Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 257 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 257 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12077 RG anno 2023 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME VETTORE NOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE);
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
contro
ricorrente nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata avverso la SENTENZA n. 2533/2022 emessa dalla CORTE D’APPELLO VENEZIA il 29/11/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
─ Con atto di citazione notificato il 27 luglio 2015, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio, avanti al Tribunale di Venezia, RAGIONE_SOCIALE per sentir dichiarare la nullità della delibera assunta in data 31 marzo dello stesso anno dalla società, con conseguente accertamento del permanere della loro rispettiva qualità di consiglieri e di presidente del consiglio di amministrazione.
L’adito Tribunale ha accertato la nullità della delibera impugnata rigettando la domanda di condanna al risarcimento dei danni.
Avverso la sentenza, NOME e NOME COGNOME hanno proposto appello.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 29 novembre 2022, ha respinto il gravame.
Si legge nella sentenza impugnata, a proposito dell’accertata infondatezza della pretesa risarcitoria: «on sussiste alcun elemento per ritenere che gli odierni appellanti, qualora correttamente informati attraverso l’inserimento all’ordine del giorno, avrebbero potuto impedire la loro revoca per giusta causa e, dall’altro, che non sono state contestate le circostanze che hanno influito negativamente sulla prosecuzione del rapporto tanto da elidere l’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e sulle capacità degli amministratori»; e ancora: «Del resto, non è provato il danno concretamente derivante dal mancato inserimento all’ordine del giorno della discussione circa la revoca degli amministratori e che doveva essere eventualmente limitato al periodo di tempo necessario per la regolare convocazione
dell’assemblea ».
– Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, erede di NOME COGNOME. Il ricorso si basa si tre motivi ed è resistito da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, socio di RAGIONE_SOCIALE
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. La stessa parte ha depositato memoria
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ Il ricorso contiene i seguenti motivi.
Primo motivo: Motivazione omessa, carente e insanabilmente contraddittoria; mancanza di devoluzione in appello della questione della giusta causa di revoca degli amministratori, implicitamente insussistente per il Tribunale che ha comunque annullato la delibera societaria; violazione degli articoli 112 e 329 c.p.c. e art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c..
Secondo motivo: omesso esame di cui alle richieste istruttorie aventi carattere decisivo, errore di percezione del giudice sul contenuto oggettivo della prova, oggetto di discussione tra le parti; diritto ai compensi maturati dagli amministratori e deliberato all’unanimità dall’assemblea societaria, giusti incontestati documenti dimessi in primo grado da parte qui ricorrente; violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4 e n. 5, c.p.c..
Terzo motivo: v iolazione e falsa applicazione dell’art 1725 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c..
2. ─ La proposta ha il tenore che segue:
«Il ricorso è inammissibile.
«È inammissibile il primo mezzo, che, al di là della denuncia di vizio motivazionale combinato con violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ed inosservanza del principio di acquiescenza parziale, si risolve nel tentativo di rimettere in
discussione l’accertamento del fatto, in ordine all’esclusione del diritto al risarcimento del danno sia sotto il profilo dell’ an del quantum .
«Anche il secondo mezzo, pure esso totalmente versato in merito, è inammissibile.
« La violazione dell’articolo 112 c.p.c. non è richiamata a proposito, essendo cosa nota che essa non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito (a mero titolo di esempio Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424).
«Quanto alla denunciata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., il motivo si infrange contro il principio, affermato tra le tante da Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione: -) per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; -) la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della
prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
« L’errore di percezione del giudice sul contenuto oggettivo della prova non è denunciabile in cassazione (Cass. Sez. U. 5 marzo 2024, n. 5792).
«Il terzo motivo è inammissibile perché pone una questione nuova che la sentenza impugnata non esamina affatto».
3 . -Anz itutto è da escludere l’inammissibilità del ricorso per la mancata esposizione dei fatti di causa, eccepita dalla controricorrente. L’atto impugnatorio contiene infatti « la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso », di cui al novellato art. 366, n. 3, c.p.c.. La lettura del ricorso per cassazione smentisce, dunque, quanto dedotto nel controricorso.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
Il Tribunale, dopo aver affermato che la delibera impugnata andava annullata, ha disatteso la domanda risarcitoria avente ad oggetto il lucro cessante derivante dalla mancata percezione del compenso attribuito agli attori con delibera del 29 novembre 2010, osservando che il consiglio di amministrazione in carica era stato nominato con delibera del 24 aprile 2014 e che, in sintesi, non era stata fornita la prova dell’emolumento che i membri dello stesso avevano diritto di percepire (cfr. ricorso, pagg. 9 s.).
Col proprio atto di appello gli attori, soccombenti sul punto in primo grado, avevano espressamente confutato i rilievi del Tribunale, osservando , tra l’altro, che la delibera del 24 aprile 2014 era stata prodotta (cfr. ricorso, pagg. 28 s.).
La Corte di appello, pur dando atto che il gravame investiva il tema del compenso degli amministratori, richiamando, sul punto, la delibera del 29 novembre 2010, che prevedeva un compenso mensile lordo di euro 3.000,00 per il consigliere NOME COGNOME e di euro
5.000,00 per il presidente NOME COGNOME ha argomentato in modo non intelleggibile sulla questione ad essa devoluta, attribuendo rilievo, come si è detto, da un lato, alla mancata prova del fatto che gli appellanti, ove correttamente informati attraverso l’ordine del giorno di una delibera circa la loro revoca, non avrebbero potuto impedire quest’ultima e, dall’altro, alla circostanza per cui il danno avrebbe dovuto essere comunque circoscritto al periodo di tempo necessario per la regolare convocazione dell’assemblea. Tale motivazione non dà evidentemente ragione della privazione del compenso lamentata dagli amministratori in ragione della delibera di revoca poi annullata: tema, questo, devoluto al Tribunale prima, e alla Corte di appello poi.
Come è noto, la riformulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione, onde è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tra tali anomalie rientra, poi, la «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598).
L’argomentare della Corte di merito si presenta viziato appunto in termini di obiettiva incomprensibilità avendo riguardo al fatto che, come si è detto, è stato lo stesso Giudice di appello a riconoscere che l’impugnazione aveva ad oggetto il tema della prova del compenso convenuto per l’att ività gestoria dei Vettore.
4. -La sentenza va quindi cassata in accoglimento del primo motivo, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, che
statuirà in diversa composizione e deciderà pure sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione