Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6696 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31164/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2263/2020 depositata il 15/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– Il Tribunale di Milano con sentenza n. 1704/2019 rigettò la domanda proposta dall’attore contro RAGIONE_SOCIALE, volta alla condanna della stessa al risarcimento del danno arrecatogli per la mancata concessione di credito o la revoca di un affidamento, causata dalla sussistenza di una iscrizione ipotecaria a suo carico, che risultava ancora presente nei sistemi informatici della banca, nonostante egli ne avesse chiesto la cancellazione alla Conservatoria RRII; il Tribunale accolse, invece, la domanda riconvenzionale della convenuta, condannando l’attore al pagamento della somma di € 34.476,19, oltre interessi, a titolo di saldo debitore sul conto corrente concluso fra le parti.
– La Corte d’appello di Milano con sentenza del 15.9.2020, n. 2263, ha respinto l’impugnazione, ritenendo che:
costituisse domanda nuova fondata su fatto mai prima allegato e, come tale, inammissibile in appello ex art. 345 c.p.c., quella volta a dolersi della pretesa interruzione del credito con abuso di posizione dominante, oltretutto fondata su allegazioni generiche;
la domanda di risarcimento connessa alla revoca di un affidamento bancario non era provata, perché la banca non aveva mai concesso un finanziamento o un’apertura di credito, limitandosi a pagare due assegni senza provvista, per evitare il protesto
dell’attore, in seguito chiedendo la restituzione della somma all’attore, il quale del resto aveva riconosciuto il debito, sottoscritto cambiale di pari importo ed assunto l’obbligo di rispettare un piano di rientro, rimanendo tuttavia inadempiente: pertanto, nessuna condotta illegittima era imputabile alla banca, che non aveva proceduto a nessuna « brutale interruzione del credito », ma ha solo chiesto il rientro dall’esposizione debitoria del cliente;
la domanda di risarcimento del danno derivante dalla mancata concessione di credito a causa di una precedente ipoteca non era provata, né quanto alla richiesta di concludere l’apertura di credito, né quanto al nesso causale riconnesso alla eventuale esistenza di un’iscrizione ipotecaria.
-Avverso questa decisione ricorre per cassazione il soccombente, sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, mentre non svolge difese RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
– I motivi proposti deducono:
omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n. 5, c.p.c., in quanto il giudice territoriale, condividendo la statuizione di primo grado, non ha preso in considerazione la circostanza, secondo cui il ricorrente aveva per tempo eccepito alla banca che l’iscrizione ipotecaria era stata cancellata e che essa risultava ostativa alla concessione e alla regolarizzazione dello scoperto di conto corrente;
omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n. 5, c.p.c., in quanto il giudice territoriale non ha ammesso i mezzi istruttori articolati nelle memorie ex art. 183 c.p.c. comma 6, n. 2, c.p.c., tendenti a dimostrare il nesso causale tra la presenza dell’iscrizione pregiudizievole a carico del ricorrente
nel database della banca e la mancata concessione formalizzazione di scoperto di conto corrente.
5. – È stata formulata proposta di definizione anticipata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. sulle considerazioni che: « – i due motivi sono inammissibili; – invero, in presenza di c.d. doppia conforme sul punto, non è ammessa la formulazione del vizio di omesso esame, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n. 5, c.p.c., in quanto l’art. 348 -ter, comma 4, c.p.c. (ed ora l’art. 360, comma 4, c.p.c.) dispone che, nei ricorsi per cassazione avverso le sentenze pronunciate in grado di appello, trova applicazione la regola secondo cui la sentenza di appello fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a fondamento della sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme) non è censurabile in cassazione con il mezzo di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ( e multis , Cass., sez. un., 21-09-2018, n. 22430), avendo allora il ricorrente, per l’ammissibilità del motivo, l’onere di allegare e provare che le ragioni di fatto poste a base del provvedimento impugnato sono diverse da quelle della decisione appellata (Cass. civ., sez. trib., 20-06-2019, n. 16554), come nella specie non avvenuto; inoltre, i motivi intendono all’evidenza riproporre un giudizio sul fatto, inammissibile in sede di legittimità ».
6. – Il ricorrente ha chiesto la fissazione dell’adunanza « poiché si ritiene che le ragioni di fatto poste a fondamento del provvedimento impugnato sono diverse rispetto quelle poste a fondamento della decisione appellata; – segnatamente: mentre la Corte d’Appello ha riconosciuto sussistere ‘uno sconfinamento senza affidamento’ senza che fosse avvenuta una ‘interruzione brutale, repentina ed arbitraria del credito’ (benché sconfessata dai documenti prodotti); il Tribunale ha solo indicato che la Banca convenuta ‘non aveva alcun obbligo di concludere un contratto di
apertura di credito, posto che tale obbligo non è stabilito da alcuna norma, come invece dispone ad esempio l’art. 132 del Codice delle Assicurazioni’; – per cui: mentre questa prima statuizione esclude in radice e sin da principio una iniziativa unilaterale dell’Istituto di credito di natura negoziale; la seconda decisione invece lo ammette ponendo l’accento sulla legittimità della revoca dell’affidamento stesso; per cui trattasi di valutazioni di fatto diverse se non addirittura in antitesi tra loro ».
Memoria illustrativa ha depositato RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), nella sua qualità di mandante, tramite RAGIONE_SOCIALE
7. – Il ricorso è inammissibile.
Difatti, indipendentemente dalla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 348 ter c.p.c., sta di fatto che la proposta di decisione anticipata ha valutato prognosticamente l’inammissibilità del ricorso non soltanto in ragione della « doppia conforme », ma anche, ed anzi è ora a dire soprattutto, perché il ricorso è chiaramente versato in fatto, e volto a far valere un accertamento di merito, quale quello che ha escluso ogni responsabilità della banca per i fatti oggetto del contendere.
In particolare, il primo mezzo lamenta che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto « del fatto espresso nell’atto di diffida stragiudiziale che poneva in chiara evidenza i termini del problema, ovvero la sequenza causale diretta dalla mancata regolarizzazione dello scoperto avverso un fido o finanziamento e la presenza erronea nel data base della banca stessa dell’iscrizione pregiudizievole a carico del ricorrente »: ma la Corte d’appello ha viceversa ritenuto che la « circostanza della presenza di un’iscrizione ipotecaria, cancellata dalla banca a seguito di un aggiornamento, non è provato avesse alcun rilievo causale rispetto alla richiesta di rientro, motivata dall’inadempimento dell’obbligo
assunto con il piano di rientro ». E cioè la Corte d’appello ha tenuto conto del fatto che il ricorso per cassazione sostiene non fosse stato considerato, ma lo ha ritenuto irrilevante.
Il secondo mezzo, poi, non ha nulla a che vedere con l’omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso, giacché concerne il diniego di ammissione di una prova testimoniale formulata in primo grado, con conseguente soggezione al principio secondo cui l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito. Pertanto, in base al principio desumibile dagli artt. 132, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c. la sentenza di rigetto della domanda per difetto di prova è congruamente motivata anche mediante richiamo all’ordinanza istruttoria che abbia respinto una richiesta inammissibile di prova, trattandosi di pronuncia comunque espressiva del giudizio che la parte avrebbe dovuto dare impulso alla detta prova con la richiesta di mezzi ammissibili e concludenti (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
Ma, nel caso in esame, l’inammissibilità del mezzo si colloca in una fase logica ancora precedente, dal momento che la sentenza d’appello ha riassunto a pagina 5 i motivi ivi spiegati, tra i quali non compare una doglianza concernente la mancata ammissione di una prova testimoniale in primo grado, di guisa che la censura è inammissibile ancor prima per la sua novità, a prescindere dal inammissibilità derivante dal difetto di autosufficienza, giacché non riporta il testo dei capitoli di prova, né indica i testi, avuto riguardo al principio secondo cui la censura contenuta nel ricorso per
cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente non provveda a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali gli stessi sarebbero qualificati a testimoniare, trattandosi di elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto (Cass. 9 novembre 2011, n. 23348; Cass. 23 aprile 2010, n. 9748; Cass. 23 settembre 2004, n. 19138).
11. – Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Va fatta applicazione come in dispositivo dei commi terzo e quarto dell’articolo 96 c.p.c.. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, ed inoltre al pagamento, in favore della stessa parte controricorrente, della somma di € 7.000,00, nonché, in favore della cassa delle ammende, di quella di € 2.500,00, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis . Così deciso in Roma, il 5 marzo 2024.