Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21398 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21398 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22383-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1137/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/05/2020 R.G.N. 354/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
RETRIBUZIONE
R.G.N. 22383/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma, in riforma del provvedimento del Tribunale di Viterbo, ha respinto la domanda dei lavoratori indicati in epigrafe proposta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE socio unico per il pagamento, in qualità di autisti addetti al servizio di trasporto pubblico, del contributo regionale integrativo per la produttività, per gli anni dal 2009 in poi.
La Corte territoriale ha accertato che con Protocollo di intesa del 23.1.2004 – stipulato tra gli Assessorati al Bilancio e Trasporti della Regione Lazio e le organizzazioni sindacali – la Regione Lazio si era impegnata, fra l’altro, a stanziare (sul proprio bilancio) determinate somme al fine di implementare «i livelli retributivi dei lavoratori del TPL del Lazio nell’ambito della contrattazione regionale»; che, con il successivo accordo sindacale del 26/27.1.2004, la Regione Lazio precisava che le risorse economiche sarebbero state erogate alle imprese pubbliche e private e che dette imprese, tramite incontri a livello aziendale con le organizzazioni sindacali, avrebbero individuato le modalità di erogazione; la Corte ha, poi, precisato che in sede aziendale (accordo del 4.10.2004), la società e le organizzazioni sindacali avevano concordemente dichiarato che il contributo era direttamente finanziato dalla Regione e che nessuna obbligazione ulteriore e diversa poteva ritenersi sorta a carico della società datrice di lavoro se non quella della mera corresponsione (delle somme stanziate dalla Regione) a favore dei lavoratori, sul presupposto dell’effettiva erogazione del relativo finanziamento regionale (trattasi, dunque, di una obbligazione sottoposta a condizione sospensiva). La Corte territoriale ha sottolineato che, dal tenore complessivo degli accordi intercorsi, emergeva che: il contributo erogato nel
periodo iniziale era connesso al mancato rinnovo contrattuale e all’apporto in termini di produttività dato dai lavoratori; b) il contributo, secondo quanto chiesto dalle organizzazioni sindacali, rientrava nel premio di risultato e quindi era un elemento della retribuzione a carattere variabile, la cui corresponsione era condizionata al raggiungimento di un obiettivo predeterminato al fine di incrementare la produttività e la competitività dell’azienda; c) per il periodo successivo, l’erogazione, sebbene d i carattere permanente, presupponeva pur sempre il raggiungimento degli obiettivi di efficienza, produttività, funzionalità, competitività, previa individuazione di idonee iniziative sotto forma di progetti; d) l’erogazione era condizionata alla disponibilità delle relative erogazioni da parte della Regione Lazio.
3. La Corte territoriale ha, inoltre, aggiunto che la suddetta interpretazione degli accordi collettivi era l’unica in linea con l’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 (con il quale si vieta di erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese), che esprimeva un principio estensibile al settore pubblico allargato, nonché con l’art. 40, comma 3 bis, del medesimo d.lgs. come novellato dall’art. 54 del d.lgs. n. 150 del 2009 (che ribadisce la fisiologica finalizzazione della contrattazione collettiva all’obiettivo del conseguimento di ‘adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici’, ed era già stato precedentemente posto dall’art. 2, comma 32, della legge n. 203 del 2008); principi analoghi di riduzione dei costi del personale attraverso il contenimento degli oneri contrattuali erano posti anche dall’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 e dall’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016, così come la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 301) ha vietato
finanziamento dello Stato alle Regioni per i rinnovi contrattuali connessi al settore dei trasporti pubblici locali. Infine, i giudici del merito hanno respinto la domanda di restituzione degli importi dedotti dalla società quale adempimento alla sentenza (di accoglimento) del giudice di primo grado rilevando che le buste paga non quietanzate non costituivano prova dell’avvenuto pagamento.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso i lavoratori con un motivo. La società resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 7, 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, 18 del d.l. n. 112 del 2008, 19 del d.lgs. n. 175 del 2016, 11 e 14 disposizioni sulla legge in generale, 1321, 1322, 2099, 2103. 1362 c.c. in relazione all’interpretazione degli accordi sindacali 23.1.2004, 27.1.2004 e 4.10.2004 avendo, la Corte territoriale, erroneamente affermato che l’erogazione del contributo regionale è condizionato al raggiungimento degli obiettivi di efficienza, di produttività, di funzionalità e di competitività: invero, non può ritenersi applicabile, alle società partecipate da amministrazioni pubbliche o da enti pubblici territoriali, il d.lgs. n. 165 del 2001 perché configura una disciplina speciale dettata per il settore del pubblico impiego (al quale non appartengono i lavoratori, autoferrotranvieri, della presente causa); inoltre, l’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 (peraltro abrogato dall’art. 28, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 175 del 2016) era applicabile alle società di trasporti pubblici locali a totale partecipazione pubblica solamente con riguardo al
profilo del reclutamento del personale; l’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 non prevede l’applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001 ma esclusivamente che le società controllate attuino, in sede di contrattazione di secondo livello, e ‘ove possibile’, gli ob iettivi specifici fissati dall’ente pubblico controllante, obiettivi che non sono risultati adottati dalla Regione Lazio. La corretta interpretazione degli accordi sindacali stipulati nel 2004 (Protocollo del 23.1.2004 e Accordo regionale del 27.1.2004), e ffettuata alla luce della normativa vigente all’epoca, porta a ritenere che le parti sociali hanno previsto trattamenti integrativi sganciati da qualsiasi rapporto di corrispettività con le prestazioni rese e con l’incremento di performance e che il diritto dei lavoratori è stato previsto in misura fissa e in maniera ‘permanente’, al fine di ‘garantire un’adeguata crescita dei livelli retributivi degli RAGIONE_SOCIALE‘.
Il ricorso è in parte inammissibile e per la parte residua non è fondato.
2.1. Come più volte ribadito nella giurisprudenza di questa Corte, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte
che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. n. 28319 del 2017; conforme, da ultimo, Cass. n. 16987 del 2018; Cass. n. 30137 del 2021; Cass. n. 34687 del 2023).
2.2. La censura ha meramente enunciato i canoni interpretativi asseritamente violati, senza alcuna specificazione delle ragioni nè del modo in cui si sarebbe realizzata l’asserita violazione (Cass. n. 13717/2016; Cass. n. 15350/2017), concentrandosi sul risultato interpretativo in sè (Cass. n. 2465/2015; Cass. n. 10891/2016), così contrapponendo una propria interpretazione a quella della Corte di appello (Cass. n. 669/2009; Cass. 27197/2011), peraltro ben plausibile, neppure essendo necessario che essa sia l’unica possibile o la migliore in astratto (Cass. n. 4178/2007), congruamente argomentata e pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 11254/2018).
2.3. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che dal chiaro tenore dell’accordo aziendale sottoscritto dalla società e dalle organizzazioni sindacali in data 4.10.2004 (interpretato anche alla luce degli impegni assunti dalla Regione Lazio con le organizzazioni sindacali nel Protocollo di intesa 23.1.2004 e nell’accordo sindacale 9.3.2003) emergeva la volontà delle parti di condizionare il pagamento del contributo integrativo da parte del datore di lavoro all’effettivo e concreto finanziamento ottenuto dalla Regione Lazio, oltre che al raggiungimento degli obiettivi di efficienza, di produttività, di funzionalità e di competitività; ha quindi ritenuto non raggiunta la prova che per le annualità per cui è causa siano stati approvati gli appositi progetti e sia stato accertato il raggiungimento degli obiettivi come imposto dall’accordo del 4/10/2004 ;
ebbene, il ricorrente non ha fornito la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione dell’unico canone esegetico astrattamente richiamato (art. 1362 c.c.), concentrandosi esclusivamente sulla seconda ratio decidendi illustrata dai giudici di merito (e concernente la coerenza dell’interpretazione fornita degli accordi sindacali con la legislazione vigente in materia di amministrazioni pubbliche e di società controllate).
2.4. Con riguardo, poi, alla necessità di agganciare l’erogazione del contributo al raggiungimento di livelli di produttività e di efficienza, il motivo non è fondato in quanto questa Corte ha recentemente affermato che il d.Lgs. n. 175 del 2016, art. 19 prevede, quanto alla gestione dei rapporti, il potere del socio pubblico di fissare «con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all’art. 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera». Il legislatore, dunque, attraverso la previsione di un obbligo, posto a carico della società, di perseguire nelle politiche inerenti al personale il contenimento dei costi, indirettamente gravanti sulla spesa pubblica, ha fissato una regola di comportamento per gli amministratori delle partecipate, che incide sul rapporto che si instaura fra il socio pubblico e la società e può essere fonte di responsabilità, eventualmente anche erariale, ai sensi del richiamato d.lgs. n. 175 del 2016, art. 12 (Cass. n. 35421/2022, in motivazione, sub p.ti 7.1 e 7.2.; nello stesso senso, Cass. n. 27466/2023). Inoltre, questa
Corte ha già ritenuto legittima la riduzione (e il conseguente recupero) di compensi incentivanti ove tale diritto non si sia perfezionato nei suoi elementi costitutivi, integrati (oltre che dalla prestazione lavorativa, anche) dalla compiuta verifica del raggiungimento degli obiettivi e dalla ripartizione dell’apposito fondo a seguito di accordo sindacale (Cass. n. 25161/2015) e, nello stesso senso, la Corte dei Conti ha sottolineato come, anche per le società in house, la distribuzione di trattamenti acce ssori collegati all’efficienza e al buon andamento dell’attività della società controllata da amministrazione/ente pubblico debbono soggiacere alla previa valutazione dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi (sentenza n. 254/2014).
2.5. Ebbene, la sentenza impugnata ha, nel rispetto degli usuali canoni esegetici, rilevato che gli accordi intercorsi con la Regione Lazio e, in sede aziendale, con le organizzazioni sindacali (nell’anno 2004) condizionavano la corresponsione del premio di produttività ad obiettivi di efficienza, funzionalità e competitività, previa individuazione di idonee iniziative sotto forma di progetti (del tutto mancanti) ed ha, inoltre, sottolineato che tale interpretazione si poneva in linea di coerenza con le statuizioni normative vigenti in materia di pubblico impiego contrattualizzato e di società controllate da enti pubblici, come previste dapprima dall’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 e, poi, dall’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno