Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13045 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13045 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
2041/2024 r.g., proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3006/2023 pubblicata in data 18/07/2023, n.r.g. 3181/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 11/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Gli odierni controricorrenti, dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, hanno domandato al Tribunale di Roma l’accertamento del loro diritto al computo
OGGETTO:
retribuzione per ferie -nozione -inclusione di determinate voci -accertamento in concreto
dell’indennità di assenza dalla residenza, della indennità scorta vetture eccedenti, del premio scoperta irregolarità, dell’indennità di utilizzazione professionale (IUP) nella base di computo della retribuzione spettante per i giorni di ferie e la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle conseguenti differenze retributive, non avendo quest’ultima computato le predette voci nella retribuzione feriale.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale accoglieva la domanda, rigettando l’eccezione di prescrizione.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello ha rigettato il gravame interposto dalla società.
4.Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, illustrati poi da memoria.
5.- I lavoratori hanno resistito al ricorso con controricorso e poi hanno depositato memoria.
6.- Il Consigliere delegato dal Presidente ha formulato una proposta di definizione accelerata in termini di manifesta infondatezza del ricorso.
7.- La società ricorrente ha presentato tempestiva istanza di decisione.
8.- Il Collegio si è riservata la decisione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Va premesso che nella proposta di definizione accelerata il Consigliere delegato ha ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso per l’esistenza di plurimi precedenti sulle identiche questioni, riguardanti le società RAGIONE_SOCIALE (Cass. n. 19716/2023; Cass. n. 19663/2023; Cass. n. 18160/2023; Cass. n. 33803/2023; Cass. n. 33793/2023; Cass. n. 33779/2023; Cass. n. 33713/2023; Cass. n. 19711/2021) e RAGIONE_SOCIALE (Cass. n. 13932/2024; Cass. n. 13972/2024). Con riguardo alla prescrizione, si rinvia al principio di diritto ormai affermato da questa Corte con molte pronunzie circa la decorrenza del relativo termine solo dalla cessazione del rapporto di lavoro, in conseguenza del diverso regime generale di tutela contro i licenziamenti illegittimi introdotto dalla legge n. 92/2012.
2.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 36, co. 3, Cost., 30 CCNL attività ferroviarie 2016 e 7 della direttiva n. 2003/88/CE.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la
ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 36, co. 3, Cost., 2109, co. 2, c.c., 10 e 18 bis d.lgs. n. 66/2003, 7 della direttiva n. 2003/88/CE.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c., 7 della direttiva n. 2003/88/CE.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., 32, 36 punto 5., 31 punto 4, del contratto aziendale del 2016, 35 punto 3 del contratto aziendale del 2003, 7 della direttiva n. 2003/88/CE.
Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 77 CCNL attività ferroviarie del 2016, 7 della direttiva n. 2003/88/CE.
Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2935 e 2948, n. 4, c.c. in tema di decorrenza del termine di prescrizione.
I motivi -ai quali si riferisce la P.D.A. e da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono infondati alla luce delle ragioni già compiutamente esposte ed articolate nei precedenti di questa Corte esattamente indicati nella P.D.A. ed ai quali è sufficiente quindi rinviare, ai sensi dell’art. 118 disp.att.c.p.c.
Nell’istanza di decisione la ricorrente insiste sulla necessità di una comparazione anno per anno per verificare il potenziale effetto dissuasivo del mancato computo delle voci oggetto di causa nella base di calcolo della retribuzione feriale.
La tesi non può essere condivisa.
Questa Corte ha già motivatamente affermato che l’incidenza d ell’ effetto dissuasivo deve essere valutata con riferimento alla retribuzione mensile e non a quella annuale (Cass. n. 13932/2024). Da tale argomentato convincimento la ricorrente non offre ragioni per discostarsi.
Con riguardo al dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione dei crediti retributivi, è sufficiente anche in tal caso richiamare il principio di diritto già affermato da questa Corte, secondo cui il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della legge n. 92/2012 e
del d.lgs n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della citata legge n. 92, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 26246/2022; Cass. ord. n. 18008/2024).
3.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss., 1965 e 2113 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuta ammissibile la domanda proposta dai lavoratori COGNOME e COGNOME nonostante gli accordi conciliativi da loro sottoscritti in sede sindacale in data 08/07/2014, che contenevano una rinunzia generale ad ogni rivendicazione per il periodo del rapporto di lavoro fino a quella data, ivi comprese eventuali rivendicazioni a titolo di ‘ferie’.
Il motivo -rimasto estraneo alla P.D.A. -è inammissibile.
La ricorrente, lungi dall’indicare in cosa sia consistita specificamente la violazione dei criteri di ermeneutica negoziale, si è limitata a contrapporre una propria interpretazione di quelle conciliazioni.
Peraltro, la Corte territoriale ha offerto un’interpretazione plausibile, considerando che, come riporta la stessa ricorrente, quella conciliazione era intervenuta a porre fine ad una controversia che non riguardava questioni retributive, bensì questioni di esatto inquadramento dei dipendenti, del superiore livello da loro rivendicato e della relativa decorrenza. Dunque nell’individuare l’oggetto di quella conciliazione i giudici d’appello hanno motivatamente escluso che le voci da computare nella retribuzione per ferie facessero parte della res controversa e, quindi, della materia conciliata ossia dell’oggetto sul quale le parti (ed in particolare il lavoratore) avevano consapevolezza e volontà di disporre. In tal senso la motivazione è sorretta da adeguata motivazione.
Va ricordato in proposito che il controllo di legittimità sugli atti di autonomia negoziale individuale non può scadere nel controllo di merito ed anteporre a quella prescelta dai giudici d’appello una differente interpretazione solo perché reputata più plausibile ad opera della ricorrente.
Come è noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto ( ex multis Cass. n. 9070/2013; Cass. n. 12360/2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (Cass. n. 17067/2007; Cass. n. 11756/2006). Ne consegue che le valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazione dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375/2006; Cass. n. 12468/2004; Cass. n. 22979/2004, Cass. n. 7740/2003; Cass. n. 12366/2002; Cass. n. 11053/2000).
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Non trova applicazione lo speciale regime sanzionatorio di cui all’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., richiamato dall’art. 380 bis, ult. co., c.p.c., atteso che la presente ordinanza decide anche su un motivo rimasto estraneo alla P.D.A. e quindi non può dirsi a quest’ultima conforme.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge, con attribuzione ai difensori dei controricorrenti.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in