Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 11527 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 11527 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/05/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 5325/22 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) Agenzia Regionale per la P revenzione, l’ A mbiente e l’ Energia dell’Emilia -Romagna (ARPAE) , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) Regione Emilia-Romagna , in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME viste le conclusioni
Oggetto: impianto di produzione energia idroelettrica – mancato rispetto del deflusso minimo vitale revoca della concessione -inammissibilità del ricorso.
scritte della Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Verghereto (FC) nel 2003 stipulò con la società RAGIONE_SOCIALE una convenzione per la realizzazione e la gestione di un impianto di produzione di energia idroelettrica. L’impianto sarebbe stato alimentato dal torrente Para.
Nel 2006 il Comune ottenne dalla competente autorità regionale la concessione di derivazione di acque dal suddetto torrente.
Nel 2014, per effetto di successive cessioni, il ramo d’azienda relativo alla gestione dell’impianto pervenne dalla RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE
Dopo la suddetta cessione il Comune di Verghereto rinunciò alla concessione di derivazione in favore dell’AMGA (24.10.2015).
Di conseguenza il 20.12.2016 la concessione di derivazione fu ‘ rinnovata e volturata’ in favore della AMGA, a condizione che:
il prelievo di acque rispettasse il deflusso minimo vitale (DMV) del torrente Para, stabilito in 200 litri al secondo nel periodo invernale, e 137 litri al secondo nel periodo estivo;
la AMGA rispettasse i criteri concordati con l’Agenzia Regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia dell’Emilia -Romagna (ARPAE), circa le modalità di prelievo e rilascio delle acque.
Circa due anni dopo questi fatti iniziò il contenzioso che ha dato origine al presente giudizio.
Dapprima l’Unione dei Comuni della Valle del Savio ordinò la demolizione dell’impianto, sul presupposto che fosse composto da opere realizzate in assenza del permesso di costruire (26.4.2018 ; l’impugnazione di tale provvedimento esula dall’oggetto del ricorso) .
Successivamente la ARPAE convocò per il 13.11.2018 la conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12, comma 3, d. lgs. 29.12.2003 n. 387.
All’esito di tale conferenza, la ARPAE adottò i segue nti provvedimenti:
-) dapprima (22.11.2018) ordinò la sospensione dell’esercizio dell’impianto , sul presupposto che esso era stato realizzato in difformità dalla concessione ed in modo tale da rendere impossibile il rilascio del Deflusso Minimo Vitale;
-) quindi diffidò la RAGIONE_SOCIALE dalla prosecuzione dell’esercizio dell’impianto (3.4.2019 );
-) dichiarò poi la AMGA decaduta dalla concessione (26.6.2019);
-) infine, revocò il provvedimento con cui l’impianto era stato escluso dalla procedura c.d. ‘VIA’ (6.9.201 9).
Nel 2019 La AMGA, con tre distinti ricorsi poi riuniti, impugnò dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque tutti e quattro i provvedimenti amministrativi sopra elencati.
Impugnò anche, insieme ad essi, il provvedimento (24.5.2019) con cui l’ARPAE aveva negato al Comune di Verghereto il rilascio dell’autorizzazione unica in sanatoria per l’impianto gestito dalla AMGA .
A fondamento dell’impugnazione dedusse che:
-) il provvedimento di sospensione dell’esercizio dell’impianto era immotivato , in quanto si limitava a rilevare la ‘difformità dell’impianto’ dal progetto autorizzato, senza indicare i dati dai quali risultava un prelievo di acque incompatibile col deflusso minimo vitale;
-) pregiudiziale all’adozione del provvedimento di sospensione (e poi di decadenza) era l’esito del giudizio pendente dinanzi al TAR, avente ad oggetto la legittimità del provvedimento di demolizione adottato dall’Unione dei Comuni della Valle del Savio;
-) eventuali abusi edilizi erano stati commessi dalla RAGIONE_SOCIALE, primo ge store e costruttore dell’ impianto. Resistettero la ARPAE e la Regione Emilia-Romagna.
Con sentenza 22.12.2021 n. 206 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigettò tutti i ricorsi.
Il TSAP ritenne che:
Camera di consiglio del 14 gennaio 2025
-) la AMGA non aveva un giuridico interesse, ma solo un interesse di fatto, ad impugnare il provvedimento con cui era stato negato al Comune di Verghereto il rilascio dell’autorizzazione unica in sanatoria, in quanto non aveva impugnato l’analogo provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica in sanatoria, formulata dalla stessa AMGA (p. 8);
-) i provvedimenti di sospensione e decadenza adottati dall’ARPAE erano atti vincolati e non discrezionali, una volta accertato che l’impianto non rispettava il deflusso minimo vitale;
-) in ogni caso la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai ottenuto il rilascio dell’autorizzazione unica, e ciò era di ostacolo al rilascio della concessione, sicché doverosamente era stata dichiarata la decadenza da quest’ultima;
-) la condotta della P.A. non aveva leso un legittimo affidamento della AMGA; quest’ultima, infatti, avendo domandato ( nel 2019) il rilascio dell’autorizzazione unica, aveva con ciò dimostrato la consapevolezza di averne necessità e di esserne sprovvista, e tanto bastava ad escludere l’affidamento sulla legittimità dell’esercizio dell’impianto ;
-) infine, la RAGIONE_SOCIALE non aveva interesse ad impugnare il provvedimento di revoca dell’esclusione dell’impianto dalla VIA. L’esclusione dalla procedura VIA era infatti solo una delle fasi del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica; sicché, una volta negata quest’ultima, non la revoca dell’esclusione VIA non nuoceva alla AMGA.
La suddetta sentenza è stata impugnata per Cassazione dalla AMGA con ricorso fondato su quattro motivi.
La Regione Emilia-Romagna e la ARPAE hanno resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso della Regione Emilia-Romagna.
Al controricorso, infatti, si applicano le regole di contenuto dettate, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c. (art. 370, secondo comma, c.p.c.). Ciò vuol dire che il controricorso deve contenere una chiara esposizione delle ragioni con le quali si intende contrastare il ricorso.
Nel caso di specie il controricorso depositato dalla Regione Emilia-Romagna non contiene alcuna deduzione, fuor dell’annuncio che avrebbe replicato al ricorso con la memoria illustrativa di cui all’art. 380 bis c.p.c..
La regione infatti ha depositato un controricorso che consta di due facciate, nel quale l’illustrazione delle difese si riduce alla seguente affermazione: ‘ la scrivente difesa, rilevata l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso per le ragioni che saranno compiutamente illustrate con separata memoria ex articolo 378 c.p.c., rassegna le seguenti conclusioni ecc. ‘.
Ma va da sé che la suddetta memoria può servire ad illustrare le difese già svolte, non a formularne di nuove.
2. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è denunciata ‘ violazione dell’art. 360 n. 3 ‘ ( sic ).
Esso è rivolto contro la statuizione di improcedibilità dell’impugnazione proposta avverso il provvedimento con cui la ARPAE negò al Comune di Verghereto il rilascio dell’autorizzazione unica in sanatoria, ex art. 12 d. lgs. 387/03.
Nella illustrazione del motivo sono mescolate due censure così riassumibili:
il TSAP non avrebbe potuto rigettare nel merito i ricorsi proposti dalla AMGA, dopo averne dichiarato l’improcedibilità;
era illegittima la statuizione di improcedibilità del ricorso proposto contro il provvedimento di rigetto dell’ istanza di rilascio dell’autorizzazione unica in sanatoria, formulata dal Comune di Verghereto; la AMGA infatti in quanto gestore dell’impianto era legittimata ad impugnare quel provvedimento , ai sensi dell’art. 146 r.d. 1775/33.
1.1. La prima censura è infondata.
La sentenza impugnata anche se nel dispositivo ha dichiarato di ‘ respingere i ricorsi riuniti’ , nella motivazione ha indicato con chiarezza che solo l’impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione in sanatoria, formulata dal Comune di Verghereto, era ‘ improcedibile’ , mentre l’impugnazione degli altri provvedimenti era infondata.
Dunque non è esatto che il TSAP abbia esaminato nel merito e rigettato le doglianze della AMGA dopo averle dichiarate ‘ improcedibili’ , e cioè dopo essersi spogliata dalla potestas iudicandi .
In realtà solo uno dei motivi di impugnazione proposti dalla AMGA fu dichiarato ‘improcedibile per mancanza di interesse’; non i motivi restanti, che furono correttamente esaminati nel merito.
La circostanza poi, che il TSAP abbia qualificato come ‘ improcedibile’ l’impugnazione d’un provvedimento ritenuta non sorretta da giuridico interesse (il che a rigore avrebbe dovuto indurre il TSAP ad una pronuncia di inammissibilità, non di improcedibilità) non muta la correttezza dell’esito finale della lite, che è comunque conforme a diritto: infatti la mancanza di interesse ex art. 100 c.p.c. è una delle tre tradizionali circostanze ad litis ingressum impedientes (possibilità giuridica, legitimatio , interesse), ed al pari dell’improcedibilità avrebbe comunque precluso l’esame del merito.
1.2. La seconda censura è inammissibile perché, anche se accolta, non condurrebbe alla cassazione della sentenza impugnata.
1.2.1. Come accennato, la RAGIONE_SOCIALE è il gestore di una centrale idroelettrica realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE in virtù d’un accordo col Comune di Verghereto.
Il Comune di Verghereto approvò il relativo progetto dopo avere acquisito dal Servizio Tecnico di Bacino Regionale la prescritta ‘ concessione di derivazione ed utilizzo di area demaniale’.
L ‘ impianto entrò in funzione 1° gennaio 2009 e funzionò fino al 2018.
Quando l’Unione dei Comuni della Valle del Savio ordinò l’abbattimento dell’impianto (26 aprile 2018) il Comune di Verghereto in data 28 settembre 2018 chiese all’ARPAE il rilascio di una autorizzaz ione unica in sanatoria ex art. 12 d. lgs. 387/03 ‘ per sanare le difformità già accertate dall’Unione dei Comuni della Valle del Savio’ .
Questa istanza fu rigettata all’esito della Conferenza di Servizi all’uopo convocata, sul presupposto che il Comune di Verghereto ‘ non aveva fornito documenti’ idonei a superare i pareri negativi al rilascio dell’autorizzazione espressi, in seno alla suddetta Conferenza di Servizi, dall’Unione dei Comuni e dalla Agenzia Regionale per la Protezione Civili.
1.2.2. Orbene, tra il rilascio dell ‘ autorizzazione in sanatoria richiesto dal Comune , e il rapporto concessorio esistente tra quest’ultimo e la AMGA esisteva un nesso giuridico di implicazione reciproca. La concessione di gestione dell’impianto presupponeva la legittimità urbanistica dell’impianto, sicché senza l’autorizzazione in sanatoria, cadendo la legittimità dell’impianto, sarebbe divenuto nullo perché sine causa il rapporto concessorio tra Comune e AMGA.
1.2.3. Erroneamente dunque il TSAP ritenne che il concessionario non avesse interesse ad impugnare il diniego di rilascio dell’autorizzazione in sanatoria richiesto dal Comune.
Il Comune era il proprietario degli immobili e il concedente il diritto di esercizio di essi. Autorizzazione in sanatoria ed esercizio dell’impianto simul stabant, simul cadebant .
Del resto è lo stesso TSAP ad affermare (p. 7, secondo capoverso) che il Comune di Verghereto era ‘ titolare esclusivo dell’impianto ed unico soggetto legittimato alla presentazione della domanda di autorizzazione in sanatoria ‘. S icché è arduo comprendere cos’altro potesse fare la AMGA, per proseguire l’esercizio dell’attività, se non impugnare il diniego opposto dalla ARPAE al Comune.
1.3. Sebbene la motivazione su questo punto debba dunque essere corretta, il motivo come accennato va dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza.
Il TSAP infatti ha rigettato tutti e tre i ricorsi proposti dalla AMGA contro i provvedimenti di decadenza dall’esercizio dell’impianto sul presupposto che quest’ultimo non garantisse il deflusso minimo vitale del torrente Para , e non per l’abusività delle opere edili componenti l’impianto .
E poiché nessuno dei motivi di ricorso è idoneo a vincere questa statuizione, l’accoglimento della seconda censura del primo motivo di ricorso non muterebbe l’esito finale del giudizio.
2. Il secondo motivo.
Il secondo motivo è inammissibile.
In esso infatti la società ricorrente, dopo avere dichiarato di volere denunciare ‘ la violazione dell’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., in relazione all’art.
146 T.U. 1775/33 ed all’art. 30 del Regolamento Regionale Emilia -Romagna 20.11.2001 n. 41 ‘, riunisce confusamente le seguenti deduzioni:
-) lamenta l’omesso esame ‘ di quanto dedotto nel ricorso introduttivo’ ;
-) segue la trascrizione pressoché integrale (non virgolettata) delle pp. 4-5 del ricorso introduttivo, nelle quali si assume che il provvedimento di sospensione dell’esercizio non era adeguatamente motivato;
-) dopo aver detto ciò, la società ricorrente passa a dolersi della ‘mancanza di motivazione’ sul fondamento della domanda cautelare da essa proposta col ricorso introduttivo;
-) dopodiché compaiono un quarto ed un quinto argomento, con cui si sostiene: a) che il TSAP avrebbe trascurato di consid erare che l’impianto gestito dalla RAGIONE_SOCIALE era ‘un’opera pubblica in funzione dal 2004 in forza di regolari titoli amministrativi ‘; (b) che ‘ la RAGIONE_SOCIALE era priva di legittimazione passiva in ordine alle difformità edilizie contestate, non addebitabili ad RAGIONE_SOCIALE ma ad RAGIONE_SOCIALE sua dante causa ‘ .
2.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato (a partire da Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, sino a Sez. un., Sentenza n. 7074 del 20/03/2017) che il ricorso per cassazione è un atto nel quale si richiede al ricorrente di articolare un ragionamento sillogistico così scandito:
(a) quale sia stata la decisione di merito;
(b) quale sarebbe dovuta essere la decisione di merito;
(c) quale regola o principio sia stato violato, per effetto dello scarto tra decisione pronunciata e decisione attesa.
Questa Corte, infatti, può conoscere solo degli errori correttamente censurati, ma non può rilevarne d’ufficio, né può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con tecnica scrittoria ambigua o polisemica (da ultimo, in tal senso, Sez. 3 – , n. 20935 del 26/07/2024; Sez. 3, n. 16593 del 13.6.2024; Sez. 3, n. 21861 del 30.8.2019; Sez. 3, n. 11255 del 10.5.2018; Sez. 3, n. 10586 del 4.5.2018; Sez. 3, 28.2.2017 n. 5036). Tantomeno la Corte può, violando il dovere di imparzialità, individuare
spontaneamente la censura appropriata da muovere a un provvedimento genericamente impugnato dalla parte ricorrente.
2.2. Nel caso di specie il secondo motivo di ricorso è illustrato in termini tali da non consentire di stabilire se con esso si sia voluto prospettare una omessa pronuncia sull’istanza cautelare (doglianza comunque inammissibile, posto che la pronuncia definitiva sul merito assorbe l’istanza cautelare); oppure un vizio di motivazione del provvedimento impugnato (censura che sarebbe comunque inammissibile, in quanto attinente una valutazione di merito); od ancora l’erroneità nel merito della decisione di rigetto, nel quale caso il motivo sarebbe manifestamente inammissibile ex art. 366 n. 4 e 6 c.p.c.: vuoi per la mancanza di una compiuta illustrazione (la ricorrente, in pratica, si limita a sostenere che la decisione del TSAP fu erronea perché la propria attività era legittima, il che val quanto dire credo quia credo ); vuoi per la incompleta indicazione degli atti su cui il ricorso si fonda e del loro contenuto.
3. Il terzo motivo.
Il terzo motivo è rivolto contro il capo di sentenza che ha rigettato l’impugnazione del provvedimento amministrativo di revoca dell’esclusione dell’impianto idroelettrico dalla procedura di VIA.
Nelle illustrazione del motivo si sostiene che la sentenza impugnata non ha esaminato il motivo di ricorso con cui si prospettava l’illegittimità del procedimento amministrativo all’esito del quale fu adottato il provvedimento impugnato.
3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per estraneità alla ratio decidendi .
Il TSAP ha infatti rigettato l’impugnazione del suddetto provvedimento per difetto di interesse. Rispetto ad una decisione di questo tenore è dunque inconferente discorrere di regolarità del procedimento amministrativo. Anche se quel procedimento fosse stato davvero viziato, ciò non basterebbe a vincere la statuizione secondo cui la AMGA non aveva alcun giuridico interesse a rimuovere il provvedimento amministrativo di esclusione dalla procedura VIA.
Quest’ultima statuizione, di per sé idonea a sorreggere il provvedimento di rigetto, si sarebbe perciò dovuta impugnare con un motivo ad hoc , non proposto.
4. Il quarto motivo.
Col quarto motivo è censurato il capo di sentenza col quale il TSAP ha rigettato la censura intesa a far valere il ‘ legittimo affidamento’ della AMGA sulla legittimità dell’impianto.
4.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per la sua genericità. Esso infatti esordisce affermando di volere impugnare la sentenza del TSAP per vizio di motivazione in merito alla ‘ dedotta censura di violazione della normativa sul giusto procedimento ‘ , e poi prosegue discorrendo di ‘legittimo affidamento ‘.
Ma né nell’illustrazione del motivo, né in altre parti del ricorso, si spiega in che termini fu prospettata nella fase di merito la sussistenza di un legittimo affidamento sulla legittimità dell’opera.
Indicazione tanto più necessaria, ai sensi dell’art. 366 n. 3 c.p.c., a fronte d’una sentenza che qualifica espressamente ‘ generica e indeterminata’ la relativa allegazione, e afferma che la prospettazione della violazione del principio del legittimo affidamento da parte della ARPAE fu solo ‘ adombrata’ .
Le spese del presente giudizio di legittimità sono così regolate:
-) vanno compensate nei confronti della Regione, mercé la ritenuta inammissibilità del controricorso;
-) nei confronti della ARPAE seguono la soccombenza.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE agenzia regionale prevenzione ambiente ed energia dell’Emilia-Romagna delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 6.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) compensa integralmente tra la RAGIONE_SOCIALE e la Regione Emilia-Romagna le spese del presente giudizio di legittimità
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della