Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9447 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9447 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 130-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da se stesso e dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME – controricorrente – avverso la sentenza n. 3558/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/10/2022 R.G.N. 2844/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 130/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 06/03/2025
CC
RILEVATO CHE:
con sentenza del 12 ottobre 2022 la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello di NOME COGNOME (dirigente avvocato prima della Provincia e poi della Città Metropolitana di Napoli) contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva respinto la sua domanda volta alla declaratoria dell’illegittimità delle trattenute a titolo di Irap sui compensi professionali erogati dal 2011 al 2014 ai sensi dell’ art. 37 c.c.n.l. Comparto Regioni ed Enti locali del 23/12/1999;
la Corte distrettuale rilevava che, per il principio di necessaria copertura della spesa pubblica, le amministrazioni devono dapprima quantificare le somme che restano a loro carico a titolo di Irap, rendendole indisponibili mediante apposito accantonamento, e solo dopo possono procedere al pagamento dei compensi da corrispondere al netto degli oneri assicurativi e previdenziali;
qualora la prima operazione id est , la quantificazione delle somme da pagare da parte dell’ente a titolo di Irap e il loro accantonamento con vincolo di indisponibilità – erroneamente non venga compiuta, il datore di lavoro può pur sempre provvedere al recupero delle somme erroneamente corrisposte al dipendente;
contro tale sentenza propone ricorso per cassazione la lavoratrice con tre motivi, assistiti da memoria, cui si oppone la Città Metropolitana con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo mezzo si denuncia (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 cod. proc. civ. per erronea nonché omessa pronuncia sul primo motivo di gravame alla luce dell’art. 81 co. 4 Cost. e dell’art. 3 co. 1 del d.lgs. n. 446/1997; si assume che la Corte territoriale non ha colto l’oggetto della domanda che riguardava l’illegittimità della ‘traslazione’ dell’Irap dal datore di lavoro al dipendente avvocato effettuata dal Comune attraverso una non consentita ‘ prededuzione ‘; l’erronea lettura della normativa e dei principi giuscontabili in materia aveva di fatto comportato, a partire dal 2011 (in seguito alla pronuncia della C. conti n. 33/10), l’integrale defalcazione delle somme previste per il pagamento dell’Irap, ponendole a carico dei dipendenti;
1.1 il motivo è inammissibile, perché la sentenza non è, quanto a motivazione, come s’intende dalla ricostruzione della narrativa in fatto, al di sotto del «minimo costituzionale» (cfr. Cass., Sez. 1-, n. 7090 del 2022, secondo cui il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali);
ove pure si volesse intenderlo, al di là della formulazione della rubrica, come denuncia di violazione di legge, il motivo non si sottrarrebbe comunque allo scrutinio di inammissibilità in
quanto non indica le norme violate ma richiama un precedente a sé favorevole della corte territoriale in diversa composizione (i.e., App. Napoli, sent. n. 3477/2022) e parla genericamente d’erronea ‘lettura’ della normativa e dei ‘ principi giuscontabili ‘ in materia, sollecitando un riesame di vari atti processuali (come la c.t.u. contabile, riportata in alcuni stralci, e la c.t.p. della Città di Napoli, nonché singole determine, come ad esempio la n. 6211/2013); sicché esso, in sostanza, trasmoda in una critica della valutazione degli atti processuali rimessa al dominio del giudice del merito;
con il secondo motivo si deduce (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la nullità della sentenza ex art. 132 cod. proc. civ. per motivazione inesistente o solo apparente e per erronea applicazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza e/o per «disparità di trattamento alla luce della sentenza n. 3477/2022 resa dalla stessa corte d’appello di Napoli »;
il ricorrente fa leva sulla circostanza che analoga domanda era stata accolta in altro arresto della stessa Corte partenopea e insiste nel sostenere che l’Irap non può essere detratta ex post perché ciò determina una illecita traslazione dell’imposta in capo al dipendente;
2.1 il motivo è inammissibile per le stesse ragioni del punto 1.1.
infine, con il terzo motivo, del tutto sprovvisto di rubrica, si discute sul ‘quantum della domanda’ e si sostiene che al ricorrente erano state addebitate per Irap €. 28.332,37 mentre il c.t.u., errando nel calcolare l’importo dell’Irap indebitamente
trattenuta e da restituire al dipendente, aveva indicato la (minor) somma di €. 22.767,40;
3.1 il motivo, che tiene a presupposto l’accoglimento dei precedenti, resta assorbito in esito alla declaratoria di inammissibilità dei primi due; oltretutto, esso richiederebbe anch’esso la rinnovata valutazione degli atti processuali (c.t.u.) preclusa ( s’è detto ) in sede di legittimità;
conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi oltre rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 6/3/2025.
La Presidente NOME COGNOME