Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34088 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34088 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 9283-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati presso gli indirizzi PEC degli avvocati COGNOME NOMECOGNOME che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
Oggetto
Art. 420 bis c.p.c.
R.G.N. 9283/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 27/11/2024
PU
avverso la sentenza n. 103/2023 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 27/02/2023 R.G.N. 1007/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato
27/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME NOME COGNOME
udito l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Torino, con la sentenza ex art. 420 bis c.p.c. pubblicata il 27 febbraio 2023, sulla questione pregiudiziale insorta nella controversia tra NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti con mansioni di capotreno, e RAGIONE_SOCIALE ha così disposto:
‘dichiara la nullità degli artt. 31 par. 6 CCNL 2012 e 30 par. 6 CCNL 2016 per violazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia, nella parte in cui detti articoli limitano la retribuzione nei giorni di ferie alle voci di cui al punto 1.1 ed alle lettere c), d), n) del punto 1.2. dell’art. 68 (Retribuzione) del medesimo CCNL, escludendo, in generale, quei compensi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale erogati per qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni e correlati allo status personale e professionale del lavoratore; dichiara la nullità dell’art. 77 par. 2 dei CCNL 2012 e 2016 nella parte in cui esclude il compenso per assenza dalla residenza dal calcolo della retribuzione dei giorni di ferie, limitatamente ad un periodo di quattro settimane’.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società con otto motivi; hanno resistito con controricorso gli intimati.
All’esito della udienza pubblica del 5 marzo 2024, il Collegio , con ordinanza interlocutoria n. 11768 del 2024, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, mandando alla cancelleria di acquisire presso la cancelleria del Tribunale di Torino il fascicolo di primo grado relativo alla sentenza n. 103 del 27 febbraio 2023, con ind icazione dell’eventuale deposito ex art. 420 bis , u.c., c.p.c., di copia del ricorso per cassazione notificato, con relativa data. Verificato l’adempimento e fissata una nuova pubblica udienza, la Procura Generale ha comunicato conclusioni illustrate in udienza nel senso del rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre prendere atto che, ex art. 420 bis , u.c., c.p.c., copia del ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 103/2023, notificato in data 28 aprile 2023, è stata depositata, presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, in data 5 maggio 2023, nel termine di venti giorni previsto dalla disposizione citata a pena di inammissibilità.
Ciò posto, i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito:
2.1. con il primo si denuncia: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 420 bis c.p.c. per carenza di pregiudizialità in merito ad interpretazione ed applicazione degli artt. 31 par. 6 CCNL 20.7.2012 e 30 par. 6 CCNL 16.12.2016 (art. 360, n. 4 c.p.c.)’, sul presupposto che sono i contratti aziendali a prevedere ‘quali
compensi previsti dallo stesso CA vadano erogati nelle giornate di ferie’, con conseguente irrilevanza della ‘interpretazione ed applicazione degli artt. 30 e 31 dei CCNL 2012 e 2016’, mentre ne conseguirebbe che per decidere in merito alla indennità per ‘assenza dalla residenza’, il giudice deve interpretare ed applicare solo l’art. 77 CCNL.
2.2. il secondo motivo, in subordine, deduce: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 420 bis c.p.c. per omesso accertamento del presupposto in fatto indispensabile alla verifica del rapporto di pregiudizialità rilevante con riferimento agli altri compensi oggetto di causa (art. 360, n. 4 c.p.c.)’; si eccepisce il presunto mancato accertamento sulla natura retributiva o meno degli emolumenti coinvolti e la loro incidenza sulla retribuzione complessiva;
2.3. il terzo motivo, ancora in subordine, denuncia: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4 c.p.c.)’, sostenendo che il Giudice di Torino avrebbe travalicato ‘i limiti della domanda, laddove ha accertato la nullità totale e complessiva degli artt. 30 e 31 dei CCNL 2012 e 2016, anche per la parte che non riguarda le specifiche voci oggetto di causa’, con conseguente assenza di interesse ad agire;
2.4. col quarto motivo si deduce: ‘violazione e falsa applicazione diretta delle premesse del CCNL sul principio di inscindibilità, violazione degli artt. 1362 e seguenti c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) ovvero violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4 c.p.c.)’; si lamenta una erronea od omessa interpretazione delle clausole d’inscindibilità previste nelle premesse dei CCNL coinvolti;
2.5. il quinto motivo denuncia: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7, Dir. CE 88/2003, art. 10, D. Lgs. 66/2003 e art. 2019 c.c., con riferimento all’art. 77 punto 2.4 dei CCNL mobilità attività ferroviarie del 20.7.2012 e del 16.12.2016; violazione
diretta dell’art. 77 punto 2.4 del citato CCNL; violazione e falsa applicazione dall’art. 51, comma 5, TUIR e dell’art. 7 quinquies d.l. n. 193/2016 (art. 360, n. 3 c.p.c.)’; si sostiene la natura indennitaria e non retributiva dell’indennità per assenza d alla residenza in contesa;
2.6. il sesto motivo deduce: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7, Dir. CE 88/2003; violazione diretta dell’art. 77 punto 2.4 del CCNL 2012/ 2016; violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360, n. 3 c.p.c.)’, laddove la prova sulla natu ra indennitaria dell’emolumento sarebbe stata attribuita alla società ricorrente, in violazione dei rispettivi oneri probatori;
2.7. il settimo motivo eccepisce: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7, Dir. CE 88/2003 e della interpretazione resa dalla CGUE (art. 360, n. 3 c.p.c.)’; il Giudice a quo avrebbe colpevolmente ignorato la necessità di verifica dell’effetto dissuasivo della voce non computata nella retribuzione feriale; 2.8. l’ottavo motivo lamenta ancora la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7, Dir. CE 88/2003 e dei principi giurisprudenziali espressi dalla CGE (art. 360, n. 3 c.p.c.)’, non potendo derivare da essa un concetto europeo di retribuzione per ferie di tipo “quantitativo”, ma di tipo “teleologico”.
Opportuno premettere all’esame dei motivi taluni princìpi affermati da questa Corte in ordine alle sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., norma che ne ha fissato rigidamente il contenuto, ponendolo a presupposto dello speciale regime processuale che ne consegue (per tutte v. Cass. n. 14356 e 14595 del 2014).
Deve trattarsi di una pronuncia meramente interpretativa in senso lato (ossia comprensiva dei profili di efficacia e validità della disposizione interpretata) che ha unicamente ad oggetto –
per espresso vincolo testuale -‘clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale’. Ciò in simmetrica coerenza con l’equivalente formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in base alla quale è possibile denunciare la ‘violazione o falsa appl icazione di norme’ contenute in contratti del medesimo livello.
La questione di efficacia, di validità o di interpretazione del contratto collettivo di livello nazionale deve porsi con vincolo di necessaria pregiudizialità in senso tecnico rispetto alla soluzione della controversia (v. Cass. n. 7696 del 2018, che precisa anche che la decisione sulla questione ‘è destinata a proiettare le sue conseguenze giuridiche, oltre che sul rapporto controverso, su altri rapporti, al di fuori della causa, con la formazione, appunto, della cosa giudicata, a tutela di un interesse che trascende quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata’).
Pertanto, la questione, oltre a porre un serio dubbio interpretativo (cfr. Cass. n. 5230 del 2007; Cass. n. 6427 del 2007; Cass. n. 21556 del 2007), deve essere rilevante per la soluzione del caso (tra molte, Cass. n. 3770 del 2007) e, quindi, il giudice deve farne applicazione nella controversia senza che, allo stato degli atti, si presentino profili pregiudiziali o preliminari che manifestamente consentano una definizione della lite senza che sia decisa la questione interpretativa.
Può accadere che il giudice di primo grado, nell’adottare l’interpretazione della norma collettiva applicabile nel giudizio, affronti e prenda posizione, allo stato degli atti, su questioni preliminari, ma tale delibazione riguarda solo il profilo della rilevanza della questione interpretativa decisa, che costituisce presupposto di ammissibilità del ricorso alla sentenza interpretativa ex art. 420 bis c.p.c., dovendo invece escludersi che il giudice si pronunci definitivamente su tali questioni ogni
qual volta egli, sulla questione interpretativa, adotti una sentenza ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c.; si tratta quindi di una delibazione sommaria che è inidonea a formare alcun giudicato interno e che questa Corte, investita con ricorso per cassazione avverso la sentenza interpretativa, può sindacare solo al fine di accertare, o escludere, l’ammissibilità del ricorso quale conseguenza dell’ammissibilità, o no, della sentenza interpretativa (cfr. Cass. n. 14356/2014 cit.).
Tanto premesso, risulta meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo e del terzo in quanto espressamente proposti in via subordinata, mentre gli altri motivi debbono essere respinti.
4.1. Col primo motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato la ‘nullità degli artt. 31 par. 6 CCNL 2012 e 30 par. 6 CCNL 2016’, lamentando il difetto di pregiudizialità rispetto alla decisione della controversia.
La doglianza è fondata nel senso che la disposizione ritenuta invalida si limita ad indicare, mediante un rinvio all’art. 68 dello stesso contratto collettivo, gli elementi della retribuzione che vanno a comporre il trattamento economico del dipendente dur ante le ferie, ma l’eventuale violazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, prospettata dal primo giudice, non può prescindere -con nesso di pregiudizialità necessaria – dalla valutazione della disciplina delle specifiche clausole contrattuali collettive che prevedono quegli emolumenti che i lavoratori lamentano non essere computati nel trattamento economico delle ferie.
Infatti, solo l’esame concreto di tali clausole può consentire al giudice di merito di valutare, in primo luogo, il rapporto di funzionalità ( id est : il nesso intrinseco, v. sentenza CGUE 15 settembre 2011, Williams e a., C-155/10, cit., punto 26) che
intercorre tra i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e le mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro e, dall’altro, interpretate ed applicate le norme pertinenti del diritto interno conformemente al diritto dell’Unione, verificare se la retribuzione corrisposta al lavoratore, durante il periodo minimo di ferie annuali, sia corrispondente a quella fissata, con carattere imperativo ed incondizionato, dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE (cfr. Cass. n. 13425 del 2019).
Tuttavia, mentre il compenso per assenza dalla residenza trova compiuta regolamentazione nell’art. 77 par. 2 dei CCNL 2012 e 2016, per le indennità diverse la disciplina è contenuta in previsioni della contrattazione collettiva di livello aziendale, come tale inevitabilmente sottratta al procedimento ex art. 420 bis c.p.c.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato, al punto 1 del dispositivo, la nullità degli artt. 31 par. 6 CCNL 2012 e 30 par. 6 CCNL 2016 senza specificamente esaminare la disciplina dei compensi previsti dalla contrattazione collettiva aziendale oggetto di controversia. Deve, infatti, ritenersi che il procedimento di accertamento pregiudiziale sia stato attivato per un’ipotesi rispetto alla quale esso non è previsto, atteso che l’art. 420 bis c.p.c., alla stessa stregua del contiguo procedimento ex art. 64 d. lgs. n. 165 del 2001, è fattispecie del tutto eccezionale e non tollera interpretazioni estensive (cfr. Cass. n. 29455 del 2020).
4.2. Il quarto motivo non merita, invece, accoglimento.
Esso censura quella parte di motivazione in cui il primo giudice ha ritenuto di ‘prendere posizione sull’eccezione di nullità, dedotta da Trenitalia con eccezione riconvenzionale in via subordinata, delle clausole del CCNL istitutive di indennità, in ragio ne della ritenuta inscindibilità delle clausole del CCNL’. Ciò
il giudicante ha fatto esplicitamente ‘in via preliminare, a giustificazione della questione interpretativa decisa nelle forme di cui all’art. 420 bis c.p.c.’.
Si tratta, dunque, dell’ipotesi in cui il giudice di primo grado, nell’adottare la decisione ex art. 420 bis c.p.c., affronti e prenda posizione, allo stato degli atti, su di una questione preliminare, ma tale delibazione riguarda solo il profilo della rilevanza della questione interpretativa decisa, quale presupposto di ammissibilità del ricorso alla sentenza interpretativa, dovendo invece escludersi che il giudice si sia pronunciato definitivamente su tale questione; è quindi una delibazione sommaria, che è inidonea a formare un giudicato interno sulla medesima, facendo venire meno l’interesse della società ricorrente al gravame sul punto.
Quanto al sindacato di questa Corte è sufficiente che il giudice a quo abbia offerto della questione preliminare una soluzione plausibile -come nella specie -con l’esclusivo fine di verificare l’ammissibilità della questione interpretativa sotto il profilo della rilevanza (cfr. Cass. n. 14356 del 2014, che argomenta analogamente al canone processuale che governa l’ordinanza di rimessione, da parte del giudice comune alla Corte costituzionale, della questione di legittimità costituzionale ai sensi della L. n. 87 del 1953, art. 23).
4.3. Il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo, che possono essere trattati congiuntamente per connessione, sono infondati per le ragioni diffusamente espresse in copiosi precedenti di questa Corte in analoghi contenziosi che si sono formati prima con la società Trenord (tra molte, Cass. nn. 2963, 2682, 2680, 2431, 1141 del 2024) e, poi, sono stati ribaditi anche con l’odierna ricorrente, avuto specifico riguardo alla indennità di assenza dalla residenza oggetto del presente procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (Cass. nn. 12008, 12046, 13932, 13972,
14089 del 2024; in conformità, tra le altre, Cass. n. 19992 del 2024; Cass. n. 19991 del 2024; Cass. n. 25840 del 2024).
In sintesi estrema ribadito che ‘la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore’ questa Corte ha ritenuto che l’indennità per assenza dalla residenza prevista dalla contrattazione collettiva applicabile anche alla presente controversia sia da ricomprendere nella retribuzione dovuta nel periodo di ferie annuali, secondo il diritto dell’Unione, in quanto ‘la corresponsione, in forma continuativa, di una simile indennità è immediatamente collegata alle mansioni tipiche dei dipendenti macchinisti, essendo destinata a compensare il disagio dell’attività derivante dal non avere una sede fissa di lavoro e dall’essere continuamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro’.
A tali precedenti il Collegio rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per respingere i motivi di ricorso in esame, atteso che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011), essendo da preferire – e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 10864 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire
l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022; Cass. n. 6668 del 2023.); esigenza ancora di recente ribadita dalle Sezioni unite di questa Corte, affermando che la “conoscenza” delle regole e, quindi, a monte, l’affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cass. SS.UU. n. 8486 del 2024; in senso conforme: Cass. SS.UU. n. 29862 del 2022 e Cass. n. 33012 del 2022).
5. pertanto, il ricorso deve essere accolto limitatamente al suo primo motivo, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo motivo proposti in via subordinata, respinti gli altri; la sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, per il prosieguo del giudizio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, ai sensi del combinato disposto dell’art. 146 -bis disp. att. c.p.c. e dell’art. 64, comma 4, d. lgs n. 165 del 2001, il quale provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e il terzo, rigetta gli altri; cassa, nei limiti del motivo
accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Torino.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 novembre