Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1136 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1136 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11307/2018 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresenta ti e difesi dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 7809/2017 de lla Corte d’Appello di Napoli, depositata l’8.1. 2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.10.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Gli attuali controricorrenti si rivolsero al Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere l’accertamento del loro diritto di ricevere dalla liquidazione del Consorzio di Gestione e RAGIONE_SOCIALE, di cui erano dipendenti, il compenso, a titolo di lavoro straordinario, per il prolungamento dell ‘ orario di lavoro pari a 30 minuti per ogni giorno di effettiva fruizione dei buoni pasto, da quantificarsi in separato giudizio.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale respinse la domanda dei lavoratori, i quali proposero appello, che venne accolto dalla Corte d’Appello di Napoli, la quale accertò il loro diritto a vedersi riconosciuto il compenso per il prolungamento dell’orario di lavoro, come richiesto, nel quinquennio anteriore al marzo 2008.
Contro la sentenza della Corte territoriale ha quindi proposto ricorso per cassazione il Comune di Napoli, nel frattempo subentrato in tutti i rapporti pendenti del Consorzio. Il ricorso è articolato in due motivi. I lavoratori si sono difesi con controricorso e hanno altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, testualmente, «violazione de ll’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di contraddittorio tra le parti».
Il ricorrente contesta al la Corte d’Appello di avere trascurato il fatto -valorizzato invece nella sentenza di primo grado -che due dei tre lavoratori appellanti erano distaccati
«da anni» presso il Comune di Napoli e, pertanto, non prestavano servizio presso il Consorzio.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché fa riferimento ad una circostanza di fatto non menzionata nella sentenza impugnata, mentre la relativa allegazione è descritta in termini generici, non precisando il periodo di durata del distacco dei due lavoratori presso il Comune di Napoli. Non è possibile quindi verificare se si tratti effettivamente di un fatto decisivo per il giudizio, fermo restando che la Corte d’Appello ha pronunciato una condanna generica al pagamento delle somme dovute «per ciascun giorno di effettiva fruizione dei buoni pasto nel quinquennio anteriore al marzo 2008», il che non esclude che -in sede di accertamento del quantum debeatur -il credito dei due lavoratori in questione possa risultare inesistente, qualora non vi sia stata tale fruizione dei buoni pasto.
Il secondo motivo censura «erronea e falsa interpretazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., art. 8 d.lgs. 66/2003 (violazione art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)».
Con questo motivo il ricorrente contesta l’apprezzamento del fatto, da parte della Corte territoriale, laddove ha ritenuto non contestata la mancata predisposizione dei turni di sospensione dell’orario di lavoro per la consumazione dei pasti e ha ritenuto provato che i lavoratori non abbiano fruito della pausa pasto, pur essendosi provveduto al prolungamento dell’orario di lavoro .
2.1 Anche questo motivo è inammissibile, perché, quantunque formulato in termini di denuncia di un vizio di violazione di norme di diritto, esso è di fatto volto a provocare
un riesame del fatto che compete al giudice del merito e non può essere materia di ricorso per cassazione.
2.1.1. Il richiamo all’art. 2697 c.c. non è pertinente, perché la Corte territoriale non ha deciso la causa facendo applicazione delle regole sulla distribuzione dell’onere della prova (ovverosia ponendo a carico della parte onerata della prova un fatto rimasto incerto), bensì accertando il fatto che «la mancata predisposizione dei turni di sospensione dell’orario di lavoro … non ha consentito ai lavoratori di fruire della pausa lavorativa nella misura concordata».
2.1.2. Quanto all’art. 115 c.p.c., la deduzione di travisamento della prova, che va denunciata ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., postula che l ‘ errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova, ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima, con conseguente e assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre ( ex multis , Cass, n. 37382/2022). Nel caso di specie, invece, il motivo di ricorso è volto a censurare proprio la valutazione della prova.
Nemmeno si può ravvisare un errore di percezione delle allegazioni e contestazioni delle parti laddove, nella sentenza impugnata, si è ritenuta «circostanza pacifica» la mancata predisposizione dei turni di sospensione dell’orario di lavoro per la pausa pasto, posto che la Corte d’Appello ha fatto chiaro riferimento alla mancanza di una regolazione formale, mentre il ricorrente sostiene soltanto che vi sarebbe stata una non meglio precisata «consuetudine giornaliera», altrove definita, in modo
altrettanto generico, una «disciplina, ancorché flessibile», asseritamente desumibile dall’ordine di servizio del 31.1.2000 .
2.1.3. La «valutazione delle prove» non è direttamente sindacabile in sede di legittimità quale violazione dell’art. 116 c.p.c. ( ex multis , Cass. 34786/2021), a meno che il giudice del merito non abbia erroneamente attribuito il valore di prova legale a mezzi di prova che non hanno tale valore oppure, al contrario, abbia pesato secondo il suo prudente apprezzamento prove cui la legge attribuisce un valore vincolante ( ex multis , Cass. n. 6774/2022).
2.1.4. Infine, nessuna rilev anza riguardo all’accertamento del fatto può essere attribuita all’esistenza di una norma di diritto (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 66 del 2003) che impone al datore di lavoro, in difetto di disciplina nella contrattazione collettiva, di concedere, anche sul posto di lavoro, una pausa di almeno dieci minuti tra l ‘ inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro che ecceda le sei ore. Infatti, la semplice esistenza di una norma di diritto nulla vale ai fini della prova del fatto che quella norma sia stata, nel caso concreto, rispettata.
Su questo punto specifico, e complessivamente nell’esito del giudizio, la decisione qui assunta dà continuità all’orientamento già espresso da questa Corte in altre cause scaturite dalla medesima vicenda, in quanto intentate da altri lavoratori contro il Consorzio di Gestione e RAGIONE_SOCIALE (Cass. nn. 9202/2023, 23507/2022, 6166/2022, 6165/2022, 29946/2018).
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che , in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore solidale dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 5.000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, spese generali al 15% e agli accessori di legge; con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19.10.2023.