Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15925 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15925 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21729-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D ‘ APPELLO DI LECCE; – intimata – avverso la SENTENZA N. 24/2021 della CORTE D ‘ APPELLO DI LECCE, depositata il 21/7/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell ‘ 8/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d ‘ appello di Lecce, con sentenza del 21 luglio 2021, ha, in sede di giudizio di rinvio, respinto il reclamo
ex art. 18 l. fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dopo che la stessa corte d’appello, su ricorso del pubblico ministero, aveva revocato , ai sensi dell’art. 173 l. fall., l ‘ ammissione della società al concordato preventivo e rimesso gli atti al primo giudice.
1.2. La corte territoriale, premesso che i motivi di reclamo erano tutti volti a contestare la sussistenza delle ragioni di revoca del l’ammissione al concordato, e che andavano dichiarate inammissibili le censure dedotte da TAF per la prima volta in sede di rinvio: i) ha escluso che col decreto di revoca fosse stata sindacata la fattibilità economica del piano; ii) ha ritenuto che ricorressero i presupposti per la revoca ex art. 173 l. fall. del concordato, in ragione delle gravi carenze informative riscontrate nella relazione del professionista attestatore che, senza alcuna giustificazione, da un lato aveva interamente svalutato il valore (esposto a bilancio in € 645.000) delle partecipazioni detenute da TAF in due società di diritto cinese e dall’altro aveva attribuit o alle giacenze di magazzino un valore contabile superiore di circa 100.000 euro a quello emergente dall’inventario; iii) ha inoltre accertato, sempre sotto il profilo dell’inadeguata informazione del ceto creditorio, l’assenza di evidenze documentali concernenti l’asserita, avvenuta stipulazione di un contratto preliminare di vendita di un immobile e del versamento in acconto (o a titolo di caparra confirmatoria) della somma di € 200.000 da parte del promissario acquirente, che, peraltro, nella proposta non risultava indicato né fra i creditori né fra i debitori; iv) ha infine osservato che la reclamante non aveva censurato l’ulteriore rilievo di inattendibilità dell’attestazione – non contenente alcun riferimento alla stipulazione da parte di RAGIONE_SOCIALE di tre contratti di
affitto d’azienda – e della conseguente deficitaria informazione offerta ai creditori anche sotto tale profilo, contenuto nel decreto di revoca del concordato.
1.3. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 19/8/2021, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. La Procura generale presso la corte d ‘ appello di Lecce è rimasta intimata.
1.6. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 161, 162, 163, 180 e 183 l.fall., degli artt. 132 n. 4 c.p.c. e 118, comma 1°, disp.att. c.p.c. nonché degli artt. 342, 345, 393 e 394 c.p.c. e degli artt. 24, 25 e 111, comma 7°, Cost., e l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamenta che la corte d ‘ appello, nel dichiarare inammissibili i motivi di censura da essa sollevati per la prima volta nella comparsa di risposta depositata nel giudizio di rinvio, non abbia esaminato le sue ulteriori ‘ mere difese ‘ , illustrate nella memoria depositata in data 21/1/2021, che ‘ meglio esplicitavano le ragioni del reclamo ‘ . Osserva al riguardo che nel giudizio previsto dall ‘ art. 18 l.fall., pur se conseguente alla cassazione con rinvio di una precedente pronuncia di rigetto, possono essere dedotte, a supporto della richiesta di revoca della sentenza di fallimento, nuove argomentazioni illustrative delle censure di merito non esaminate in precedenza, come erano, nella specie, quelle relative alla fattibilità economica del concordato, alla mancata assegnazione di un valore alla quote di partecipazione di una società cinese, alle inconsistenze di
magazzino e all ‘ esistenza di altri beni oggetto di affitto d ‘ azienda.
2.2. Il motivo è inammissibile per difetto assoluto di specificità, posto che la ricorrente non chiarisce quale fosse l’effettivo contenuto delle difese non esaminate e non ne evidenzia la decisività, né tantomeno deduce che dalle stesse si evinceva la sussistenza di fatti decisivi di cui la corte d’appello non avrebbe tenuto conto e che invece, se considerati, avrebbero condotto all’accoglimento del reclamo.
2.3. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 18 l.fall., degli artt. 70, comma 3°, 72 e 132 n. 4 c.p.c., degli artt. 118, comma 1°, disp.att. c.p.c. e 158, 161, 342, 345, 393 e 394 c.p.c., dell ‘ art. 122 del d.lgs. n 5/2006, degli artt. 69 e 2907 c.c., degli artt. 24, 25 e 111, comma 7°, Cost., la nullità della sentenza e l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., deduce che la corte d’appello ha omesso di pronunciare sulla nuova eccezione in rito da essa proposta nelle note di trattazione scritta del 22/3/2021, e cioè sulla carenza di legittimazione, rilevabile d ‘ ufficio, del pubblico ministero a proporre il reclamo, poi accolto, avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo. Sostiene che su tale questione, non esaminata né dal collegio che aveva revocato il concordato né dalla Corte di cassazione, non si era formato il giudicato implicito.
2.4. Il motivo è infondato.
2.5. Il principio secondo cui il difetto di legittimazione, sia ad processum che ad causam , siccome inerente alla valida costituzione del rapporto processuale, è sempre rilevabile, anche d ‘ ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche
nel procedimento di cassazione, postula che la questione non sia preclusa per essere stata già oggetto, sia pure implicitamente, di precedenti statuizioni non più impugnabili, emesse nel corso dello stesso processo, come, appunto accade, almeno di norma, nei giudizi di rinvio, dove, eccettuati i casi in cui il S.C. abbia deciso sulla sola questione di giurisdizione, che precede logicamente l ‘ accertamento delle altre condizioni richieste per la valida costituzione del rapporto processuale, l ‘ avvenuta celebrazione del giudizio di cassazione importa che deve considerarsi già irritrattabilmente verificata la legittimazione attiva e passiva delle parti (Cass. n. 400 del 1971; conf., Cass. n. 2183 del 1981; Cass. n. 2830 del 1979; Cass. n. 3087 del 1982).
2.6. Questa Corte ha, in effetti, ripetutamente affermato che, nel g iudizio di rinvio, ‘ aperto’ quanto all ‘ attività del giudice di merito e ‘ chiuso ‘ quanto all’ attività delle parti, qualora la sentenza sia stata annullata per difetto di attività del giudice di merito, questi è pienamente libero nell ‘ esame della controversia, mentre è in ogni caso inibito alle parti prendere conclusioni diverse dalle precedenti o che non siano conseguenti alla cassazione, né sono modificabili i termini oggettivi della controversia, espressi o impliciti nella sentenza di annullamento, investendo tale preclusione non solo le questioni espressamente dedotte o che avrebbero potuto essere dedotte dalle parti, ma anche le questioni di diritto rilevabili d ‘ ufficio (come il difetto di legittimazione attiva a promuovere il giudizio definito con la pronuncia a suo tempo impugnata e cassata) posto che il loro esame tende a porre nel nulla o a limitare gli effetti intangibili della sentenza di cassazione e l ‘ operatività del principio di diritto, che in essa viene enunciato non in via astratta ma agli effetti della decisione finale della causa (cfr. Cass. n. 22885 del 2015;
Cass. n. 327 del 2010; Cass. n. 13957 del 1991; conf., più di recente, Cass. n. 24357 del 2023, per cui, nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum , mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità; Cass. n. 25153 del 2017).
2.7. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando ancora una volta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 18, 161, 162, 163, 173, 180 e 183 l.fall., degli artt. 132 n. 4 c.p.c., degli artt. 118, comma 1°, disp.att. c.p.c. e 342, 345, 393 e 394 c.p.c., degli artt. 24, 25 e 111, comma 7°, Cost., la contraddittorietà della motivazione e l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere la corte d ‘ appello, pur senza ravvisare il compimento di atti di frode, ritenuto che la sua proposta di concordato fosse violativa degli obblighi informativi verso i creditori e che dunque la sua ammissione al concordato andasse revocata ai sensi dell’art. 173 l. fall. Deduce che il dovere di informazione non costituisce un valore in sé, ma va correlato con la prestazione del consenso dei creditori, onde verificare se i dati omessi abbiano avuto valenza decettiva nei loro confronti, inducendoli a votare in favore di una proposta che altrimenti non avrebbero accettato, ed assume che nella specie
le carenze informative accertate dal giudice del rinvio non avrebbero avuto alcuna incidenza sulla formazione della volontà dei suoi creditori, dal momento che questi non avevano rifiutato la proposta , ma l’avevano accettata.
2.8. Il motivo è inammissibile, posto che, pur partendo dalla giusta premessa secondo cui la carenza informativa che può determinare la revoca dell’ammissione al concordato ai sensi dell’art. 173 l. fall. deve essere tale da incidere sulla formazione del consenso dei creditori, pretende di sovvertire l’amplissimo accertamento compiuto nella specie dalla corte del merito in ordine alla manifesta inidoneità della proposta (accompagnata da una relazione attestativa sostanzialmente inattendibile) a fornire un quadro anche solo approssimativo dell ‘effettiva consistenza e del valore dei beni offerti ai creditori (perciò solo, all’evidenza, impossibilitati a valutare la serietà e la concreta fattibilità del piano) in base al mero, palesemente contraddittorio, rilievo che, se davvero le carenze riscontrate fossero state sussistenti, gli stessi non avrebbero espresso voto favorevole alla proposta.
2.9. Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, col quale TAF lamenta che la corte d ‘ appello non abbia esaminato le sue deduzioni difensive, svolte con l’atto di reclamo e approfondite nella comparsa depositata nel giudizio di riassunzione, in ordine alla necessità che la verifica della fattibilità economica della proposta di concordato, di tipo liquidatorio, venisse limitata alla valutazione della manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il ricorso , per l’inammissibilità o l’infondatezza di tutti i suoi motivi, dev’essere, quindi, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
5. La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 5.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima