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Revoca assegnazione appalto: no tutela cautelare

Un’impresa, dopo aver ottenuto l’assegnazione provvisoria di un appalto, si vede revocare l’incarico dalla committente per divergenze sul contratto collettivo da applicare. L’impresa ricorre in via d’urgenza chiedendo la riassegnazione, ma il Tribunale di Milano rigetta la richiesta. La decisione si fonda sulla mancanza dei presupposti per la tutela cautelare: l’assenza di un contratto perfezionato (manca il fumus boni iuris), la natura meramente patrimoniale e quindi risarcibile del danno (manca il periculum in mora) e il fatto che la misura richiesta non è strumentale a un futuro giudizio di merito. La controversia è stata inquadrata nell’ambito della responsabilità precontrattuale e non contrattuale, data la mancata stipula del contratto definitivo.

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Pubblicato il 29 luglio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Revoca Assegnazione Appalto: Quando il Giudice Nega la Tutela d’Urgenza

La revoca assegnazione appalto è un evento critico per qualsiasi impresa. Quando un’azienda, dopo aver vinto una gara, si vede sottrarre l’incarico, la prima reazione è spesso quella di ricorrere al tribunale per ottenere una tutela immediata. Tuttavia, un’ordinanza del Tribunale di Milano ci ricorda che l’accesso ai provvedimenti d’urgenza non è automatico e richiede la presenza di requisiti rigorosi. Il caso in esame dimostra come, in assenza di un contratto definitivo e di un danno irreparabile, la richiesta di riassegnazione forzata dell’appalto sia destinata a fallire.

Il Caso: Dalla Gara alla Revoca dell’Assegnazione dell’Appalto

Una società di servizi partecipava a una gara privata per la gestione dei servizi di portierato e reception presso un noto stadio. L’azienda si aggiudicava provvisoriamente l’appalto, dichiarando di voler applicare un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) specifico, ritenuto equivalente a quello applicato dalla società uscente.

Tuttavia, dopo l’assegnazione “con riserva”, emergevano delle criticità. La committente, dopo un’analisi più approfondita, contestava la scelta del CCNL, sostenendo che avrebbe comportato un aumento dei costi non previsto. A seguito di incontri mancati con i sindacati e la società uscente, la committente decideva per la revoca assegnazione appalto, affidando il servizio alla seconda classificata.

Ritenendo di aver subito un’ingiustizia, la società esclusa adiva il Tribunale in via d’urgenza, chiedendo la sospensione della revoca e la conseguente riassegnazione del contratto.

La Richiesta Cautelare e la Decisione del Tribunale

La richiesta dell’impresa si basava sull’art. 700 c.p.c., uno strumento che consente di ottenere provvedimenti atipici per evitare un pregiudizio imminente e irreparabile. L’obiettivo era ottenere un ordine del giudice che obbligasse la committente a tornare sui suoi passi e ad affidarle l’appalto.

Il Tribunale di Milano, però, ha respinto integralmente il ricorso. La decisione del giudice si articola su tre pilastri fondamentali che hanno portato a negare la tutela cautelare, ritenendo insussistenti i presupposti di legge.

Le Motivazioni della Decisione: Analisi sulla Revoca Assegnazione Appalto

Il rigetto del ricorso si fonda su un’analisi rigorosa dei requisiti necessari per la concessione della tutela d’urgenza. Vediamo nel dettaglio i punti chiave.

Assenza di Strumentalità: La Tutela Cautelare non può Sostituire il Giudizio

Il primo motivo di rigetto riguarda il cosiddetto nesso di strumentalità. Un provvedimento cautelare deve essere ‘strumentale’ a garantire gli effetti di una futura sentenza di merito, non a creare una situazione che lede i diritti di terzi o anticipa in modo irreversibile la decisione finale. Ordinare la riassegnazione dell’appalto avrebbe significato ledere la sfera giuridica della società terza che, nel frattempo, si era legittimamente aggiudicata l’incarico. Inoltre, una simile misura non sarebbe stata funzionale a un’eventuale futura causa per il risarcimento del danno, che è di natura puramente economica.

Il “Fumus Boni Iuris”: Nessun Contratto Perfezionato

Il secondo, e forse più importante, punto è la mancanza del fumus boni iuris, ovvero la ‘parvenza di fondatezza’ del diritto vantato. Il giudice ha chiarito che la “comunicazione di assegnazione con riserva” non costituiva un contratto di appalto perfezionato. I documenti di gara specificavano che si trattava di un invito a presentare un’offerta e che la stipula del contratto vero e proprio sarebbe avvenuta in un momento successivo. Di conseguenza, la vicenda non rientrava nell’ambito della responsabilità contrattuale (art. 1671 c.c.), ma, al più, in quello della responsabilità precontrattuale (art. 1337 c.c.), per un’eventuale rottura ingiustificata delle trattative. Mancando un contratto, mancava il diritto all’esecuzione della prestazione.

Il “Periculum in Mora”: Il Danno Puramente Economico è Risarcibile

Infine, il Tribunale ha escluso la sussistenza del periculum in mora, cioè il pericolo di un danno imminente e irreparabile. I danni lamentati dalla ricorrente – costi di partecipazione alla gara e mancato guadagno – erano di natura esclusivamente patrimoniale. Secondo un principio consolidato, un danno economico è per sua natura riparabile attraverso un successivo risarcimento in denaro. La società ricorrente non ha fornito alcuna prova che il mancato affidamento dell’appalto avrebbe causato un pregiudizio tale da metterne a rischio la sopravvivenza o che la committente non sarebbe stata in grado di pagare un eventuale risarcimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

L’ordinanza del Tribunale di Milano offre importanti spunti di riflessione per le imprese che partecipano a gare d’appalto. In primo luogo, evidenzia la fondamentale distinzione tra l’assegnazione provvisoria e la stipula di un contratto definitivo: fino alla firma, ci si muove sul terreno delle trattative. In secondo luogo, ribadisce che la revoca assegnazione appalto, sebbene potenzialmente illegittima e fonte di responsabilità precontrattuale, non conferisce automaticamente il diritto a una tutela d’urgenza finalizzata all’esecuzione forzata. Il danno puramente economico, come la perdita di fatturato, non è di norma considerato ‘irreparabile’ ai fini cautelari, potendo sempre essere ristorato in un successivo giudizio di merito. Le aziende devono quindi essere consapevoli che la strada per ottenere giustizia, in questi casi, passa attraverso un’azione ordinaria per il risarcimento dei danni e non attraverso scorciatoie cautelari.

Perché il Tribunale ha respinto la richiesta d’urgenza dopo la revoca dell’assegnazione dell’appalto?
Il Tribunale ha respinto la richiesta perché mancavano i tre requisiti fondamentali per la tutela cautelare: il fumus boni iuris (non esisteva un contratto perfezionato, ma solo una fase di trattative), il periculum in mora (il danno era puramente economico e quindi risarcibile) e il nesso di strumentalità (la misura richiesta non era funzionale a garantire l’esito di una futura causa di risarcimento).
L’assegnazione “con riserva” di un appalto è considerata un contratto vincolante?
No, secondo l’ordinanza, la comunicazione di ‘assegnazione con riserva’ non perfeziona il contratto. Essa rappresenta una fase preparatoria e interlocutoria, inserita nel contesto delle trattative. Il contratto si perfeziona solo con la successiva stipula formale tra le parti.È possibile ottenere un provvedimento d’urgenza per costringere una committente a eseguire un appalto la cui assegnazione è stata revocata?
In base a questa decisione, è molto difficile. Il giudice ha ritenuto che un tale ordine rappresenterebbe un’indebita interferenza nella libertà negoziale della committente e lederebbe i diritti di terzi (la nuova società aggiudicataria). La tutela corretta per un danno di questo tipo è il risarcimento economico, da richiedere in un giudizio ordinario per responsabilità precontrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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