Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 514 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 514 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30320/2021 R.G . proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME -ricorrente- contro
COMUNE DI COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 203/2021 depositata il 30.4.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 4.11.1999 l’Impresa NOME COGNOME ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Sestu, per il pagamento della somma di £ 150.928.930 (€ 77.948,29), ex art. 345 della legge 2248/1865 all. F, quale risarcimento conseguente alla mancata consegna dei lavori di « completamento di una scuola elementare di 15 aule nella INDIRIZZO », nonché alla illegittima condotta del Comune di Sestu in relazione alla gara d’appalto aggiudicata definitivamente alla Ditta COGNOME.
Avverso il provvedimento monitorio ha proposto opposizione il Comune di Sestu, deducendo oltre ad alcuni motivi di merito, l’incompetenza territoriale del Tribunale romano, essendo competente il Tribunale di Cagliari.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 12.4.2005, ha dichiarato la propria incompetenza, indicando come competente il Tribunale di Cagliari.
Riassunto il giudizio, il Tribunale di Cagliari, con sentenza dell’8.1.2010 , ha respinto tutte le domande proposte dalla Ditta COGNOME condannata in accoglimento della domanda riconvenzionale al pagamento in favore del Comune di Sestu della somma di € 134.425,78, oltre interessi dalla domanda al saldo, e al pagamento delle spese processuali.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la Ditta COGNOME a cui ha resistito il Comune di Sestu.
NOME COGNOME ha chiesto un riesame globale del merito della causa, affermando che l’aggiudicazione dei lavori aveva valore equivalente al contratto, come accertato anche dal Tribunale di Roma senza che il punto fosse stato oggetto di appello, di aver ottemperato alla presentazione della fideiussione prevista per legge, e che il Comune aveva riconosciuto la sussistenza di elementi ostativi all’inizio dei lavori per la presenza di materiali nell’area del cantiere.
Ha aggiunto di non essere mai stato invitato a sottoscrivere il contratto e che non vi era prova dell’avvenuto recapito delle missive del 8.9.1999 e del 14.10.1999 prodotte da controparte.
L’appellante ha sostenuto altresì l’illegittimità della risoluzione unilaterale del contratto e la malafede del Comune, che aveva affidato i lavori non già alla seconda impresa in graduatoria, ma ad altra impresa, che era stata esclusa dalla gara perché l’offerta non era supportata dalla documentazione richiesta (fideiussione).
Il Comune, nel costituirsi nel giudizio, ha dedotto in via preliminare la violazione dell’art. 342 cod.proc.civ. e ha chiesto la declaratoria di nullità dell’avversa citazione; ha sostenuto l’invalidità del decreto ingiuntivo a seguito della declaratoria di incompetenza e ha chiesto il rigetto della pretesa creditoria azionata; ha precisato di aver prodotto anche la copia della ricevuta di ricevimento della raccomandata con la quale l’impresa era stata invitata a sottoscrivere il contratto, ribadendo la negligenza della ditta COGNOME, consistita nel mancato deposito dei documenti nel termine concesso e nella mancata stipula del contratto per fatto ad essa imputabile; ha affermato che l’art 345 della legge n.2248 del 1865, All.F,, invocato dall’appellante, non poteva applicarsi in assenza di effettiva consegna dei lavori, e che, comunque, non era un meccanismo automatico di liquidazione del danno.
Con sentenza in data 7.10.2016 la Corte d’ appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile l’appello per assoluta genericità, condannando il COGNOME alla rifusione delle spese.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione e la Suprema Corte, con ordinanza n. 15972 del 2018, ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata.
NOME COGNOME ha quindi riassunto il giudizio davanti alla Corte d’appello, riproponendo così il gravame in contraddittorio con il Comune di Sestu.
La Corte di appello di Cagliari con la sentenza n. 203 del 30.4.2021 ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME compensando nella misura di un terzo le spese processuali.
Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 25.11.2021 ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME svolgendo tre motivi.
Con atto notificato il 3.1.2022 ha proposto controricorso il Comune di Sestu, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
In data 8.6.2023 il Presidente ha proposto la definizione anticipata del giudizio a norma dell’art.380 -bis cod.proc.civ., rilevando che il ricorso appariva inammissibile perché non coglieva la ratio decidendi basata sull’accertata mancata cooperazione del ricorrente alla stipulazione del contratto, nonostante l’invito da parte del Comune con indicazione della data destinata alla stipulazione e sul successivo comportamento omissivo da parte del ricorrente, tenuto ad adoperarsi per la stipulazione. Circostanze queste attestate dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio di merito e che aveva costituito oggetto del contraddittorio già dal primo grado del giudizio.
In data 12.7.2023 il ricorrente, debitamente depositata una nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art.380 -bis, comma 2, cod.proc.civ.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente COGNOME ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e/o dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.
Il ricorrente osserva che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Cagliari ha respinto l’appello da lui proposto, sulla base della documentazione ulteriore e diversa rispetto a quella che era stata depositata nei precedenti gradi di giudizio dal Comune di Sestu, e prendendo altresì indebitamente in considerazione il fascicolo cartaceo depositato il 3.2.2021 dal Comune di Sestu.
Il ricorrente osserva che nelle pagine da 8 a 16 della sentenza la Corte territoriale ha motivato il rigetto dell’impugnazione da lui dispiegata, basandosi sulla documentazione prodotta dal Comune di Sestu (specificatamente contestata in tutti i precedenti gradi di giudizio e nella memoria conclusionale di replica datata 22.12.2020), al fine di giustificare l’atteggiamento tenuto dal Comune e di censurare l’inadempimento dell’aggiudicatario delle opere in questione per non aver trasmesso la documentazione mancante e non essersi presentato per la stipula del contratto, benché convocato.
Aggiunge il ricorrente che il percorso logico-argomentativo seguito dalla Corte di appello di Cagliari dava per scontata la veridicità della documentazione nuovamente depositata, tardivamente ed inammissibilmente, con la comparsa conclusionale dal Comune di Sestu (peraltro differente da quella che era stata depositata in precedenza).
Il Giudice avrebbe quindi potuto decidere sulla base dei soli atti a sua disposizione, poiché era tenuto a disporre la ricerca dei
documenti mancanti o la ricostruzione dell’intero fascicolo di parte solo nel diverso caso in cui l’omissione fosse dipesa da una condotta involontaria della parte.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo, il ricorrente assume che non fosse stato originariamente allegato all’avversario documento n.8, ossia alla lettera del Comune del 14.10.1999, l’avviso di ricevimento che dimostrava che la lettera in questione era pervenuta alla conoscenza dell’Impresa COGNOME per dedurne in base alla tardività del deposito del fascicolo cartaceo pervenuto dalla Corte di Cassazione e alla difformità dei documenti sostitutivi depositati in formato PDF dal Comune, l’illegittimità dell’affermazione di conoscenza di tale documento da parte sua formulata dalla Corte di rinvio.
Di tale pretesa difformità il ricorrente però non fornisce alcuna prova e si limita a sostenere di averla segnalata, dapprima, con l’atto di citazione in riassunzione e , poi, con la memoria conclusionale di replica del 22.12.2020; questo fatto non è ammesso dalla controparte, che anzi dà atto della asserita perfetta corrispondenza fra i documenti depositati in PDF e quelli contenuti nei fascicoli cartacei poi comunque prodotti, e ricorda anche di aver ribadito nella comparsa di costituzione in appello del 2011 « che, per quanto riguarda il doc. 8, è depositata in atti anche la copia della ricevuta di ricevimento della racc.ta, a differenza di quanto affermato a pag. 16 dell’atto d’appello ».
Né si vede come questa Corte potrebbe controllare d’ufficio tale circostanza, poiché, secondo la stessa deduzione della ricorrente, pacificamente ora il documento in questione comprende anche l’avviso di ricevimento.
Inoltre, come ricorda il controricorrente, il Comune di Sestu, con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di riassunzione del 19.12.2018, confidando nella trasmissione del
fascicolo di parte ad opera della cancelleria, aveva fatto riserva, per il caso contrario, di depositare la «copia studio» dello stesso, ossia i medesimi documenti contenuti nel fascicolo di parte.
Poiché non risultava ancora dalla piattaforma del processo civile telematico tale trasmissione, in data 27.5.2020 il difensore ha provveduto a depositare in formato PDF copia dei fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio, ai sensi dell’art. 16 -bis , comma 1, del d.l. n. 179/2012, convertito in legge n. 221/2021, che prevede che il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche.
La censura della ricorrente è basata su un argomento che attiene al fascicolo cartaceo e non coglie quindi nel segno anche sotto questo profilo, visto che la sentenza ben può essersi basata sulla copia dei fascicoli di parte depositata in formato PDF mediante la piattaforma PCT il 27.5.2020.
Infine l’assunto che il Comune di Sestu avrebbe proceduto, co n il deposito del 27.5.2020, ad allegare la lettera del 14.10.1999, prot. 21296, munita di un avviso di ricevimento mai depositato nei precedenti gradi di giudizio, non trova riscontro negli atti di causa e nelle ammissioni del Comune che anzi, come sopra ricordato, nella comparsa in appello aveva affermato « che, per quanto riguarda il doc. 8, è depositata in atti anche la copia della ricevuta di ricevimento della racc.ta .»
In ogni caso, come già rilevato in sede di proposta di definizione anticipata, la ricorrente non ha colto la ratio decidendi del provvedimento impugnato, sfogando di conseguenza censure prive di pertinenza, puntualità e specificità, ergo inammissibili.
L’esame della sentenza impugnata evidenzia che il rigetto dell’appello della Ditta COGNOME non è stato basato soltanto su un documento PDF asseritamente diverso da quello contenuto nel fascicolo cartaceo (il predetto avviso di ricevimento della lettera
raccomandata del 14.10.1999 di convocazione per la stipulazione formale del contratto), né sui soli documenti inclusi nei fascicoli di parte del Comune, perché invece la Corte d’appello ha ripetutamente fatto riferimento per motivare la propria decisione ai documenti prodotti dalla stessa parte attrice appellante e a fatti ritenuti pacifici inter partes.
10. A tal proposito, ante omnia, la Corte di appello, a pag.10, al fine di rigettare l’appello dell’Impresa RAGIONE_SOCIALE si è basata, anche e soprattutto, su di un altro documento, parimenti decisivo, in relazione al quale non sono state sollevate doglianze, ossia la nota prot. n. 11120, del 24.5.1999 (prodotta quale documento 4), con la quale il Comune ha invitato la ricorrente « al fine di procedere alla stipula del contratto », a far pervenire la documentazione costituita da: ricevuta del versamento di £ 4.943.622 di cui all’allegato prospetto; n. 52 marche da bollo da £ 20.000; n. 30 marche da £ 600; cauzione definitiva in contanti o mediante fideiussione; certificato del casellario giudiziario; piano di sicurezza in regola col bollo.
La sentenza impugnata ha dato atto che il COGNOME si era limitato a trasmettere la cauzione definitiva mediante polizza fideiussoria rilasciata da Unipol Ass.ni, e che era mancata la produzione di tutti gli altri documenti richiesti dal Comune, chiarendo che questo fatto non era stato in alcun modo smentito.
Poiché la revoca dell’aggiudicazione è stata determinata dall’inadempimento dell’Impresa alle richieste del Comune, tale presupposto è soddisfatto per esser rimasto incontestato il mancato integrale riscontro della richiesta inviata in data 24.5.1999 (ossia il predetto doc. 4).
11. Inoltre nella sentenza d’appello in esame, a pag. 10, si afferma che « con nota del 8.9.1999, pervenuta al Mascia il 13.9.1999 (come dallo stesso riconosciuto nella nota del 14.9.1999 a sua firma), l’Ente pubblico ha invitato il Mascia a presentarsi per la
stipula del contratto, avvertendolo che, in caso di mancata presentazione, sarebbe stato considerato rinunciante, ed invitandolo a presentare i documenti richiest i».
Poi la Corte (pag.11) ha aggiunto che l’Impresa COGNOME aveva replicato dichiarando di aver prodotto soltanto la fidejussione e adducendo pretesi motivi di ostacolo all’avvio dei lavori ma che « tale missiva, ricevuta dal Comune il 15 settembre, non è affatto rimasta senza riscontro (come sostenuto dall’appellante a pag. 15 dell’appello), avendo l’Ente appellato trasmesso la nota in data 28 settembre (prodotta dallo stesso appellante davanti al Tribunale di Roma, doc. 4) del seguente tenore: nessun impedimento esiste per dare inizio ai lavori appaltati in data 18.2.1999, considerato che a tutt’oggi nulla è cambiato rispetto alla situazione del cantiere accertata da codesta impresa e opportunamente certificata con dichiarazione di essersi recata sul posto, allegata all’offerta proposta ».
12. Ancora una volta occorre constatare che la Corte di appello si è basata su di una circostanza ritenuta pacifica, su altra circostanza riconosciuta dalla stessa parte appellante (il ricevimento della nota avversaria del l’ 8.9.1999), sul contenuto di una lettera del 14.9.1999 prodotta dallo stesso COGNOME e su di una risposta del Comune del 28.9.1999 prodotta dallo stesso appellante.
13. Inoltre la sentenza in esame, a pag. 13, ha affermato che la revoca dell’aggiudicazione era legittima, nell’interpretazione offerta dall’ANAC e dalla giurisprudenza « ogni qualvolta la condotta dell’aggiudicatario non fornisca garanzie di affidabilità, come a esempio: qualora l’affidatario, a fronte di richieste documentali ricevute, non collabori alla stipula del contratto », mentre è pacifico che, a fronte della richiesta di una serie di documenti (e di prova di pagamenti delle marche e bolli), l’Impresa COGNOME si è limitata a stipulare la fidejussione, sicché non si vede come si possa negare
che essa sia incorsa in un comportamento che ha giustificato la revoca dell’aggiudicazione.
14. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art.380 -bis , comma 3, c.p.c., se la parte ha chiesto la decisione dopo la comunicazione della proposta di definizione anticipata e la Corte definisce il giudizio in conformità alla proposta, debbono trovare applicazione il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., regola questa, a cui, in questo caso non vi è ragione alcuna di derogare.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte (ordinanze n.28619, 27195 e 27433 del 2023) la novità normativa contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00 (art. 96 quarto comma).
Risulta così « codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, tant’è che la opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del d.lgs. n. 149/2022 -ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1°.1.2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordinamentale, l’istituto integra il corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n.
149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo). »
Il ricorrente deve quindi essere condannato al pagamento, a favore della controparte, ex art.96, comma 3, di una somma equitativamente determinata in misura pari all’importo delle spese processuali nonché al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad € 2.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente , liquidate nella somma di € 7.000,00 per compensi, € 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge, nonché al pagamento della somma di € 7.000,00 ex art.96, comma 3, c.p.c.
Condanna altresì il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad € 2.500,00 ex art.96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima