Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15055/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di TORINO n. 14224/2018 depositato il 05/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Torino, con decreto depositato il 6 aprile 2019, ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proposta dal Comune RAGIONE_SOCIALE Cortina d’Ampezzo che aveva chiesto l’ammissione in via chirografaria del credito di € 404.353,27 a titolo di risarcimento dei danni patiti a seguito della risoluzione (per grave ritardo nell’esecuzione dei lavori) del contratto d’appalto pubblico dd. 12.6.2014, avente ad oggetto i lavori di ristrutturazione di una palestra di roccia in località Sopiazes per l’importo complessivo di € 1.526.098,14 oltre IVA.
Il giudice di primo grado ha evidenziato che la risoluzione contrattuale era stata intimata successivamente alla dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, allorquando il contratto d’appalto risultava già sciolto ex art. 81 L.F.., con conseguente assenza di responsabilità in capo al fallimento per i pretesi danni derivanti dall’intimata risoluzione contrattuale.
Né la circostanza che la sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Torino fosse stata revocata dalla Corte d’Appello, con sentenza n. 1744 del 7.10.2016, poteva rilevare ai fini della decisione della lite, dovendo escludersi un’automatica reviviscenza del contratto di appalto concluso tra le parti. In ogni caso, non risultava che, successivamente all’intimata risoluzione , fosse stata attivata la procedura di risoluzione ex art. 136 d.lgs n. 163/2006.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Cortina d’Ampezzo. Il fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza per omessa motivazione a norma dell’art. 360 comma 1° n. 4 c.p.c.., con riferimento all’art. 81 comma 2° L.F., per avere il Tribunale di Torino reso una motivazione apparente.
Con il secondo motivo (lett a) è stata dedotta la violazione dell’art. 81 comma 2° L.F..
Lamenta il ricorrente che il contratto di appalto della cui risoluzione si tratta, in quanto avente natura pubblica, è come tale escluso dalla disciplina di cui all’art. 81 comma 2° L.F.. Inoltre, il giudice di primo grado aveva omesso di rilevare che il procedimento di risoluzione contrattuale, definito con deliberazione del Commissario Straordinario del 27.9.2016, era stato avviato con nota del Direttore dei Lavori del 19.11.2015, e quindi ben prima che venisse dichiarato il fallimento (30.8.2016).
Nel secondo motivo, alla lett. b), è stata, altresì, dedotta la violazione e falsa applicazione delle norme relative agli effetti della revoca del fallimento.
Espone la ricorrente che il giudice di primo grado ha omesso di rilevare che, in caso di revoca del fallimento, vengono fatti salvi unicamente ‘gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura’. Ne consegue che, anche in denegata ipotesi di applicabilità dell’art. 81 L.F., l’effetto dello scioglimento automatico del contratto sarebbe comunque venuto meno per effetto della revoca del fallimento.
Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento al procedimento di risoluzione di cui all’art. 136 d.lgs. n. 163/2006.
Il decreto impugnato va cassato senza rinvio, per essere il procedimento di opposizione allo stato passivo divenuto improcedibile, a norma dell’art. 382 ult. comma c.p.c., per effetto del passaggio in giudicato della sentenza n. 1744 del 7.10.2016 della Corte d’Appello di Torino, che ha disposto la revoca del fallimento RAGIONE_SOCIALE (vedi attestazione di cancelleria della Corte d’Appello di Torino in ordine al fatto che avverso la predetta sentenza non è stata proposta impugnazione).
Sul punto, va osservato che questa Corte, con ordinanza n. 29670/2022, ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, nel regime successivo alla riforma operata dal d.lgs. n. 5 del 2006, la revoca del fallimento con provvedimento passato in giudicato rende improcedibile l’opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall., che è procedimento strettamente connesso alla procedura fallimentare, in quanto teso ad accertare il credito con efficacia meramente endoconcorsuale, e tale conseguenza – che può essere rilevata anche d’ufficio – opera anche nel giudizio di legittimità, a differenza della chiusura del fallimento, che costituisce una mera causa di interruzione del processo non rilevante in sede di legittimità.
Sussistono validi motivi per compensare integralmente le spese di lite dell’intero giudizio, in considerazione dell’evoluzione della procedura fallimentare.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato, per essere l’opposizione allo stato passivo divenuta improcedibile per effetto della revoca del fallimento.
Roma, così deciso il 5.6.2024