Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22493 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22493 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 14304 del ruolo generale dell’anno 2024 , proposto da
COGNOME NOME , nato a Narni il 27/03/1965, residente in Narni, INDIRIZZO C.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso – giusta procura estesa in calce al ricorso – dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dello stesso in Roma, INDIRIZZO (pec: EMAIL.
Ricorrente
contro
Regione Umbria , in persona della Presidente pro-tempore della Giunta Regionale, NOME COGNOME (c.f. NUMERO_DOCUMENTO), rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOMEcf CODICE_FISCALE) NOME COGNOME (cf CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; Fax n. NUMERO_TELEFONO), per delega in calce al controricorso, giusta D.G.R. n. 685/2024 , ed elettivamente domiciliata presso il Servizio Avvocatura regionale, INDIRIZZO, C.INDIRIZZO Perugia (Fax n. NUMERO_TELEFONO). I difensori dichiarano la propria disponibilità a ricevere le notifiche e le comunicazioni all’indirizzo pec annari-
taEMAIL, NOMEEMAIL, avvEMAILpecEMAIL.
Controricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE -Agenzia per le erogazioni in agricoltura (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587, fax: NUMERO_TELEFONO, p.e.c.: EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 2501 depositata il 9 aprile 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale era stata respinta l’opposizione proposta da NOME COGNOME, imprenditore, avverso l’ingiunzione emessa dalla RAGIONE_SOCIALE per le erogazioni in agricoltura (Agea) ai sensi del r.d. n° 639/1910, con la quale gli si intimava la restituzione di euro 73.778,80 per aiuti comunitari indebitamente percepiti relativi all’anno 2008.
2 .-Osservava la Corte che l’impegno di cui al Quadro D della domanda di aiuto consistente nel ‘ mantenere, per un periodo vincolativo di 10 (dieci) anni per gli investimenti immobiliari decorrenti dalla data di accertamento finale di regolare esecuzione degli investimenti, l’utilizzo e l’esercizio funzionale dei medesimi ‘ -era stato disatteso da parte del sovvenuto.
Infatti, da un controllo svolto il 29 gennaio 2011 dal Corpo forestale dello Stato era emerso che i lavori di ristrutturazione, dichiarati ultimati dall’imprenditore, erano invece ancora in corso, mentre l’attività agrituristica non era mai stata avviata, come riconosciuto dallo stesso COGNOME nella memoria difensiva del 15 luglio 2011, prodotta all’Autorità regionale dopo aver ricevuto l’avviso di avvio del procedimento amministrativo di revoca.
La determinazione dirigenziale n° 1212 del 22 febbraio 2012, con la quale era stata disposta la revoca dell’aiuto, era esaustivamente motivata ed era stata espressamente richiamata nell’ingiunzione emessa dall’AGEA.
D’altra parte, l’annullamento da parte del Comune di Terni del titolo edilizio del fabbricato non integrava una causa di forza maggiore, sia perché non era contemplato nell’elenco di cui all’art. 11.3 dell o Avviso, sia perché l’ordine di sospensione dei lavori era stato notificato il 25 luglio 2011 e l’ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi il successivo 18 ottobre, dunque a distanza di tre anni dall’erogazione del contributo, durante i quali l’attività agrituristica non era stata avviata.
Il COGNOME, ricevuto l’ordine di demolizione, aveva presentato istanza di sanatoria, così ammettendo l’abusività delle opere contestate, ma il TAR dell’Umbria, con sentenza del 10 giugno 2015, aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento di diniego del Comune, confermando espressamente la difformità delle opere per mancanza di un piano attuativo.
Era, infine, da escludere la sussistenza della buona fede del COGNOME.
3 .-Ricorre per cassazione l’imprenditore, affidando il gravame a cinque motivi.
Resistono la Regione Umbria e l’Agea, che concludono per l’inammissibilità e, in ogni caso, per il rigetto.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo il ricorrente lamenta ‘ Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Motivo di ricorso riconducibile all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. ‘.
La Corte avrebbe ritenuto legittima la revoca del contributo ma non si sarebbe pronunciata sul vizio, dedotto dall’opponente, di ‘ motivazione postuma ‘ del provvedimento amministrativo.
In particolare, l’ingiunzione di restituzione era stata motivata in base alla mancata destinazione dell’immobile ad attività agrituristica, mentre il T ribunale l’avrebbe ritenuta correttamente motivata su un assunto diverso, ossia sul rilievo che sarebbe stato violato il termine decennale di vincolo di destinazione.
Tale vizio -integrante violazione dell’art. 3 della legge n° 241/ 1990 (norma applicabile anche alle ingiunzioni ex r.d. n° 639/ 1910) -sarebbe stato denunciato col primo motivo di gravame, col quale l’appellante aveva fatto osservare che la motivazione del Tribunale integrava una tardiva ed inammissibile giustificazione del provvedimento amministrativo emesso da Agea.
Il mezzo sarebbe rimasto, nondimeno, privo di esame.
5 .- Il motivo è infondato.
Il n° 5 dell’art. 360 concerne un vizio di ricostruzione del fatto, mentre col motivo in esame il ricorrente deduce che il giudice di secondo grado non avrebbe esaminato la doglianza con la quale egli si lamentava della cosiddetta ‘ motivazione postuma ‘ data dal tribunale all’atto amministrativo.
In realtà, sol che si legga la sentenza a pagina 6 (ultimo paragrafo), è agevole osservare che la Corte ha ritenuto ‘ la determinazione dirigenziale n. 1212 del 22 febbraio 2012 con la quale è stata
disposta la revoca dell’aiuto, espressamente richiamata, poi, nell a ingiunzione emessa da AGEA, (…) esaustivamente motivata ‘.
Sicché, giusta o sbagliata che sia tale conclusione (in realtà essa è perfettamente corretta), è evidente che non si è in presenza di un omesso esame di un fatto decisivo e che, pertanto, la formulazione del mezzo ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ. è, già ad un primo esame, inammissibile.
In ogni caso, anche a voler ricondurre le doglianze del mezzo al n° 3 del citato articolo, è fin troppo noto (cfr. ex multis : Cass., sez. I, 16 aprile 2004, n° 7241) che, nel caso di revoca di contributi per inadempimento del sovvenuto, l’oggetto del giudizio che si svolge davanti al giudice ordinario non è in alcun modo costituito dalla legittimità dell’atto amministrativo, ma dal rapporto nascente da quest’ultimo, caratterizzato dalla pretesa dell’Amministrazione scaturita dalla cancellazione dell’atto di concessione -di ripetere, come indebito, quanto a suo tempo erogato, e dal contrapposto diritto del beneficiario tanto alla erogazione del contributo deliberato, quanto al mantenimento di esso, sì da sottoporre alla cognizione piena del Giudice ordinario la sola sussistenza del preteso, e negato, inadempimento alle condizioni di attribuzione poste dal concedente.
Tanto premesso, è evidente che sia del tutto fuori fuoco la doglianza di ‘ motivazione postuma ‘ dell’atto, posto che non è all’atto amministrativo che occorre avere riguardo, ma semmai alle allegazioni difensive formulate hinc et inde nel giudizio di merito: questione che nel mezzo in esame è stata integralmente pretermessa.
6 .- Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/1990. Motivo di ricorso riconducibile all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ‘
Il vizio di ‘ motivazione postuma ‘ non sarebbe stato superato nemmeno dal richiamo effettuato nella sentenza impugnata alla Determina dirigenziale della Regione Umbria n° 1212/2012, in
quanto anch’essa motivava la revoca sulla base della mancata destinazione dell’immobile ad attività agrituristica e non al mancato rispetto del vincolo decennale.
7 .- Il mezzo ripropone la questione già esaminata col primo motivo e, al pari di quest’ultimo, è del tutto infondato per le regioni già esposte al precedente paragrafo n° 5, alle quali, dunque, si rimanda.
8 .- Col terzo mezzo il ricorrente deduce ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 (sotto ulteriore profilo) in combinato disposto con l’art. 3 del R.D. n. 639/1910 e 2697 c.c. Violazione dell’art. 115 c.p.c. Motivo di ricorso riconducibile all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ‘
Nel procedimento ex r.d. n° 639/1910 la PA opposta sarebbe attrice sostanziale e l’ingiunzione non costituirebbe prova dei fatti costitutivi del diritto, né sarebbe assistita da una presunzione di veridicità.
Nondimeno, la Corte d’appello avrebbe ritenuto il monitum esaustivamente motivato, essendo fondato sull’inadempimento all ‘impegno di cui all’art. 11.2 dell’Avviso di pagamento; sull’assenza di agibilità del fabbricato; sulla non reperibilità del sito web dell’attività agrituristica; sulla comunicazione del Comune di Terni (territorialmente competente), secondo la quale il COGNOME non aveva mai avanzato una dichiarazione di inizio attività, o presentato una segnalazione certificata di inizio attività, relativa all’impresa agrituristica.
Al contrario, non erano stati indicati i punti violati dell’art. 11.2; il fabbricato avrebbe ottenuto l’agibilità; l’ultimazione dei lavori era smentita dai documenti prodotti.
Ne sarebbe derivata la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., poiché il giudice aveva omesso di esaminare le prove prodotte, e dell’art. 2697 cod. civ., avendo la Corte posto sostanzialmente a carico dell’opponente l’onere probatorio.
9 .-Il motivo è inammissibile, non cogliendo l’esatta ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto provato l’inadempimento del RAGIONE_SOCIALE sia in base al ‘ controllo effettuato dal Corpo Forestale dello Stato il 29 gennaio 2011 ‘, col quale ‘ veniva accertato che «i lavori di ristrutturazione, dichiarati ultimati dal Bonifazi, sono ancora in corso e che l’attività agrituristica non è mai stata avviata» ‘, sia in base alle stesse ammissioni del sovvenuto, che nella ‘ memoria difensiva del 15 luglio 2011, prodotta all’Autorità regionale dopo aver ricevuto l’avviso di avvio del procedimento amministrativo di revoca ‘ avrebbe ammesso di non aver mai dato inizio all’attività agrituristica.
Dunque, la Corte non si è limitata a prendere per buona la parola dell’Agea, ma ha ritenuto provate le allegazioni difensive di quest a ultima esaminando e valutando, secondo il suo prudente apprezzamento, i documenti sopra indicati.
Ne deriva che l’ulteriore motivazione della sentenza secondo la quale ‘ la determinazione dirigenziale n° 1212 del 22 febbraio 2012 con la quale era stata disposta la revoca dell’aiuto (…) era esaustivamente motivata (…) ‘ -non era dirimente ai fini decisori, essendosi già sopra chiarito che l’oggetto del presente giudizio non è costituito dalla legittimità del provvedimento amministrativo di revoca o dell’ingiunzione emessa da RAGIONE_SOCIALE, ma dal diritto del RAGIONE_SOCIALE a ricevere ed a mantenere il contributo e dal contrapposto diritto della P.A. di ottenere la restituzione delle somme indebitamente erogate. Da ultimo, osserva il Collegio che la questione dell’avvenuto rilascio dell’agibilità è stata enunciata in modo del tutto generico ed è comunque priva della trascrizione del certificato (o, almeno, dell’illustrazione del suo contenuto), senza considerare che il profilo del travisamento della prova non è denunciabile con l’art. 360 cod. proc. civ.
10 .- Col quarto motivo -che è così rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione del principio della causa di forza maggiore quale causa di esonero dall’impegno. Violazione dell’art. 33 del Regolamento UE n. 445/2002. Violazione dell’art. 11.3 dell’Avviso pubblicato con DGR n. 1616/2002. Motivo di ricorso riconducibile all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ‘ -il Bonifazi assume che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza, avrebbe avuto rilievo l’annullamento d’ufficio dell’Autorizzazione Unica da parte del Tar Umbria con la sentenza 362/15.
Le prove testimoniali (testi COGNOME e COGNOME) avrebbero, infatti, accertato che l’impedimento all’avvio dell’attività agrituristica è dipeso dall’iniziativa del Comune di Terni di revocare l’autorizzazione n° 206/2004 alla realizzazione dell’immobile.
Il Comune, con la delibera consiliare n° 149/2003, avrebbe classificato l’immobile del COGNOME fra i ” beni culturali sparsi ” e tale delibera, poi annullata dal Tar Umbria con sentenza n° 362/15, avrebbe indotto il Comune ad annullare in autotutela l’autorizzazione n° 206/2004: da qui la sussistenza di una causa di forza maggiore, negata invece della Corte d’appello.
11 .- Il mezzo è per più ragioni inammissibile.
Esso, anzitutto, ancora una volta non coglie l’esatta ratio decidendi della Corte territoriale, la quale ha osservato che l’ordine di sospensione dei lavori edili venne notificato il 25 luglio 2011 e l’ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi il successivo 18 ottobre 2011, ‘ dunque a distanza di tre anni dall’erogazione del contributo durante i quali un’attività agrituristica non era stata mai avviata ‘.
In sostanza, la Corte ha ritenuto che la vicenda del titolo edilizio non costituisse una causa di forza maggiore, essendo intervenuta ben tre anni dopo l’erogazione del contributo: periodo durante il quale il COGNOME era comunque inadempiente, non avendo avviato l’attività di agriturismo.
Inoltre, il motivo in esame -richiamando le deposizioni testimoniali (peraltro senza nemmeno trascriverle) -tende ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del materiale istruttorio, che è invece totalmente rimessa al giudice del merito.
12 .- Col quinto mezzo -rubricato ‘ Violazione dell’art. 3 della L. 241/1990. Motivo di ricorso riconducibile all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc ‘ -il COGNOME deduce che, ai fini della revoca del contributo, sarebbe stato necessario un indebito esborso di danaro pubblico, che nella fattispecie era assente, in quanto il danaro era stato destinato conformemente alla domanda, i lavori erano stati ultimati e l’attività agrituristica era stata avviata.
Essendo egli in buona fede, sussisterebbe l” esimente di cui all’art. 14, co. 4 del Reg. CEE 3887/92 ‘.
13 .- Anche questo motivo è inammissibile, sia perché involge manifestamente questioni di merito che la Corte territoriale ha già esaminato (alcune peraltro nemmeno risultanti dalla sentenza, come la corretta destinazione del danaro erogato), sia perché la norma comunitaria invocata (art. 14, quarto comma, del Reg. CE n° 3887 del 1992) è inapplicabile ratione temporis (il Reg. citato è stato abrogato dall’articolo 53 del Reg. CE n° 2419 del 2001, a sua volta abrogato dall’articolo 80 del Reg. CE n° 796 del 2004, a sua volta abrogato dall’articolo 86 del reg. CE n° 1122 del 2009, a sua volta abrogato dall’art. 43, paragrafo 1, del Reg. 11 marzo 2014, n° 640/2014, a sua volta abrogato dall’art. 13, par. 1, del Reg. 4 maggio 2022, n° 2022/1172/UE, a decorrere dal 1° gennaio 2023, ai sensi di quanto disposto dall’art. 14, par. 1 del medesimo Regolamento) e comunque implica l’accertamento di circostanze di fatto già negativamente valutate dal giudice del merito.
14 .- Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore delle controparti, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014,
come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 73,7 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui allo ar. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente a rifondere alle parti resistenti le spese di questa lite, che liquida -per la Regione Umbria -in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi e -per l’Agea in euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito, e, per entrambi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art . 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2025, nella camera di consi-