Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10464 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10464 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33703/2019 R.G. proposto da : COGNOME avv. COGNOME difeso da se stesso, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso il suo studio
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME COGNOMENOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME,
COGNOME
COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6198/2018 depositata il 04/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. l’avvocato NOME COGNOME ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello di esso ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Roma di accoglimento della domanda proposta da quattro condomine del Condominio di INDIRIZZO Roma, per l’adozione di nuove tabelle in sostituzione di quelle nulle, fatte loro sottoscrivere dall’amministratore nel 2000, redatte da tale ‘geometra NOME‘ e sostitutive delle tabelle originarie redatte dal costruttore.
In particolare la Corte di Appello ha respinto il motivo di appello con cui l’avvocato COGNOME aveva eccepito il difetto di contraddittorio sul presupposto che quattro sottoscrittici delle tabelle del 2000 non avevano partecipato al giudizio malgrado che fossero litisconsorti necessarie in quanto, per un verso, da ritenersi condomine avendo i rispettivi mariti acquistato appartamenti in regime di comunione legale e, per altro verso, avevano sottoscritto le tabelle del 2000 da ritenersi in deroga da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c.
La Corte di Appello ha motivato il rigetto dell’eccezione sul rilievo che non vi era prova del fatto che ‘ i coniugi asseritamente pretermessi fossero condomini ‘ né della ‘ presunta natura contrattuale delle tabelle, atteso che esse sono state sottoscritte per adesione, in tesi, solo da alcuni condomini e, comunque, non è neppure allegata l’eventuale deroga ai criteri legali ex art. 68 disp. att .’.
La Corte di Appello ha ribadito che le tabelle ‘ in uso su iniziativa dell’amministratore non erano mai state approvate dall’assemblea né sottoscritte per adesione da tutti i condomini ‘.
La Corte di merito ha poi respinto l’ulteriore motivo di appello con cui il ricorrente aveva sostenuto che il giudice di primo grado era andato oltre i limiti della originaria domanda in quanto aveva annullato le tabelle del 2000 e le aveva sostituite con altre tabelle redatte da un ctu malgrado che le originarie attrici avessero chiesto solo l’annullamento per errore delle tabelle sottoscritte nel 2000.
In proposito la Corte di Appello ha sottolineato che nell’originaria citazione il vizio del consenso era stato allegato solo per giustificare la sottoscrizione delle tabelle da parte delle attrici e che ‘ tuttavia la domanda è specificamente imperniata sulle trasformazioni medio tempore apportate alle unità immobiliari e sulla obbiettiva erroneità delle tabelle in uso ‘.
Inoltre, ha ricordato che il Tribunale aveva a sua volta giustificato ‘ la revisione delle tabelle ai sensi dell’art. 69 disp. att. sia in relazione alle sopravvenute innovazioni di vasta portata tali da alterare notevolmente il rapporto originario tra i valori delle unità immobiliari sia in relazione alla obiettiva divergenza dei valori stimati dal ctu rispetto a quelli in uso dal 2000 ‘.
La Corte di Appello ha respinto anche il motivo di appello con cui il ricorrente aveva sollevato critiche alla consulenza tecnica di ufficio e quindi alla sentenza appellata sostenendo che le tabelle redatte dall’ausiliare erano affette da errore. In proposito, ha affermato che le critiche erano ‘ apodittiche, prive di compiuti e specifici riscontri probatori in ordine ai presupposti di fatto che dovrebbero fondarle ‘. La Corte di Appello ha infine ritenuto che il quarto ed ultimo motivo di appello con il quale il ricorrente aveva contestato la sentenza del tribunale nella parte in cui questa aveva stabilito che le tabelle avrebbero dovuto essere in ‘ vigore dalla pubblicazione ‘ della sentenza invece che dal passaggio in giudicato della sentenza,
fosse fondato e che tuttavia non vi fosse necessità di riformare la sentenza appellata in quanto la ‘ statuizione giudiziale relativa alla vigenza delle revisionate tabelle ‘ era superata dalla ‘ efficacia che, ex lege ‘ è legata al passaggio in giudicato;
i condomini indicati in epigrafe sono rimasti intimati;
il ricorrente ha depositato memoria;
la Procura Generale ha depositato requisitoria scritta con richiesta di rigetto del ricorso;
considerato che:
1. con il primo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 101,102,115,307 e 354 c.p.c. Il ricorrente pone una questione di mancata integrazione del contraddittorio. Deduce che le tabelle millesimali in atto dal 2000 erano state approvate per iscritto da 28 condomini, incluse le parti attrici che in primo grado ne avevano lamentato la illegittimità, ed avevano valore contrattuale e che, pertanto, la domanda di annullamento avrebbe dovuto essere proposta verso tutti i firmatari comprese le mogli dei quattro condomini, pretermesse. Il ricorrente deduce inoltre di essersi in primo grado sempre riferito alle parti pretermesse indicandole come coniugi, in regime di comunione legale dei beni, dei quattro condomini e che tale indicazione non era mai stata contestata con la conseguenza che le parti pretermesse avrebbero dovuto essere considerate condomine e quindi litisconsorti necessarie.
Il motivo è infondato e in parte anche inammissibile.
Il ricorrente insiste sul fatto che tra le mogli dei quattro condomini e i quattro condomini sussisteva un regime di comunione legale. Da questo fa derivare, come conseguenza automatica, che le stesse siano state a loro volta condomine e quindi litisconsorti necessari. Correttamente la Corte di Appello ha escluso l’automatismo. Anche ad ammettere che il ricorrente abbia voluto sostenere che le unità abitative erano state acquistate in pendenza di regime di
comunione legale, va evidenziato che ai sensi dell’art. 177, lett.a), c.c. costituiscono oggetto della comunione non tutti gli immobili acquistati in regime di comunione legale ma ‘gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali’ indicati dall’art. 179 c.c.
Il motivo difetta, inoltre, di autosufficienza ai sensi dell’ art. 366 n. 6 cpc (e di qui il profilo di inammissibilità) perché, insistendo solo sulla non contestazione e sulla sottoscrizione delle tabelle omette di produrre i documenti che sarebbero stati dirimenti per giustificare il ‘ cuore ‘ del motivo, cioè la tesi del litisconsorzio necessario, ossia le certificazioni anagrafiche relative all’atto di matrimonio e al regime patrimoniale nonchè i titoli di proprietà dei quattro condomini – tra cui, si badi bene, lo stesso ricorrente – dai quali sarebbe stato possibile appurare la circostanza dell’acquisto in comunione degli appartamenti.
Viene conseguentemente meno anche l’ulteriore profilo della doglianza per cui le mogli dei quattro condomini avrebbero dovuto partecipare al giudizio in quanto avevano sottoscritto le tabelle in discussione da ritenersi tabelle ‘contrattuali’. Non solo è stato accertato dalla Corte di Appello che le tabelle non potevano essere ritenute in difformità da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., e quindi non potevano essere ritenute una “diversa convenzione” di cui all’art. 1123, comma 1, ultima parte, c.c., e che neppure erano state sottoscritte da tutti i condomini, ma la firma delle tabelle da parte di soggetti di cui non sia provata la qualità di condomini è un dato del tutto ininfluente, ai fini della corretta individuazione dei condomini;
2.con il secondo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e 69 n.1 disp. att. c.c. per avere la Corte d’Appello illegittimamente confermato la nullità delle tabelle millesimali in
vigore dal 2000 perché difformi dalle risultanze della CTU, laddove invece le attrici in primo grado si erano limitate a dedurre la loro difformità da quelle predisposte dal costruttore e da quelle redatte dal Geometra NOME senza esattamente specificare l’errore obiettivo da emendare in sede di revisione delle stesse.
Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto si assume, non sussiste la denunciata nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c. né la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c.
Merita ricordare, quanto alla prima denuncia, che il vizio di motivazione censurabile in Cassazione ricorre ‘solo ove l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione’ (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830).
In riferimento all’art. 112 c.p.c. va ricordato che ‘ la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno
degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione’ (Cass. n.906 del 17/01/2018).
Nel caso di specie la sentenza è chiaramente motivata e la Corte di Appello non ha travalicato i limiti della domanda: la Corte di Appello ha rilevato che l’originaria domanda di revisione della tabelle ‘era (‘è’) specificamente imperniata sulle trasformazioni medio tempore apportate alle unità immobiliari e sulla obbiettiva erroneità delle tabelle in uso’; ha dato conto dell’accertamento del ctu di primo grado, recepito dal Tribunale, per cui vi erano ‘sopravvenute innovazioni di vasta portata tali da alterare notevolmente il rapporto originario tra i valori delle unità immobiliari’ anche rispetto ai valori ‘in uso dal 2000’; ha confermato la decisione di primo grado con cui in corrispondenza di quanto domandato, era stata disposta la revisione delle tabelle; la revisione delle tabelle è, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., giustificata dalla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle;
3. con il terzo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e n.5 c.p.c., la violazione degli artt. 68 e 69 disp. att. c.c., 1118 e 1124 c.c., 112 e 115 c.p.c. per avere la Corte d’appello, con motivazione di stile, respinto le censure del ricorrente rivolte alle operazioni di stima del CTU sull’illegittimo assunto che queste fossero attinenti alla discrezionalità tecnica e che fossero apodittiche, in quanto prive di specifici riscontri probatori rispetto alla violazione di ben determinati parametri legali utilizzati, laddove invece queste censure si fondavano sugli elementi di fatto emergenti dalla relazione peritale. Nello specifico, il ricorrente evidenzia che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che: il CTU aveva introdotto valutazioni soggettive ed arbitrarie nel calcolo delle nuove tabelle perché aveva stabilito dei coefficienti di destinazione e di prospetto sulla base della superficie
interna delle singole unità immobiliari; la tabella riguardante la ripartizione della spesa dell’ascensore era stata redatta con immotivata esclusione degli appartamenti A/1, A/2, B/1, B/2 dal pagamento di qualsiasi contributo per la ricostruzione e gestione di beni comuni; la tabella della manutenzione e ricostruzione delle scale era in violazione dei criteri legali di riparto della spesa di cui all’art 1124 c.c. da stabilirsi per metà secondo il valore del piano e per metà in base all’altezza; il Tribunale aveva reso esecutive le tabelle elaborate il 18.03.2012 in relazione ai boxes, invece di quelle ricalcolate nel 2011 dallo stesso CTU.
Il motivo è inammissibile perché, a ben vedere, si esaurisce in una lunga censura, tutta in fatto, che sollecita in definitiva la Corte di Cassazione ad un terzo grado di giudizio di merito. Per di più il motivo difetta anche di specificità (art. 366 n. 6 c.p.c.): il ricorrente non riproduce nel ricorso, né allega al ricorso, i passaggi della relazione del CTU, ritenuta condivisibile sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello, non essendo di certo sufficienti a sanare il vizio di difetto di autosufficienza i frammentari e isolati riferimenti talvolta presenti nel corpo del motivo;
4. con il quarto motivo di ricorso, infine, si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 e n.5 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c. per avere la Corte d’appello ritenuto le nuove tabelle applicabili a partire dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado senza necessità di riforma della statuizione contenuta nella stessa sentenza per cui le tabelle revisionate erano ‘in vigore dalla pubblicazione’ della sentenza.
Questo motivo, a differenza di tutti gli altri, è fondato.
La sentenza, di cui all’art. 69 disp. att. c.c., che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali delle singole unità immobiliari, espressi nella tabella millesimale, non ha natura dichiarativa ma costitutiva, avendo la stessa funzione dell’accordo raggiunto all’unanimità dai condomini (Cass. Sez. 2 – ,
ordinanza n.23793 del 04/09/2024). Ne consegue che ‘l’efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, decorre dal passaggio in giudicato’ (Cass. che Sez. 3, Sentenza n.5690 del 10/03/2011).
La Corte di Appello, pur avendo dichiarato ‘corretta’ la ‘tesi’ dell’allora appellante per cui ‘le nuove tabelle sono applicabili solo dal passaggio in giudicato della sentenza e non dalla sua pubblicazione’, ha tuttavia inspiegabilmente respinto il motivo di appello formulato dall’attuale ricorrente contro la sentenza di primo grado che aveva affermato che le tabelle dovevano essere considerate in vigore dalla pubblicazione della sentenza; l’errore di diritto è evidente e sussiste anche l’interesse a denunziarlo in sede di legittimità, posto che il ricorrente lamenta, di essere stato condannato al pagamento del contributo unificato ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n.115 del 2002 in virtù dell’erroneo rigetto integrale dell’appello.
Quest’ultimo profilo è presentato come un autonomo motivo di ricorso.
Non si tratta, però, di un motivo di ricorso, ma è evidente che la cassazione della sentenza impugnata, per effetto dell’accoglimento del quarto motivo di ricorso, determina automaticamente la condanna al pagamento del suddetto contributo;
6. in conclusione deve essere accolto il quarto motivo di ricorso, devono essere rigettati gli altri, la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi necessità di accertamenti in fatto, la causa può e deve essere decisa nel merito ex art. 384 comma 2 cpc, dichiarandosi che le nuove tabelle sono applicabili solo dal passaggio in giudicato della sentenza di appello; 7. quanto alle spese del processo, deve essere confermata la liquidazione operata nei gradi di merito stante la sostanziale soccombenza dell’attuale ricorrente mentre le spese del giudizio di
legittimità devono essere compensante in ragione del suo esito finale;
PQM
la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che le nuove tabelle sono applicabili dal passaggio in giudicato della sentenza di appello;
dichiara non dovuto per il giudizio di appello il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R.
n. 115 del 2002;
conferma la liquidazione delle spese per i giudizi di merito; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Roma 10 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME