Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19194 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 19194 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14484/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( -) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, -ricorrente- contro
Ministero della Giustizia, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende,
nonché contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE soc RAGIONE_SOCIALE e Tribunale di Lecce Sezione Commerciale,
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 320/2016 depositata il 04/04/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi il sostituto procuratore generale dr. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e il difensore del ricorrente NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Lecce, in persona del giudice monocratico, con sentenza del 18/1/2012, dichiarò inammissibile la domanda proposta da NOME COGNOME curatore revocato del Fallimento RAGIONE_SOCIALE Lizzanello, di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni morali ed esistenziali, previa disapplicazione del provvedimento di revoca ritenuto illegittimo ed ingiusto.
2.La Corte d’Appello di Lecce ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME rilevando che il provvedimento di revoca del curatore assunto dal Tribunale fallimentare non era ingiustificato ma poggiava sulla contestazione di specifici comportamenti antidoverosi tenuti dall’organo fallimentare costituiti: i) dalla tardiva trascrizione del fallimento; ii) dalla mancata vendita del bene immobile; iii) dalle spese superflue sostenute per l’ausiliario.
2 NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a sette motivi; il solo Ministero per la Giustizia ha svolto difese.
3 La causa, originariamente trattata in adunanza camerale in sezione sesta a seguito di proposta del relatore, è stata, all’esito della camera di consiglio, rimessa alla pubblica udienza ai sensi dell’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. applicabile ratione temporis.
3.1 Prima della fissazione della pubblica udienza, è stata formulata proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., così come modificato dall’art.3 comma 28 lett g) del d.lvo 10/10/2022 n. 149. Il ricorrente ha chiesto la decisione collegiale.
3.2 Con ordinanza interlocutoria dell’11/7/2024 la causa è stata rimessa in pubblica udienza per l’esame della questione, rilevante quanto meno ai fini dell’applicazione del terzo e del quarto comma 96 c.p.c., della compatibilità del rito della decisione accelerata dei ricorsi, inammissibili o improcedibili o manifestamente infondati, introdotto con la disposizione sopra citata del d.lvo 149/2022, con la già disposta rimessione del processo alla pubblica udienza all’esito della trattazione nella camera di consiglio, secondo quanto previsto dalla previgente disciplina processuale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Va esaminata la questione, per la quale la causa è stata rimessa in pubblica udienza, della applicabilità della disciplina contenuta nell’art. 380 -bis c.p.c. (Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati) introdotta dal d.lvo. n. 149 del 2022 anche alle cause originariamente avviate per la trattazione con le forme del «procedimento per la decisione in camera di consiglio sulla inammissibilità o sulla manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso» di cui all’art. 380 bis c.p.c. nella sua primigenia
formulazione e rimesse alla pubblica udienza all’esito dell’adunanza camerale come previsto dalla previgente disciplina processuale.
1.1 Dirimente per la risoluzione della questione è la disposizione transitoria dell’art. 35, comma 6 d.lvo 149/2022 a tenore della quale « gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis c.p.c., come modificati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio » (v. art. 35, comma 6, d.lvo. n. 149 del 2022).
1.2 Nel caso di specie a seguito dell’ordinanza interlocutoria n.1545/2017, resa all’adunanza camerale del 19/5/2017, di rimessione alla pubblica udienza e del conseguente passaggio del procedimento dalla sezione sesta alla sezione prima non vi è stato alcun provvedimento di fissazione di pubblica udienza; sicché in data 18/3/2023 è stata depositata la proposta di definizione accelerata in conformità del rito introdotto dalla riforma.
1.3 Il dispiegarsi del procedimento in sesta sezione, secondo le forme previste dall’art. 380 bis c.p.c. nella versione precedente alla modifica apportata dalla d.lvo 149/2022, non osta quindi al rito della decisione accelerata dei ricorsi .
1.4 Difatti quel regime è cessato e ciò che rileva quale causa impeditiva della modalità di decisione anticipata, con tutto quello che ne consegue in termini di applicabilità dei commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c., è solo il regime nuovo: e dunque se al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. 149/2022 sia stata fissata o meno l’udienza (o l’adunanza) in sezione.
1.5 Nella fattispecie in esame non essendo stata fissata alla data dell’1.1.2023 alcuna udienza in sezione ben poteva ricorrersi al rito accelerato, proprio in ragione del testo di legge sopra riportato nella previsione di diritto intertemporale unicamente rilevante.
2 Venendo al merito, i mezzi di impugnazione possono così sintetizzarsi:
primo motivo. « error in procedendo : violazione del giusto processo; violazione dell’art. 112 chiesto -pronunciato , nullità della sentenza in relazione al p. 4 art. 360 c.p.c : omessa motivazione, violazione art 360 n. 5 c.p.c : errata valutazione di un fatto decisivo; violazione ed errata applicazione del r.d 267/42; violazione dei principi della Cassazione, contraddittorietà della statuizione ; carenza assoluta di motivazione su un punto decisivo della vicenda »: si sostiene che la Corte avrebbe da un lato condiviso le argomentazione del ricorrente sulla sindacabilità del provvedimento di revoca e sulla ammissibilità della domanda ma dall’altro avrebbe rigettato nel merito la stessa domanda privando l’attore di un grado di giudizio;
secondo motivo: «error in procedendo; omessa motivazione su un punto della vicenda; violazione art 116 c.p.c., violazione ed errata applicazione dell’art 88 l.fall.; violazione art. 360 n. 5 c.p.c.; violazione principio di proporzionalità tra addebito e sanzione, error in iudicando; violazione del principio di responsabilità -assenza di danno violazione dell’onere probatorio e omessa prova sui punti decisivi in termini di responsabilità-danno » per avere la Corte fondato il provvedimento di revoca sul ritardo della trascrizione senza fossero state neanche allegate le conseguenze dannose di tale condotta omissiva;
terzo motivo (erroneamente rubricato come II): «error in iudicando; violazione ed omessa applicazione dell’art.32 l.fall. co. 1; violazione art.360 p.3; mancata valutazione della documentazione probatoria, omessa motivazione su un punto decisivo della vicenda; error in procedendo»: si sostiene che il curatore avvalendosi di un coadiutore, la cui richiesta era stata autorizzata dal G.D., abbia agito in conformità della normativa fallimentare che prevede tale facoltà;
quarto motivo (erroneamente rubricato come III) : « violazione art. 360 p.3 ; omesso esame su un punto decisivo della vicenda; violazione ed errata applicazione dell’art. 116 l.fall; violazione dei principi costituzionali, violazione dell’art. 34, 36 cost.; omesso esame della domanda in relazione all’art. 2237 c.c.; violazione ed omessa applicazione dell’art. 2237 c.c., mancata valutazione della documentazione probatoria : violazione del principio di chiestopronunciato ex art 112 c.p.c. error in procedendo» in quanto la Corte non ha considerato che il curatore non è stato messo in condizioni di chiedere nel corso della procedura fallimentare il compenso non essendogli stato comunicato il deposito del rendiconto;
quinto motivo (erroneamente rubricato come IV) «error in procedendo omesso esame degli atti di causa : violazione dell’art 360 n. 5 c.p.c.» per avere la Corte errato nel ritenere passata in giudicato la statuizione del giudice di primo grado secondo la quale la domanda proposta nei confronti del Ministero avrebbe dovuto seguire l’iter della l. 117/1988 in quanto tale eccezione non era stata mai sollevata dal Ministero ed in ogni caso il ricorrente aveva contestato l’assunto del primo giudice in quanto nella fattispecie si discuteva non di una attività giurisdizionale soggetta al rito speciale ma amministrativa ed ordinatoria;
sesto motivo (erroneamente rubricato come V):«violazione dell’art. 112; error in procedendo, omessa motivazione contraddittorietà e illogicità della revoca; omessa valutazione di fatti decisivi violazione dei principi della Cassazione»: la Corte non avrebbe esaminato tutte le difese svolte dal ricorrente circa la non ascrivibilità a sé dei fatti contestati e posti a sostegno della revoca;
settimo motivo (erroneamente rubricato come VI) «violazione art. 360 n. 5 c.p.c ; violazione dell’art. 112 c.p.c. ; omessa valutazione di fatti decisivi; violazione art. 2043 c.c. » per aver l’impugnata
sentenza del tutto trascurato l’accertamento degli elementi dell’azione di risarcimento dei danni.
Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione accelerata :«Il ricorso appare inammissibile per plurime ragioni. In primo luogo, difettano specificità dei motivi, autosufficienza del ricorso e corretta esposizione sommaria ex art. 366, comma 1, n.3 c.p.c., restandone ostacolata la chiara e completa cognizione dei fatti processuali e sostanziali della vicenda cui mirano detti requisiti (v. Cass. Sez. U, 2602/2003, 11653/2006, 11308/2014, 34469/2019, 22674/2022; Cass. 6611/2022, 5904/2023, 19507/2023; cfr. CEDU 28.10.2021, COGNOME e altri c. Italia ); oggetto di contestazione è il decreto di revoca dell’incarico di curatore fallimentare conferito nel 2000 all’odierno ricorrente, il quale lamenta la ‘ insussistenza dei presupposti della revoca e quindi l’ingiustizia della stessa ‘ (pag. 8 sent. app.), chiedendo che quel decreto sia dichiarato illegittimo e disapplicato, con conseguente condanna delle parti convenute (il Fallimento, in persona del nuovo curatore; il Ministero della Giustizia; il Tribunale di Lecce-sez. commerciale) al ‘ risarcimento dei danni subiti dalla revoca ingiusta ‘, oltre alla liquidazione del compenso per l’attività svolta, a titolo di ‘rapporto di prestazione d’opera’; in realtà, avverso il decreto di revoca del curatore ex art. 37 l.fall. -non soggetto a reclamo ex art. 23 l.fall. nella versione ante riforma 2006, applicabile ratione temporis -non è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., trattandosi di provvedimento di natura ordinatoria e non destinato ad incidere su diritti soggettivi, stante la natura pubblicistica degli interessi tutelati e il ruolo di organo ausiliario del giudice (Cass. 7876/2006, 17879/2004, 13271/2000, 1300/1999, 6851/1995, 2789/1994, 4039/1985); si tratta di insegnamento rimasto costante anche dopo la riforma del 2006 -che ha introdotto la possibilità di revoca solo ‘per giustificati motivi’, l’adozione di un
decreto motivato e la sua reclamabilità -rispetto alla decisione della corte d’appello in sede di reclamo (Cass. 35820/2022, 11888/2016, 5094/2015); non vi è pertanto spazio alcuno per sindacare in questa sede né la ‘giustizia’ del provvedimento di revoca (donde l’inammissibilità dei motivi che se ne occupano: 1°, 2°, 3° e 6°) né il conseguente rigetto della correlata domanda di risarcimento danni da parte dei giudici di entrambi i gradi di merito (donde l’inammissibilità anche del 7° motivo); quanto al 4° motivo, l’art. 39 l.fall. prevede che il compenso e le spese ‘ sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale ‘, mentre nel caso in esame è pacifico che tale istanza non sia mai stata presentata dal curatore revocato, senza che rilevi la (asserita) mancata comunicazione del deposito del rendiconto ex art. 116 l.fall., poiché il fatto che la liquidazione del compenso sia effettuata ex art. 39 l.fall. ‘dopo l’approvazione del rendiconto ‘ non impediva il deposito dell’istanza in un momento anteriore, sin dal provvedimento di revoca ed entro la chiusura della procedura, (asseritamente) intervenuta dopo cinque anni dalla revoca; la liquidazione del compenso doveva quindi avvenire in sede fallimentare, su istanza del curatore interessato; nè è qui in discussione che la revoca del curatore non preclude ex se la liquidazione del compenso per l’attività prestata -la quale compete in ogni caso al tribunale fallimentare -e che l’amministrazione fallimentare può far valere, anche in sede di rendiconto di gestione ex art. 116 l.fall., le eventuali responsabilità del curatore ex art. 38 l.fall. (Cass. 7778/1999, 6377/2019), il cui accertamento può anche escludere la liquidazione del compenso (Cass. 13805/2013, 13587/2020); aspetti sui quali, peraltro, il ricorso difetta di autosufficienza; è invece decisivo che in questa sede non si tratti dell’impugnazione del provvedimento di liquidazione del compenso (asseritamente) emesso solo in favore del nuovo curatore, per cui non viene nemmeno in rilievo la giurisprudenza di questa Corte sul criterio di
proporzionalità che presiede la liquidazione del compenso ai diversi curatori fallimentari succedutisi nell’incarico ex art. 39, comma 3, l.fall. (Cass. 22272/2019, 16739/2018, 19230/2009), nonché sul necessario rispetto del principio del contraddittorio con il curatore revocato e di una puntuale motivazione del decreto di liquidazione (Cass. 30069/2022, 3871/2020, 16739/2018, 19053/2017, 25532/2016, 8404/2016, 13351/2012); resta assorbito il 5° motivo, sulla legittimazione passiva dei convenuti (in questa sede non contestata dall’unico controricorrente, Ministero della giustizia)».
Il Collegio condivide e fa proprie le suesposte argomentazioni che non vengono minimamente scalfite dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente, anche nella successiva memoria illustrativa.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
4 Sussistono, inoltre, i presupposti, essendo la decisione adottata conforme ai rilievi contenuti menzionata proposta, per la condanna del ricorrente , nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023).
La Corte stima equo fissare in € 6.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. (pari al compenso liquidato in dispositivo), ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità
dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.30 maggio 2002 n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare le spese presente giudizio che liquida in € 6.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Condanna il ricorrente a pagare l’importo di € 6.000 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna il ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 14 maggio