Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25971 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25971 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21884/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE (già impresa RAGIONE_SOCIALE), partita I.V.A. P_IVA, in persona del legale rappresentante, Sig. COGNOME NOME, socio amministratore, nato a Filiano (PZ), il DATA_NASCITA, con sede in Filiano (PZ), INDIRIZZO, elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc.: CODICE_FISCALE -P. Iva: P_IVA), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
Comune di Ripacandida , c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Sindaco pro tempore, AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso e nello studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO (c.f CODICE_FISCALE), dal quale è rappresentato e difeso, in virtù RAGIONE_SOCIALEa Determina del Responsabile dei Ser-
vizi Amministrativi, Sig. NOME COGNOME, n. 192 del 12/09/2019, Racc. Gen. n. 482, prot. n. 5692, nonché mandato in calce al controricorso, a firma del Sindaco e, per questa procedura, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO; indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL e Telefax NUMERO_TELEFONO; per le comunicazioni di Cancelleria.
Controricorrente
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Potenza n° 29 depositata il 24 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .-Giudicando sull’opposizione proposta dal committente, Comune di Ripacandida, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall’appaltatore NOME COGNOME, col quale l’Ente territoriale era stato condannato a pagare a quest’ultimo lire 298.083.226 a titolo di saldo del corrispettivo d’appalto del 10 maggio 1993, residuo dovuto per revisione prezzi ed interessi per ritardato pagamento degli stati avanzamento lavori (SAL) , il tribunale di Melfi la rigettava, condannando il committente a rifondere le spese di lite.
2 .-La Corte d’appello, adita dal Comune in base a quattro motivi, accoglieva l’impugnazione, ritenendo fondata solo la terza doglianza.
In particolare -e per quello che qui ancora interessa -la Corte osservava che il tribunale aveva erroneamente riconosciuto in favore RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore il diritto alla revisione prezzi.
L’offerta del RAGIONE_SOCIALE risaliva all’anno 1990 e, a seguito di sentenza del Tar Basilicata (adito dallo stesso RAGIONE_SOCIALE), la predetta gara d’appalto era stata annullata.
A tale annullamento era seguita una nuova gara, conclusasi il 25 febbraio 1993, con contratto stipulato il 10 maggio successivo.
Si trattava, dunque, di atti che rientravano nel vigore RAGIONE_SOCIALEa nuova normativa derivante dalle modifiche introdotte con DL n° 333/1992 e con legge n° 498/1992, che vietavano tale revisione, fatti salvi i contratti per i quali fosse già intervenuta l’approvazione in data anteriore a tale ultima legge, in vigore dal 13 gennaio 1993.
In conclusione, eliminato il maggior corrispettivo relativo alla revisione prezzi (euro 15.059,10) e gli interessi da ritardo su tale somma (euro 43.074,12), la Corte condannava il Comune a pagare all’appaltatore il residuo credito di euro 31.295,63, oltre interessi.
Spese dei due gradi integralmente compensate (e spese di c.t.u. a carico di ciascuna parte nella misura RAGIONE_SOCIALEa metà) in ragione del parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea e RAGIONE_SOCIALEa reiezione RAGIONE_SOCIALEa riconvenzionale, con la quale il Comune aveva chiesto la restituzione di lire 231.874.676, erroneamente ed indebitamente pagate all’appaltatore a dire RAGIONE_SOCIALE‘Ente territoriale a titolo di revisione prezzi.
3 .-Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, ‘ già RAGIONE_SOCIALE ‘, affidando il gravame a due mezzi.
Resiste il Comune di Ripacandida, che preliminarmente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per inefficacia del mandato ad litem , allegato alla p.e.c. di notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto, ma sprovvisto di attestazione di conformità, e nel merito insiste per l’inammissibilità dei singoli motivi e per la reiezione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione.
Non sono state depositate memorie ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 381 -bis.1. cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .-Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal resistente.
In particolare, il Comune eccepisce la ‘ nullità del ricorso medesimo, conseguente alla inefficacia del mandato ad litem, atteso che la ricorrente ha notificato al procuratore costituito del Comune di Ripacandida telematicamente una copia del ricorso firmato digitalmente
dal procuratore costituito, con allegata una copia scannerizzata RAGIONE_SOCIALE‘ultima pagina RAGIONE_SOCIALEo stesso ricorso, con la riproduzione in calce del mandato sottoscritto dal legale rappresentante RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, senza l’ attestazione di conformità RAGIONE_SOCIALEa stessa alla copia analogica originale ‘.
L’eccezione è infondata.
Il ricorso, infatti, è nativo analogico ed è provvisto in calce RAGIONE_SOCIALEa procura speciale conferita dalla RAGIONE_SOCIALE al proprio difensore.
Esso è stato depositato anteriormente al 1° gennaio 2023, data a partire dalla quale il deposito degli atti giudiziari deve avvenire in modalità digitale (art. 196quater cod. proc. civ.).
Il tema posto dall’eccezione del resistente consiste, dunque, nello stabilire se la mancata allegazione nella p.e.c. di notifica RAGIONE_SOCIALEa attestazione di conformità RAGIONE_SOCIALEa copia digitale all’originale analogico del ricorso (contenente la procura in calce) determini l’inesistenza o la nullità RAGIONE_SOCIALEa procura stessa e RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del presente giudizio.
Ritiene il Collegio che al quesito debba darsi risposta negativa.
Questa Corte, infatti, ha già deciso che, nel contesto di non obbligatorietà del deposito digitale degli atti (ipotesi che ricorre nel presente giudizio), nel caso in cui il ricorrente predisponga ricorso e procura nativi digitali e li notifichi alla controparte senza attestazione di conformità ( ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter , RAGIONE_SOCIALEa l. n° 53 del 1994), depositando successivamente in cancelleria i predetti atti in formato analogico, il giudizio non è improcedibile, ove il controricorrente costituitosi (anche tardivamente) non abbia disconosciuto la conformità RAGIONE_SOCIALEa copia analogica depositata in cancelleria all’originale notificatogli ex art. 23, secondo comma, del d.lgs. n° 82 del 2005 (per tutte: Cass. 19473/2024).
Va, inoltre, ricordato che con recente sentenza del 23 maggio 2024 (‘ Patricolo e altri contro Italia ‘) la Corte Edu ha sanzionato lo Stato italiano per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 § 1 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione Edu, per
aver dichiarato improcedibile un ricorso per cassazione senza aver dato ai ricorrenti la possibilità di presentare, anche in una fase successiva alla scadenza del termine ex art. 369 cod. proc. civ., l’attestazione di conformità degli atti nativi digitali all’originale analogico depositato in cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione.
È vero che, nel presente giudizio, il ricorrente non ha depositato neppure tale ‘ tardiva ‘ asseverazione, ma è pure vero che la controparte non ha mai contestato la conformità degli atti digitali notificatile via p.e.c. alla copia analogica stesa in calce al ricorso e depositata presso la cancelleria di questa Corte: evenienza che, al pari RAGIONE_SOCIALEa tardiva attestazione, preclude l’improcedibilità del ricorso secondo i principi già espressi da Cass. Su n° 8312/2009 (richiamata anche da Cedu 23 maggio 2024).
Si passa, pertanto, all’esame del merito.
4 .- Col primo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge ex art. 360 n° 3 cod. proc. civ. in relazione agli art. 15 RAGIONE_SOCIALEa legge n° 498/92, 35 e 36 RAGIONE_SOCIALEa legge n° 1063/1962, omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto nodale RAGIONE_SOCIALEa controversia, ex art. n° 360 n° 5 cod. proc. civ. in relazione agli art. 35 e 36 RAGIONE_SOCIALEa legge n° 1063/1962.
Deduce, in sostanza, che la data alla quale occorre fare riferimento per stabilire se l’appaltatore abbia diritto alla revisione prezzi non è quella di accettazione RAGIONE_SOCIALE‘offerta e RAGIONE_SOCIALEa stipulazione finale, ma, ricorrendo l’ipotesi RAGIONE_SOCIALEa licitazione privata, quella di aggiudicazione del contratto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 16, quarto comma, del r.d. n° 2440/1923.
A seguito RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Tar Basilicata, il Comune di Ripacandida aveva riaperto il verbale di gara con deliberazione n° 29 del 10 febbraio 1993 ed aveva proceduto a nuova valutazione RAGIONE_SOCIALEe offerte, tra le quali quella del RAGIONE_SOCIALE nel 1990.
Pertanto, nel caso in cui vi sia divario tra l’aggiudicazione provvisoria, che si verifica al termine RAGIONE_SOCIALEa gara, e quella definitiva, che si
realizza al termine di tutte le procedure esperibili secondo la legge, il diritto al compenso revisionale sarebbe disciplinato dalle norme in vigore al momento RAGIONE_SOCIALEa prima.
5 .- Il motivo è infondato.
L’istituto RAGIONE_SOCIALEa revisione prezzi ha subito notevoli modificazioni normative nel corso del tempo, dovute alle oscillazioni dei prezzi sul mercato, sovente inconsuete.
Il d.lgs. C.P.S. n° 1501/1947 aveva previsto la rivedibilità dei prezzi RAGIONE_SOCIALE‘appalto pubblico in caso di aumento del ‘ costo complessivo RAGIONE_SOCIALE‘opera ‘ in misura superiore al 10% ‘ per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla presentazione RAGIONE_SOCIALEa offerta ‘.
Dal 1986 questa regola è stata dapprima affiancata e poi sostituita dal sistema cosiddetto del ‘ prezzo chiuso ‘.
Con l. n° 41/1986 (art. 33) si previde, infatti, la possibilità di revisione dei prezzi solo per gli appalti aventi durata superiore all’anno, con contestuale previsione RAGIONE_SOCIALEa possibilità di un aumento dei prezzi a partire dal secondo anno.
Tal regime venne modificato dal d.l. n° 333/1992, il quale, modificando l’art. 33 RAGIONE_SOCIALEa legge n° 41/1986, introdusse il generale divieto di revisione dei prezzi, mantenendo, tuttavia, la possibilità (prevista dal quarto comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 33) di pattuire il cosiddetto ‘ prezzo chiuso ‘ con aumento fisso del 5% per ogni anno di svolgimento del rapporto.
Tale ultima previsione venne, infine, abrogata dalla legge n° 498/1992 (art. 15), lasciando, pertanto, sussistente il solo divieto generale di revisione prezzi.
Tale divieto venne confermato dalla l. n° 109/1994 (art. 26), la quale pose il divieto di applicazione agli appalti pubblici RAGIONE_SOCIALE‘art. 1664 cod. civ. (art. 26, terzo comma), consentendo però la possibilità di pattuire il cosiddetto ‘ prezzo chiuso, consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta, aumentato di una percentuale
da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nell’anno precedente sia superiore al 2 per cento, all’importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori stessi ‘.
La disciplina revisionale è stata poi trasfusa nell’art. 133 del d.lgs. n° 163/2006, nel d.lgs. n° 50/2016 e, da ultimo, nel d.lgs. n° 36/2023: norme che non occorre qui prendere in considerazione, essendo inapplicabili ratione temporis .
Questo, per sommi capi e per quello che qui rileva, il percorso normativo in materia revisionale.
6 .- Ora, come già statuito da questa Corte -con indirizzo cui il Collegio intende dare piena continuità, non sussistendo alcuna ragione di revisione RAGIONE_SOCIALEo stesso -l’art. 33 RAGIONE_SOCIALEa legge n° 41 del 1986, in forza del quale la revisione dei prezzi era ammessa a decorrere dal ‘ secondo anno successivo all’aggiudicazione ‘, si riferisce all’aggiudicazione definitiva, non a quella provvisoria (Cass. 11577/2016) o, a tutto concedere, ad un momento coevo alla conclusione RAGIONE_SOCIALEa fase pubblicistica RAGIONE_SOCIALEa gara ed all’insorgenza del vincolo contrattuale (Cass. 117/2023).
Ebbene, nel caso di specie, l’aggiudicazione provvisoria, cui fa riferimento la stessa ricorrente e che fu poi annullata dal Tar Basilicata, risale all’anno 1990 (sentenza, pagina 15), mentre quella definitiva è avvenuta, come riferisce lo stesso ricorrente (ricorso, pagina 9) il 25 febbraio 1993 (mentre la stipula del contratto è del 10 maggio 1993: sentenza, pagina 18), quindi nel pieno vigore RAGIONE_SOCIALEa già citata legge n° 498/1992 (‘ Interventi urgenti in materia di finanza pubblica ‘), che con l’art. 15, quinto comma (‘ Il comma 4 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 33 RAGIONE_SOCIALEa legge 28 febbraio 1986, n. 41, come modificato dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, è abrogato. Sono fatti salvi i contratti per i quali sia già intervenuta l’approvazione in data anteriore a quella di entrata in vigore
RAGIONE_SOCIALEa presente legge ‘) ha sostanzialmente introdotto un generale divieto di modificazione dei prezzi negli appalti pubblici di lavori.
La stipula RAGIONE_SOCIALE‘appalto, inoltre, si colloca in un periodo temporale antecedente alla l. 109/1994, con conseguente non invocabilità del pur limitato sistema revisionale previsto da quest’ultima (la cui applicazione, nella presente fattispecie, sarebbe comunque preclusa da un manifesto difetto di autosufficienza del ricorso).
Per quanto sopra esposto è, pertanto, escluso che la RAGIONE_SOCIALE abbia il diritto di ottenere la differenza di corrispettivo riconducibile alla revisione prezzi, dato che la stipula del contratto avvenne in un periodo temporale nel quale la l. n° 41/1986 (come modificata dalla l. n° 498/1992) faceva divieto di revisione dei prezzi degli appalti.
Del pari priva di autosufficienza (e di rilievo) è, infine, l’asserzione difensiva secondo la quale si sarebbe nella fattispecie trattato di licitazione privata.
In conclusione, il mezzo va disatteso.
7 .- Col secondo motivo la ricorrente lamenta l’erronea compensazione totale RAGIONE_SOCIALEe spese di lite, disposta nonostante essa dovesse considerarsi totalmente vittoriosa, poiché la sua domanda era stata accolta (sebbene parzialmente), mentre era stata totalmente disattesa la riconvenzionale del Comune.
8 .- Anche questo motivo è infondato.
Come si desume dal testo RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, l’appaltatore aveva agito in sede monitoria proponendo più domande, ossia chiedendo la condanna del Comune al pagamento del residuo corrispettivo di appalto e degli interessi per il suo ritardato pagamento, nonché al pagamento RAGIONE_SOCIALEa revisione prezzi e degli interessi maturati per tale revisione.
La Corte ha disatteso questi ultimi due capi di domanda, con la conseguenza che il COGNOME doveva considerarsi parzialmente soccombente in relazione ad essi, come pure soccombente era il Co-
mune in relazione alla riconvenzionale diretta alla restituzione RAGIONE_SOCIALEe somme pagate.
La Corte territoriale ha, dunque, fatto corretta applicazione del principio espresso da questa SC a SU (Cass. SU 32061/2022), secondo il quale in tema di spese processuali, la soccombenza reciproca è configurabile in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi: evento che ricorre nella fattispecie e che, pertanto, giustifica la compensazione totale disposta dalla Corte d’appello.
8 .- La ricorrente è invece totalmente soccombente nel presente grado.
A tale soccombenza segue la sua condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite RAGIONE_SOCIALEa presente fase processuale in favore del Comune RAGIONE_SOCIALE Ripacandida, per la cui liquidazione -fatta in base al dm n° 55 del 2014, come modificato dal dm n° 147 del 2022, ed al valore RAGIONE_SOCIALEa lite (euro 58 mila circa: pagina 19 RAGIONE_SOCIALEa sentenza) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente RAGIONE_SOCIALEa repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente grado in favore del resistente, che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALEe spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente RAGIONE_SOCIALEa repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2024, nella camera di consiglio