Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3268 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3268 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3981/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
ASSESSORATO REGIONALE ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso L’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) in persona del legale rappresentante
-intimata- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2085/2022 depositata il 10/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione, ex artt. 615 e 617 c.p.c. avverso la cartella di pagamento notificatale il 9.11.2015 e relativa iscrizione a ruolo per il recupero di un finanziamento concesso ed erogato. A tal fine ha esposto che con DDG n. 418 del 25.11.2004 era stata ammessa al finanziamento previsto per la presentazione di proposte progettuali nell’ambito della seconda fase di attuazione dell’iniziativa comunitaria ‘Equal’ e che il decreto era stato oggetto di impugnativa da parte di terzi, accolta parzialmente dal TAR Palermo, con sentenza dichiarativa dell’illegittimità del finanziamento concesso, confermata in sede di appello dal Consiglio di giustizia amministrativa. RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto di aver regolarmente dato esecuzione alle attività progettuali fino alla data di sospensione, disposta dall’Amministrazione il 29.11.2006, che erano state accertate e rendicontate dal servizio rendicontazione dell’RAGIONE_SOCIALE; ha altresì dedotto l’illegittimità della richiesta di restituzione del contributo versato, per l’ingiustificato arricchimento derivato all’Amministrazione, che aveva anche formalmente riconosciuto l’utilità dell’attività svolta attraverso la redazione delle note di revisione, e che non poteva revocarsi in dubbio la diminuzione patrimoniale subita per l’anticipazione di tutte le spese necessarie per lo svolgimento delle attività progettuali.
Il Tribunale di Siracusa con sentenza del 16.4.2021 ha annullato la cartella opposta, condannando l’RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese di lite. L’RAGIONE_SOCIALE ha interposto appello e la Corte di appello di Catania con la sentenza impugnata ha riformato la decisione di
primo grado, rigettando l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE e condannandola alle spese del doppio grado.
Avverso la predetta sentenza ha proposto opposizione la società RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a tre motivi. Si è costituito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE. Non si è costituita RAGIONE_SOCIALE .
In data 31 maggio 2023 è stata formulata proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art 380 bis c.p.c., notificata alle parti. La società ha chiesto la decisione del ricorso.
La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 21 dicembre 2023.
RILEVATO CHE
-Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 21 bis della legge n. 241/1990, introdotto dall’art. 14 della l. n. 15/2005, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c. La ricorrente invoca il generale principio di buona fede oggettiva o di affidamento, volto a tutelare i terzi che in buona fede hanno dato esecuzione all’atto successivamente travolto (nel caso il provvedimento di finanziamento successivamente annullato dal TAR) e sottolinea che le spese sostenute dalla TQM erano state regolarmente accertate e rendicontate dal Servizio Rendicontazione dell’RAGIONE_SOCIALE.
-Con il secondo motivo del ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c. e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c. osservando che
negli ultimi tempi la giurisprudenza ha mostrato una progressiva tendenza ad attenuare sempre più la rilevanza del requisito del riconoscimento dell’utilità da parte della pubblica amministrazione e che dovrebbe applicarsi la regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati né spostamento patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell’ente pubblico; a tal fine non è stata esaminata la circostanza che l’RAGIONE_SOCIALE, dopo le verifiche positive effettuate, ha acquisito il progetto conseguendone la relativa utilità.
-Con il terzo motivo, del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c..
4. -Nella proposta si rileva:
-che con il primo motivo si propongono cumulativamente due mezzi di impugnazione eterogenei (violazione di legge e vizio motivazionale), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure;
-che il presupposto della tutela dell’affidamento è il carattere incolpevole dell’affidamento nutrito dal privato, che nel caso di specie è stato escluso dalla Corte di appello che ha rilevato come la richiesta di restituzione degli importi già versati fosse necessaria conseguenza della revoca del finanziamento, disposta in esecuzione del giudicato amministrativo, che il finanziamento aveva ritenuto illegittimo, e che detta revoca del finanziamento era stata conseguenza dell’accertamento della inammissibilità della candidatura della società RAGIONE_SOCIALE, che aveva omesso di allegare al dossier di candidatura i documenti necessari;
-che anche il secondo motivo sconta lo stesso profilo di inammissibilità e che la statuizione sulle spese è conseguenziale alla soccombenza.
-La parte ricorrente ha presentato richiesta di decisione 180 bis c.p.c. così formulata ‘ Premesso che al ricorrente è stata notificata in data 31 maggio 2023, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., la sintetica proposta di definizione del giudizio; ritenuto che il ricorrente intende chiedere la decisione del ricorso in epigrafe; per quanto sopra CHIEDE ai sensi dell’art. 380 bis comma 2° c.p.c. la decisione del ricorso indicato in epigrafe .
Passando all’esame dei motivi , deve osservarsi che il primo e il secondo motivo scontano profili di inammissibilità in quanto sovrappongono diverse censure eterogenee che non sono scindibili tra di loro, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Sez.3, 23.6.2017 n.15651; Sez.6, 4.12.2014 n.25722; Sez. 2, 31.1.2013 n.2299; Sez.3, 29.5.2012 n.8551; Sez.1, 23.9.2011 n.19443; Sez.5, 29.2.2008 n.5471).
E’ pur vero che nella giurisprudenza di questa Corte si è anche ritenuto che l’inammissibilità in linea di principio della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 cod.proc.civ., comma 1, n. 3 e 5, può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati ( Cass., 9.8.2017 n. 19893; Cass. Sez.un.
6.5.2015, n.9100; Sez. Un, n.17931 del 24.7.2013; Cass. Sez. 2, 23.10.2018, n. 26790). Tuttavia nella fattispecie, tale operazione di scissione non può però essere compiuta poiché le censure presentano una inestricabile connessione e sovrapposizione.
Altro profilo di inammissibilità riguarda l’aver invocato il principio del legittimo affidamento, affidamento che deve essere necessariamente incolpevole, quando la Corte di merito, con giudizio di fatto in questa sede incensurabile, e peraltro non specificamente censurato dal ricorrente, ha osservato che la richiesta di restituzione degli importi già versati era necessaria conseguenza della revoca del finanziamento, disposta in esecuzione del giudicato amministrativo, che il finanziamento aveva ritenuto illegittimo, e ha dato decisivo rilievo al fatto, ritenuto pacifico, che la revoca del finanziamento era stata conseguenza di un comportamento negligente della stessa società RAGIONE_SOCIALE, che aveva omesso di allegare al dossier di candidatura i documenti previsti.
Quanto al secondo motivo, incorre anch’esso nel vizio denunciato di commistione inestricabile di mezzi eterogenei e comunque difetta di pertinenza in relazione alla ratio decidendi , posto che la Corte d’appello ha osservato che la RAGIONE_SOCIALE si era limitata a ribadire di avere svolto parte dell’attività progettuale ammessa al finanziamento, e di avere sostenuto spese per tale attività, senza precisare in cosa consisteva detta attività, se il progetto fosse stato acquisito dall’Amministrazione al fine di conseguirne essa stessa una utilità, se l’attività svolta avesse determinato un arricchimento per l’ente, e in cosa potesse consistere tale arricchimento, rilevando, anzi, che la sospensione dell’attività progettuale ha comunque impedito che il progetto
venisse portato a termine. Si tratta di giudizi di fatto, resi su tutti i punti evidenziati dalla ricorrente, di cui in questa sede non è ammessa la revisione. Si deve qui ribadire che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. un n. 34476 del 27/12/2019)
La decisione impugnata resiste quindi alle censure mosse dalla ricorrente, e così la decisione sulle spese, conseguente alla soccombenza.
Si rileva, inoltre, che la decisione da parte del Collegio è conforme alla proposta di definizione accelerata formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. e che tale conformità è integrale in quanto riguarda non solo l’esito del ricorso, inteso come dispositivo o formula terminativa della deliberazione, ma anche le ragioni che tale esito sostengono.
La ricorrente è dunque soccombente anche nel giudizio di legittimità e ricorrano i presupposti non solo per liquidare le spese del giudizio secondo il principio della soccombenza, ma anche per applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., regola questa, a cui, in questo caso non vi è ragione alcuna di derogare. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte (ordinanze n.28619, 27195 e 27433 del 2023) la novità normativa contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di
una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00 (art. 96 quarto comma); risulta così «codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, tant’è che la opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione – in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del d.lgs. n. 149/2022 – ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1°.1.2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordinamentale, l’istituto integra il corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo).»
La parte ricorrente deve quindi essere condannata al pagamento, a favore della controparte, ex art.96, comma 3, di una somma equitativamente determinata in misura pari all’importo delle spese processuali nonché al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad euro 2,500,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate nella somma di euro 700,000 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di
legge, nonché al pagamento della somma di euro 7.000,00 ex art.96, comma 3, c.p.c.
Condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad euro 2.500,00 ex art.96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma camera di consiglio del 21 dicembre 2023
Il Presidente NOME COGNOME