Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3811 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2   Num. 3811  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 36704/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
COGNOME  NOME,  domiciliato  ex  lege  in  ROMA,  INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
 avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  VENEZIA  n.  3747/2019 depositata il 23/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta innanzi al Tribunale di Treviso da NOME COGNOME, quale amministratore di sostegno di NOME di NOME COGNOME, con la quale chiese, in via principale, dichiararsi la risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contenute nel contratto del 7.10.2002; con tale atto, COGNOME NOME aveva trasferito un’immobile di sua proprietà alla sorella NOME COGNOME, che si era obbligata ad assisterlo senza alcun corrispettivo; in via subordinata, qualora l’atto fosse stato qualificato come donazione modale, chiese la revoca della donazione per ingratitudine.
L’attore  lamentò  che  NOME  COGNOME  non  gli  aveva  concesso l’alloggio,  né somministrato gli alimenti; inoltre, in data 7.10.2002, aveva fatto accendere al fratello un finanziamento presso Banco Posta dell’importo di € 20.000.,00, che aveva  utilizzato per far fronte alle proprie necessità.
Il Tribunale di Treviso rigettò le domande.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 31.7.2017, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accolse la domanda subordinata di revoca della donazione per ingratitudine.
La  Corte  d’appello  ritenne    che  NOME  COGNOME  non  solo  non avesse adempiuto agli oneri previsti nell’atto di donazione  ma aveva esposto  il  fratello  al  rischio  di  una  situazione  debitoria,  facendogli accendere    un  finanziamento    per  soddisfare  un    proprio  interesse personale; per la Corte distrettuale, tale comportamento era sufficiente ad integrare un atteggiamento irrispettoso della dignità del donante.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 9.12.2020 la Sesta Sezione Civile ha ritenuto  che  non  sussistesse  l’evidenza  decisoria  ed  ha  rimesso  la causa alla pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.801 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto sussistenti i requisiti di per la revoca della donazione per ingratitudine sulla scorta di una mera valutazione oggettiva dei comportamenti tenuti da COGNOME NOME, ovvero per il mancato adempimento degli oneri previsti dall’atto di donazione e per aver fatto accendere al fratello un finanziamento, laddove l’ingiuria grave verso il donante consisterebbe nel comportamento del donatario con il quale si rechi pregiudizio all’onore ed al decoro del donante. La ricorrente richiama diverse pronunce di legittimità per sostenere che, ai fini della revoca, deve essere colpire la sfera morale e spirituale del donante con un comportamento del donatario che dimostri un sentimento di avversione tale da ripugnare alla coscienza comune. Il comportamento della ricorrente non sarebbe lesivo della dignità del donante tanto più che il suo inadempimento agli obblighi previsti nell’atto di donazione sarebbe stato dovuto dall’inasprimento dei rapporti familiari, che le avrebbero impedito di prestare assistenza morale e materiale al fratello; quanto all’accensione del mutuo, sottolineava che non aveva arrecato alcun pregiudizio al donante poiché aveva adempiuto al pagamento delle rate.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce  l’omesso esame circa un fatto  decisivo  del  giudizio  con  riferimento  alle  circostanze    familiari che  non  avrebbero  consentito  alla  ricorrente  di  prendersi  cura  del fratello
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
L’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante (Cassazione civile, sez. 2, 24/06/2008, n. 17188; Cassazione civile, sez. 2, 31/10/2016, n. 22013) L’ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante.
Il  comportamento  del  donante  va  valutato  non  solo  sotto  il  profilo oggettivo,  ma  anche  nella  sua  potenzialità  offensiva  del  patrimonio morale  del  donante,  perchè  espressamente  rivolta  a  ledere  la  sua sfera  morale,  tale  da  essere  contraria  a  quel  senso  di  riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario.
Si  tratta,  evidentemente  di  una  formula  aperta  ai  mutamenti  dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale.
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto integrati i requisiti della revoca per ingratitudine dal mero inadempimento della donataria dell’obbligo di somministrazione degli alimenti al donante, dalla  violazione  dell’obbligo  di  prestargli    assistenza  nell’abitazione trasferita con l’atto di donazione e nell’accensione di un mutuo per far fronte alle proprie esigenze e non a quelle del fratello.
Si  tratta  di  comportamenti che, da soli,  non esprimono profonda e radicata  avversione  verso  il  donante,  né  un  sentimento  di  disistima delle  sue  qualità  morali,  presupposti  necessari  per  la  revoca  della
donazione  per ingratitudine.
Anche  l’accensione  del  mutuo  doveva  essere  supportata  da  un sentimento  di  avversione  verso  il  donante  e    caratterizzata  da  un danno effettivo del suo patrimonio.
La Corte d’Appello, per ritenere integrati i requisiti di cui all’art. 801 c.c.,  avrebbe  dovuto  indagare e  valutare  se  detti  comportamenti fossero asseritamente ingiuriosi, alla luce dell’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio  di  legittimità,  innanzi  alla    Corte  d’Appello  di  Venezia  in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie  il  primo  motivo  di  ricorso,  dichiara  assorbito  il  secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche  per  le  spese  del  giudizio  di  legittimità,    innanzi  alla  Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione in data 14 dicembre 2023.
Il Consigliere estensore                            Il   Presidente
NOME COGNOME                                  NOME COGNOME