione a due mezzi.
Resiste la Regione Toscana, che conclude per la sua reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Entrambi i litiganti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione del Reg. (CEE) 20 luglio 1993, n° 2081/93/CEE, e del Reg. (CEE) 20 luglio 1993, n° 2082/93, ‘ in relazione al punto n° 4 del Docup per gli anni 19971999 ‘.
Dagli artt. 3 e 6 del Reg. n° 2081/1993, 26, secondo comma, del Reg. n° 2028/1993 si desumerebbe che ‘ la Comunità non finanzia un progetto di per sé ‘, bensì un progetto ‘ idoneo a realizzare un certo obiettivo, quello sì indicato ab origine ‘.
Aderente a tali norme sarebbe il Docup Toscana per gli anni 19971999, nel quale, al punto 4, non vi sarebbe alcuna indicazione sulle
caratteristiche dei progetti da presentare, mentre sarebbe richiesta la sola idoneità a raggiungere l’obiettivo dianzi indicato.
Da qui l’irrilevanza della modifica del progetto inizialmente presentato da RAGIONE_SOCIALE, essendo piuttosto essenziale il raggiungimento dell’obiettivo, come del resto confermato dalla lettera della Commissione Europea emessa a conclusione dell’ audit sull’impianto RAGIONE_SOCIALE, con la quale, pur a fronte di una sopraggiunta modifica del progetto, il contributo sarebbe stato mantenuto, anche se ridotto al 75%: decisione aderente all’art. 24 del Reg. (CEE) 19 dicembre 1988, n° 4253/88, nel quale si prevede che ogni modifica del progetto, benché di rilievo, sarebbe di per sé decisiva per la revoca del contributo solo quando pregiudichi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura, vale a dire l’obiettivo finanziato.
Se la Corte avesse tenuto presente tale quadro normativo, invece totalmente ignorato, avrebbe dovuto necessariamente concludere, sulla base delle perizie disposte dalla Regione Toscana (in particolare sulla base della seconda perizia, nella quale si dava atto che l’impianto non ha più la sua “finalità specifica” , ma, pur con le modifiche apportate, continuava a perseguire l’obiettivo per il quale il finanziamento venne accordato secondo il Docup), che l’impianto risultante dalle modifiche al progetto iniziale era idoneo al raggiungimento dello scopo che la Comunità Europea si era prefisso.
Da qui la non pertinente motivazione della Corte nel passaggio in cui affermava che per arrivare alle conclusioni sostenute da RAGIONE_SOCIALE bisognerebbe sostituirsi al finanziatore nell’individuare le finalità del finanziamento, ossia alterare il parametro definitorio dei requisiti tecnici di base, ponendosi obiettivi diversi e più ampi di quelli originari previsti nel bando, con l’adozione di scelte alternative che potrebbero anche essere più lungimiranti, razionali ed efficaci dal punto di vista industriale, sociale, o quant’altro, ma che
giuridicamente non rispondono alla volontà del finanziatore e quindi disattendono lo scopo impresso al mutuo.
Quanto, infine, al passaggio motivazionale concernente il licenziamento dei dipendenti RAGIONE_SOCIALE sin dal 1999 e la cessione dell’impianto ad RAGIONE_SOCIALE, che dal termine del 2002 sarebbe diventato ‘ evanescente ‘, la Corte non aveva chiarito per quanto tempo il macchinario sarebbe dovuto rimanere in funzione.
Tale questione, ossia la durata minima di funzionamento, era stata affrontata in primo grado e il tribunale aveva ritenuto che fosse di cinque anni, dunque fino al 3 giugno 2003 (a far tempo dall’autorizzazione all’esercizio provvisorio, che era del 3 giugno 1998).
Ma dato che il cespite era rimasto in funzione sino al termine del 2002 e che la perizia integrativa era stata svolta solo nel 2005, non si aveva alcun positivo riscontro della mancata funzionalità per l’intero quinquennio di riferimento.
5 .- Il motivo è infondato, in quanto la decisione della Corte appare conforme a diritto, sebbene la motivazione vada corretta (ai sensi dell’art. 394, ultimo comma, cod. proc. civ.).
Il contributo erogato alla RAGIONE_SOCIALE, rientrante tra i cosiddetti ‘ fondi strutturali ‘, è disciplinato ratione temporis dal Reg. (CEE) 24 giugno 1988, n° 2052/88/CEE, come modificato dal Reg. (CEE) 20 luglio 1993, n° 2081/93/CEE (oggi abrogato a far tempo dal 1° gennaio 2000 dal Reg. (CE) 21 giugno 1999, n. 1260/1999/CE).
Il Reg. n° 2052/88 ha ricevuto attuazione tramite il Reg. (CEE) 19 dicembre 1988, n° 4253/88 (nella versione modificata dal Reg. (CEE) 20 luglio 1993, n° 2082/93) il cui art. 24 detta specifiche disposizioni per i casi di ‘ Riduzione, sospensione o soppressione del contributo’.
Tale norma prevede che ‘ e la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un
esame appropriato del caso (…) ‘ e che ‘ in seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione ‘.
La normativa europea in sostanza prevede un’ampia possibilità di revoca dei contributi assegnati, sol che essi derivino da una irregolarità o da una ‘ modifica importante ‘ della ‘ natura ‘ o delle ‘ condizioni di attuazione dell’azione o della misura ‘, ove tale modifica non sia stata approvata dalla Commissione.
Ora, le Corte fiorentina -benché senza citare le norme sopra indicate, ma con un giudizio comunque riconducibile all’art. 24 sopra citato -ha ritenuto in buona sostanza che le modificazioni delle ‘ condizioni di attuazione ‘ del progetto fossero ‘ importanti ‘ e che la RAGIONE_SOCIALE sin dal 1999 (anno successivo alla percezione del beneficio) aveva licenziato tutti i dipendenti addetti alla gestione del macchinario, il quale inoltre giaceva inutilizzato dalla fine del 2002.
Da tale premessa di merito, non censurabile nella presente sede se non ai sensi dell’art. 360 n° 4, sotto il profilo del difetto di motivazione (che nemmeno la ricorrente lamenta), la Corte ha tratto la condivisibile conseguenza della correttezza della revoca del contributo, implicitamente disattendendo in parte le conclusioni della seconda perizia svolta dalla Regione, secondo la quale l’impianto avrebbe pur sempre conservato una sua funzionalità, se destinato alla fase finale di un processo integrato di smaltimento dei fanghi da concia o come processo autonomo che eviti lo smaltimento in discarica dei residuo ‘ granulato sinterizzato ‘, ‘ assicurandone una gestione più agevole e compatibile ‘.
Giova, da ultimo, osservare che la ricorrente -pur facendo osservare che il contributo per l’altro impianto, quello della
Ecoespanso, è stato mantenuto, anche se con la riduzione del 25% – non enuncia chiaramente di voler censurare anche la lesione del principio di proporzionalità nella revoca del finanziamento, che pure è ‘ parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ‘ (così Corte di giustizia UE 8 giugno 2013 C-545/21, punto 43, con menzione di altri precedenti).
In conclusione, il mezzo va respinto.
6 .- Col secondo motivo la ricorrente lamenta, sempre ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
La condanna per responsabilità aggravata sarebbe stata emessa senza la sussistenza dei requisiti previsti da Cass. Su 13 settembre 2018 n° 22405.
7 .- Questo mezzo è fondato.
La Corte ha condannato la RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. osservando che ‘ l’impugnazione è stata proposta temerariamente, se non con mala fede, senza dubbio con colpa grave, sulla base di argomenti del tutto illogici ed inconsistenti, così contribuendo inutilmente ad ingolfare un apparato giudiziario già ingolfato ‘.
Premesso che l” ingolfamento ‘ dell’ufficio giudiziario non costituisce motivo sul quale fondare tale statuizione (non foss’altro perché le pendenze e le sopravvenienze della Corte non sono evidentemente dipese dalla appellante se non in misura minima), la condanna rimane fondata sulla temerarietà della lite, sulla malafede dell’appellante e sulla sua colpa grave.
Sennonché, come si è sopra visto, la facoltà di revoca del contributo FESR è molto ampia e le allegazioni della appellante, fondate oltretutto sull’esito parzialmente favorevole della seconda perizia della Regione, anche se infondate nel merito, non apparivano temerarie, né caratterizzate da malafede o colpa grave:
elementi, peraltro, nemmeno ravvisati dal tribunale o dalla controparte (come correttamente fa osservare la ricorrente).
In altre parole, non sono ravvisabili nella presente fattispecie quelle condotte tipizzate dalla giurisprudenza di questa Corte, quali, ad esempio, la insistenza colpevole in tesi giuridiche già reputate manifestamente infondate dal primo giudice ovvero in censure della sentenza impugnata la cui inconsistenza giuridica avrebbe potuto essere apprezzata dall’appellante in modo da evitare il gravame (Cass. sez. V, 24 novembre 2022, n° 34693); la condotta di abuso del processo (Cass. sez. VI-3, 18 novembre 2019, n° 29812); la proposizione di una impugnazione dai contenuti estremamente distanti dal diritto vivente e dai precetti del codice di rito, come costantemente e pacificamente interpretati dalle Sezioni Unite (Cass., sez. VI-3, 3 luglio 2019, n° 17814); la commissione di un errore grossolano nella redazione dell’impugnazione (Cass., sez. V, 23 maggio 2019, n° 14035); la riproposizione di motivi manifestamente infondati in quanto basati su ragioni già disattese dal giudice di appello (Cass. sez. 1, 15 novembre 2018, n° 29462). In conclusione, la sentenza va cassata in parte qua senza rinvio.
8 .- Spese del presente giudizio compensate in ragione della reciproca soccombenza.
p.q.m.
la Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo; cassa senza rinvio e, decidendo nel merito, esclude la condanna di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. Ferma nel resto la sentenza della Corte d’appello, anche sulle spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 18 dicembre 2024, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente NOME COGNOME