Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3942 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17206/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 890/2022 depositata il 14/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME citò in giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza la moglie NOME COGNOME chiedendo la revoca della donazione indiretta di un immobile adibito a casa familiare cointestato ad entrambi ed acquistato con denaro proprio.
A sostegno della domanda dedusse che la moglie aveva intrattenuto una relazione extraconiugale di dominio pubblico, che era stata la causa della separazione giudiziale.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 14.4.2022, in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la domanda.
La Corte di merito, sulla base delle risultanze istruttorie, ritenne che la condotta della convenuta non si fosse accompagnata a manifestazioni di disistima, avversione ed animosità nei confronti del coniuge, presupposti essenziali per la revoca della donazione.
Per la cassazione della sentenza d’appello RAGIONE_SOCIALE NOME ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo.
COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, la controricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. perché dalle risultanze istruttorie sarebbe emerso che l’infedeltà della ricorrente
era avvenuta in costanza di matrimonio ed aveva gettato discredito sul coniuge, con grave lesione all’onore ed alla reputazione. La sentenza avrebbe accolto la tesi della COGNOME riguardo al temperamento violento del marito mentre non avrebbe tenuto conto che la sua relazione adulterina era iniziata prima della separazione e che era di dominio pubblico nell’ambiente di lavoro del marito, come sarebbe emerso dalle risultanze istruttorie, di cui la Corte d’appello non avrebbe fatto buon governo.
Il motivo è inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte è granitica nell’affermare che la doglianza relativa alla violazione dell’art. 115 c.p.c. è ravvisabile solo ove il giudice abbia deciso in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli mentre è inammissibile la diversa doglianza con cui si censura la valutazione delle prove proposte dalle parti, essendo tale attività valutativa consentita dall’art.116 c.p.c.
Quanto alla dedotta violazione dell’art.116 c.p.c., essa è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai
sensi del novellato art.360, comma 1, n.5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cassazione civile sez. un., 30/09/2020, n.20867).
Nel caso di specie, la Corte d’appello non è incorsa nelle violazioni di cui all’art.115 c.p.c. e 116 c.p.c., essendosi limitata a ricostruire il quadro probatorio secondo il proprio apprezzamento, incensurabile in sede di legittimità.
Sulla base della valutazione delle prove testimoniali, la Corte d’appello ha escluso che sussistessero i presupposti dell’ingiuria grave richiesta dall’art.801 c.c per la revoca della donazione indiretta (Cassazione civile, sez. 2, 24/06/2008, n. 17188; Cassazione civile, sez. 2, 31/10/2016, n. 22013). Nel ricostruire le risultanze istruttorie, la Corte di merito ha escluso che condotta della convenuta fosse stata accompagnata da manifestazioni di disistima, avversione ed animosità nei confronti del donante, ritenendo che le vicende relative alla separazione costituissero manifestazione di accesa conflittualità tra i coniugi; conseguentemente, sulla base della valutazione delle risultanze istruttorie, insindacabile in sede di legittimità, non è stato ravvisato un pregiudizio all’onore ed alla reputazione del ricorrente.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, essendo volto a sollecitare un diverso l’apprezzamento delle risultanze istruttorie che spetta al giudice di merito.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione