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Retribuzione per ferie: quali indennità includere?

Un dipendente di una società di trasporti, con mansioni di capo treno, ha richiesto l’inclusione di varie indennità (di permanenza a bordo, di riserva, di efficientamento) nel calcolo della sua retribuzione per ferie. La Corte di Cassazione ha accolto la sua tesi, stabilendo che qualsiasi emolumento intrinsecamente legato alla prestazione lavorativa deve essere considerato nella base di calcolo, per non scoraggiare il lavoratore dal godere del suo diritto al riposo, in linea con la direttiva europea. La Corte ha inoltre confermato che la prescrizione dei crediti di lavoro decorre solo dalla cessazione del rapporto.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione per ferie: quali indennità vanno incluse nel calcolo?

La corretta determinazione della retribuzione per ferie è un tema cruciale nel diritto del lavoro, con importanti riflessi sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito, in linea con la giurisprudenza europea, un principio fondamentale: la paga durante le vacanze non deve essere inferiore a quella ordinaria, per non scoraggiare il lavoratore dall’esercitare il suo diritto al riposo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: la richiesta di un capo treno

Un lavoratore, impiegato come capo treno presso una nota compagnia di trasporti, si è rivolto al Tribunale per chiedere il pagamento di differenze retributive. La sua richiesta si basava sull’esclusione, dal calcolo della retribuzione durante le ferie, di alcune indennità che percepiva regolarmente durante i periodi di lavoro. Nello specifico, si trattava di:
– Indennità di permanenza a bordo treno
– Indennità di riserva
– Indennità per servizio fuori distretto
– Indennità di efficientamento
– Provvigioni

Secondo il dipendente, queste voci, essendo strettamente connesse alla sua prestazione lavorativa ordinaria, avrebbero dovuto concorrere a formare la base di calcolo per le ferie.

Il percorso giudiziario

Inizialmente, il Tribunale aveva dichiarato la domanda inammissibile per indeterminatezza. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione, accogliendo pienamente le richieste del lavoratore. La società datrice di lavoro ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre questioni principali: la presunta nullità del ricorso introduttivo, l’errata applicazione della normativa sulla retribuzione per ferie e l’infondatezza del rigetto dell’eccezione di prescrizione.

La decisione della Cassazione sulla retribuzione per ferie

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’articolo 7 della Direttiva europea 2003/88/CE. I giudici hanno sottolineato che lo scopo del diritto alle ferie retribuite è duplice: garantire al lavoratore un effettivo periodo di riposo e assicurare che, durante tale periodo, si trovi in una situazione economica paragonabile a quella dei periodi di lavoro.

Una diminuzione sensibile della retribuzione durante le ferie potrebbe, infatti, rappresentare un deterrente, inducendo il lavoratore a rinunciare al proprio diritto al riposo. Per questo motivo, la nozione di retribuzione per ferie deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che presenti un nesso intrinseco con le mansioni svolte e sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore.

L’impatto del diritto europeo

La Cassazione ha evidenziato come le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea siano vincolanti per i giudici nazionali. La giurisprudenza UE ha costantemente affermato che la retribuzione feriale deve coincidere, in linea di principio, con la ‘retribuzione ordinaria’. Di conseguenza, tutte le componenti retributive legate all’esecuzione delle mansioni, come le indennità per il disagio del lavoro itinerante, i bonus di efficienza e le provvigioni, devono essere incluse nel calcolo.

La questione della prescrizione

Un altro punto significativo affrontato dalla Corte riguarda la decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato (inaugurato con la sentenza n. 26246/2022) secondo cui, a seguito delle riforme che hanno indebolito il regime di stabilità reale del posto di lavoro (Legge n. 92/2012), il termine di prescrizione quinquennale non decorre in costanza di rapporto, ma solo dalla sua cessazione. Questo perché il timore di un licenziamento potrebbe dissuadere il lavoratore dal far valere i propri diritti mentre è ancora impiegato.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un’interpretazione teleologica (cioè orientata allo scopo) della normativa europea e nazionale. Il diritto alle ferie è un principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione, volto a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Qualsiasi prassi che crei un effetto dissuasivo, anche solo potenziale, al godimento delle ferie è incompatibile con tale finalità. Nel caso specifico, le indennità contestate erano tutte intrinsecamente collegate alla prestazione lavorativa del capo treno, compensando disagi specifici o premiando la produttività. La loro esclusione dalla paga feriale avrebbe comportato una perdita economica significativa per il lavoratore (nel caso di specie, superiore al 10% della retribuzione media), creando un incentivo a non usufruire delle ferie. Per quanto riguarda la prescrizione, la motivazione risiede nella necessità di garantire una tutela effettiva dei diritti del lavoratore in un contesto normativo in cui la stabilità del posto di lavoro non è più garantita come in passato, eliminando così la condizione di ‘metus’ (timore) del dipendente nei confronti del datore di lavoro.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza: il calcolo della retribuzione per ferie deve essere onnicomprensivo e includere tutte le voci retributive che costituiscono il corrispettivo ordinario della prestazione lavorativa. Questa decisione non solo tutela il diritto al riposo del lavoratore, ma chiarisce anche ai datori di lavoro i criteri per una corretta gestione della busta paga, allineando la prassi nazionale ai principi inderogabili del diritto europeo. Inoltre, viene confermata la sospensione della prescrizione in costanza di rapporto, offrendo ai lavoratori una maggiore finestra temporale per rivendicare i propri crediti.

Quali tipi di indennità devono essere inclusi nel calcolo della retribuzione per ferie?
Secondo la Corte, devono essere incluse tutte le indennità che presentano un collegamento intrinseco con l’esecuzione delle mansioni e sono correlate allo status personale e professionale del lavoratore. Nel caso esaminato, sono state incluse l’indennità di permanenza a bordo, di riserva, di efficientamento, per servizio fuori distretto e le provvigioni.

Perché la Corte di Cassazione ritiene che queste indennità debbano essere incluse?
La Corte lo ritiene necessario per conformarsi al diritto dell’Unione Europea, il quale stabilisce che la retribuzione durante le ferie deve essere paragonabile a quella percepita durante i periodi di lavoro. Una diminuzione della paga potrebbe infatti costituire un deterrente per il lavoratore, spingendolo a non godere del suo diritto al riposo.

Quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per i crediti di lavoro?
La Corte ha confermato che, per i rapporti di lavoro non più protetti da un regime di stabilità reale (a seguito della legge n. 92/2012), il termine di prescrizione dei crediti retributivi rimane sospeso durante il rapporto di lavoro e inizia a decorrere solo dalla sua cessazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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