Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 309 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23959 – 2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, titolare dell’omonima impresa individuale capogruppo dell’Associazione Temporanea tra le Imprese RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Messina, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
COMUNE di BROLO, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME .
avverso la sentenza n. 614
CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE /2018 della Corte d’Appello di Messina,
udita la relazione nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023 del consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, rigettarsi gli ulteriori motivi del ricorso principale e rigettarsi il ricorso incidentale,
RILEVATO CHE
Con atto notificato in data 25.6.1998 NOME COGNOME, capogruppo dell’RAGIONE_SOCIALE costituita dalla sua omonima impresa e dal la ‘RAGIONE_SOCIALE, citava a comparire dinanzi al Tribunale di Patti il Comune di Brolo.
Premetteva che all’A.RAGIONE_SOCIALE costituita dalla sua impresa e dalla ‘RAGIONE_SOCIALE era stata affidata dal Comune convenuto con contratto del 4.2.1991 l’esecuzione dei lavori di completamento del campo sportivo, I lotto, per il complessivo importo netto di lire 695.657.875 (cfr. ricorso, pag. 4) .
Indi esponeva che nel corso dei lavori aveva provveduto all’iscrizione di molteplici riserve (cfr. ricorso, pag. 6) .
Chiedeva condannare l’ente convenuto al risarcimento dei danni correlati alle riserve iscritte, da quantificarsi in lire 256.735.935 ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia, con rivalutazione monetaria decorrente dalla data di formulazione di ciascuna riserva e con interessi; condannare altresì l’ente convenuto alla revisione prezzi, da quantificarsi in lire 17.986.000 ovvero nel diverso importo da determinarsi a mezzo c.t.u., oltre i.v.a. ed interessi.
1.2. Si costituiva il Comune di Brolo. Instava, peraltro, per il rigetto dell’avversa domanda.
1.3. Assunta la prova per testimoni, espletata la c.t.u., acquisite le relazioni integrative, con sentenza n. 79/2012 il tribunale condannava l’ente territoriale
al pagamento della somma di euro 48.055,97, con rivalutazione secondo indici Istat fino alla data della decisione con decorrenza da novembre 1993 quanto all’importo di euro 20.315,93 e con decorrenza da giugno 1993 quanto all’importo di euro 27.739,94, oltre interessi sulle somme rivalutate con dec orrenza dalla data della decisione all’effettivo soddisfo; condannava l’ente territoriale a rimborsare all’attore le spese di lite .
NOME COGNOME, titolare dell’omonima impresa, capogruppo dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con la ‘RAGIONE_SOCIALE, proponeva appello .
Resisteva il Comune di Brolo; proponeva appello incidentale.
Con sentenza n. 614 /2018 la Corte d’Appello di Messina accoglieva in parte l’appello principale e, in parziale riforma della gravata sentenza, condannava il Comune di Brolo al pagamento degli interessi compensativi, con decorrenza dalla data -giugno 1993 -fissata per la rivalutazione sulla somma liquidata e rivalutata anno per anno fino alla pronuncia della decisione; rigettava l’appell o incidentale; compensava integralmente le spese del grado.
Evidenziava la corte, in ordine al secondo motivo dell’appello principale – con cui NOME COGNOME aveva lamentato l’esiguità delle liquidazioni operate con riferimento a talune riserve, siccome il tribunale aveva recepito acriticamente le conclusioni del consulente d’ufficio senza tener conto e dei rilievi critici formulati dal consulente di parte e della richiesta di rinnovazione della c.t.u. -che il tribunale aveva enunciato le ragioni della sua adesione alle conclusioni del c.t.u., il quale a sua vol ta ‘aveva risposto nella relazione integrativa ai rilievi del consulente di parte’ (così sentenza d’appello, pag. 12) , che i rilievi formulati dall’appellante non offrivano spunti sostanziali di riflessione (cfr. sentenza d’appello, pag. 13) , che in ogni caso la c.t.u. risultava svolta in maniera corretta e motivata in maniera esaustiva (cfr. sentenza d’appello, pag. 13) , che la
rinnovazione della c.t.u. è espressione di un potere discrezionale, sicché il tribunale implicita mente l’aveva respinta con la pronuncia dell’appellata statuizione (cfr. sentenza d’appello, pag. 13) .
Evidenziava la corte, in ordine al primo motivo dell’appello incidentale, con cui si era addotto l’erroneo riconoscimento del risarcimento per la riserva n. 1 e dunque l’erronea esclusione, alla luce della documentazione allegata, della sussistenza delle ipotesi di cui all’art. 30 del d.P.R. n. 1063/1962 atte a rendere legittima la sospensione, che i fattori che avevano determinato la sospensione dei lavori non potevano essere ricondotti a cause sopravvenute ed imprevedibili (cfr. sentenza d’appello, pa gg. 17 – 18) .
Evidenziava la corte, in ordine al secondo motivo dell’appello incidentale, con cui si era addotto l’erroneo riconoscimento del risarcimento per la riserva n. 2, che i condizionamenti operativi che ‘ avevano comportato una maggiore durata passiva del rapporto di 10 mesi in regime lavorativo ‘ non costituivano ‘eventi imprevedibili in alcun modo ascrivibili a responsabilità del Comune di Brolo’ (così sentenza d’appello, pag g. 18 – 19) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa, capogruppo dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con la ‘RAGIONE_SOCIALE ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Il Comune di Brolo ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in due motivi; ha chiesto rigettarsi il ricorso principale ed accogliersi il ricorso incidentale con il favore delle spese.
NOME COGNOME ha depositato controricorso onde resistere al ricorso incidentale.
Il P.M. ha formulato per iscritto le sue conclusioni .
Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa determinazione dell’entità degli interessi compensativi; in subordine, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso esame di un documento decisivo per la causa.
Premette che con l’iniziale citazione aveva domandato ‘l’applicazione degli interessi secondo le previsioni della vigente normativa del settore’; che nel corso del giudizio di primo grado aveva atteso al deposito degli estratti-conto bancari per il periodo 31.12.1994/30.9.2003, idonei a dimostrare il quantum degli interessi corrisposti al proprio istituto di credito (cfr. ricorso, pag. 11) .
Premette che il tribunale con il primo dictum ha riconosciuto gli interessi nella misura legale (cfr. ricorso, pag. 11) .
Premette che con il quinto motivo d’appello ha censurato il primo dictum nella parte in cui gli interessi sono stati riconosciuti nella misura legale (cfr. ricorso, pag. 12) .
Indi deduce che la Corte di Messina non ha provveduto a fissare la misura degli interessi, sicché la sentenza non è eseguibile (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il primo motivo del ricorso principale va respinto.
Innegabilmente con il primo mezzo NOME COGNOME denuncia una omissione di pronuncia (‘(…) dimenticando però di fissarne la misura’: così ricorso, pag. 12. In ordine all’omissione di pronuncia c fr. Cass. (ord.) 27.11.2017, n. 28308) .
In questi termini non può non rimarcarsi che la censura di omessa pronuncia è stata formulata in modo irrituale.
Tanto specificamente alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 17931 del 24.7.2013, a tenor del quale, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia da parte dell’impugnata sentenza in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabi lità della fattispecie di cui al n. 4 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione (cfr. altresì Cass. 29.11.2016, n. 24247) .
Ebbene, il mezzo di impugnazione in disamina non contiene alcun riferimento alla nullità della decisione.
In pari tempo non può non evidenziarsi che il Tribunale di Patti aveva in prime cure determinato nella misura legale il quantum degli interessi (‘(…), oltre interessi legali sulle somme risultanti da tale operazione’: così ricorso principale, pag. 9, ove è testualmente riprodotto il dispositivo della statuizione di primo grado) . E che siffatta statuizione è stata evidentemente confermata dalla Corte di Messina.
In tal guisa neppure si giustificano la denuncia di omissione di pronuncia ed il corollario che il ricorrente principale ha inteso trarne (‘(…), di tal che la sentenza si presenta ineseguibile’: così ricorso, pag. 12) .
Ben vero, la denuncia di omissione di pronuncia viepiù è ingiustificata, giacché il ricorrente principale , alla stregua delle conclusioni rassegnate con l’atto di appello, quali riprodotte nel testo dell’impugnata statuizione, aveva, in parte qua , chiesto propriamente ‘accertare e dichiarare che sulle somme liquidate per le riserve N. 1 e N. 2, annualmente rivalutate, spettano e vanno corrisposti
all’impresa attrice gli interessi compensativi nella misura media del 12% annuo o in quell’altra misura che la Ecc.ma Corte riterrà di liquidare secondo legge e giustizia’ (così sentenza d’appello, pag. 6) .
Ebbene, a fronte delle conclusioni così riprodotte -e per nulla oggetto di puntuale e specifica contestazione con il ricorso principale -sovviene l’insegnamento di questo Giudice del diritto secondo cui la formula con cui una parte domanda al giudice di condannare la controparte al pagamento di un import o indicato in una determinata somma ‘o in quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia’ , non può essere considerata agli effetti dell’art. 112 cod. proc. civ. come meramente di stile (cfr. Cass. 8.2.2006, n. 2641) .
10. I n ogni caso il primo mezzo dell’impugnazione principale è generico. Invero, il motivo di ricorso, pur alla luce del riferimento agli estratti conto trimestrali, non esplicita -così come ha in maniera condivisibile posto in risalto il controricorrente (cfr. controricorso, pag. 11) -‘l’esistenza di un maggior danno imputabile alla stazione appaltante e non soddisfatto dalla rivalutazione monetaria ‘ (cfr. analogamente memoria del controricorrente, pag. 5) .
Ovviamente va soggiunto che l’omesso esame di elementi istruttori è il caso degli estratti conto trimestrali – non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque -è il caso di specie – preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415; Cass. sez. lav. (ord.) 10.2.2015, n. 2498; Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053 (Rv. 629831)) .
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 1, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 112 e 186 ter cod. proc. civ. in connessione con l’art. 633 cod. proc. civ.; in subordine, ai sensi dell’art.
360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la falsa interpretazione dell’art. 7 del capitolato speciale d’appalto in relazione agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., alla legge Regione siciliana 23.10.1964, alla legge Regione siciliana 26.5.1973, n. 21, all’art. 7 dell a legge Regione siciliana 10.8.1978, n. 35; in ulteriore subordine, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa valutazione della documentazione probatoria in relazione all’art. 116 cod. proc. civ. ed agli artt. 2733 cod. civ. e 228 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Messina non ha tenuto conto di quanto addotto con l’atto di appello, o ssia che il c.t.u. aveva acquisito i conteggi revisionali redatti dal direttore dei lavori per l’emissione del primo certificato di pagamento revisione prezzi, che risulta documentato agli atti di causa il pagamento degli interessi per ritardato pagamento della prima rata di revisione prezzi e che siffatte circostanze facevano presupporre il riconoscimento da parte della stazione appaltante della revisione prezzi (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deduce, per altro verso, che ‘il tenore della pattuizione di cui all’art. 7 del C.S.A. imponeva all’Amministrazione comunale di effettuare i compensi revisionali in corso d’opera’ (così ricorso, pag. 17) .
Deduce, per altro verso ancora, che, in sede di disconoscimento della revisione prezzi, la corte d’appello non ha tenuto conto della relazione del tecnico comunale allegata alla delibera n. 141/98 (cfr. ricorso, pag. 18) .
Deduce, infine, che il Comune di Brolo nella comparsa di costituzione di primo grado ha dato atto che era maturata la revisione prezzi, regolarmente contabilizzata e liquidata (cfr. ricorso, pag. 19) .
Il secondo motivo del ricorso principale del pari va respinto.
Innegabilmente è duplice l’articolazione de l secondo mezzo dell’impugnazione principale (cfr. Cass. sez. un. 27.10.2006, n. 23072, secondo
cui negli appalti di opere pubbliche a prezzo chiuso non sussiste il diritto alla revisione prezzi per l’appaltatore, in difetto di una delibera o atto interno degli organi legittimati dell’Amministrazione appaltante, che accerti le condizioni di legge per concedere all ‘ appaltatore la revisione dei prezzi e riconosca il relativo credito allo stesso, a mezzo dell ‘ organo che rappresenta la stazione appaltante; e secondo cui, quando manchi la ricognizione del credito al compenso revisionale, espressa o tacita, della P.A., negata con corretta interpretazione del giudice del merito dell’atto indicato come ricognizione del credito dell’appaltatore, e il contratto vieti la revisione, deve escludersi si sia costituito il diritto soggettivo dell’impresa appaltatrice, che resta titolare del solo interesse legittimo, il cui accertamento compete alla giurisdizione del giudice amministrativo, con difetto di ogni potere di quello ordinario di emettere decreto ingiuntivo di pagamento per il predetto titolo (la fattispecie scrutinata da questa Corte concerneva controversia – come quella de qua agitur – insorta in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998)) .
Da un canto, si censura il giudizio evidentemente ‘di fatto’ alla stregua del quale la corte distrettuale ha negato il riconoscimento implicito del diritto alla revisione prezzi.
D’altro canto, si censura l’interpretazione dell’art. 7 del capitolato speciale d’appalt o cui la corte distrettuale, conformemente a quanto assunto dal primo giudice, ha fatto luogo.
La censura quindi che il secondo motivo del ricorso principale veicola, dà corpo, in relazione a tal ultimo aspetto, ad una ‘questione ermeneutica’ .
Cosicché vengono in evidenza gli insegnamenti di questo Giudice.
In primo luogo, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si
risolve in una indagine ‘di fatto’ riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. oppure per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi de ll’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355) .
In secondo luogo, l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131) .
15. Negli enunciati termini non può non darsi atto, previamente, che il motivo difetta di specificità e di ‘autosufficienza’, siccome non si è provveduto a riprodurre nel corpo del ricorso il testo de l capitolato speciale d’appalto comprensivo dell’art. 7 (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048) .
E, ben vero, l’inottemperanza all’onere di ‘autosufficienza’ viepiù rileva , siccome il ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 1363 cod. civ. , alla cui stregua ‘le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto’.
16. I n ogni caso, sia il giudizio ‘di fatto’ in virtù del quale la corte di merito ha negato il riconoscimento implicito del diritto alla revisione prezzi sia l’interpretazione che dell’art. 7 del capitolato speciale la corte d i merito ha operato, risultano -oltre che ineccepibili in diritto – immuni da qualsivoglia forma di anomalia motivazionale suscettibile di assumer valenza in relazione alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. ed alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Segnatamente, con riferimento al l’anomalia della motivazione ‘apparente’ (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) , la corte territoriale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Più esattamente, la corte di seconde cure, in ordine al primo motivo dell’appello principale, ha formulato i rilievi , congrui in fatto, ineccepibili in diritto, che seguono.
Ossia che, conformemente a quanto assunto dal tribunale, l’art. 7 del capitolato speciale d’appalto non prefigurava un diritto pieno ed automatico dell’appaltatore alla revisione prezzi, ma rimetteva alla discrezionalità dell’ente appaltante la ‘valutazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione’ (così sentenza d’appello, pag. 11) .
Ossia -posto che il riconoscimento implicito del diritto alla revisione prezzi si delinea unicamente in presenza di comportamenti che ‘siano stati preceduti dall’esercizio positivo del potere discrezionale in ordine alla concessione della revision e’ (così sentenza d’appello, pag. 11) – che i documenti e gli atti menzionati dall’appellante principale non si prospettavano idonei a palesare l’esplicazione da parte della stazione appaltante del potere discrezionale di concessione della revisione prezzi (cfr. s entenza d’appello, pag. 12) .
17. In pari tempo questa Corte non può che attendere alle ulteriori seguenti puntualizzazioni.
Gli assunti del ricorrente principale circa il tenore della pattuizione di cui all’art. 7 del capitolato speciale d’appalto si risolvono tout court nella prospettazione dell’opzione e rmeneutica di segno antitetico.
Il ricorrente principale si duole per l’omesso esame di esiti istruttori (in particolare, della relazione del tecnico comunale allegata alla delibera n. 141/98 e della nota del sindaco di Brolo datata 20.5.1998) . E tuttavia esplicano valenza i ‘precedenti’ giurisprudenziali dapprima menzionati (il riferimento è a Cass. (ord.) n. 27415/2018 e a Cass. sez. un. n. 8053/2014) .
Inappropriato è il riferimento, nella rubrica del mezzo in esame, all’art. 116 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-02)) .
Le ammissioni contenute negli scritti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem -è evidentemente il caso di specie, giacché il ricorrente non ha diversamente dedotto – non hanno valore confessorio, ma costituiscono elementi indiziari liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento (cfr. Cass. 2.10.2007, n. 20701; Cass. 24.2.2011, n. 4475) .
18. C on il terzo motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e del d.c.p.s . n. 763/1947, dell’art. 14 della legge n. 741/1981 e dell’art. 20 del d.m. 29. 5.1895; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che, allorché h a rigettato il motivo d’appello, con il quale aveva censurato la determinazione del risarcimento operata dal tribunale con riferimento alle riserve iscritte, la Corte di Messina non ha considerato che il tribunale aveva aderito acriticamente alle conclusioni del c.t.u. e non aveva tenuto conto delle controdeduzioni del c.t.p. (cfr. ricorso, pagg. 21 – 22) .
Deduce segnatamente che le puntuali e specifiche controdeduzioni del c.t.p. prodotte in primo grado all’udienza del 5.6.2009 sono quelle redatte
successivamente al deposito da parte del l’ausiliario d’ufficio della seconda relazione integrativa, il che rende evidente che il c.t.u. non le ha esaminate (cfr. ricorso, pag. 22) .
Deduce quindi che la sentenza di primo grado e la sentenza di secondo grado sono totalmente sfornite di motivazione (cfr. ricorso, pag. 32) , viepiù che il giudice di prime cure nulla ha deciso in ordine alla richiesta di rinnovazione della consulenza (cfr. ricorso, pag. 32) .
Il terzo motivo del ricorso principale parimenti va respinto.
Innegabilmente, allorquando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, i l giudice di merito esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (cfr. Cass. (ord.) 2.2.2015, n. 1815; Cass. 3.4.2007, n. 8355; Cass. 9.1.2009, n. 282; Cass. (ord.) 16.11.2022, n. 33742; Cass. (ord.) 9.4.2021, n. 9483; Cass. sez. lav. 23.5.1998, n. 5151) .
21. Su tale scorta si osserva quanto segue.
Il consulente tecnico officiato in prime cure, con il deposito della prima relazione integrativa, aveva comunque provveduto a replicare alle controdeduzioni che il ricorrente principale, allora attore, aveva depositato all’udienza del 9.5.2002 (cfr. ricorso, pagg. 24 e 27) .
Di tanto, ben vero, ne dà conferma lo stesso ricorrente principale, allorché postula – e benché postuli che ‘le risposte del c.t.u. erano incomplete e totalmente errate’ (così ricorso, pag. 27) .
In tal guisa le contestazioni che il consulente di parte attrice ebbe a formulare avverso la prima relazione integrativa con le note depositate all’udienza dell’11.4.2003 (cfr. ricorso, pag. 27) , si connotavano alla stregua di mere argomentazioni difensive.
In tal guisa, altresì, non riveste precipua valenza la circostanza che con la seconda relazione integrativa, depositata il 2.4.2009, l’ausiliario d’ufficio non abbia, eventualmente, replicato alle note del consulente di parte attrice d epositate l’11.4.2003.
E tanto, ben vero, a prescindere dal rilievo per cui il giudice di prime cure, allorché ha aderito agli esiti della c.t.u., ha evidentemente reputato che l’ausiliario d’ufficio avesse con la seconda relazione integrativa fornito risposta ai chiarimenti ric hiesti con l’ordinanza riservata del 23.2/6.3.2009.
In tal guisa, inoltre, non riveste precipua valenza la circostanza che il ricorrente principale a dduca che il consulente d’ufficio non ha esaminato le controdeduzioni alla seconda relazione integrativa del c.t.u. prodotte all’udienza del 5.6.2009 (cfr. ricorso, pag. 22) .
In tal guisa, infine, non riveste precipua valenza la circostanza che, in ordine alle controdeduzioni alla seconda relazione integrativa del c.t.u. prodotte all’udienza del 5.6.2009, ‘nulla risulta (…) nella sentenza di prime cure e parimenti n ella sentenza di appello’ (così ricorso, pag. 32) .
22. In ogni caso, non può non darsi atto che il motivo difetta di specificità e di ‘autosufficienza’.
Difatti, il ricorrente principale non ha provveduto, onde consentire il riscontro dei suoi assunti, a riprodurre in ricorso né l’integrale testo delle note a firma del proprio consulente depositate all’udienza dell’11.4.2003 e all’udienza del 5.6.2009 né l’integrale testo della prima e della seconda relazione integrativa del consulente d’ufficio e si è limitato a riprodurre singoli stralci della seconda relazione integrativa del c.t.u. (cfr. Cass. (ord.) 13.7.2021, n. 19989) .
In pari tempo questa Corte non può che attendere alle ulteriori seguenti puntualizzazioni.
In primo luogo, il ricorrente principale sollecita, in fondo, questa Corte al riesame di circostanze ‘di fatto’.
Invero, reiteratamente adduce che il tribunale aveva dato atto che dalla valutazione delle prove orali risultava che ‘durante la sospensione rimase apprestato tutto il potenziale organizzativo per la prosecuzione dei lavori, ivi compresi attrezzature e mat eriali’ (così ricorso, pagg. 23 e 34; altresì, pag. 25) , cosicché ‘l’aliquota dei danni da riconoscere e liquidare era l’intera percentuale di incidenza contrattuale senza alcuna riduzione’ (così ricorso, pag. 34) .
E però con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Cfr. anche Cass. (ord.) 24.6.2020, n. 12387, secondo cui l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile
la consulenza tecnica d’ufficio, in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il ‘fatto storico’, rilevato e/o accertato dal consulente) .
In secondo luogo, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova c.t.u., atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (cfr. Cass. 29.9.2017, n. 22799; Cass. 19.7.2013, n. 17693) .
24. C on il quarto motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 ° co., n. 4, cod. proc. civ. l’ ‘omessa motivazione sulla richiesta di rideterminazione del termine iniziale di decorrenza della rivalutazione e calcolo degli interessi compensativi’ (così ricorso, pag. 35) ; denuncia la ‘violazione art. 112 c.p.c. per omesso esame e pronuncia sulla richiesta di riconoscimento interessi anatocistici in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.’ (così ricorso, pag. 35) .
Deduce in primo luogo che con il quinto motivo d’appello aveva domandato il riconoscimento della rivalutazione da maggio 1992 e la Corte di Messina l’ha immotivatamente riconosciuta da giugno 1993 (cfr. ricorso, pag. 36) .
Deduce in secondo luogo che con il quinto motivo d’appello aveva altresì censurato il primo dictum nella parte in cui erano stati denegati gli interessi anatocistici (cfr. ricorso, pag. 36) e che in ordine a tale profilo del quinto motivo di gravame la Corte di Messina ha omesso qualsivoglia pronuncia (cfr. ricorso, pag. 36) .
Deduce segnatamente che ha domandato gli interessi anatocistici per la prima volta con le note del 5.4.2009 avverso la seconda relazione integrativa del c.t.u.
e che in ordine alla ritualità di siffatta domanda controparte non ha sollevato alcuna contestazione e così ha accettato implicitamente il contraddittorio (cfr. ricorso, pag. 36) .
Il quarto motivo del ricorso principale analogamente va respinto.
In relazione al primo profilo del quarto mezzo del ricorso principale si premette che, in ordine al secondo profilo del quinto motivo dell’appello principale (con cui si era addotta l’erronea determinazione del termine iniziale di decorrenza della rivalutazione con riferimento alla riserva n. 2) , la Corte di Messina ha dato atto che il tribunale, nell’accogliere le istanze risarcitorie, aveva attualizzato l’importo della somma euro 27.739,94 -a tal fine liquidata al mese di giugno 1993 (cfr. sentenza d’appello, pag. 16) .
Su tale scorta si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto, la congruenza ed esaustività del passaggio motivazionale summenzionato non risultano inficiate dalla virgola e dalla parola ‘data’ che vi figurano in ultimo. Né risulta compromesso il senso logico del successivo passaggio motivazionale di cui all’inizio della pagina 17 dell’impugnato dictum .
Si tratta evidentemente di un mero refuso.
Ancora, la circostanza per cui il risarcimento da inadempimento contrattuale sia stato quantificato con riferimento al mese di giugno 1993, dà -motivatamente – ragione ex se del dies a quo , in tal guisa indicato, della rivalutazione monetaria.
Infine, il primo profilo del quarto motivo del ricorso principale non si correla puntualmente alla ‘ ratio in parte qua decidendi ‘.
Invero, il ricorrente principale non ha specificamente contestato che la liquidazione del risarcimento con riferimento alla riserva n. 2 fossa stata operata con riferimento al mese di giugno del 1993.
In rela zione al secondo profilo del quarto mezzo dell’impugnazione principale si rappresenta quanto segue.
Da un lato, va richiamato l’insegnamento di questo Giudice secondo cui gli interessi su debiti pecuniari certi ma non liquidi, pur maturando nel corso del giudizio promosso per ottenere la liquidazione del debito stesso, scadono con la pronuncia giudiziale e pertanto possono produrre ulteriori interessi soltanto dal momento di tale scadenza, per effetto di una convenzione ad essa successiva, ovvero dal giorno della ulteriore domanda giudiziale proposta dopo la suddetta pronuncia (cfr. Cass. 17.11.2000, n. 14903; Cass. 30.7.2012, n. 13560) .
Dall ‘altro, nel vigore del regime delle preclusioni di cui al testo degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. introdotto dalla legge n. 353 del 1990, la questione della novità della domanda risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti – e pertanto pienamente ed esclusivamente ricondotta al rilievo officioso del giudice -essendo l’intera trattazione improntata al perseguimento delle esigenze di concentrazione e speditezza che non tollerano – in quanto espressione di un interesse pubblico -l’ampliamento successivo del ‘ thema decidendi ‘ anche se su di esso si venga a registrare il consenso del convenuto (cfr. Cass. 27.7.2006, n. 17152; Cass. 30.11.2011, n. 25598) .
Beninteso, le novità di cui alla legge n. 353/1990 sono divenute operative a decorrere dal 30.4.1995 ed il presente giudizio ha avuto inizio il 25.6.1998.
29. Negli esposti termini è sufficiente porre in risalto che la proposizione di una domanda inammissibile -è il caso, nella specie, della domanda volta a conseguire gli interessi anatocistici non determina l’insorgere di alcun potere – dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa, con conseguente esclusione di qualsivoglia vizio di omessa pronuncia della sentenza emessa (cfr. Cass. 22.12.1998, n. 12789; Cass. 16.7.2004, n. 13165; Cass. 31.3.2010, n. 7951) .
C on il quinto motivo il ricorrente principale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 91 c.p.c.
Deduce che ha errato la Corte di Messina a compensare le spese di seconde cure , siccome l’appello principale in parte è stato accolto (così ricorso, pag. 38) .
Il quinto motivo del ricorso principale similmente va respinto.
Va premesso che la Corte di Messina, benché abbia in certa qual misura accolto l’appel lo principale, ha evidentemente opinato per la sussistenza dell ‘integrale reciproca soccombenza.
Su tale scorta è sufficiente ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. il rinvio all’elaborazione di questa Corte.
Ossia all’insegnamento se condo cui, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di al tri giusti motivi (cfr. Cass. (ord.) 17.10.2017, n. 24502; Cass. 19.6.2013, n. 15317) .
Ossia all’insegnamento secondo cui la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, 2° co., cod. proc. civ., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, potere che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo -il giudice del merito – ten uto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (cfr. Cass. 31.1.2014, n. 2149) .
Con i l primo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. cv. la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 d.p.r. n. 1063/1962.
Deduce che ha errato la Corte di Messina a ritenere, a conferma del primo dictum , che era dovuto il risarcimento per la sospensione dei lavori, ossia con riferimento alla riserva n. 1 (cfr. ricorso incidentale, pag. 28) .
Deduce che ‘i motivi che hanno condotto alle (…) perizie di variante e proroghe, quali la mancata disponibilità di alcune aree che, malgrado la procedura espropriativa, non risultavano ancora sgombre e dunque utilizzabili, non erano in alcun modo ricollegabili ad alcuna forma di negligenza da parte della p.a.’ (così ricorso incidentale, pagg. 30 -31) .
Deduce che tali circostanze risultano provate dai documenti in atti (cfr. ricorso incidentale, pag. 29) .
Deduce che del pari ha errato la Corte di Messina a ritenere, a conferma del primo dictum , che era dovuto il risarcimento con riferimento alla riserva n. 2 (cfr. ricorso incidentale, pag. 31) .
Deduce che ‘i condizionamenti operativi in regime di attività lavorativa’ costituiscono ‘ eventi imprevedibili non ascrivibili a responsabilità del Comune di Brolo’ (cfr. ricorso incidentale, pag. 31) .
Deduce che neppure sono dovute le minori somme riconosciute dal c.t.u. e recepite dal tribunale (cfr. ricorso incidentale, pagg. 30 -31) .
Il primo motivo del ricorso incidentale va rigettato.
Con il mezzo in disamina il ricorrente incidentale censura sostanzialmente il giudizio ‘di fatto’ in virtù del quale la Corte messinese ha riconosciuto la responsabilità risarcitoria del Comune di Brolo sia con riferimento alla riserva n.
1 sia con riferimento alla riserva n. 2.
In tal guisa il motivo in esame si qualifica propriamente in rapporto alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. Del resto, è la previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054) .
36. Nell ‘ottic a testé evidenziata si osserva quanto segue.
Per un verso, è da escludere recisamente che taluna delle figure di ‘anomalia motivazionale’ destinate ad acquisir e rilievo alla luce della già menzionata pronuncia n. 8053/2014 delle sezioni unite di questa Corte, possa scorgersi pur in relazione alle motivazioni cui, in parte qua , la Corte siciliana ha ancorato il suo dictum .
In particolare, in merito al primo motivo dell’appello incidentale, la corte distrettuale ha puntualizzato che l’indisponibilità delle aree era da ascrivere ‘alla carenza di programmazione dell’amministrazione, come la necessità delle varianti, che ha posto a base di gara un progetto non perfettamente studiato e approfondito’ (così sentenza d’appello, pag. 18).
In particolare, in merito al secondo motivo dell’appello incidentale, la corte distrettuale ha puntualizzato che gli ‘intoppi’ addotti dalla stazione appaltante costituivano ‘fatti del tutto prevedibili, che una adeguata e tempestiva programmazione avrebbe potuto evitare’ (così sentenza d’appello, pag. 1 9) .
Dunque, con riferimento all’anomalia della motivazione ‘apparente’ la corte di merito ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
In pari tempo, la corte territoriale ha di certo disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante, in parte qua , la res litigiosa .
Per altro verso, il dictum della corte di seconde cure è ineccepibile in diritto.
Per altro verso ancora, il ricorrent e incidentale si duole per l’omesso esame di esiti istruttori documentali (cfr. controricorso, pag. 29) .
Ma a tanto ostano i ‘precedenti’ di questa Corte dapprima menzionati (il riferimento è a Cass. (ord.) n. 27415/2018; Cass. sez. lav. (ord.) n. 2498/2015; Cass. sez. un. n. 8053/2014) .
37. C on il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. cv. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1224 e 1282 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. il difetto di motivazione in ordine al riconoscimento degli interessi compensativi.
Deduce che la Corte di Messina ‘ha liquidato gli interessi , sul capitale via via rivalutato, con decorrenza dall’evento, in modo del tutto automatico, senza alcuna valutazione del profilo probatorio in merito alla sussistenza del paventato p regiudizio patito dall’impresa appaltatrice’ (così ricorso incidentale, pag. 33) .
Deduce che sulla somma liquidata all’appaltat ore spetta la rivalutazione monetaria e, in mancanza di qualsiasi allegazione e prova circa l’insufficienza della rivalutazione, non possono riconoscersi gli interessi compensativi (cfr. ricorso incidentale, pag. 34) .
38. Il secondo motivo del ricorso incidentale va rigettato.
Soccorre l’elaborazione di questo Giudice.
Ossia l’ ordinanza n. 6.9.2022, n. 26202, ove in motivazione si legge testualmente:
<>.
40. Alla luce del menzionato insegnamento -che ben si attaglia al caso de quo , siccome pur nel caso di specie, al pari di quello scrutinato da questa Corte con la citata ordinanza n. 26202/2022, non vi è stata pronuncia di risoluzione del contratto d’appalto quindi gli interessi spettano ‘ di diritto ‘ (cfr. Cass. 13.7.1983, n. 4759; Cass. 30.3.1985, n. 2240) , si cumulano con la rivalutazione monetaria e competono -in assenza di pronuncia di risoluzione del contratto al titolare del credito risarcitorio dal dì di verificazione dell’evento dannoso , identificato nella specie con il mese di giugno 1993 (cfr. in senso analogo Cass. (ord.) 27.12.2022, n. 37798 (ove in motivazione è espressamente richiamata l’ordinanza n. 26202/2022) . Cfr. Cass. 1.7.2002, n. 9517, secondo cui per i debiti di valore -fra i quali è compreso anche quello di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale di obbligazioni non pecuniarie -va riconosciuto il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, l’una e gli altri assolvendo a funzioni diverse, giacché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nella condizione in cui si sarebbe trovato se l ‘ inadempimento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa; ne consegue che le due misure sono giuridicamente
compatibili e che, pertanto, sulla somma risultante dalla rivalutazione debbono essere corrisposti gli interessi, il cui calcolo va effettuato con riferimento ai singoli momenti in relazione ai quali la somma s’incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio; Cass. 16.9.2004, n. 18653) .
Si prescinde dal rilievo di cui alla memoria del ricorrente principale.
Ovvero dall ‘assunta cessazione della materia del contendere postulata dal ricorso incidentale e correlata alla circostanza per cui sarebbe stata prefigurata l’ammissione del credito d i NOME COGNOME con conseguente riconoscimento della medesima posta creditoria – al passivo della liquidazione del Comune di Brolo in misura corrispondente all’importo di cui alla statuizione di prime cure.
Si rimarca piuttosto che non vi è margine per far luogo alla condanna dal ricorrente principale sollecitata in verità con la memoria -del controricorrente/ricorrente incidentale ai sensi de ll’art. 96 cod. proc. civ .
Da un canto, il ricorso principale si è palesato privo di fondamento.
D’altro canto, in ordine alla proposizione del ricorso incidentale non si prospetta né anche ai fini di cui al 3° co. dell’art. 96 cod. proc. civ. – il presupposto della colpa grave (cfr. Cass. sez. un. 20.4.2018, n. 9912) né il presupposto d ell’ ‘abuso del processo’ (cfr. Cass. 24.9.2020, n. 20018) .
Il rigetto e del ricorso principale e del ricorso incidentale giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale sia da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso principale;
rigetta il ricorso incidentale;
rigetta l’istanza ex art. 96 cod. proc. civ.;
compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte
P.Q.M.