Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24048 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24048 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29603-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato
COGNOME;
Oggetto
Retribuzione
R.G.N. 29603/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 90/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/05/2020 R.G.N. 1000/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, ha respinto gli appelli proposti sulle cause riunite da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei lavoratori in epigrafe, confermando sia una prima decisione del locale Tribunale che aveva accertato il diritto di costoro ‘di ottenere le differenze retributive derivanti dalla rideterminazione, attraverso l’inserimento nella base di calcolo della voce ‘indennità trasporto Venezia’ della ‘indennità di volo ex ristrutturazione’ prev ista dall’Accordo Sindacale 25 settembre 2008 al fine di assicurare a piloti e assistenti di volo, già dipendenti del gruppo Alitalia e poi assunti dall’appellante Alitalia Cai, una retribuzione mensile non inferiore, a parità di ore di volo, al 93% di quella che sarebbe stata corrisposta da Alitalia’ sia la pronuncia che aveva respinto l’opposizione della società al decreto ingiuntivo emesso in attuazione della sentenza dichiarativa indicata;
in sintesi, la Corte ha preliminarmente rilevato che, come ritenuto dal primo giudice, i lavoratori avessero ‘compiutamente esposto i fatti costituivi del diritto fatto valere (contenuto degli accordi sindacali in base al quale la retribuzione non avrebbe potuto essere inferiore ad un determinato parametro) ed i fatti che ne determinavano la affermata lesione (mancato inserimento di una voce, pure da inserirsi secondo gli
accordi, che comportava la riduzione del parametro e, quindi, della retribuzione dovuta), così da evidenziarsi l’infondatezza delle censure di genericità e carente allegazione degli elementi di fatto’;
ha poi respinto il secondo motivo di appello della società che eccepiva la violazione ad opera del Tribunale dell’art. 112 c.p.c., concludendo, dopo argomentato esame della domanda proposta dai lavoratori, che: ‘Il giudice ha, quindi, riconosciuto sussistente il diritto fatto valere siccome descritto, quanto ai fatti costitutivi, nel ricorso e, nell’affermare che esso consisteva non nel riconoscimento diretto del 93% della indennità trasporto Venezia ma in una retribuzione pari al 93% di una somma di fattori nei quali doveva essere inclusa la indennità trasposto Venezia (detratto quanto già ricevuto calcolato in base al parametro dal quale era esclusa l’indennità in oggetto), ha, fermi restando i fatti costitutivi, attribuito un ‘ minus ‘ di quanto richiesto testualmente nelle conclusioni (in quanto le differenze retributive riconosciute corrispondono al 93% dell’indennità non computata quando la retribuzione calcolata in base alle tabelle Alitalia Cai non raggiunga già il 93% di quella che sarebbe stata pagata da Alitalia, situazione di possibile verificazione stante il valore unitario più elevato dell’indennità di volo riconosciuta da Cai, secondo quanto incontestatamente affermato anche negli atti difensivi di primo grado di Cai) così rimanendo nei limiti delle stesse’;
la Corte ha poi respinto gli altri motivi di appello, affermando, per quanto qui rilevi, che la società non aveva mai contestato l’omessa inclusione dell’indennità di trasporto nel calcolo del ‘parametro’, così come non aveva preso posizione su natura, funzione e fonte della ‘indennità di trasporto Venezia’, né sulla sua riconducibilità alla nozione di ‘diaria’;
infine, la Corte ha anche respinto l’appello sulla sentenza che aveva deciso l’opposizione al decreto ingiuntivo, confermando le valutazioni effettuate dal Tribunale sulla base di una CTU contabile e argomentando che ‘solo la corretta attuazione del titolo e non anche la valutazione della sussistenza del diritto affermato nel titolo’ poteva risultare ‘discutibile in sede di gravame della sentenza della cui attuazione si trattava’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con cinque motivi; hanno resistito con controricorso gli intimati;
la società ha anche comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. il primo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo che i lavoratori, nell’atto introduttivo, pur avendo fondato la loro pretesa ‘sulla mancata inclusione dell’indennità di trasporto, quale diaria, nella retribuzione parametro’, avevano poi concluso nel senso di far accertare il diritto a vedersi riconosciuta in busta paga la voce ‘indennità trasporto Venezia’;
1.2. il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., criticando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che ‘la CAI non avrebbe mai negato né in primo grado né nelle difese di appello (dove, al contr ario, la circostanza è stata confermata) l’omessa inclusione dell’indennità di trasporto nel calcolo del ‘parametro’
sicché, trattandosi di dato pacifico, nessun accertamento in merito occorreva effettuare’;
1.3. il terzo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. per aver considerato ‘nuove’ le argomentazioni CAI in fase di appello, anche in relazione all’art. 274 c.p.c. (con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’; si contes ta l’assunto della Corte territoriale secondo cui ‘nel giudizio di primo grado la difesa CAI non aveva preso posizione né sulla natura, funzione e fonte della ‘indennità trasporto Venezia’ né sulla riconducibilità alla nozione di ‘diaria’, così da non essere stato, tale ultimo aspetto, neanche oggetto di contestazione in primo grado’;
1.4. il quarto motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e dell’art. 1367 c.c. (con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’; si sostiene che i giudici d’appello non avrebbero fatto ‘corretta applicazione delle rego le legali di ermeneutica contrattuale’ avuto riguardo all’interpretazione dell’accordo sindacale in controversia;
1.5. il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., per genericità o carenza di motivazione, e, comunque, omessa valutazione di ‘fatto rilevante’; si critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato la sentenza di primo grado che aveva deciso l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso in attuazione della sentenza sull’ an ;
2. il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. il primo motivo è inammissibile perché attiene all’interpretazione della domanda introduttiva del giudizio; per principio radicato nella giurisprudenza di questa Corte l’interpretazione della domanda giudiziale e dei suoi confini è riservata al giudice del merito (cfr., tra le altre, Cass. n. 31546
del 2019; Cass. n. 29609 del 2018; Cass. n. 18 del 2015, Cass. n. 21421 del 2014; Cass. n. 12944 del 2012; Cass. n. 21208 del 2005) e non è sufficiente che l’interpretazione offerta dai giudici ai quali compete non corrisponda alle attese della parte per determinare la cassazione della sentenza impugnata, ove sia sorretta da adeguata motivazione (Cass. n. 14650 del 2012; Cass. 22893 del 2008; Cass. n. 14751 del 2007) ovvero, nel vigore del novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., da una motivazione che soddisfi il ‘minimo costituzionale’ (cfr. Cass. 31546 del 2019);
nella specie, come riportato nello storico della lite, la Corte territoriale ha giustificato il proprio convincimento in proposito con una argomentazione che non è certamente sanzionabile con la nullità, rispetto ad una pretesa dei lavoratori che la stessa difesa della società riconosce essere stata fondata ‘sulla mancata inclusione dell’indennità di trasporto nella retribuzione parametro’, benché nelle conclusioni fosse stata rivendicata direttamente la voce ‘indennità trasporto Venezia’; tuttavia, il contenuto della domanda, così come di ogni circostanza rilevante ai fini del decidere, deve essere valutato sulla base di un esame complessivo dell’atto, senza arrestarsi all’uso di formule sacramentali o solenni, potendo perciò desumersi anche dalle deduzioni istruttorie e dalle produzioni documentali (Cass. n. 17991 del 2018; Cass. n. 18783 del 2009; Cass. n. 7097 del 2012; Cass. n. 17076 del 2004; Cass. n. 607 del 1996); il giudice di merito, poi, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima
parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta ed il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (tra molte: Cass. n. 13602 del 2019; Cass. n. 21087 del 2015; Cass. n. 8225 del 2004);
2.2. il secondo motivo è inammissibile perché censura una valutazione di competenza dei giudici del merito in ordine all’operatività del principio di non contestazione;
invero, nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi , spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (tra molte, Cass. n. 3680 del 2019 e Cass. n. 3126 del 2019; più di recente: Cass. n. 7997 del 2025); poiché tale apprezzamento esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti, ne deriva che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (da ultimo, Cass. n. 8175 del 2025; in conformità: Cass. n. 7597 del 2025; Cass. n. 6638 del 2025; in precedenza v. Cass. n. 27490 del 2019; Cass. n. 10182 del 2007); tanto assorbe il rilievo di inammissibilità connesso alla mancata trascrizione o adeguata esposizione, in violazione
del precetto dell’art. 366 cmma 1 n. 6 c.p.c. , degli atti posti a base delle censure;
2.3. deve essere ritenuto inammissibile il quarto motivo, in quanto nella sostanza si critica un apprezzamento della Corte territoriale in ordine all’operatività del principio di non contestazione rispetto al giudizio di primo grado, peraltro accompagnato da un giudizio di tardività della connessa produzione documentale;
2.4. il quarto motivo non può trovare accoglimento in quanto concerne l’interpretazione di un accordo aziendale;
infatti, l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006; più recentemente v. Cass. n. 22318 del 2023 e Cass. n. 18214 del 2024);
tali valutazioni del giudice di merito in proposito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente ( ex plurimis , Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 20634 del 2018; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., di una motivazione che valichi la soglia del cd. ‘ minimum costituzionale’; inoltre, per risalente insegnamento, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia di vizi motivazionali esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzat a l’anzidetta violazione e delle ragioni della insanabile contraddittorietà del ragionamento del giudice di
merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 10131 del 2006), affidandosi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (in termini: Cass. n. 18375 del 2006);
2.5. il quinto motivo è in parte inammissibile e in parte infondato;
inammissibile laddove deduce il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando
che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf.
Cass. n. 20944 del 2019);
ciò determina la cristallizzazione dei fatti così come accertati dai giudici del merito, con conseguente intangibilità della ricostruzione della vicenda storica, di modo che, amputato il motivo dall’inammissibilità della censura concernente l’omesso esame di fatti asseritamente decisivi, ogni residua doglianza contenuta nel medesimo diviene inammissibile, perché presuppone un mutamento del narrato, non percorribile in questa sede di legittimità che non è deputata a valutare diversamente il merito (v. Cass. n. 20822 del 2025, in motivazione);
in ogni caso il motivo è anche infondato, atteso che le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014); si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016);
il che non ricorre nella specie in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per
respingere l’appello della società e non è sufficiente a determinare il vizio radicale della nullità della sentenza né che non siano state confutate tutte le doglianze proposte nel gravame, né una eventuale insufficienza o genericità della motivazione, né, tanto meno, la circostanza che la medesima non soddisfi le aspettative di chi è rimasto soccombente;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 10.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 18 giugno 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME