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Revoca donazione per ingratitudine: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3811/2024, ha chiarito i presupposti per la revoca donazione per ingratitudine. Il caso riguardava una sorella che, dopo aver ricevuto un immobile in donazione dal fratello, non solo non gli ha prestato l’assistenza pattuita, ma lo ha anche indotto a contrarre un finanziamento per proprie necessità. La Corte d’Appello aveva revocato la donazione, ma la Cassazione ha annullato tale decisione. Secondo i giudici supremi, il semplice inadempimento degli oneri o l’aver causato un pregiudizio patrimoniale non integrano di per sé l’ ‘ingiuria grave’ richiesta dalla legge. È necessario dimostrare un comportamento che esprima un sentimento durevole di disistima e avversione verso il donante, tale da ledere la sua sfera morale e ripugnare alla coscienza comune.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Revoca Donazione per Ingratitudine: Non Basta l’Inadempimento

La revoca donazione per ingratitudine è un istituto giuridico che consente di annullare un atto di generosità quando il beneficiario si dimostra gravemente irriconoscente. Ma quali comportamenti integrano la cosiddetta ‘ingiuria grave’ richiesta dalla legge? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 3811 del 12 febbraio 2024, è tornata su questo delicato tema, stabilendo che il semplice inadempimento degli oneri previsti nell’atto di donazione o un danno patrimoniale non sono, da soli, sufficienti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria nasce dalla donazione di un immobile che un fratello aveva effettuato in favore della sorella. L’atto prevedeva che la sorella si impegnasse ad assisterlo. Tuttavia, secondo quanto lamentato dal donante (rappresentato da un amministratore di sostegno), la sorella non solo non gli aveva mai concesso l’alloggio né fornito gli alimenti, ma lo aveva anche convinto a contrarre un finanziamento di 20.000 euro, utilizzato poi per le proprie esigenze personali e non per quelle del fratello.

Il Percorso Giudiziario

Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva rigettato le domande del donante. La Corte d’Appello, invece, aveva ribaltato la decisione, accogliendo la richiesta di revoca della donazione per ingratitudine. Secondo i giudici di secondo grado, il comportamento della sorella, consistito nel non adempiere agli oneri assistenziali e nell’aver esposto il fratello a una situazione debitoria per un proprio interesse, costituiva un atteggiamento irrispettoso della dignità del donante, sufficiente a giustificare la revoca.
Contro questa sentenza, la sorella ha proposto ricorso in Cassazione.

I Requisiti della Revoca Donazione per Ingratitudine

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della sorella, cassando la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: l’ingiuria grave, richiesta dall’art. 801 del Codice Civile come presupposto per la revoca donazione per ingratitudine, non coincide con un qualsiasi comportamento illecito o con il semplice inadempimento di un’obbligazione.

Cos’è l’Ingiuria Grave?

La Cassazione chiarisce che l’ingiuria grave deve essere un comportamento che manifesta un sentimento durevole di disistima delle qualità morali e di mancanza di rispetto per la dignità del donante. Deve trattarsi di un’espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso chi ha donato.
Il comportamento del donatario va valutato non solo oggettivamente, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante. Deve essere un’azione specificamente rivolta a ledere la sua sfera morale, contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe caratterizzare l’atteggiamento del beneficiario.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel fondare la revoca sul mero inadempimento dell’obbligo di somministrare gli alimenti e sull’accensione del mutuo. Questi fatti, sebbene possano essere riprovevoli, da soli non dimostrano necessariamente quella profonda e radicata avversione richiesta dalla legge.
Secondo la Cassazione, i giudici d’appello avrebbero dovuto indagare più a fondo, per accertare se tali comportamenti fossero la manifestazione esteriore di un sentimento di disprezzo e di ostilità verso il fratello-donante. Anche l’aver fatto contrarre un mutuo, per essere qualificato come ingiuria grave, avrebbe dovuto essere supportato da un sentimento di avversione e caratterizzato da un danno effettivo al suo patrimonio, elementi che la Corte d’Appello non aveva adeguatamente approfondito alla luce dei consolidati orientamenti di legittimità.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza che la revoca di una donazione per ingratitudine è un rimedio eccezionale, che non può essere attivato per qualsiasi dissapore o inadempimento. È necessario che il comportamento del donatario superi una soglia di gravità tale da offendere profondamente la sfera morale del donante e da essere percepito come ripugnante dalla coscienza sociale. Per i donanti, ciò significa che la prova dell’ingratitudine richiede di dimostrare non solo l’atto lesivo, ma anche l’intento malevolo e l’avversione che lo anima. Per i donatari, è un monito a mantenere un comportamento improntato alla riconoscenza e al rispetto, valori che la legge tutela anche a posteriori.

Il mancato rispetto degli obblighi previsti in una donazione è sufficiente per la sua revoca per ingratitudine?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il mero inadempimento degli oneri previsti nell’atto di donazione (come l’obbligo di assistenza o di alimenti), da solo, non integra l’ingiuria grave necessaria per la revoca, se non è supportato da un comportamento che dimostri profonda avversione e disistima verso il donante.

Cosa si intende per ‘ingiuria grave’ ai fini della revoca di una donazione?
Per ‘ingiuria grave’ si intende un comportamento del donatario che manifesta esteriormente un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e una mancanza di rispetto per la sua dignità. Deve essere espressione di una radicata e profonda avversione o di perversa animosità, tale da offendere la sfera morale del donante in modo contrario al comune senso di riconoscenza.

Far contrarre un debito al donante per un interesse personale del donatario costituisce ingratitudine?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che anche un’azione come l’accensione di un mutuo a nome del donante per esigenze del donatario, per costituire ‘ingiuria grave’, deve essere supportata da un sentimento di avversione verso il donante e caratterizzata da un danno effettivo al suo patrimonio. Da solo, non è un presupposto sufficiente per la revoca della donazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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