LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Revoca amministratori: motivazione incomprensibile

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che negava il risarcimento a due amministratori a seguito di una revoca illegittima. La motivazione della corte territoriale è stata giudicata ‘perplessa e obiettivamente incomprensibile’, in quanto non ha affrontato adeguatamente la questione del mancato compenso, che era il cuore della domanda risarcitoria. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Revoca amministratori: la Cassazione annulla per motivazione incomprensibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro ordinamento: le decisioni dei giudici devono essere supportate da motivazioni chiare, logiche e comprensibili. Il caso in esame riguarda la revoca amministratori di una società e la successiva richiesta di risarcimento per i compensi non percepiti. La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, definendo la sua motivazione ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, offrendo spunti cruciali sul vizio di motivazione e sul diritto al risarcimento.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine quando due amministratori di una società di capitali vengono rimossi dal loro incarico tramite una delibera assembleare. Ritenendo illegittima la decisione, i due si rivolgono al Tribunale, che accoglie la loro domanda, annullando la delibera. Tuttavia, il giudice di primo grado respinge la richiesta di risarcimento danni, basata sul lucro cessante per i compensi non percepiti fino alla naturale scadenza del mandato.

Gli ex amministratori decidono quindi di appellare la sentenza, limitatamente alla parte in cui era stata respinta la loro pretesa risarcitoria. La Corte d’Appello, però, conferma la decisione di primo grado, respingendo il gravame. È a questo punto che la questione approda in Cassazione, con gli ex amministratori che lamentano, tra le altre cose, un grave vizio di motivazione nella sentenza d’appello.

La Revoca Amministratori e il Vizio di Motivazione

La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, incentrato proprio sulla ‘anomalia motivazionale’ della sentenza impugnata. Gli Ermellini evidenziano come la Corte d’Appello, pur riconoscendo che l’oggetto del contendere fosse la prova del compenso spettante agli amministratori, abbia poi sviluppato un’argomentazione del tutto incomprensibile e non pertinente.

Il giudice di secondo grado si era concentrato su due aspetti irrilevanti:
1. La presunta mancata prova che gli amministratori, se correttamente informati, avrebbero potuto evitare la revoca.
2. La circostanza che il danno avrebbe dovuto essere limitato al tempo necessario per una nuova e regolare convocazione dell’assemblea.

Secondo la Cassazione, questo ragionamento non risponde in alcun modo alla questione centrale: la privazione del compenso a seguito di una delibera di revoca poi annullata.

Le Motivazioni

La Suprema Corte richiama la propria giurisprudenza consolidata sul vizio di motivazione, come riformato dall’art. 360, n. 5, c.p.c. Tale vizio è denunciabile in cassazione solo quando si traduce in un’ ‘anomalia motivazionale’ che viola il ‘minimo costituzionale’. Questo si verifica quando la motivazione è del tutto assente, apparente, o, come nel caso di specie, ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.

Una motivazione è incomprensibile quando il percorso logico-giuridico seguito dal giudice non è ricostruibile, impedendo di comprendere la ragione della decisione. La Corte d’Appello aveva creato una frattura insanabile tra le premesse (l’oggetto della causa era il compenso) e le conclusioni (ragionamenti astrusi sulla possibilità di evitare la revoca), rendendo la sua decisione arbitraria e non giustificata. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché riesamini il merito della questione risarcitoria fornendo una motivazione congrua e logica.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante sull’obbligo del giudice di fornire motivazioni chiare e pertinenti. Per le società e i loro amministratori, la decisione ribadisce che una revoca amministratori dichiarata illegittima può fondare una richiesta di risarcimento per il lucro cessante, ossia per i compensi che sarebbero stati percepiti. La controversia non deve vertere su ipotetici scenari (se la revoca poteva essere evitata), ma sul danno concreto e provato derivante dall’illegittimità dell’atto. La sentenza rinviata dovrà ora concentrarsi esclusivamente su questo punto, valutando le prove relative al compenso pattuito e non percepito.

Cosa si intende per ‘motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile’ di una sentenza?
Si tratta di una motivazione così confusa, contraddittoria o illogica da non permettere di comprendere il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. È un vizio talmente grave da essere considerato una violazione del ‘minimo costituzionale’ e porta all’annullamento della sentenza.

Se la delibera di revoca di un amministratore viene annullata, l’amministratore ha diritto al risarcimento?
Sì, secondo i principi emersi dalla sentenza, l’amministratore la cui revoca è stata dichiarata illegittima può chiedere il risarcimento del danno per lucro cessante, ovvero per i compensi che avrebbe percepito se fosse rimasto in carica fino alla scadenza naturale del mandato.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha annullato la decisione perché la motivazione della Corte d’Appello era viziata da una ‘obiettiva incomprensibilità’. Invece di decidere sulla questione centrale del diritto al compenso, il giudice d’appello ha basato la sua decisione su argomenti non pertinenti, rendendo impossibile capire il fondamento logico-giuridico del rigetto della domanda risarcitoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati