Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7575 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7575 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25712/2019 R.G. proposto
da
GRUPPO EUROPEO DI RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
– ricorrente –
contro
REGIONE LOMBARDIA , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
Oggetto:
Pubblica
amministrazione
–
Revoca
contributi
regionali
R.G.N. 25712/2019
Ud. 12/03/2025 CC
34, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 455/2019 depositata il 31/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 455/2019, pubblicata in data 31 gennaio 2019, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell’appellata e appellante incidentale REGIONE LOMBARDIA, ha respinto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 5315/2016, pubblicata in data 28 aprile 2016.
Quest’ultima, a propria volta, aveva respinto l’opposizione proposta dalla medesima RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto n. 9248, emesso il 14 ottobre 2013, con il quale REGIONE LOMBARDIA aveva revocato l’aiuto finanziario -precedentemente concesso alla società con decreto n. 13543/2010 e concernente un programma di investimento per l’implementazione di progetti a valere sul “Bando per la realizzazione di interventi a sostegno dello sviluppo della capacità di innovazione delle PMI lombarde per la riconversione digitale del processo di trasmissione televisiva”ingiungendo la restituzione della somma erogata, pari ad € 500.000,00.
Il Tribunale di Milano, nella regolare costituzione di REGIONE LOMBARDIA, aveva respinto l’opposizione, ritenendo parzialmente
fondate le contestazioni mosse dalla REGIONE e ravvisando in particolare la violazione dei commi 4 e 6 dell’art. 6, del medesimo Bando.
La Corte d’appello ha respinto l’appello principale dichiarando quindi assorbito quello incidentale -osservando, in sintesi, che:
-sussisteva la violazione del comma 4 dell’art. 6 del Bando -il quale disponeva “Ai fini degli obblighi di rendicontazione di cui all’art. 12 del presente bando tutte le spese devono: derivare da atti giuridicamente vincolanti (contratti, convenzioni, lettere di incarico, ecc…), da cui risultino chiaramente l’oggetto della prestazione e della fornitura, il suo importo, la sua pertinenza e connessione con l’intervento, i termini di consegna, le modalità di pagamento; essere effettivamente sostenute e giustificate da fatture quietanziate o da documenti contabili di valore probatorio equivalente; essere pagate tramite bonifico bancario o rimesse dirette bancarie o assegno chiaramente riconducibili a un Conto corrente intestato al soggetto beneficiario” -in quanto le fatture prodotte dalla società contenevano indicazioni generiche ed onnicomprensive senza indicare i singoli beni o attrezzature o i costi unitari, carenze ritenute non compensate neppure dagli elenchi allegati alle fatture medesime;
-era da escludersi che tali lacune potessero essere colmate dal contratto di fornitura e dai documenti di trasporto, in quanto, da un lato, tali documenti non rientravano tra quelli espressamente indicati dal Bando e, dall’altro lato, risultavano anch’essi carenti;
-sussisteva altresì la violazione dell’art. 6, comma 6, del Bando -il quale disponeva “i soggetti partecipanti al progetto sono tenuti alla predisposizione di un sistema di contabilità separata
o di una codificazione contabile adeguata per tutte le transazioni relative all’operazione, ferme restando le norme contabili nazionali’ -nonché dell’art. 3.3 delle Linee Guida per la rendicontazione delle spese – che imponeva una contabilità separata in ragione dell’erogazione dell’aiuto mediante denaro pubblico -in quanto la documentazione contabile prodotta dalla società (riproduzione di una pagina del libro dei beni ammortizzabili e di un allegato definito “Lista materiali in dettaglio riferita alle tre categorie di registrazione contabile”) veniva ad accorpare i beni in tre grandi categorie; riferiva le spese nel complesso a queste ultime e non ai singoli beni, risultava priva di altre indicazioni come data dell’operazione, natura ed estremi dei giustificativi, modalità di pagamento;
-la conformità della documentazione prodotta alle prescrizioni dell’art. 16, D.P.R. n. 600/1973, non valeva ad escludere la sussistenza della violazione, dal momento che le stesse previsioni del Bando venivano ad escludere la sufficienza di tale rispetto, imponendo obblighi ulteriori rispetto alla normativa contabile generale;
-era priva di rilevanza la circostanza che un precedente controllo contabile effettuato dalla Regione si fosse concluso con esito positivo, non risultando dal verbale di tale ispezione la documentazione esaminata e il tipo e la finalità dell’ispezione medesima.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato REGIONE LOMBARDIA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente incidentale ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato ad otto motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, ‘Violazione ed errata interpretazione degli artt. 6, comma 4, e 12 del Bando e dell’art. 3.3 delle Linee Guida. Inesistenza dell’obbligo di rendicontazione del costo unitario di ogni singolo acquistato’ .
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima, ha ritenuto che l’omessa indicazione del costo unitario di ogni singolo bene acquistato integrasse violazione degli artt. 6, comma 4, e 12 del Bando e dell’art. 3.3 delle Linee Guida.
Argomenta, in senso contrario, che l’onere di indicazione concerneva le spese e che tale indicazione sarebbe stata pienamente rispettata, risultando indicato nel contratto di fornitura l’oggetto della medesima, suddiviso per categorie.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce ‘Errata interpretazione degli artt. 6, comma 4, e 12 del Bando e dell’art. 3.3 delle Linee Guida. Travisamento della ratio del Bando e delle Linee Guida e dell’asserita necessarietà dell’indicazione del costo unitario del singolo bene per poter ‘verificare la regolarità e congruità di ogni spesa sostenuta e la sua pertinenza al progetto finanziato” .
La ricorrente censura ulteriormente l’affermazione contenuta nella decisione impugnata -per cui l’indicazione del costo unitario dei beni acquistati sarebbe imposta da esigenze di verifica della congruità delle spese in relazione al progetto finanziato.
Argomenta che né dal Bando né dalle Linee Guida sarebbe possibile evincere un vincolo di congruità delle spese, e che, conseguentemente, la tesi della necessaria indicazione del costo unitario dei beni adottata nella decisione impugnata sarebbe infondata.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce ‘Travisamento della prova -Erronea lettura dei documenti prodotti ed in specie delle fatture nn. 4, 9 e 12 e degli allegati. Le dedotte omesse indicazioni nelle fatture contraddetta dagli stessi documenti’ .
La ricorrente censura l’affermazione contenuta nella decisione impugnata per cui le fatture prodotte risulterebbero prive di alcune indicazioni essenziali ai fini della individuazione dei singoli beni acquistati e del loro costo unitario.
Deduce, in contrario che i documenti in questione ed i relativi allegati riproducevano tutte le necessarie indicazioni.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce ‘Travisamento della prova -Erronea lettura delle contabili bancarie attestanti il saldo delle fatture nn. 4, 9 e 12 nel rispetto della revisione normativa di cui all’art. 6 del Bando’ .
Deduce la ricorrente che la Corte d’appello non avrebbe valutato, ai fini della verifica delle spese affrontate, la presenza delle disposizioni di bonifico che erano state prodotte sin dal giudizio di primo grado.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce ‘Errata interpretazione dell’art. 12 del Bando. Travisamento dell’oggetto delle verifiche esperibili da Regione Lombardia’ .
Viene criticata l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, per cui ‘la pretesa di un’estensione de ll’esame da parte dell’amministrazione a una serie di ulteriori documenti con controllo incrociato delle rispettive risultanze si pone in contrasto con l’esigenza di una verifica celere ed immediata
sull’ammissibilità/congruità/pertinenza delle singole spese sostenute dal beneficiari, imposta dall’interesse pubblico che, è bene sottolinearlo -il controllo deve tutelare’ .
Argomenta la ricorrente che la documentazione da essa prodotta è comunque di ridotta entità e che l’affermazione della Corte territoriale verrebbe a confliggere comunque con le esigenze di controllo.
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce ‘Violazione ed errata interpretazione dell’art. 6, comma 6, del Bando e 3.3 delle Linee Guida. Il rispetto da parte di G.RAGIONE_SOCIALE della normativa nazionale in materia di registrazione dei beni ammortizzabili: art. 16 D.P.R. n. 600/ 1973′ .
Viene censurata l’affermazione contenuta nella decisione impugnata per cui l’obbligo di contabilità separata prevista nel Bando non sarebbe stato rispettato, nonostante la conformità delle registrazioni al disposto di cui all’art. 16, d.P.R. n. 600/1973.
Argomenta il ricorso che l’obbligo di contabilità separata previsto dal bando deve intendersi riferito alle singole transazioni e non ai singoli beni.
1.7. Con il settimo motivo il ricorso deduce ‘travisamento della prova -Erronea lettura della domanda di ammissione alla partecipazione al bando presentata da RAGIONE_SOCIALE e del controllo contabile effettuato da Regione Lombardia il 10/05/2012′ .
La ricorrente impugna la sentenza della Corte d’appello di Milano sia nella parte in cui quest’ultima ha affermato che la ricorrente medesima era al corrente degli obblighi prescritti dal Bando e dalle Linee Guida in tema di contabilità separata o codifica contabile adeguata per averne dato conto nella propria domande di ammissione sia che la contestazione relativa alla violazione di cui all’art. 6, comma 6, del Bando e 3.3 delle Linee Guida non è superabile dalla pregressa verifica positiva effettuata il 10/05/2012 da REGIONE LOMBARDIA.
Obietta che:
-nella domanda trasmessa a REGIONE LOMBARDIA, essa ricorrente si era impegnata a predisporre un sistema di contabilità separata o codificazione contabile adeguata per tutte le transazioni relative al progetto e non per i singoli beni
-la precedente ispezione era rilevante, non essendo state riscontrate irregolarità.
1.8. Con l’ottavo motivo il ricorso deduce ‘Violazione ed errata interpretazione degli artt. 14 e 15 del Bando in riferimento alle prescrizioni di cui all’art. 6, commi 4 e 6. La dedotta impossibilità a risalire alle precise quantità dei materiali e delle attrezzature acquistate dalla deducente e i relativi prezzi unitari’ .
La ricorrente contesta le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale in ordine all’esistenza di un suo inadempimento, argomentando, sulla scorta delle deduzioni già svolte, di non aver violato le previsioni di Bando e Linee Guida.
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi con i quali la ricorrente incidentale viene espressamente e riproporre profili disattesi dal giudice di prime cure ed oggetto di appello incidentale dichiarato assorbito dalla Corte d’appello.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce: ‘Violazione di legge e falsa applicazione di norme di diritto. Errata interpretazione ed applicazione dell’art. 14 e dell’art. 15, comma 1, lett. d) ed e) del Bando e dell’art. 9 delle Linee Guida di rendicontazione delle spese. Violazione della normativa speciale in ordine agli obblighi incombenti sul beneficiario del finanziamento. Violazione ed errata applicazione della disciplina speciale relativa alla decadenza dal beneficio e la revoca del contributo pubblic o’ .
2.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce: ‘Violazione di legge e falsa applicazione di norme di diritto. Errata interpretazione ed applicazione dell’art. 14 e dell’art. 12, comma 12 del Bando e dell’art. 9 delle Linee Guida di rendicontazione delle spese. Violazione della disciplina speciale circa il vincolo di destinazione di cinque anni per i beni oggetto di aiuto’ .
Il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. In linea generale si osserva -per evitare inutili ripetizioni -che il ricorso presenta due profili di complessiva inammissibilità.
Il primo è costituito dalla generica deduzione di ‘violazione ed errata interpretazione’ delle previsioni del Bando e delle Linee Guida, svolta nei motivi primo, secondo, quinto, sesto ed ottavo motivo.
La deduzione -che parte ricorrente ha omesso di ricondurre in modo specifico ad alcuna delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c. non può che essere esaminata alla luce del principio, enunciato da questa Corte, per cui l’interpretazione degli atti amministrativi -quali sono gli atti indicati dalla ricorrente – soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, in quanto compatibili con il provvedimento amministrativo, tra le quali ha carattere preminente quella collegata all’elemento letterale, dovendo il giudice anche ricostruire l’intento dell’Amministrazione ed il potere che ha inteso in concreto esercitare, tenendo altresì conto del complesso dell’atto e del comportamento dell’Autorità amministrativa, oltre che di quanto può razionalmente intendere, secondo buona fede, il destinatario (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019).
Da ciò deriva l’ulteriore conseguenza che, poiché tale interpretazione si risolve in un accertamento della volontà negoziale della p.A. riservata al giudice di merito, la censura della medesima in sede di legittimità non può tradursi in un astratto richiamo agli artt.
1362 e ss. c.c., essendo necessaria la specificazione dei canoni ermeneutici che in concreto si assumono violati e la precisa indicazione dei punti della motivazione che se ne discostano, nei limiti di quanto previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per il caso di violazione di legge, o per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 15367 del 03/06/2024).
Occorre, del resto, rammentare che, in linea generale, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), e ciò perché l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
Ebbene, nel caso in esame si deve constatare che i motivi di ricorso riferiti all’ipotetica errata interpretazione del Bando e delle Linee Guida,
ben lungi dall’evidenziare concretamente che l’approdo interpretativo conseguito dalla decisione impugnata presenta univocamente caratteri di irrimediabile patologia, riconducibili ad un inadeguato governo degli artt. 1362 segg. c.c., si limitano invece a criticare genericamente l’interpretazione del giudice di merito , opponendo alla medesima un esito interpretativo diverso, ma senza dimostrare l’assoluta implausibilità della prima.
Il secondo è costituito soprattutto -ma non solo – dalla deduzione di ‘travisamento della prova’, svolta nei motivi terzo, quarto e settimo (ma si veda anche il ‘travisamento dell’oggetto’ di cui alla seconda metà del quinto motivo), peraltro con riferimento a documentazione che in molti casi viene solo genericamente indicata, in evidente violazione della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
Richiamata, sul punto, la specifica -e limitata -deducibilità del travisamento della prova stabilita dalle Sezioni Unite di questa Corte con la decisione Cass. Sez. U – Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, si osserva che, nel caso di specie, il ‘travisamento’ dedotto dalla ricorrente in null’altro si traduce se non in una contestazione della valutazione degli elementi probatori operata dal giudice di merito -ed a quest’ultimo riservata e non certo in quell’errore di ‘ lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti ‘ che questa Corte ha ritenuto deducibile in sede di legittimità, fermo restando che, in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé – e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – il rimedio istituzionale a disposizione della ricorrente era costituito dalla revocazione per errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c., sempre come precisato da questa Corte.
In sintesi, le censure della ricorrente si appuntano semplicemente al giudizio di fatto espresso dal giudice di merito e mirano a sollecitare
un inammissibile nuovo sindacato della valutazione del merito, dovendosi qui ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
3.2. Se le carenze sin qui individuate sarebbero già di per sé sufficienti a palesare la complessiva inammissibilità del ricorso, ciò non esime questa Corte dall’evidenziare ulteriori profili che caratterizzano alcuni dei motivi.
3.2.1. Quanto ai primi due motivi di ricorso -esaminabili congiuntamente in quanto aventi contenuto sostanzialmente sovrapponibile, se non ridondante -si osserva che gli stessi non confrontano adeguatamente con la ratio della decisione impugnata.
Quest’ultima, infatti, sulla scorta della previsione del bando che stabiliva la necessità che le spese, da un lato, derivassero da un atto giuridicamente vincolante (contratto) e, dall’altro lato, fossero giustificate in via documentale, ha disatteso le deduzioni della ricorrente osservando che non solo il contratto ometteva di indicare il costo unitario dei beni -circostanza peraltro sostanzialmente riconosciuta dal ricorso – ma anche, anzi soprattutto, che il contratto
se poteva costituire fonte delle spese, non valeva invece ad integrare quell’ulteriore documento giustificativo che era richiesto dal Bando.
Approdo interpretativo, questo, che -come visto in precedenza -si muove nell’ambito di una interpretazione della disciplina del bando che risulta del tutto plausibile e che non risulta minimamente intaccata dalle generiche deduzioni in ordine alla effettiva ratio del Bando, considerata anche la già richiamata natura di quest’ultimo.
3.2.2. Similare vizio affligge il sesto motivo.
Contrariamente a quanto apparentemente opinato dalla ricorrente, infatti, la Corte territoriale , nel valutare il rispetto dell’obbligo di adozione di una contabilità separata, stabilito dal Bando, non ha affatto affermato che detta contabilità separata doveva riguardare ogni singolo bene.
La Corte d’appello , invece, dopo avere premesso che lo scopo della contabilità separata era quello di consentire l’individuazione del le spese compiute in relazione al progetto in modo distinto da altre spese ‘non pertinenti’ , ha concluso -con giudizio di fatto ad essa riservato -che la contabilità prodotta dalla ricorrente non consentiva di individuare adeguatamente le operazioni finanziate ed ha poi valutato il libro dei beni ammortizzabili, ritenendo che lo stesso non operasse tale distinzione, in quanto lo stesso raggruppava i beni in tre indistinte macroaree.
La censura della ricorrente, quindi, costituisce ancora una volta un tentativo di sindacare la valutazione dei documenti da parte della Corte, peraltro basandosi su una interpretazione di Bando e Linee Guida che -come osservato in premessa -viene semplicemente opposta a quella della Corte d’appello senza in alcun modo dimostrare l’erroneità di quest’ultima.
3.2.3. Quanto all’ottavo motivo, lo stesso appare perfino privo di concreta autonomia, risolvendosi nella mera riproposizione riepilogativa delle censure formulate con i motivi precedenti.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale consegue, a questo punto, la declaratoria di inefficacia ex art. 334 c.p.c. del ricorso incidentale, in quanto proposto oltre il termine di impugnazione (3-8 ottobre 2019, a fronte del deposito della sentenza della Corte d’appello in data 31 gennaio 2019).
In conclusione, quindi, mentre il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale tardivo deve essere dichiarato inefficace.
Da ciò consegue la condanna della ricorrente alla rifusione in favore della ricorrente incidentale delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
Tale attestazione concerne peraltro il solo ricorso principale e non quello incidentale, avendo questa Corte chiarito che la condanna al pagamento del doppio del contributo unificato non può essere pronunciata nei confronti del ricorrente incidentale tardivo il cui gravame abbia perso efficacia ex art. 334, secondo comma, c.p.c., trattandosi di una sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel
merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. Sez. 5 Ordinanza n. 1343 del 18/01/2019; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18348 del 25/07/2017).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale a rifondere alla controricorrente e ricorrente incidentale le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed
€ 8.200,00 , di cui € accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima