Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4148 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE revoca amministratore AC – 17/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37879/2019 R.G. proposto da
COGNOME NOME NOME elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dall’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende con l’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al r icorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dall’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende con gli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dall’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende con gli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
e nei confronti di
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ;
-intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, sezione imprese, n. 2165/2019 del 17 maggio 2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, ha: a) accertato la giusta causa di revoca di NOME COGNOME -poi sostituito in giudizio dall’erede NOME COGNOME, nella contumacia degli altri eredi NOME e NOME COGNOME e NOME e NOME COGNOME – dalla carica di amministratore delegato della RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo: ‘RAGIONE_SOCIALE‘); b) rigettato la domanda di pagamento degli emolumenti per la gestione amministrativa dell’COGNOME per il periodo successivo al 22 luglio 2013; c) rigettato la domanda dell’COGNOME di pagamento dell’indennità prevista dall’articolo 6.1 dell’accordo concluso con la
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo: ‘RAGIONE_SOCIALE‘); d) revocato la condanna di RAGIONE_SOCIALE alla pubblicazione della sentenza di primo grado; e) rigettato l’istanza di pubblicazione della sentenza di appello; f) rigettato l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME e coltivato processualmente dalla sua erede NOME COGNOME; g) rigettato le domande di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE aventi per oggetto il risarcimento del danno cagionato dall’amministratore ; h) regolato le spese di lite.
2. La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto: a) che l’interpretazione della lettera indirizzata dall’COGNOME ai vertici di RAGIONE_SOCIALE e dal medesimo letta durante la riunione del consiglio di amministrazione dell’8 luglio 2013 conducesse a ritenere violato l’obbligo di non concorrenza da lui assunto ai sensi dell’articolo 6.2 dell’accordo con RAGIONE_SOCIALE, società controllante RAGIONE_SOCIALE, che in corrispettivo dell’impegn o di votare l’COGNOME alla carica di a.d. -contemplava il divieto per l’amministratore di svolgere ogni attività, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi ruolo svolto, direttamente o indirettamente per conto di altre società operanti nel settore delle manifestazioni fieristiche per i settori merceologici rientranti in RAGIONE_SOCIALE; b) che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, tale comportamento non poteva essere espressione dell’attività svolta dall ‘RAGIONE_SOCIALE, società estranea al patto di non concorrenza, atteso che quest ‘ultim a svolgeva mere funzioni di segreteria operativa del solo RAGIONE_SOCIALE, estraneo ai fatti di causa, laddove l ‘RAGIONE_SOCIALE, nella predetta missiva, assumeva chiaramente un impegno personale alla realizzazione dell’espansione delle categorie merceologiche del predetto RAGIONE_SOCIALE ad alcune di quelle già presenti alla fiera RAGIONE_SOCIALE; c) che tale condotta aveva determinato la compromissione del
rapporto fiduciario dei soci di RAGIONE_SOCIALE con il loro amministratore delegato, tale da far venir meno l’affidamento da essi riposto nelle sue capacità gestionali, con particolare riferimento all’obbligo di fedeltà e diligenza professionale nell’adempimento dell’incarico, con ciò determinando anche la violazione dell’art. 2390 cod. civ.; d) che andava confermata la decisione del Tribunale di respingere l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall ‘RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del compenso per le funzioni svolte, atteso che l’accertata sussistenza di giusta causa di revoca non comporta, contrariamente a quanto sostenuto da RAGIONE_SOCIALE, la perdita del diritto al percepimento degli emolumenti per il periodo precedente alla revoca, del tutto irrilevante essendo che tale compenso si riferisse anche al periodo nel quale l’amministratore aveva tenuto la condotta contestatagli, atteso che l’attività svolta non poteva ritenersi circoscritta al solo rispetto del divieto di concorrenza; in ogni caso, il Tribunale aveva confermato il decreto ingiuntivo in quanto l’opponente non aveva contestato il diritto agli emolumenti dell’intimante, ma aveva dedotto in compensazione il suo asserito controcredito risarcitorio derivante dalla condotta dell’COGNOME posta a fondamento della delibera di revoca (pretesa risarcitoria peraltro respinta dalla Corte per difetto di prova del nesso causale).
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un motivo.
NOME e NOME COGNOME e NOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale lamenta:
Primo motivo: «1 – Violazione e/o falsa applicazione de ll’a rt. 2390 c.c., laddove il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto il relativo precetto applicabile all’amministratore di SRAGIONE_SOCIALE in via analogica», deducendo che la Corte avrebbe errato nel ritenere applicabile la citata disposizione anche agli amministratori di società a responsabilità limitata, in conseguenza del mancato rinvio della disciplina di quest’ultimo tipo sociale a quello della società per azioni con conseguente esonero dell’RAGIONE_SOCIALE dal rispetto del divieto di non concorrenza.
Il motivo è inammissibile. In disparte la questione teorica sull’applicabilità dell’art. 2390 cod. civ. anche alle società a responsabilità limitata, nel caso di specie va rilevato che la causa petendi dell ‘ azione di revoca dalla carica si basa sulla natura contrattuale del patto di non concorrenza, per effetto dell’accordo intervenuto tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE. Da tanto consegue che il giudizio della Corte di appello inerente alla sussistenza della violazione del predetto accordo negoziale è indubitabilmente finalizzato alla valutazione della legittimità dell’intervenuta delibera di revoca dell’incarico e, siccome valutata anche con riferimento al profilo pattizio, fa ritenere il riferimento al divieto di concorrenza previsto per le società per azioni un argomento speso semplicemente ad abuntantiam , che in nessun caso può ritenersi esclusivamente fondante la decisione sul punto. Da tanto deriva l’ inammissibilità del motivo, per difetto di attinenza all ‘indicata ratio decidendi .
Secondo motivo: «2 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art 2390 c.c. (se ritenuto applicabile) e/o degli artt. 1218, 1222 c.c. e 115 c.p.c., laddove il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto che sussista violazione di divieto di concorrenza legale e/o pattizio, anche in mancanza della prova di reiterate condotte materiali dell’amministratore, concretamente produttive di danno a carico della società».
Il motivo è inammissibile perché, sotto l’apparente allegazione di una falsa applicazione della normativa indicata come lesa, tende in effetti a far compiere a questa Corte un’inammissibile riedizione del giudizio di merito sulla rilevanza e sulla gravità del comportamento addebitato all’amministratore dalla delibera di revoca dall’incarico, che la Corte territoriale ha effettuato con motivazione assolutamente intelligibile e adeguata sottraendosi, pertanto, a ogni possibile sindacato in merito da parte di questa Corte di legittimità.
Terzo motivo: «3 – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366, 1367 e 2596 c.c. laddove, nell’interpretare il patto di non concorrenza di cui all’accordo il giudice del gravame non ha ricercato la comune volontà delle parti limitandosi a recepire l’interpretazione, non di buona fede, prospettata dalle società appellanti».
Il motivo è inammissibile perché la ricorrente, sotto la rubrica della violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, deduce in realtà censure di merito, le quali presuppongono -ciò che invece non è consentito in sede di legittimità -l’esame degli atti di causa al fine di compiere accertamenti e valutazioni di fatto, riguardo al contesto della stipula del divieto di concorrenza, non contenuti nella sentenza impugnata.
Quarto motivo: «4 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art 2390 c.c. (se ritenuto applicabile), laddove il giudice del gravame ha disatteso il principio di diritto secondo cui la nomina ad amministratore di persona che notoriamente esercita un’attività concorrente con quella della società costituisce implicita autorizzazione alla prosecuzione della stessa».
Il motivo è inammissibile in quanto, ancora una volta, sotto l’apparente allegazione di una falsa applicazione del divieto legislativo di non concorrenza, omette non solo di confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha identificato una natura contrattuale e non legale del patto medesimo, ma finisce di nuovo per pretendere da questa Corte un ‘i nammissibile riedizione della valutazione delle prove, segnatamente in tema di sussistenza di elementi di presunta notorietà dell’attività svolta dall’amministratore revocato in concorrenza con la società con la quale aveva stipulato il patto di non concorrenza.
Il ricorso incidentale lamenta «falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la richiesta di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di revoca del decreto ingiuntivo opposto, siccome apodittica e in contrasto con il principio generale dell’ordinamento delle obbligazioni contrattuali secondo il quale la parte che non ha effettuato la propria prestazione o che l ‘h a effettuata in maniera non rispondente alle utilità attese e programmate attraverso il contratto -come avvenuto nella specie a causa della violazione del patto di non concorrenza da parte dell’RAGIONE_SOCIALE proprio nel periodo cui si riferiscono i ratei del suo compenso non corrisposti -non ha diritto al corrispettivo. Parimenti erronea sarebbe l’alternativa ratio decidendi basata sul rilievo del giudice di
secondo grado secondo cui RAGIONE_SOCIALE non avrebbe contestato, davanti al Tribunale, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, il diritto agli emolumenti dell’amministratore e si sarebbe limitata a dedurre in compensazione il proprio controcredito risarcitorio: vero essendo, al contrario, secondo la ricorrente incidentale, che tale contestazione era stata sollevata nella prima memoria ex art. 183, comma sesto, c.p.c.
Il motivo è infondato. Il principio inadimplenti non est adimplendum , ai sensi dell’art. 1460 c.c., invocato dalla ricorrente incidentale, ha efficacia dilatoria e non definitiva, sicché il rifiuto dell’adempimento è legittimo allorché serve a stimolare l’altro contraente a compiere una prestazione ancora possibile (cfr. Cass. 2721/1988, 2596/1990). Nel caso in esame la prestazione non adempiuta dall’COGNOME, che giustificherebbe il rifiuto di pagamento del suo compenso di amministratore da parte della società, sarebbe l’astensione da comportamenti concorrenziali nel periodo passato di cui trattasi. L’inadempimento, però, di una prestazione di contenuto negativo riferita ad un tempo passato, non può che avere carattere definitivo, e non provvisorio: adempiere successivamente al divieto di concorrenza, la cui violazione è ormai stata consumata, sarebbe impossibile. All’inadempimento definitivo si era dunque sostituta l’obbligazione risarcitoria dell’inadempiente . Tale obbligazione ben avrebbe potuto essere compensata con il credito del compenso di amministratore; sennonché la Corte d’appello , come si è accennato sopra in narrativa, ha escluso -con statuizione rimasta incensurata -la sussistenza di un danno per la società causalmente collegato alla violazione del patto di non concorrenza da parte del suo amministratore.
La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione tra le parti -inclusa RAGIONE_SOCIALE, attesa l’unicità degli atti difensivi condivisi con la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -delle spese di lite relative alla presente fase di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese di lite relative alla presente fase di legittimità.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre