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Retribuzione perequativa: no su legge incostituzionale

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una dipendente pubblica che chiedeva una retribuzione perequativa. La richiesta si basava su una legge regionale poi dichiarata incostituzionale. Secondo la Corte, non può nascere un diritto da una norma incostituzionale, né si può invocare il legittimo affidamento.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione Perequativa: No a Diritti Basati su Leggi Incostituzionali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: non possono sorgere diritti da una legge dichiarata incostituzionale. Il caso riguarda una dipendente pubblica che chiedeva una retribuzione perequativa sulla base di una norma regionale successivamente annullata dalla Corte Costituzionale. Questa decisione offre spunti importanti sul rapporto tra legislazione regionale, competenze statali e tutela dei lavoratori.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un Ente Regionale, assunta da molti anni, aveva avviato un’azione legale per ottenere l’adeguamento del proprio trattamento economico. La sua richiesta si fondava su una legge regionale che mirava a garantire una parità di trattamento, in termini di anzianità economica, tra i dipendenti ‘storici’ dell’Ente e quelli assunti successivamente, provenienti da altre amministrazioni pubbliche. Questi ultimi, infatti, avevano ‘portato con sé’ un’anzianità di servizio più favorevole.

La norma regionale in questione era stata però dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 211 del 2014. Il motivo? La Regione aveva legiferato in materia di ‘ordinamento civile’, invadendo una competenza esclusiva dello Stato. Nonostante ciò, la dipendente ha continuato la sua battaglia legale, sostenendo che la norma fosse solo ricognitiva di un principio generale di parità e non discriminazione. Dopo un percorso giudiziario altalenante, il caso è giunto in Cassazione.

La Questione Giuridica sulla Retribuzione Perequativa

Il cuore della controversia era stabilire se una pretesa economica, come quella relativa alla retribuzione perequativa, potesse sopravvivere alla dichiarazione di incostituzionalità della norma su cui si fondava. La ricorrente sosteneva che il suo diritto alla parità di trattamento fosse un diritto soggettivo perfetto, preesistente alla legge regionale, e che la norma incostituzionale avesse solo la funzione di quantificarlo.

Inoltre, veniva invocato il principio del legittimo affidamento: la dipendente riteneva di aver confidato nella validità della legge regionale e che questa fiducia meritasse tutela. La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se questi argomenti potessero superare gli effetti travolgenti di una pronuncia di incostituzionalità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le tesi della lavoratrice. In primo luogo, i giudici hanno ribadito che una sentenza di incostituzionalità ha efficacia retroattiva: la norma è come se non fosse mai esistita. Di conseguenza, nessun diritto può sorgere sulla base di una norma giuridicamente inesistente.

La Corte ha specificato che non esiste, nell’ordinamento, un principio generale e non codificato di perequazione retributiva che la norma regionale si sarebbe limitata a riconoscere. Se un tale principio fosse esistito, la ricorrente avrebbe dovuto indicarne il fondamento normativo valido, cosa che non è avvenuta.

Infine, è stato respinto l’argomento del legittimo affidamento. La Cassazione ha chiarito che non si può riporre una fiducia meritevole di tutela in una norma incostituzionale. Inoltre, nel caso specifico, l’Ente Regionale non aveva mai applicato la norma né erogato le somme richieste, quindi non aveva mai generato alcuna aspettativa concreta nella dipendente. Il fatto stesso che la lavoratrice abbia dovuto agire in giudizio dimostra l’assenza di un diritto già riconosciuto e di un affidamento consolidato.

Le Conclusioni: Nessun Diritto Senza una Base Normativa Valida

L’ordinanza conferma un caposaldo del nostro sistema giuridico: le pretese dei cittadini, per quanto possano apparire fondate su principi di equità, devono sempre avere una solida e valida base normativa. Una legge regionale che eccede le proprie competenze, invadendo quelle statali in materia di ordinamento civile e rapporti di lavoro, è invalida e non può produrre alcun effetto giuridico. Questa decisione serve da monito sulla necessità di verificare sempre la legittimità costituzionale delle norme invocate a sostegno dei propri diritti, specialmente nel complesso ambito del pubblico impiego.

Può un dipendente pubblico chiedere un aumento di stipendio basandosi su una legge regionale dichiarata incostituzionale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una legge dichiarata incostituzionale è invalida fin dall’origine e non può creare diritti soggettivi.

Cosa significa ‘retribuzione perequativa’ nel contesto di questo caso?
Significa l’adeguamento della retribuzione di un dipendente per renderla uguale a quella di altri colleghi con la stessa anzianità di servizio, i quali avevano maturato parte della loro anzianità presso altre amministrazioni pubbliche.

Il principio del legittimo affidamento può proteggere un cittadino che ha confidato in una legge poi risultata incostituzionale?
No. Secondo la Corte, non può esistere un valido e legittimo affidamento su una norma dichiarata incostituzionale. Inoltre, se l’amministrazione non ha mai applicato la norma, non ha mai generato alcuna aspettativa concreta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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