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Retta RSA Alzheimer: quando non è dovuta la spesa

Una figlia cita in giudizio una casa di riposo per ottenere la restituzione delle rette pagate per la madre affetta da Alzheimer. La Corte d’Appello, in linea con un precedente pronunciamento della Cassazione, stabilisce che la retta RSA Alzheimer non era dovuta, poiché le prestazioni sanitarie e quelle assistenziali fornite erano inscindibili. Di conseguenza, la struttura è stata condannata a rimborsare oltre 162.000 euro.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retta RSA Alzheimer: quando è a carico del Servizio Sanitario?

La gestione di un familiare affetto dal morbo di Alzheimer comporta sfide emotive ed economiche immense, tra cui spicca il costo delle strutture di ricovero. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trento ha riaffermato un principio cruciale: la retta RSA Alzheimer non è dovuta quando le cure sanitarie e l’assistenza sono inseparabili. Questo caso, che ha portato alla condanna di una casa di riposo a restituire oltre 162.000 euro, offre una guida preziosa per molte famiglie.

I Fatti del Caso: La Lunga Battaglia di una Figlia

La vicenda ha origine dalla richiesta di una figlia di ottenere il rimborso delle somme versate a una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) per il ricovero della madre, affetta da una grave forma di demenza di tipo Alzheimer. La paziente, ricoverata nel 2004, presentava un quadro clinico complesso, caratterizzato da un progressivo deterioramento cognitivo, disturbi comportamentali, aggressività e tentativi di fuga. La figlia sosteneva che, data la gravità della patologia, le prestazioni fornite non fossero semplici servizi alberghieri o di assistenza sociale, ma costituissero un’attività sanitaria a tutti gli effetti, che doveva quindi essere a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Il Percorso Giudiziario e il Principio della Cassazione

Il percorso legale è stato lungo e complesso. Inizialmente, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda, ritenendo che le prestazioni assistenziali prevalessero su quelle sanitarie. La svolta è avvenuta con il ricorso in Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha cassato la precedente sentenza, stabilendo un principio di diritto fondamentale: per determinare se la retta RSA Alzheimer sia a carico del SSN, il criterio non è la “prevalenza” di un tipo di prestazione sull’altro, bensì la loro “inscindibile coesistenza”. Quando le attività di natura assistenziale sono necessarie e strumentali per fornire le cure sanitarie richieste dalla patologia, l’intera prestazione diventa un unicum inscindibile di natura sanitaria.

Le Motivazioni: Perché la Retta RSA Alzheimer non era dovuta

La Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, si è attenuta scrupolosamente a questo principio. Analizzando la vasta documentazione medica e il diario clinico della paziente, i giudici hanno constatato che la condizione della donna richiedeva un intervento costante e integrato. I documenti provavano:

* Necessità di un piano terapeutico personalizzato: La paziente necessitava di continue terapie farmacologiche (antidepressivi, sedativi, antidemenza) per gestire sintomi come aggressività, deliri e tentativi di fuga.
* Inscindibilità tra assistenza e sanità: Le attività di assistenza quotidiana non erano semplici servizi alberghieri, ma erano funzionali a garantire le cure mediche. La sorveglianza continua per prevenire fughe o atti autolesionistici, la gestione dei disturbi comportamentali e l’assistenza nell’alimentazione erano tutte attività strettamente connesse alla gestione della patologia.
* Gravità della patologia: La diagnosi di demenza di tipo Alzheimer, con il suo progressivo peggioramento, rendeva la paziente totalmente non autosufficiente e bisognosa di un monitoraggio medico e infermieristico intenso e continuativo.

La Corte ha concluso che l’intervento sanitario-socio-assistenziale era “interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal sistema sanitario pubblico”. Le prestazioni assistenziali erano avvinte a quelle sanitarie da un “nesso di strumentalità necessaria”, rendendo l’intera prestazione una “complessiva prestazione” da erogare a titolo gratuito.

Le Conclusioni

Sulla base di queste motivazioni, la Corte d’Appello ha condannato la società che gestiva la RSA a restituire alla figlia l’intero importo delle rette versate, quantificato in 162.579,00 euro, oltre agli interessi legali. La sentenza ha inoltre condannato la struttura al rimborso delle spese legali di tutti i gradi di giudizio. Questa decisione rafforza un importante orientamento giurisprudenziale a tutela dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie, chiarendo che quando l’assistenza è parte integrante e inscindibile della cura, i costi devono gravare interamente sul Servizio Sanitario Nazionale, garantendo il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.

È sempre dovuta la retta per il ricovero di un malato di Alzheimer in una RSA?
No, non è dovuta quando le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali sono inscindibilmente connesse. In questi casi, l’intera prestazione è qualificata come sanitaria e deve essere a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Quale criterio si usa per decidere se la retta RSA è a carico del SSN?
Il criterio determinante non è la “prevalenza” delle cure sanitarie su quelle assistenziali, ma la loro “inscindibile coesistenza”. Se l’assistenza è strumentale e necessaria per erogare le cure sanitarie (come nel caso di gravi patologie come l’Alzheimer), l’onere economico ricade interamente sul SSN.

Se una RSA ha incassato una retta non dovuta, è tenuta a restituirla?
Sì. La sentenza ha confermato che i pagamenti effettuati in assenza di un obbligo legale costituiscono un “indebito oggettivo”. Di conseguenza, la struttura che ha ricevuto i pagamenti è obbligata a restituire l’intero importo, maggiorato degli interessi legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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