SENTENZA CORTE DI APPELLO DI TRENTO N. 233 2025 – N. R.G. 00000230 2024 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 11 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI TRENTO SEZIONE SECONDA CIVILE
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE in persona dei magistrati:
D r.ssa NOMECOGNOME
Presidente
Dr.ssa NOMECOGNOME
Consigliere
Dr.ssa NOMECOGNOME
Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
D r.ssa NOMECOGNOME
Presidente
Dr.ssa NOMECOGNOME
Consigliere
Dr.ssa NOMECOGNOME
Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II grado R.G. 230/2024
tra
(C.F.
),
assistito e difeso dall’AVV_NOTAIO.
NOME elett. Dom INDIRIZZO
appellante
e
(C.F.
),
assistito
e
difeso
dall’AVV_NOTAIO
COGNOME NOME elett dom. in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO
appellato
e con l’intervento di
appellato
(C.F.
), assistito e difeso
dall’AVV_NOTAIO studio dell’AVV_NOTAIO in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO
COGNOME NOME NOME dall’AVV_NOTAIO, elett.dom. presso
lo
intervenuto
C.F.
P.
P.
Avente ad oggetto: indebito oggettivo
In punto: giudizio di rinvio
Causa decisa nella camera di consiglio del giorno 11.11.25 sulle seguenti
CONCLUSIONI
PARTE APPELLANTE:
Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa e respinta:
in via pregiudiziale: dichiarare inammissibile l”intervento della PAT e, in ogni caso, le eccezioni dalla stessa svolte nonché la tardività ed inutilizzabilità dei documenti dalla stessa prodotti; in subordine, rigettare le conclusioni ex adverso formulate;
sempre in via pregiudiziale: dichiarare inammissibile l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da RAGIONE_SOCIALE nonché, qualora si ritenesse dedotta, l’eccezione di compensazione;
nel merito: in conformità al dettato dell’ordinanza n° 21162/2024 della Corte di Cassazione, in totale riforma del provvedimento impugnato, condannare per le ragioni le causali ed i motivi tutti indicati in citazione, al pagamento in favore dell’attrice in riassunzione dell’importo di € 162.579,00.= o il diverso, maggiore o minore importo ritenuto di giustizia, oltre agli interessi legali dal dì del dovuto al saldo.
RAGIONE_SOCIALEe di tutti i gradi di giudizio interamente rifuse con condanna della convenuta riassunta a restituire all’attrice l’importo di € 8.534,44 o la diversa, maggiore o minore, somma ritenuta di giustizia, oltre gli interessi legali dal dì del dovuto al saldo.
PARTE APPELLATA:
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, dichiarare il difetto di legittimazione passiva di per i motivi dedotti; rigettare in ogni caso le domande proposte da in quanto infondate per i motivi i esposti nei propri scritti difensivi o comunque ridurle nella misura che risulterà di giustizia.
PARTE INTERVENUTA:
Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, dichiarato preliminarmente ammissibile l’intervento volontario adesivo spiegato dalla , e tenuto conto delle deduzioni in esso contenute, anche di natura economica, accogliere le conclusioni formulate da e dunque respingere la domanda formulata dalla signora in qualità di erede della signora in quanto inammissibile o comunque infondata in fatto e diritto.Con vittoria di spese e onorari
FATTO E DIRITTO
Con ricorso ex art 702 bis cpc dep il 30.1.2018 , quale unica erede della madre , chiedeva la condanna della
di RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in suo favore di euro 162.579, importo versato dalla madre in relazione al ricovero della stessa presso la RAGIONE_SOCIALE, gestita dalla società resistente. Esponeva che già al momento del ricovero la madre era affetta da gravi patologie che rendevano necessarie costanti cure mediche e interventi di assistenza sanitaria, non erogabili a domicilio e che lo stato di invalidità della madre le dava diritto alla completa esenzione per la generalità delle prestazioni avendo queste ultime carattere socio-sanitario ad elevata integrazione sanitaria, richiamando le previsioni dell’articolo 30 della legge 730/1980, de ll’ articolo 3 comma 3 DPCM 14.2.2001, dell’ articolo 3 septies D.Lvo n. 502/1992 nonché della giurisprudenza di legittimità e di merito.
La società resistente era rimasta contumace.
Con ordinanza di data 18.2.19 il tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava la domanda. Richiamava il Tribunale la normativa che disciplinava le ipo tesi di ‘prestazioni sanitarie a rilevanza sociale’ (co. 2 lett a) art. 3 septies D.Lvo n. 502/92) , di ‘prestazioni sociali a rilevanza sanitaria (co 2. lett b) e ‘le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria’ (co. 4); riteneva che,
sulla base dei risultati della CTU, era possibile dubitare che nelle cure mediche prestate in favore di vi era stata un’intensità della componente sanitaria tale da far ritenere le relative prestazioni comprese n ell’ambito dell’articolo 3 co. 4 del DPCM 14.2.2001, trattandosi di attività che ordinariamente vengono erogate in misura più o meno rilevante nei confronti di tutti i pazienti che risultano inseriti in casa di riposo; che non era risultata provata una particolare intensità delle cure; che risultava provato dalla documentazione medica che vi era stato un concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, come avviene del resto per ogni ospite di simili strutture.
Avverso tale pronuncia aveva proposto appello e nel relativo giudizio si era costituita la eccependo la propria carenza
di legittimazione passiva e chiedendo comunque rigetto dell’appello.
Con sentenza numero 71/2020 la corte di appello di RAGIONE_SOCIALE rigettava l’appello proposto da , con condanna della stessa al rimborso delle spese di lite nei confronti della società appellata. La corte d’appello rigettava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE e riteneva che, sulla base dell’espletata c.t.u. , non era possibile affermare che le condizioni di salute della madre dell’appellante fossero tali da necessitare fin dall’inizio di prestazioni caratter izzate da una elevata integrazione sanitaria ovvero di prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e non invece solo di prestazioni sociali a rilevanza sanitaria. Riteneva la corte che l’assistenza di carattere sanitario che veniva prestata presso la struttura alla madre dell’appellante non era prevalente rispetto a quella di carattere socioassistenziale che era la ragione stessa del ricovero dell’anziana nella struttura; l a somministrazione di farmaci come avvenuta nel corso degli anni avrebbe potuto essere
indubbiamente eseguita in ambito familiare, trattandosi di interventi usualmente eseguiti in famiglia così come le visite mediche avrebbero potuto essere eseguite su impulso familiare anche presso il domicilio. Riteneva la corte che non vi fosse stata alcuna sottovalutazione della malattia di Alzheimer che negli ultimi anni di vita aveva reso la madre dell’appellante priva di autonomia, posto che la stessa si trovava delle medesime condizioni in cui si trovano moltissimi altri malati non autosufficienti che vengono assistiti ed accuditi da familiari presso il loro domicilio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di impugnazione: 1) errata interpretazione delle norme in contrasto con il diritto vivente formatosi a seguito delle pronunce della Corte di cassazione; 2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 s epties D.Lvo n. 502/192 e dl DPCM 14.2.2001 con riguardo alla nozione di prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria; 3) omessa valutazione di fatti decisivi con riguardo alle patologie di cui era affetta .
La Corte di cassazione con ordinanza n.21162/24 ha accolto i primi due motivi di ricorso, dichiarando assorbito il terzo; ha quindi cassato l’impugnata sentenza rinviando alla corte di appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione.
ha provveduto a riassumere la causa.
Si è costituita nel giudizio di rinvio la RAGIONE_SOCIALE insistendo circa il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo in ogni caso il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti da .
È intervenuta volontariamente nel presente giudizio di rinvio la , con intervento volontario adesivo con riferimento alla posizione della RAGIONE_SOCIALE
chiedendo l’accoglimento delle conclusioni formulate dall a stessa e comunque rigetto delle domande di .
Quindi la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe precisate nei termini di cui all’art 189 cpc, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 21.10.25 e decisa nella camera di consiglio del 11.11.25.
Per ragioni logiche è necessario in primo luogo esaminare le difese della RAGIONE_SOCIALE secondo cui la stessa non sarebbe legittimata passiva rispetto le domande di restituzione degli importi versati da . Espone la stessa che la Corte di cassazione non si sia espressa su tale questione pur essendo stata riproposta in sede di controricorso, sicché tale questione deve essere trattata anche nel presente giudizio di rinvio.
In sintesi la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rileva che la domanda di restituzione doveva essere rivolta nei confronti dell’ ovvero nei confronti del Comune di RAGIONE_SOCIALE in quanto essa è una struttura autorizzata dalla , accreditata e convenzionata con l’ e con il Comune RAGIONE_SOCIALE, aggiungendo di avere sempre diritto di incassare la retta alberghiera degli ospiti qualunque sia la loro situazione economica e sanitaria. In particolare il suo diritto ad incassare la retta alberghiera per il posto letto deriva dalle direttive attualmente emanate della RAGIONE_SOCIALE, dalla convenzione esistente con il Comune di RAGIONE_SOCIALE, oltre che essere stato contrattualmente previsto con la sottoscrizione dell’impegno al pagamento da parte di . Pertanto n ell’ipotesi in cui avesse ritenuto che la madre non era
tenuta pagamento della retta alberghiera avrebbe dovuto fare richiesta al l’ per i servizi sanitari di intervenire e farsi carico anche della quota alberghiera dovuta per il soggiorno in RSA.
Tale questione deve ritenersi nel presente giudizio di rinvio inammissibile in quanto la RAGIONE_SOCIALE non ha proposto ricorso incidentale avverso la sentenza della corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 71/20 che espressamente aveva rigettato la relativa eccezione.
Infatti in tale sentenza la corte di appello aveva rilevato che, avuto riguardo alla domanda dell’appellante diretta ad ottenere la restituzione di somme in cassate asseritamente senza titolo dalla RAGIONE_SOCIALE, solo quest’ultima era legittimata a contraddire, in quanto eventualmente tenuta a restituire le somme che, secondo la prospettazione dell’appellante, non avrebbe potuto introitare . Rilevava ancora la corte d’appello che la RAGIONE_SOCIALE in quanto convenzionata/ accreditata presso il servizio sanitario pubblico, nell’erogazione delle prestazioni sanitariosocio assistenziali era a pieno titolo inserita nell’ambito organizzativo -funzionale di tale servizio e poteva chiedere e riceve il contributo dai privati beneficiari delle prestazioni se ed in quanto i privati erano tenuti al versamento sicché, se il versamento stesso era avvenuto di fuori delle condizioni previste , l’ente convenuto, anche se di natura privata, doveva essere tenuto alla relativa restituzione, ritenendo ir rilevante l’impegno a versare la somma dovuta dalla madre quale retta alberghiera sottoscritto da .
Dalla lettura del controricorso dd.20.1.21 della RAGIONE_SOCIALE risulta chiaramente che nessuna impugnazione incidentale dinanzi alla Corte di Cassazione è stata proposta avverso la sentenza della corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n.71/20 con riguardo alla questione della legittimazione passiva della stessa.
V a quindi richiamato l’ insegnamento della Suprema Corte secondo cui (Cass. ord. 33109/21) ‘ In tema di giudizio per cassazione, qualora la sentenza impugnata con ricorso principale abbia, sia pur implicitamente, risolto in senso sfavorevole alla parte vittoriosa una questione preliminare o pregiudiziale, il ricorso per cassazione dell’avversario impone a detta parte, che intenda sottoporre all’esame della Corte la medesima questione, di proporre ricorso incidentale, non potendo la stessa limitarsi a ripresentarla con il controricorso, atteso che la struttura del procedimento di legittimità, che non è soggetto alla disciplina dettata per l’appello dall’art. 346 c.p.c., pone a carico dell’intimato l’onere dell’impugnazione anche in caso di soccombenza teorica e non solo pratica ‘( cfr anche Cass. n. 7523/15; Cass. n. 5357/02)
Sempre in via pregiudiziale deve essere dichiarato inammissibile l’intervento vo lontario adesivo svolto della ai sensi dell’articolo 105 co. 2 cpc, così qualificato il suo intervento della stessa nella comparsa di data 1/4/25. Anche a voler ritenere che il richiamato articolo 344 c.p.c. sia applicabile anche al giudizio di rinvio (conclusione peraltro dubbia in considerazione delle caratteristiche peculiari di tale giudizio , cfr. Cass. n. 1824/05: ‘ Il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della pronuncia di secondo grado per motivi di merito (giudizio di rinvio proprio) non costituisce la prosecuzione della pregressa fase di merito e non è destinato a confermare o riformare la sentenza di primo grado, ma integra una nuova ed autonoma fase che, pur soggetta, per ragioni di rito, alla disciplina riguardante il corrispondente procedimento di primo o secondo grado, ha natura rescissoria (nei limiti posti dalla pronuncia rescindente), ed è funzionale alla emanazione di una sentenza che, senza sostituirsi ad alcuna precedente pronuncia,
riformandola o modificandola, statuisce direttamente sulle domande proposte dalle parti (come si desume dal disposto dell’art. 393 cod. proc. civ., a mente del quale all’ipotesi di mancata, tempestiva riassunzione del giudizio, non consegue il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, bensì la sua inefficacia)- vd. anche Cass. n, 15143/21) va rilevato che secondo il costante orientamento della Suprema Corte (Cass. n. 32887/22) ‘ L’intervento in appello è ammissibile soltanto quando l’interventore faccia valere una situazione soggettiva che lo legittima a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell’articolo 404 c.p.c., ossia nel caso in cui egli rivendichi, nei confronti di entrambe le parti, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione accertata o costituita dalla sentenza di primo grado, e non anche quando l’intervento stesso sia qualificabile come adesivo, perchè volto a sostenere l’impugnazione di una delle parti, al fine di porsi al riparo da un pregiudizio mediato e dipendente dai rapporti che lo legano ad una di esse ‘ (vd anche Cass. n. 2114/06)
Passando al merito della causa, la Suprema Corte, nel cassare la sentenza della corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 71/2020, ha indicato i criteri da utilizzare per interpretare la nozione di ‘prestazioni socio -sanitarie ad elevata integrazione sanitaria’.
La Suprema Corte ha ritenuto che correttamente la corte di appello di RAGIONE_SOCIALE nel l’impugnata sentenza aveva fatto applicazione dei principi già affermati in precedenti pronunce della Corte di Cassazione secondo cui, ferma restando la tendenziale autonomia delle prestazioni socioassistenziali, nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possono essere eseguite se non congiuntamente all’attività di natura socio -assistenziale, prevale in ogni caso la natura sanitaria del servizio in quanto le altre prestazioni, di diversa natura, devono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, essendo dirette a consentire la cura della
salute dell’assistito, n onché del principio secondo cui la disciplina del servizio sanitario pubblico, che assicura a tutti i cittadini i livelli essenziali uniformi di assistenza sanitaria con spesa interamente a carico dell’amministrazione pubblica , concerne l’erogazione di prestazioni sanitarie o di prestazioni sanitarie inscindibili con quelle socio-assistenziali e ciò presuppone che l’a ssistito debba essere sottoposto ad un programma di trattamento terapeutico riabilitativo o conservativo.
Tuttavia la Suprema Corte ha ritenuto che erroneamente la corte di appello non abbia attribuito ‘ rilievo ai fini del decidere al fatto che fosse affetta da Alzheimer, rilevando che con riferimento a soggetti affetti da tale patologia in altre pronunce era stato chiarito che ‘l’attività prestata in favore di soggetti gravemente affetti da morbo di Alzheimer ricoverato in un istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del RAGIONE_SOCIALE, ai sensi della legge numero 730 del 1983, articolo 30, non essendo possibile determinare le quote di natura sanitaria e detrarle da quelle di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette, anche ex DPCM 8 agosto 1985, art.1, alla tutela della salute del cittadino; ne consegue la non recuperabilit à , mediante azione di rivalsa a carico dei parenti del paziente, delle prestazioni di natura assistenziale erogate dal Comune”. Quindi, nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite “se non congiuntamente” alla attivit à di natura socioassistenziale, cosicch é non sia possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale, in ogni caso, la natura sanitaria del servizio, in quanto le altre prestazioni di natura diversa- debbono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalit à necessaria, essendo dirette alla ‘co mplessiva prestazione” che deve essere erogata a titolo gratuito,
dimostrata la natura inscindibile ed integrata della prestazione: in tal caso, i nfatti, l’intervento sanitario-socio assistenziale rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal sistema sanitario pubblico, in quanto la struttura convenzionata/accreditata garantisce al l’assistito , attraverso il servizio integrato, il programma terapeutico, secondo un piano di cura personalizzato ‘ .
Ha rilevato la Suprema Corte che ‘ nel caso in esame dalla espletata CTU, le cui risultanze sono riportate in ricorso, risulta che: , nel marzo 2004, quando era stata accolta presso la struttura gestita dalla era affetta varie patologie croniche, tra cui il morbo di Alzheimer, che si era manifestato nel 2003 ‘con episodi di disorientamento e allucinazioni visive, con successiva progressione dei disturbi cognitivi e comportamentali, maculopatia, incontinenza urinaria, spondiloartrosi, osteoporosi, discopatia”. Orbene, dando continuità alla giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi che la Corte di appello abbia errato nell’individuare il criterio giuridico per stabilire se le prestazioni erogate dalla struttura fossero o meno scindibili in una componente alberghiero -assistenziale, a carico del paziente ricoverato o dei suoi familiari, ed una componente sanitaria, comunque gratuita perché a carico del SSN. Nella impugnata sentenza, il discrimine è stato individuato nella ‘prevalenza’ della componente sanitaria, per poi escluderne la ricorrenza in concreto, con giudizio in fatto, laddove, secondo questa giurisprudenza di legittimità, il criterio, anche all a luce dell’ev oluzione normativa in materia, è quello della integrazione tra le due prestazioni, ovvero della unitaria ed inscindibile coesistenza dei due aspetti della prestazione, che ne produce l’integrale addossamento degli oneri economici su RAGIONE_SOCIALE (ai sensi del DPCM 14 febbraio 2001 art. 3 co. 3). Invero, al fine dell’accertamento del suddetto discrimine, occorre
fare riferimento al fatto che alla paziente fosse dovuto un piano terapeutico personalizzato e che quindi sussistesse la necessità per la paziente, in relazione alla patologia dalla quale risultava affetta (morbo di Alzheimer), dello stato di evoluzione al momento del ricovero e della prevedibile evoluzione successiva della suddetta malattia, di un trattamento sanitario strettamente e inscindibilmente correlato con aspetto assistenziale perché volto, attraverso le cure, a rallentare l’evoluzione della malattia e a contenere la sua degenerazione, per gli stati più avanzati, in comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per terzi (si veda la relazione redatta dal medico coordinatore della RSA nella parte riportata nel ricorso, p.17, quanto ai gravi disturbi comportamentali, con coazione alla fuga ed eteroaggressività). Solo qualora si escluda, in concreto, la necessità che, per il singolo paziente affetto da Alzheimer, alla luce della sua storia sanitaria personale, la prestazione socio-assistenziale sia inscindibilmente legata con la prestazione sanitaria, è legittimo che parte della retta di degenza si apposta carico del paziente. Le prestazioni socio-assistenziale di rilievo sanitario vanno ricondotte a quelle a carico del SSN quando risulti, in base ad una valutazione operata in concreto, che tenga conto -come ha omesso di fare il decidente- della patologia in atto, del suo stadio al momento del ricovero e della sua prevedibile evoluzione futura, che esse siano necessarie per assicurare al l’interessato la doverosa tutela del diritto alla salute, in uno con la tutela della sua dignità personale. Si tratta in tali casi di prestazioni di natura sanitaria che non possono essere e seguite se non congiuntamente all’attività di natura socio-assistenziale, la quale è pertanto avvinta alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, che rende inconferente la prevalenza o meno delle prestazioni di natura sanitaria rispetto a quelle assistenziali, essendo anche queste a carico del SSN poiché strumentali a quelle sanitarie.’
Dalla documentazione acquisita relativa alle condizioni di salute di nel corso degli anni risulta che già dall’aprile del 2003 la stessa presentava un quadro di demenza progressiva in cardiopatica (doc. 5 accesso al pronto soccorso); che nel giugno del 2003 (doc. 6) veniva diagnosticata demenza di tipo Alzheimer in occasione del ricovero presso il reparto geriatria dell’ospedale di RAGIONE_SOCIALE, con la specificazione che la paziente veniva ricoverat a per impossibilità di rinviarla a domicilio dato il deficit cognitivo e il disorientamento della paziente che rifiutava altre soluzioni; che nel dicembre del 2003 (doc. 7), in occasione della visita per l’accertamento sanitario dell’invalidità civile, veniva diagnosticato un deteri oramento cognitivo ingravescente con disturbi comportamentali e note depressive, nonché una demenza degenerativa; nel dicembre 2003 (doc.8-9) veniva pure certificato che era affetta da demenza di tipo Alzheimer in peggioramento funzionale progressivo, con variabilità del tono dell’umore ed alternanza di fasi depressive, euforia e aggressività; che un deterioramento cognitivo ingravescente veniva pure attestato nel dicembre 2003 (doc.9) e la diagnosi di demenza di tipo Alzheimer di grado moderato veniva confermata in occasione del ricovero del febbraio del 2004 (doc. 10).
Dal diario integrato (doc. 12) redatto in relazione alla permanenza presso la struttura gestita dalla convenuta successivamente al marzo del 2004 numerose sono le annotazioni che provano la necessità di una ‘ prestazione socio-assistenziale inscindibilmente legata con la prestazione sanitaria’ .. ‘volta attraverso le cure a rallentare l’evoluzione della malattia e a contenere la sua degenerazione… in comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per i terzi ‘.
In più occasioni vengono annotati sintomi depressivi e la somministrazione e l’ adeguamento di terapia antidepressiva anche in relazione a specifici episodi in cui era molto agitata e si voleva allontanare dalla struttura, ad episodi di ansia e aggressività verso gli operatori, a tentativi di lasciare la struttura tanto da essere trovata fuori al cancello principale ovvero vicino alla fermata dell’autobus e riaccompagnata in struttura con conseguente adeguamento della terapia (cfr pag. 16 ‘alla signora è stata impostata una nuova terapia sedativa che ha l’obiettivo di contenere gli stati deliranti’, ‘considerate le condizioni psichiche attuali di concreto pericolo di provocarsi danni durante le fughe si autorizza, almeno temporaneamente, l’uso della cintura su seduta quando è necessario’, ‘verso le 16.30 la signora si è avviata verso l’uscita, volava andare dalla mamma, un operatore ha impiegato circa 10 minuti per fare capire che il tempo non era il migliore per andare a piedi, rimediando un paio di ceffoni’; pag. 17 ‘in seguito stato assopimento, diminuita la terapia, rimane cintura di contenzione in sedia’ ). Veniva annotato il costante peggioramento della malattia (pag. 25 ‘paziente notevolmente peggiorata sul piano cognitivo per progressione demenza , dopo un periodo caratterizzato da disturbi comportamentali (fughe) piuttosto intensi, è stata impostata una nuova terapia sedativa che è risultata efficace ma non ha certamente favorito la mobilità che si presenta nettamente deficitaria’, ‘ ospite affetta da demenza, cognitivamente compromessa con tendenza ad atteggiamento depressivo’, ‘ si decide di tentare la diminuzione della terapia sedativa per favorire la deambulazione ‘ (settembre 2005); risultano episodi di aggressività (‘violenta n el pomeriggio, chiede di vedere la madre dopo aver cercato di farle capire che non era in struttura oltre a piangere tentava di aggredire fisicamente gli operatori e la volontaria’(g ennaio 2006); ancora nel novembre del 2006 veniva annotato uno
stato cognitivamente compromesso a livello spazio/ temporale con tendenza ad atteggiamento depressivo sfociante in pianti e tentativi di fuga, veniva tentata diversa terapia farmacologica per far fronte dei momenti di profonda depressione; nell’aprile del 2007 venivano annotati frequenti episodi di ‘passeggiate’ per la casa nelle ore notturne e tentativi di uscire dalla struttura, con conseguente valutazione di aumento della terapia serale; nel maggio del 2007 veniva a nnotato che l’ospite, affetta da malattia di Alzheimer al terzo grado , presentava una gravissima destrutturazione della personalità, prevalentemente di tipo depressivo, scarsamente rispondente alla terapia farmacologica; fino al giugno del 2007 sono state utilizzati mezzi di contenzione, eliminati per periodi circoscritti a seguito della richiesta dei familiari, disposta per il rischio di eventuali cadute; nel luglio del 2007 vi era stato un altro episodio di aggressione degli operatori che tentavano di fermarla mentre la stessa voleva uscire, aggrediti con pugni e graffi, tanto che la stessa venne trattenuta con cintura di contenzione; nell’agosto del 2 007 veniva nuovamente adeguata la terapia in ragione dello stato di agitazione e aggressività della ; nell’ottobre del 2007 a seguito delle richieste della figlia, veniva esclusa la possibilità di utilizzare mezzi di contenzione; tuttavia a seguito di altra caduta veniva nuovamente prescritta la possibilità di utilizzare mezzi di contenzione in considerazione il fatto che l’ospite continuava a tentare di allontanarsi dalla struttura (i mezzi di contenzione saranno utilizzati in modo continuativo fino al dicembre 2014 con applicazione di spondine sul letto per evitare il pericolo di cadute in ospite con grave demenza); nel corso del tempo veniva ancora adeguata la terapia farmacologica in quanto si presentava talvolta molto assopita; nell’aprile 2008 veniva annotato che l’ospite, affetta da demenza di Alzheimer di grado elevato, presentava un peggioramento
progressivo sia dal punto di vista cognitivo che neurologico; nel maggio del 2009 viene confermata la malattia di Alzheimer in fase avanzata, dandosi atto che l’ospite si trovava in una situazione di buon compenso con momenti di tranquillità e allegria e momenti di profonda sonnolenza; nel dicembre 2012 viene confermata la diagnosi di malattia Alzheimer in fase avanzata e lo stato di buon compenso, d ando atto che l’ospite alterna va momenti di tranquillità e allegria ad altri di sonnolenza e talvolta ad episodi di angoscia e tristezza che potevano anche sfociare in aggressività, la stessa si presentava molto destrutturata e venivano tentate attività di stimolazione cognitiva ma senza esito; nel dicembre 2011 veniva annotato che l’ospite, affetta da malattia di Alzheimer, era compromessa cognitivamente in modo importante ; nel gennaio 2013 veniva annotato che l’ospite si trovava in una situazione di gravissima compromissione neuro-cognitiva in avanzatissima demenza di Alzheimer, priva di ogni residua capacità di deambulazione non riuscendo più a rispondere nemmeno le domande più semplici; analoga diagnosi veniva annotata nel luglio del 2013 e nel gennaio 2014; n ell’aprile del 2014 in varie occasione veniva portata al pronto soccorso per movimenti involontari agli arti superiori e la terapia farmacologica veniva adeguata al fatto che tali episodi nei periodi immediatamente successivi si erano nuovamente verificati; nel giugno 2014 veniva annotato un quadro di avanzatissima demenza degenerativa tipo Alzheimer con perdita totale delle autonomie e del contatto con la realtà.
Risulta dalla scheda cadute (doc. 14) che dal 2007 al 2012 era caduta 20 volte.
Risulta ancora dal doc. 15 che fin dal momento dell’ingresso nella struttura nel marzo 2004 risultava affetta da demenza di tipo Alzheimer, patologia aggravatasi nel corso
degli anni con tentativi di allontanamento dalla struttura e con modifiche nel corso degli anni delle terapie farmacologiche per fare fronte alla situazione di depressione (pag. 17-18).
Nella relazione clinica del medico coordinatore della RSA della RAGIONE_SOCIALE (doc. 18) veniva riportato che al momento dell’ingresso presentava un quarto d i iniziale demenza degenerativa di tipo Alzheimer che tuttavia aveva subito un progressivo e costante peggioramento sul piano cognitivo fino a raggiungere, intorno al 2011, un deterioramento gravissimo con perdita totale delle funzione alimentare e delle capacità relazionali, con la specificazione che, in conseguenza di tale aggravamento, la stessa aveva necessitato di un monitoraggio medico e infermieristico molto intenso, considerati i problemi clinici intercorrenti che, seppure in compenso, rendevano la paziente ad elevato rischio, considerata anche l’impossibilità di riferire sintomi . In tale relazione veniva specificato che nel periodo intercorso fra l’ingresso nella struttura nel 2004 e d il 2011 si erano presentati anche gravi disturbi del comportamento, con coazione alla fuga, etero aggressività, rifiuto ad alimentarsi.
Dalla relazione del c.t.u. espletata in primo grado risulta che dopo l’ingresso in RSA di alla terapia cardiologica erano stati aggiunti, per periodi limitati, molti farmaci antidolorifici, lassativi, antidepressivi, sedativi, anti demenza. Risulta ancora della medesima relazione che nel corso degli anni sono state eseguite visite mediche per effettivi problemi sanitari (14 nel 2004, 14 nel 2005, 7 nel 2006, 11 nel 2007, 3 nel 2008, 4 nel 2009, 3 nel 2010, 2 nel 2011, 5 nel 2012, 2 del 2013, 6 nel 2014, 3 nel 2015).
Va peraltro rilevato che la domanda di restituzione delle rette proposta da , come evidenziato dalla corte di appello di RAGIONE_SOCIALE della sentenza n. 71/20 e dalla stessa attrice in modo specifico (pag. 21 atto di riassunzione), riguarda il periodo di permanenza dal 2006
fino al decesso della madre; quindi considerato il progressivo aggravamento della malattia, nel 2006 le condizioni di salute della madre dell’attrice erano sicuram ente peggiori rispetto a quelle accertate al momento dell’ingresso nella struttura (nel 2004).
Alla luce dei dati sopra riportati è possibile concludere che con riferimento alle condizioni di sussistevano le condizioni indicate nell’ordinanza 21162/2024 della Suprema Corte e che nei confronti di sia stato praticato un trattamento terapeutico personalizzato, somministrato necessariamente in modo congiunto alla prestazione assistenziale, in modo continuativo, sicché la prestazione socio-assistenziale è stata inscindibilmente connessa con quella sanitaria. Deve concludersi conformemente alle affermazioni contenute nella richiamata ordinanza che ‘ le prestazioni di natura sanitaria non potevano essere eseguite se non congiuntamente alla attività di natura socio-assistenziale ‘ e che ‘ …p revale in ogni caso la natura sanitaria del servizio, in quanto le altre prestazioni -di natura diversa- debbono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, essendo dirette alla ‘complessiva prestazione’ che deve essere erogate a titolo gratuito’. L’intervento sanitario -socio-assistenziale rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal sistema sanitario pubblico poiché la struttura privata garantisce al l’assistito, attraverso il servizio integrato, il programma terapeutico, secondo un piano di cura personalizzato.
Conseguentemente la coopRAGIONE_SOCIALE deve essere condannata al rimborso in favore di dell’importo di euro 162.579,00 oltre interessi di legge decorrenti dalla domanda al saldo. Trattasi infatti di indebito oggettivo con pagamenti ricevuti dalla RAGIONE_SOCIALE in buona fede, in conformità alla presunzione di legge al riguardo
Deve essere restituito in favore di anche l’importo di euro 5.689,96 versato dalla stessa in esecuzione della sentenza della corte di appello numero 71/2020. Su tale soma sono dovuti gli interessi di legge con decorrenza dal momento del versamento al saldo.
Infatti (Cass.n. 6942/2010) ‘ L’azione di ripetizione di somme pagate per spese di lite in esecuzione di una sentenza successivamente annullata non é riconducibile allo schema della “condictio indebiti”, sia perché si ricollega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza e prescinde dall’esistenza o meno del rapporto sostanziale, sia perché il comportamento dell'”accipiens” non si presta a valutazioni sulla buona o mala fede, non potendo venire in considerazione stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Pertanto, in applicazione delle regole generali sui crediti pecuniari, gli interessi legali sulle somme predette devono essere riconosciuti dal giorno del pagamento e non da quello della domanda ‘ .
Le spese di lite seguono la soccombenza (comprese quelle di CTU e di imposta di registro) e sono poste a carico della RAGIONE_SOCIALE con riferimento a tutti gradi del giudizio nella misura liquidata in dispositivo, negli importi minimi di tariffa in relazione alla natura della controversia che riguardava principalmente l’interpretazione d i norme ed alla contumacia della RAGIONE_SOCIALE in primo grado. Inoltre in primo grado l’attività istruttoria si è limitata all’espletamento di CTU, nel giudizio d’ap pello non è stata richiesta nella relativa nota spese la liquidazione della fase di trattazione; nel presente giudizio di rinvio la fase di trattazione si è limitata alle deduzioni l’udienza. Non viene riconosciuto l’aumento del 30% per la presenza di più parti ai
sensi dell’articolo 4 comma 2 della tariffa forense in quanto la partecipazione della al giudizio di rinvio non ha ampliato l’ambito della questione di diritto oggetto della decisione.
Il rimborso dell’imposta di reg istro versata con riguardo alle sentenze di primo grado e di appello è dovuto in ragione della sua natura di spesa di lite (cfr Cass. n. 8481/00; Cass. n. 7532/14).
Non vengono riconosciute le spese sostenute per la consulenza del dr. in quanto riferite ad attività anteriori all’introduzione del giudizio (la fattura è stata emessa il 14.11.17 e pagata il 16.11.17 mentre il giudizio di primo grado è stato introdotto con ricorso dd.30.1.18), il cui rimborso doveva essere richiesto fin dall’atto introduttivo (e sostenuto da adeguata documentazione), mentre il rimborso è stato richiesto per la prima volta nel giudizio di rinvio, con documentazione a sostegno prodotta solo in tale fase.
Quanto al presente giudizio di rinvio le spese di lite vengono poste a carico anche della , pure soccombente, in solido con la RAGIONE_SOCIALE
P. Q. M.
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, ogni diversa o contraria azione, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo, così provvede:
dichiara inammissibile
l’intervento in giudizio della
;
condanna la
al pagamento in favore di dell’importo di euro 162.579,00 oltre interessi di legge con decorrenza dalla domanda al saldo;
3) condanna la
alla restituzione in favore di dell’importo di euro 5.689,96 a titolo di spese versate in forza della sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE numero 71/2020, oltre interessi di legge dal versamento al saldo;
4)
condanna la
al rimborso in favore di delle spese di giudizio, liquidate, quanto al giudizio di primo grado, in € 1.215,00 per la fase di studio, € 775,00 per la fase introduttiva, € 2.700,00 per la fase istruttoria, € 2.025,0 per la fase decisionale , oltre a spese generali nella misura del 15%, all’I.V.A. ed al contributo C.N.A.P. nelle misure di legge, se ed in quanto dovuti, oltre al rimborso delle spese di CTU, degli esborsi per euro 406,00, dell’imposta di registro sulle sentenze di primo grado e di grado di appello; quanto al giudizio di appello in € 1.418,00 per la fase di studio, € 910,00 per la fase introduttiva, € 2.430,00 per la fase decisionale, oltre a spese generali nella misura del 15%, all’I.V.A. ed al contributo C.N.A.P. nelle misure di legge, se ed in quanto dovuti, oltre ad euro 1.165,00 per esborsi; quanto al giudizio dinanzi alla Corte di cassazione in € 1.701,00 per la fase di studio, € 1.239,00 per la fase introduttiva, € 888,00 per la fase decisionale, oltre a spese generali nella misura del 15%, all’I.V.A. ed al contributo C.N.A.P. nelle misure di legge, se ed in quanto dovuti;
TABLE
delle spese del presente giudizio di rinvio liquidate in € 1.489,00 per la fase di studio, € 956,00 per la fase introduttiva, € 2.163,00 per la fase di trattazione , € 2.552,00 per la fase decisionale, oltre a spese generali nella misura del 15%, all’I.V.A. ed al contributo C.N.A.P. nelle misure di legge, se ed in quanto dovuti ed euro 1.165,00 per esborsi.
Cosi deciso in RAGIONE_SOCIALE, lì 11.11.25.
Il Consigliere est.
Il Presidente (dr.ssa NOME COGNOME)
(AVV_NOTAIO. NOME COGNOME)