Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 34152-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME; COGNOME NOME in qualità di erede di COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto
Dirigente pubblico impiego
R.G.N. 34152/2019 Cron. Rep. Ud. 12/09/2024 CC
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1227/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 10/06/2019 R.G.N. 1056/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
i sigg.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME convenivano in giudizio, innanzi il Tribunale -G.L. di Bari, la Regione Puglia chiedendo accertarsi il loro diritto alla retrodatazione – rispetto alla data del 1.8.2003, mese successivo alla data di approvazione degli atti da parte della Commissione giudicatrice, concernenti la prova d’esame del concorso in cui erano stati ammessi con riserva – del proprio inquadramento economico nella I qualifica dirigenziale alla data del 1.1.1992 (data di decorrenza economica fissata per gli altri vincitori del concorso ammessi ab initio) e condannarsi la Regione Puglia alla corresponsione delle conseguenti differenze retributive tra quanto percepito in forza dell’VIII qualifica funzionale e quanto previsto per la I^ qualifica dirigenziale;
il Tribunale accoglieva la domanda ma la Corte d’appello ribaltava la decisione ritenendo «la retrodatazione di un
inquadramento ai fini giuridici non può comportare alcuna retroattività degli effetti economici, i quali pertanto decorrono unicamente dalla data in cui il nuovo inquadramento è stato conseguito»;
rilevava che « non vi (era) prova che l’avvio da parte (dei ricorrenti) dell’impegno lavorativo di maggior pregio nella I^ qualifica dirigenziale meritevole del compenso più elevato fosse già esistente al momento del riconoscimento dell’inquadramento giuridico »;
il giudice d’appello soggiungeva che, se l’oggetto della contesa era una somma retributiva differenziale correlata a mansioni superiori, non era significativo il rilievo del primo giudice secondo cui i ricorrenti già prestavano servizio alle dipendenze della Regione Puglia, ma doveva aversi riguardo al dies a quo dell’effettivo svolgimento di dette mansioni sovraordinate ;
avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i lavoratori affidato a unico motivo illustrato da memoria, resistito dalla Regione Puglia con controricorso assistito da memoria.
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ.) nonché «errata determinazione della data di decorrenza degli effetti economici dell’inquadramento e conseguente illegittimità della diversa statuizione assunta dalla Corte di appello di Bari rispetto al tribunale del lavoro di Bari»;
i ricorrenti sostengono che avendo essi ottenuto l’ammissione con riserva al concorso finalizzato al conseguimento della VII q.f. , il cui superamento avrebbe consentito loro di acquisire l’ VIII q.f. ex L.R. n. 16/1980 e, quindi, a decorrere dall’1.1.1983, della I Q.D. ex L.R. n. 26/1984, una volta accolto il proprio ricorso contro l’esclusione dal
concorso, competeva l’inquadramento, quali vincitori, con gli stessi effetti, non solo giuridici, ma anche economici, previsti per gli altri concorrenti vincitori, che erano stati ab initio ammessi dall’amministrazione alla procedura in assenza d ell’illegittima esclusione disposta nei loro confronti, senza che, in senso contrario, potesse valere la clausola del bando prevedente «la decorrenza degli effetti economici dalla data di adozione del relativo provvedimento di nomina»;
se le istanze di partecipazione al concorso, presentate sin dal 29.03.1991, erano state prese in considerazione solo a seguito del provvedimento del Consiglio di Stato del 20.09.2000 e se gli interessati avevano conseguito l’idoneità solo tre anni dopo, er a illegittimo sotto il profilo della disparità di trattamento che il loro inquadramento risultasse sfalsato rispetto a quello degli altri concorrenti per i quali la decorrenza economica era stata fissata all’01.01.1992;
il motivo, che contiene censure eterogenee non esenti da profili di inammissibilità, è infondato;
2.1 nel decreto presidenziale n. 314/1982, di indizione del concorso, era previsto che «i concorrenti risultanti vincitori, verranno inquadrati nel 7° livello f. e r. previsto dalla legge reg. n. 18/74, con decorrenza agli effetti giuridici dalla data del 30-9-1978 ed agli effetti economici dalla data di adozione del relativo provvedimento di nomina»; in conformità a tale disposizione, i ricorrenti hanno ricevuto l’inquadramento economico dal dì del decreto di nomina (4/7/2003), i cui tempi di emissione erano rimasti oltremodo dilatati per effetto dell’ iter giudiziale legato all’ ammissione con riserva al concorso in questione; a fronte di ciò, i ricorrenti non hanno formulato (si noti)
richiesta di risarcimento del danno per ritardata adozione del provvedimento di nomina ma hanno agito, piuttosto, per l’ adempimento contrattuale chiedendo le differenze retributive spettanti (v. p. 3 ricorso per cassazione), azione correttamente rigettata dal giudice d’appello ;
2.2 come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 38128 del 2021; conf. Cass., n. 4881 del 2020, n. 13940 del 2017, n. 14772 del 2017), in presenza di tardiva assunzione con retrodatazione giuridica, per il periodo intercorrente tra l’iniziale retrodatazione e l’effettiva assunzione, non sussiste il diritto del lavoratore all’attribuzione delle retribuzioni, in mancanza della prestazione lavorativa, ma il lavoratore può agire a titolo extracontrattuale per il risarcimento del danno, oppure ex art. 2126 cod. civ. in presenza delle relative condizioni; infatti, la retrodatazione giuridica dell’assunzione non determina un diritto alle retribuzioni (i.e., retrodatazione economica), in quanto nessuna prestazione lavorativa è stata svolta, mentre l’illegittima tardiva assunzione può dar luogo a risarcimento del danno, fatte salve eventuali condizioni che giustifichino -invece -una domanda ex art. 2126 cod. civ.;
con la sentenza n. 16665 del 2020 è stato, quindi, affermato il seguente principio di diritto: in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego che non siano state riconosciute nei successivi atti di assunzione, in quanto tali voci presuppongono l’avvenuto perfezionamento ex tunc del rapporto di lavoro; il lavoratore può invece agire, in ragione della violazione degli obblighi sussistenti in capo alla P.A. e in presenza di mora della medesima,
a titolo di risarcimento del danno ex art. 1218 cod. civ., ivi compreso, per il periodo anteriore a quello per il quale vi sia stata retrodatazione economica, il mancato guadagno da perdita delle retribuzioni fin dal momento in cui sia accerti il diritto a ll’assunzione, detratto l’ aliunde perceptum , qualora risulti, anche in via presuntiva, che l’interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo nell’assunzione o sia stato occupato, ma a condizioni deteriori;
analoghi principi si rinvengono nella recente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, V Sezione, sentenza n. 2670 del 2021) laddove è stato affermato che «in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione con retrodatazione giuridica dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego, in quanto queste presuppongono l’avvenuto perfezionamento del rapporto di lavoro e la relativa azione ha natura contrattuale; il lavoratore può, invece, agire o a titolo di responsabilità extracontrattuale, allegando quale danno ingiusto tutti i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali conseguenti alla violazione del diritto all’as sunzione tempestiva (così, Cass., sez. lav. 5 giugno 2017, n. 13940, cit. ).(…) Mentre la decorrenza dell’anzianità economica dipende dall’effettivo svolgimento del servizio, la retrodatazione dell’anzianità a fini giuridici è astrattamente riconoscibile, a prescindere dalla prestazione effettiva di attività lavorativa, mediante la ricostruzione giuridica della carriera con la medesima decorrenza che sarebbe spettata se il dipendente fosse stato assunto tempestivamente (cfr., da ultimo, Cons. Stato IV, 6 febbraio 2019, n. 887, nonché già Cons. Stato, IV, 12 settembre 2018, n. 5350)»;
trattasi di principi enunciati in tema di tardiva assunzione dovuta a illegittimo provvedimento della p.a. ma che possono essere utilmente richiamati anche per l’ipotesi di inquadramento dirigenziale;
infatti, presso la pubblica amministrazione l’immissione nei ruoli dirigenziali, retta da regole proprie di natura pubblicistica, costituisce nuova assunzione non solo nell’ipotesi di prima instaurazione del rapporto di impiego ma anche nel caso di progressione verticale dall’inquadramento come funzionario all’accesso al ruolo della dirigenza; in quest’ultima eventualità si verifica una novazione oggettiva del rapporto di impiego del tutto equiparata al reclutamento dall’esterno (cfr. Cassazione civile sez. lav., 28/10/2014, n.22835); in coerenza con tale assunto, nelle pronunce nr. 17930/2013 e nr. 3733/2016 le Sezioni Unite hanno ascritto alla fase prodromica del reclutamento del personale il reclutamento dei dirigenti, disciplinato dal d.lgs. n. 165/2001 all’articolo 28, ritenendolo soggetto allo strumento concorsuale, secondo varie configurazioni, in ossequio al disposto di cui all’articolo 97 Cost. (sent. nr. 17930/2013, punto 11);
2.3 segue, pertanto, la reiezione del motivo di ricorso;
2.4 la censura, laddove formulata ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non si sottrae al rilievo di inammissibilità formulato dalla controricorrente;
si rileva, altresì, che l’art. 360, comma 1, n. 5, cit., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla 1. n. 143 del 2012, prevede l’omesso esame come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico (cfr., Cass., n. 2268 del 2022), non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’, quali quelle interpretative dedotte nel motivo in esame, che, pertanto, risultano
irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n. 31332/2022);
conclusivamente, il ricorso dev’essere rigettato con aggravio (art. 91 cod. proc. civ.) delle spese di legittimità per la parte ricorrente, liquidate nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro €. 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro