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Revoca donazione per infedeltà: la Cassazione decide

Un marito ha richiesto la revoca della donazione indiretta di un immobile alla moglie a causa della sua infedeltà. La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice infedeltà coniugale non è sufficiente per giustificare la revoca donazione per infedeltà. È necessario che tale comportamento si traduca in una ‘ingiuria grave’, ovvero in una manifestazione di disistima e avversione verso il donante, circostanza non provata nel caso di specie. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Revoca Donazione per Infedeltà: Quando il Tradimento Non Basta

La fine di un matrimonio è spesso accompagnata da complesse questioni legali e patrimoniali. Una di queste riguarda la sorte dei beni donati durante la vita coniugale. Ma cosa succede se la separazione è causata da un tradimento? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 3942/2024, offre chiarimenti cruciali sulla revoca donazione per infedeltà, stabilendo che il semplice tradimento non è di per sé sufficiente a giustificare un’azione così drastica. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti del Caso: una Donazione Indiretta e la Crisi Coniugale

Un uomo citava in giudizio la moglie chiedendo la revoca della donazione indiretta di un immobile adibito a casa familiare. L’uomo aveva acquistato la casa con denaro proprio, ma l’aveva cointestata a entrambi. A sostegno della sua richiesta, adduceva una relazione extraconiugale di dominio pubblico intrattenuta dalla moglie, che a suo dire era stata la causa scatenante della separazione giudiziale. Secondo il marito, questo comportamento configurava un'”ingiuria grave”, presupposto necessario per la revoca della donazione ai sensi dell’art. 801 del codice civile.

La Decisione delle Corti di Merito e la questione della revoca donazione per infedeltà

Mentre il Tribunale di primo grado aveva inizialmente dato ragione al marito, la Corte d’Appello di Venezia ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado, sulla base delle prove testimoniali, ritenevano che la condotta della moglie, sebbene fedifraga, non si fosse tradotta in quelle “manifestazioni di disistima, avversione ed animosità” nei confronti del coniuge che costituiscono l’essenza dell’ingiuria grave. La Corte inquadrava l’intera vicenda all’interno della forte conflittualità tipica di una crisi coniugale, escludendo che vi fosse stato un pregiudizio concreto all’onore e alla reputazione del donante.

Il Giudizio della Cassazione

Insoddisfatto, il marito proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione delle norme sulla valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.). Egli sosteneva che la Corte d’Appello avesse mal interpretato le risultanze istruttorie, le quali avrebbero dimostrato la gravità della condotta della moglie, iniziata in costanza di matrimonio e nota nell’ambiente lavorativo comune.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo importanti precisazioni sui limiti del proprio giudizio e sulla nozione di ingiuria grave.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

In primo luogo, gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non può rivalutare i fatti o le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge. Un ricorso che, come in questo caso, critica il “cattivo governo” delle prove da parte del giudice di merito, chiedendo di fatto un diverso apprezzamento delle risultanze, è destinato all’inammissibilità. La valutazione delle prove testimoniali rientra nel “prudente apprezzamento” del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

L’Ingiuria Grave come Presupposto Fondamentale per la Revoca della Donazione

Nel cuore della decisione, la Corte ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello. Per integrare l'”ingiuria grave” richiesta dall’art. 801 c.c., non è sufficiente un comportamento oggettivamente offensivo come l’infedeltà. È necessario che tale comportamento sia la manifestazione esteriore di un sentimento di avversione, disprezzo e animosità verso il donante. Deve emergere un’intenzione specifica di ledere il suo patrimonio morale. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la relazione extraconiugale si inserisse in un contesto di accesa conflittualità reciproca, tipica della fine di un rapporto, senza però trasmodare in un attacco mirato all’onore e alla reputazione del marito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la revoca donazione per infedeltà non è un automatismo. La giustizia non punisce il tradimento annullando gli atti di liberalità compiuti durante il matrimonio. Affinché una donazione possa essere revocata, l’infedeltà deve essere accompagnata da condotte ulteriori che dimostrino un’inconfutabile volontà di offendere e umiliare il donante. La decisione sottolinea la distinzione tra la crisi dei rapporti personali e i presupposti, molto più rigorosi e specifici, richiesti dalla legge per invalidare un atto di donazione.

L’infedeltà coniugale è sempre una causa sufficiente per la revoca di una donazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’infedeltà da sola non basta. È necessario che tale comportamento costituisca una “ingiuria grave”, ovvero si traduca in manifestazioni concrete di disistima, avversione e animosità nei confronti del coniuge donante.

Cosa si intende per “ingiuria grave” ai fini della revoca di una donazione?
Per “ingiuria grave” si intende un comportamento che offende in modo serio l’onore e la reputazione del donante e che manifesta un sentimento di disprezzo nei suoi confronti. Non si tratta di un qualsiasi comportamento sgradito, ma di un’offesa che lede il patrimonio morale della persona.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove (come le testimonianze) o ricostruire i fatti. Il suo compito è solo quello di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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