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Retribuzione proporzionata: quale CCNL applicare?

Una lavoratrice di un ente religioso chiedeva differenze retributive, sostenendo l’applicazione del CCNL Turismo anziché Lavoro Domestico. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che non si può imporre un CCNL diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato. La richiesta di una retribuzione proporzionata deve essere formulata correttamente, non limitandosi a indicare un CCNL più favorevole.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Proporzionata: Non si può Scegliere il CCNL più Vantaggioso

Il diritto a una retribuzione proporzionata è un pilastro del nostro ordinamento, ma come si determina quale sia il giusto compenso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: un lavoratore non può pretendere l’applicazione di un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) diverso da quello applicato dal datore, solo perché più favorevole. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una lavoratrice impiegata per quasi quindici anni presso un ente religioso. L’ente, oltre all’attività principale di culto, offriva occasionalmente servizi di accoglienza e ristoro a ospiti. Al rapporto di lavoro era stato applicato il CCNL del Lavoro Domestico.

La lavoratrice, ritenendo le sue mansioni più assimilabili a quelle del settore turistico-alberghiero, ha citato in giudizio l’ente chiedendo il pagamento di differenze retributive. La sua tesi era che avrebbe dovuto essere applicato il CCNL Turismo, che prevede minimi retributivi più elevati. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la sua domanda.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Retribuzione Proporzionata

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso della lavoratrice. La decisione si basa su due ordini di motivi: uno procedurale e uno di merito.

Dal punto di vista procedurale, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non rispettava i requisiti formali imposti dal codice di procedura civile, in particolare l’onere di trascrivere o riassumere in modo specifico gli atti processuali su cui si fondava la censura.

Il Principio di Diritto: Non si può Scegliere il CCNL più Favorevole

Nel merito, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza. Un lavoratore non può esigere l’applicazione di un CCNL diverso da quello applicato dal datore di lavoro, a meno che quest’ultimo non sia obbligato a farlo per via della sua appartenenza a un’associazione sindacale firmataria. L’inquadramento del datore di lavoro in un determinato settore merceologico determina il CCNL di riferimento.

La Corretta Impostazione della Domanda sulla Retribuzione Proporzionata

Se un lavoratore ritiene che la propria paga sia inadeguata e non conforme al principio di retribuzione proporzionata e sufficiente sancito dall’art. 36 della Costituzione, la strada da percorrere è un’altra. Non deve chiedere l’applicazione di un altro CCNL, ma deve contestare direttamente la non conformità della retribuzione percepita ai parametri costituzionali. In questo contesto, i minimi tabellari di un altro CCNL, ritenuto più pertinente, possono essere utilizzati come mero termine di paragone per dimostrare l’inadeguatezza del proprio stipendio, ma non possono essere pretesi come diritto.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato come la lavoratrice, nei gradi di merito, si fosse limitata a sostenere che il CCNL Turismo fosse “più coerente” con le sue mansioni, senza però argomentare in modo specifico che la retribuzione effettivamente ricevuta in base al CCNL Lavoro Domestico violasse i principi di sufficienza e proporzionalità. I giudici di merito avevano correttamente interpretato la sua domanda come una richiesta di applicazione di un diverso contratto collettivo, e non come una denuncia di incostituzionalità della paga.

Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello — circa la pertinenza del CCNL Lavoro Domestico rispetto alla natura “para-familiare” della comunità religiosa e al carattere accessorio delle prestazioni di accoglienza — non è sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è di natura processuale: i ricorsi, specialmente in Cassazione, devono essere redatti con estrema precisione e nel pieno rispetto delle norme procedurali, pena l’inammissibilità. La seconda, di natura sostanziale, è cruciale per tutti i lavoratori: la battaglia per una retribuzione proporzionata non si vince chiedendo di “scegliere” il CCNL più conveniente. Si vince dimostrando, con argomentazioni solide, che la paga ricevuta è insufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa, utilizzando eventualmente altri contratti collettivi come valido, ma non vincolante, parametro di riferimento.

Un lavoratore può chiedere al giudice di applicare un CCNL diverso da quello usato dal datore di lavoro, se lo ritiene più vantaggioso?
No, non può. Un lavoratore può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso solo se il datore di lavoro è obbligato ad applicarlo, ad esempio per la sua appartenenza a un’associazione sindacale firmataria di quel contratto. Non si può scegliere liberamente il CCNL più favorevole.

Cosa deve fare un lavoratore se ritiene che la sua paga, pur conforme al CCNL applicato, sia troppo bassa?
Deve contestare la non conformità della retribuzione percepita al precetto costituzionale dell’art. 36, che garantisce una retribuzione proporzionata e sufficiente. In questo contesto, può usare i minimi retributivi di altri CCNL come termine di paragone per dimostrare l’inadeguatezza del suo compenso, ma non può pretenderne la diretta applicazione.

Perché il ricorso della lavoratrice è stato respinto anche per motivi procedurali?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché la ricorrente non ha rispettato le prescrizioni formali dell’art. 366 del codice di procedura civile. In particolare, non ha trascritto né riassunto in modo adeguato le parti essenziali del ricorso iniziale e della sentenza di primo grado, impedendo alla Corte di Cassazione di valutare correttamente il vizio denunciato senza dover esaminare autonomamente tutti gli atti del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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