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Revoca del licenziamento: quando è valida la prosecuzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prosecuzione ininterrotta del rapporto di lavoro dopo un licenziamento equivale a un’accettazione della sua revoca, anche se tardiva. In questo caso, se il lavoratore non subisce alcun pregiudizio effettivo e il datore di lavoro agisce in buona fede per salvare i posti, non è dovuta alcuna indennità. La volontà concorde delle parti di continuare il rapporto prevale sul formalismo dei termini per la revoca del licenziamento.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Revoca del licenziamento: Conta la Sostanza, non solo la Forma

La revoca del licenziamento è un tema delicato nel diritto del lavoro, che bilancia le esigenze aziendali con la tutela del posto di lavoro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: cosa accade se la revoca avviene oltre i termini di legge ma il lavoratore, di fatto, continua a svolgere la sua attività senza interruzioni? La Corte ha privilegiato un approccio sostanziale, valorizzando la volontà delle parti rispetto ai rigidi formalismi.

I Fatti del Caso: La Comunicazione di Licenziamento e la Successiva Prosecuzione

Un gruppo di lavoratori, dipendenti di un’azienda operante in appalto per la manutenzione di stazioni ferroviarie, riceveva una comunicazione di licenziamento per cessazione dell’appalto, con effetto a partire dal 15 dicembre 2021. Tuttavia, poco prima di tale data, l’azienda comunicava ai sindacati la sospensione dei licenziamenti in vista di una proroga dell’appalto. Successivamente, informava i singoli dipendenti della prosecuzione del rapporto di lavoro senza alcuna interruzione. I lavoratori, ritenendo che il termine per la revoca formale fosse scaduto, si rivolgevano al giudice per chiedere il pagamento di un’indennità, sostenendo che il licenziamento si fosse ormai perfezionato e la prosecuzione del rapporto costituisse una nuova assunzione.

La Decisione della Corte d’Appello

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la domanda dei lavoratori. I giudici di secondo grado sottolineavano che il comportamento delle parti dimostrava una volontà concorde di annullare gli effetti del recesso. Proseguendo l’attività lavorativa dopo la data di efficacia del licenziamento, i dipendenti avevano di fatto accettato la revoca. Inoltre, la Corte evidenziava la buona fede dell’azienda, il cui comportamento era finalizzato a tutelare i posti di lavoro, e l’assenza di un concreto pregiudizio risarcibile per i lavoratori, dato che il rapporto era continuato senza soluzione di continuità.

I Motivi del Ricorso e la questione della revoca del licenziamento

I lavoratori proponevano ricorso in Cassazione, lamentando principalmente che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare revocati i licenziamenti. Secondo la loro tesi, la revoca era avvenuta oltre i limiti temporali previsti dalla legge e, pertanto, il licenziamento doveva considerarsi valido ed efficace. Di conseguenza, a loro avviso, la legge stessa prevedeva una tutela indennitaria per un licenziamento ormai perfezionato, a prescindere da una successiva revoca tardiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito che, al di là del nomen iuris (cioè del nome formale dato agli atti), il giudice ha il potere di interpretare i fatti e il comportamento delle parti. In questo caso, la prosecuzione dell’attività lavorativa, senza interruzioni, dopo la data prevista per il licenziamento, costituiva una chiara manifestazione di volontà di entrambe le parti di mantenere in vita il rapporto di lavoro.

Secondo la Corte, questa situazione ha dato vita a una revoca del licenziamento di fatto, accettata per comportamento concludente dai lavoratori. Di conseguenza, il fatto generatore del danno (il licenziamento) è venuto meno per concorde volontà delle parti. Il recesso, in sostanza, non ha mai prodotto alcun effetto sulla continuità del rapporto e sulla sua funzionalità.

La Corte ha inoltre ribadito che non si poteva muovere alcuna censura all’azienda, che aveva agito in modo corretto e in buona fede per salvaguardare l’occupazione, in attesa di una proroga del contratto di appalto che poi è stata ottenuta. Non avendo i lavoratori subito alcun pregiudizio concreto, la richiesta di indennizzo è stata ritenuta infondata.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio di ragionevolezza e buona fede nei rapporti di lavoro. La Cassazione insegna che, quando le azioni concrete delle parti dimostrano una chiara volontà di proseguire il rapporto di lavoro, questa volontà prevale sul rigido rispetto dei termini formali per la revoca. Se il lavoratore accetta, anche solo continuando a lavorare, una revoca tardiva e non subisce alcun danno economico o professionale, non può pretendere un’indennità. La sostanza del rapporto e la tutela effettiva del posto di lavoro hanno la precedenza sulla forma.

Una revoca del licenziamento comunicata oltre i termini di legge è valida?
Sì, secondo la Corte può essere considerata valida se il lavoratore vi aderisce, ad esempio proseguendo l’attività lavorativa senza interruzioni. La volontà concorde delle parti di mantenere in vita il rapporto prevale sul termine formale.

Se un lavoratore continua a lavorare dopo la data di efficacia di un licenziamento, cosa succede?
Questo comportamento viene interpretato come un’accettazione di fatto della revoca del licenziamento. Di conseguenza, il rapporto di lavoro prosegue come se il recesso non avesse mai prodotto effetti, annullando il presupposto per una richiesta di risarcimento.

Il datore di lavoro deve sempre un’indennità se revoca tardivamente un licenziamento?
No. Se la revoca tardiva viene accettata dal lavoratore (anche tramite comportamento concludente) e non vi è alcun pregiudizio concreto per quest’ultimo (il rapporto prosegue senza interruzioni), non è dovuta alcuna indennità, specialmente se il datore ha agito in buona fede per tutelare il posto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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